Quasi ovunque nel mondo, atei e agnostici subiscono discriminazioni: in alcuni Paesi, come in Italia, sono vittime di fatto di un sistema politico-economico che privilegia le confessioni religiose; in altri sono oggetto di campagne d’odio, in altri ancora rischiano la condanna a morte per “apostasia”.
È quanto emerge dal Freethought Report 2014, promosso dall’International Humanist and Ethical Union (Iheu, di cui l’Uaar è membro) e diffuso oggi, in concomitanza con la Giornata Internazionale dei diritti umani, nel quale, rispetto agli anni precedenti, si evidenzia una novità: atei e umanisti sono sempre più vittime in quanto tali di intolleranza e non solo da parte di leader religiosi radicali ma anche di leader politici. È il caso per esempio del primo ministro della Malesia, Najib Razak, il quale ha bollato umanismo e secolarismo come «devianti», definendoli una minaccia all’Islam.
Il quadro generale non è confortante. In Arabia Saudita una nuova legge equipara “ateismo” e “terrorismo”. In Egitto, nel mese di giugno, Nuamat Sati, del Ministero della Gioventù, ha annunciato una campagna per diffondere la consapevolezza dei pericoli insiti nell’ateismo, definito “una minaccia per la società”.
Ma se è vero che le problematiche più gravi si riscontrano nei Paesi islamici questo non significa che altrove si possa abbassare la guardia.
Nella sezione del Rapporto dedicata all’Italia si delinea un nutrito elenco di discriminazioni ai danni dei non credenti e di tutti quei cittadini che credono nella laicità dello Stato, discriminazioni da sempre denunciate dall’Uaar: un’agenda politica piegata ai dettami della Chiesa cattolica; l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche nonché il sistema di finanziamento pubblico delle scuole cattoliche; il sistema di esenzioni e finanziamenti di cui gode la Chiesa cattolica che costa ogni anno allo Stato italiano 6 miliardi di euro.
L’assenza di una legge sulla libertà religiosa e di pensiero fa sì che in Italia si sia concretizzato un sistema pattizio (nonché piramidale, con al vertice, in forza del Concordato, la Chiesa cattolica) che regola i rapporti tra Stato e confessioni religiose. Un sistema in base al quale, per esempio, i musulmani e i testimoni di Geova — non avendo un’Intesa con lo Stato italiano ratificata dal parlamento — pur essendo tra le comunità religiose più nutrite del Paese non godono di un riconoscimento ufficiale. Una discriminazione che, nel caso degli atei e degli agnostici, è ancora più ampia, perché la giurisprudenza mette in dubbio il loro stesso diritto ad accedere a un’Intesa.
Comunicato stampa Uaar
Secondo me si è stati troppo severi con alcuni Paesi di cui si hanno molte informazioni e troppo indulgenti con Paesi di cui si hanno poche notizie: la Francia dietro la Sierra Leone e il Canada dopo gli USA, oppure la Germania e l’Italia paragonate all’Oman, un sultanato, una monarchia assoluta mi pare eccessivo.
Per l’Italia poi ho riscontrato un errore nel rapporto, alla voce educazione si dice:
Religious instruction is mandatory in all or most state-funded schools with no secular or humanist alternative.
Non è vero che l’insegnamento religioso in italia è obbligatorio nelle scuole statali, ma è facoltativo ed è prevista anche l’alternativa, che se non viene garantita porta a denuncia della scuola.
Bè certo a voler fare i pignoli… però sappiamo bene quanto sia difficile esercitare il diritto di avvalersi dell’ora alternativa.
Quindi, di fatto, è come se ci fosse un obbligo a frequentare l’ora di religione. Anche perchè molti genitori non se la sentono di mettere in mezzo i figli i quali, in qualche modo, si sentirebbero discriminati.
Meglio, molto meglio, sarebbe se non ci fosse questa maledetta ora di religione con insegnanti pagati dallo stato…. .
Credo che il rapporto sia più utile per confrontare i Paesi per cui si dispone di più informazioni, la Germania occupa 6 pagine, l’italia 6 pagine, ad esempio. Il Sierra Leone occupa una sola pagina e, le informazioni sono mancanti, dubito anche che in Sierra Leone esista un referente IHEU, poi con la situazione attuale sanitaria in quel posto (=epidemia di ebola) saranno ancora più rare la informazioni che ci possono pervenire.
Nello zelo delle schede di Italia e Germania ci vedo la positiva presenza di associazioni atee/agnostiche/umaniste molto radicate sul territorio, per contro il confronto perde significato con Paesi dove manca un così radicata presenza.
Ho tre figli, e mediamente l’ora di religione è frequentata dal 50% dei loro compagni.
Sarà un problema l’ora alternativa, non so, ma di sicuro non è un problema non frequentare quella di religione, dalle elementari al liceo.
Certamente Parolaio, qualsiasi problema si risolve facilmente, soprattutto se se ne rimuovono le fondamenta; l’ora di religione non deve esistere, non devono esistere privilegiati pagati dallo stato per il suo insegnamento. Ipso facto si risolve il problema dell’ora alternativa. La semplicità è l’ostacolo più insormontabile per i furbi.
hai ragione solo formalmente. Praticamente in Italia c’è la religione di Stato. Specialmente nella rai dalla mattina alle 21.
la mia risposta precedente era pre francesco s.
che non ci taglino la testa è vero, ma la religione cattolica è costante nell’Italia. Quanto all’Oman dove sono stata per dieci giorni in efeftti è il paese della zona (tra quelli che ho visitato) dove apparentemente almeno la religione è poco visibile.
Da ateo italiano, conscio delle difficoltà pratiche di essere atei in Italia, ritengo fuorviante paragonare l’italia o la Germania all’Oman, monarchia assoluta, basata su un sultanato, dove l’Islam è religione di stato e la legge si basa sulla sharia quale fonte di diritto, e in cui l’art. 209 del codice penale punisce la blasfemia con la prigione e l’art. 32 della legge sulla famiglia priva della patria potestà il genitore apostata.
E’ una criticità del rapporto che non permette di far confronti “pesati” con il medio oriente o il “sud” del mondo, in pratica può essere usato per far un confronto sulla libertà dei non credenti in “Occidente”.
@Francesco S.
Confutavo solo il fatto che in Italia solo formalmente la religione cattolica non è di Stato. E questo vale per chi è ateo e por chi , come la maggioranza degli italiani, è indifferente al pensiero religioso. Sull’Oman precisavo che la religione non ha lo stesso impatto visivo che ha in Italia. Del resto se chiedi a un tedesco o auno svizzero qualcosa dell’Italia oltre alla mafia e al mandolino mettono il papa di cu all’estero non parla nessuno . Mi è capitato di essere ad esempi a Parigi durante le gmg, sono stata nelle Filippine quando il papa è stato eletto. L’entusiasmo è solo dei media vaticaliani
@ Tiziana
Eh sì… panem, circenses et Papam Franciscum (che tutto sommato rientra fra i circenses più pop, in compagnia di suor Cristina 🙂.
@Tiziana
Che in Italia ci sia un problema di separazione sostanziale tra Stato e Chiesa cattolica mi pare evidente. Che uno svizzero o un tedesco rispondano in maniera così xenofoba e ignorante ne dubito.
Anche la chiesa ortodossa romena non ha un’intesa con lo stato italiano pur essendo la religione principale dei romeni, la comunità di immigrati più numerosa in Italia.
Quella che ha firmato l’intesa è quella ortodossa di Costantinopoli.
Anche la maggior parte delle confessioni protestanti non ha un’intesa.
[…] dal sito dell’uaar […]
Ma se è vero che le problematiche più gravi si riscontrano nei Paesi islamici questo non significa che altrove si possa abbassare la guardia.
Verissimo.
Chissà che ora non spunti qualche azzeccagarbugli con la solita rampogna: ah, vedete cosa succede nei Paesi islamici… vi lamentate dell’Italia, ma non avreste il coraggio di dire e scrivere contro la religione se viveste lì… non si può paragonare l’Italia (che è libera e democratica sotto la religione giusta) all’Arabia Saudita o alla Nigeria (che sono liberticidi: le persecuzioni dei cristianiiih! La Birmania dove i buddhisti massacrano i musulmani (4% della popolazione) invece va bene, se non fosse per il controllo sulle scuole cattoliche – cattolici in Birmania: 2%).
Come dire a un medico: poiché non sei riuscito a salvare una persona sfracellatasi fra le lamiere e giunta agonizzante in sala operatoria, non hai il diritto di curare chi ha un’appendicite.
Che faccia tosta.
“libera e democratica sotto la religione giusta”
1. libera e democratica
2. sotto la religione giusta
non so perchè avverto una certa contraddizione nell’accostare insieme questi due punti… se una nazione è libera allora non esiste alcuna religione “giusta” perchè in una nazione libera la religione è un fatto meramente personale e non del popolo o peggio ancora della nazione
@ Monsieur Bovary
E quale sarebbe secondo te la religione giusta?
E in base a quali prove una religione è giusta e le altre sono sbagliate?
E’ sicuramente colpa mia: il neretto impedisce di prendere in considerazione tutto il testo che sta attorno….
Ironia questa sconosciuta.
@ parolaio che scrive:
– Ho tre figli, e mediamente l’ora di religione è frequentata dal 50% dei loro compagni.
Sarà un problema l’ora alternativa, non so, ma di sicuro non è un problema non frequentare quella di religione, dalle elementari al liceo.-
Il problema è, caro parolaio, che non è stata mai (e secondo me, volutamente) disciplinata l’ora alternativa. Spesso si riduce in un’ora indefinita in cuji non si fa niente. Perchè non si è introdotto l’insegnamento di “storia delle religioni e sintesi delle loro dottrine” che sarebbe stato l’ideale equivalente laico dell’insegnamento confessionale di una religione? O, perchè, ALMENO, non si è stabilito per legge che l’ora di religione dovrebbe essere per forza la prima o l’ultima della mattinata, con conseguente diritto di entrare un’ora dopo o uscire un’ora prima per coloro che non si avvalgono dell’IRC?
Al momento l’ora alternativa è un’ora di ozio noioso in un’aula scolastica. Siccome, poi, la forza d’inerzia (l’abitudine, la necessità di aggregarsi ai compagni, il fare quello che è sempre stato fatto) è, a mio avviso, una grande forza anche nei rapporti umani, ecco che la suddetta IRC viene comunque seguita da molti, e questo proprio in virtù di tale forza d’inerzia.
Io posso affermare un diritto, ma posso, nel contempo, usare tutti quei messi di dissuasione che rendano “inopportuno” esercitare quel diritto.
Saluti. GdL
“Non c’è nulla di più venerabile di un antico abuso”
(Voltaire)
Molte scuole, anche qui a Milano (non oso immaginare in provincia), dicono apertamente che non hanno i soldi per proporre l’ora alternativa e, quindi, manca un professore di riferimento. Francamente non capisco perchè se i soldi sono pochi questi debbano essere tenuti per la sola ora di religione cattolica (e negli ultimi anni nonostante i tagli di bilancio della scuola pubblica e la riduzione degli studenti avvalentisi, sono stati assunti quasi 3 mila ulteriori professori di religione in Italia). Nella scuola media del mio figlio minore fino a 3/4 anni fa non veniva offerta tale ora alternativa e nel liceo del maggiore non c’è proprio per i soliti motivi economici. Solo dall’anno scolastico 2015/2016 hanno annunciato che proporranno l’ora alternativa.
Quest’anno al liceo va bene perchè entra un’ora dopo, ma l’anno scorso era parcheggiato in aula professori. Sappiamo che l’insegnante di religione fa aperta propaganda contro chi non fa la religione cattolica anche se sembra che l’ora di religione sia un’ora in cui non si fa nulla. Circa la metà degli studenti non fa religione.
Alle medie il figlio minore, dove sono solo in 3 della sua classe a farla, ad alternativa fa discussioni interessanti (hanno parlato recentemente di ebola, aids, razzismo, antisemitismo, ecc.), vedendo e discutendo filmati, in passato si erano occupati di fotografia, ecc. Tanto è vero che sappiamo di ragazzi che fanno religione che preferirebbero fare alternativa.
Direi che la scelta verso alternativa è resa più complicata, sfavorita (anche con la documentazione) e talvolta viene fatta pubblicità negativa, vista come una scelta di serie B. Dall’altro lato la scelta dell’ora di religione viene propagandata come un’ora di religioni e che male non fa.
L’ora alternativa secondo me è un palliativo.
In mancanza di meglio va ottenuta (e trattenuta) con le unghie e con i denti.
Ma spero che presto non serva più, perché l’IRC sarà stato buttato a calci fuori dalla scuola, con i parassiti legalizzati che la propinano.
Il “pericolo per la società” sono le religioni, certamente non l’ateismo. La storia e l’attualità ci parlano di milioni di persone massacrate in nome della religione, per non parlare delle limitazioni alla libertà di pensiero e di espressione. Siamo proprio noi atei che cerchiamo di mettere un limite a questo orrore. Se siamo un pericolo per la società, lo siamo per quella sanguinaria e liberticida voluta dalle religioni.
Il “pericolo per la società” sono le religioni, certamente non l’ateismo. La storia e l’attualità ci parlano di milioni di persone massacrate in nome della religione, per non parlare delle limitazioni alla libertà di pensiero e di espressione. Siamo proprio noi atei che cerchiamo di mettere un limite a questo orrore. Se siamo un pericolo per la società, lo siamo per quella sanguinaria e liberticida voluta dalle religioni.
Il “pericolo per la società” sono le religioni, certamente non l’ateismo. La storia e l’attualità ci parlano di milioni di persone massacrate in nome della religione, per non parlare delle limitazioni alla libertà di pensiero e di espressione. Siamo proprio noi atei che cerchiamo di mettere un limite a questo orrore. Se siamo un pericolo per la società, lo siamo per quella sanguinaria e liberticida voluta dalle religioni.
Il “pericolo per la società” sono le religioni, certamente non l’ateismo. La storia e l’attualità ci parlano di milioni di persone massacrate in nome della religione, per non parlare delle limitazioni alla libertà di pensiero e di espressione. Siamo proprio noi atei che cerchiamo di mettere un limite a questo orrore. Se siamo un pericolo per la società, lo siamo per quella sanguinaria e liberticida voluta dalle religioni.
Il “pericolo per la società” sono le religioni, certamente non l’ateismo. La storia e l’attualità ci parlano di milioni di persone massacrate in nome della religione, per non parlare delle limitazioni alla libertà di pensiero e di espressione. Siamo proprio noi atei che cerchiamo di mettere un limite a questo orrore. Se siamo un pericolo per la società, lo siamo per quella sanguinaria e liberticida voluta dalle religioni.
Per spiegare cos’è l’ateismo vi racconto un episodio accadutomi poche ore fa.
Ho un nipotino di 10 anni che frequenta il catechismo. Bene, l’ho accompagnato ai Gigli di prato per scegliere il regalo di Natale.
Ad un certo punto lui inizia a farmi delle domande sulla religione della serie “ma come è possibile che sia così”.
Questo succede perché le favole delle religioni sono talmente assurde ed illogiche che anche un bambino di 10 anni ha dei dubbi spontanei. E figuriamoci se questi dubbi non li deve avere un adulto.
E allora perché esistono i credenti? Il credente è uno che vuole credere comunque, e si autoimpone una sorta di “blocco del pensiero” che gli impedisce di criticare liberamente la sua religione.
E in questo senso i credenti mi fanno anche pena, perché autoimporsi un “blocco del pensiero” è comunque un tipo di violenza contro sé stesso.
Mah, io credo che si debba distinguere fra due categorie principali di “credenti”:
a) i “non praticanti”, individui per i quali la religione è sempre stata nulla più di una convenzione sociale, di un sottofondo a cui non prestano molta attenzione; inoltre, vuoi per disinformazione, vuoi perché non appartengono a categorie particolarmente vessate dalla CCAR/dalle religioni in genere (donne, ricercatori, persone con patologie gravi che sperano nelle staminali, coppie che intendono ricorrere a tecniche di fecondazione assistita, LGBT, atei dichiarati), non si oppongono a quelle fanfaluche in cui essi stessi credono a fatica;
b) i credenti-praticanti, che per svariati motivi (spesso, qualche colpo ben assestato loro dalla vita) si gettano anima e corpo nella religione, aggrappandosi disperatamente a qualcosa in cui credere, e a cui non intendono rinunciare, pena affrontare il vuoto che si para loro davanti, non avendo sviluppato risorse personali di altro tipo.
Nel primo caso regna l’indifferenza; nel secondo, l’assurdità propinate dai corvacci passano inosservate, ammantate dell’autorità di chi le pronuncia (Papa Piacione in primis).
Credo però che, nel primo come (soprattutto) nel secondo caso, non pochi si rendano effettivamente conto della completa mancanza di logica insita nelle clericalaggini… solo, decidono scientemente di non considerarla, per non dover mettere in discussione il proprio agire (dicesi in gergo: meccanismi di riduzione della dissonanza cognitiva), ammettendo di aver sprecato tempo ed energie in nome di una sempre meno (almeno, si spera) condivisa “desiderabilità sociale” in un caso, di un’illusione di immortalità, di significato e di “giustizia” paternalisticamente amministrata dall’alto nell’altro.
Personalmente, non provo malanimo verso questi soggetti: chi più chi meno, ognuno ha le proprie stampelle nella vita: religione, brama di denaro, carrierismo, droga, relazioni disfunzionali, l’abbattere gli altri per sentirsi migliori (un male diffuso fra credenti e atei quasi in egual misura, temo)… la mia tolleranza si estingue nel momento in cui si tenta di azzoppare il prossimo per costringerlo a usare la stessa stampella a cui ci si avvinghia.
In generale, penso che vitale sia rendere sempre più laica la società nel suo insieme e sì, anche diffondere idee “devianti” rispetto al cattobuonismo (cattocattivismo?) imperante… ma senza pretendere di salvare nessuno.
Dobbiamo ancora salvare noi stessi.
Concordo almeno in parte con la distinzione operata da Monsieur Bovary, che magari io avrei espresso con parole differenti, ma solo perché ciascuno ha il suo modo di esprimersi; nella sostanza di fondo invece concordo. Per esempio personalmente non userei i termini “credenti non praticanti” e “credenti praticanti”; penso che renda meglio parlare rispettivamente di “credenti liberi” e “credenti non liberi” ma questo è solo il mio modo di vedere le cose.
Devo dire però che (come mi è capitato di osservare altre volte, quindi qualcuno lo sa) che reputo debba essere superata ogni distinzione o categorizzazione basata sul concetto di “credenti” e “non credenti”. Penso che il nostro obiettivo ultimo debba essere che tale distinzione diventi del tutto invisibile. Già ora, personalmente, capisco che una persona è degna di tutta la mia stima non quando è “atea” o quando è “credente”, ma quando, anche sforzandomi, non riesco proprio a capire se sia atea o credente, e nello stesso tempo provo piacere a stare con lei. L’unione di queste due caratteristiche corrisponde al massimo della stima. E anche io, nel mio piccolo, miro a ciò. Non a caso, non solo sono contrario all’ostensione di simboli in luoghi pubblici, ma anche all’interno di casa mia non ho nessun simbolo, neanche di un centimetro quadrato, che lasci intendere quali siano le mie convinzioni. Mi interessa che chi entra in casa mia possa poi uscire pensando “mi sono trovato bene”, e se mentre pensa ciò non ha capito se io sono credente o no, ho raggiunto il mio obiettivo. Credo che questo debba valere per tutti, credenti e atei di ogni genere: di ciò sono profondamente convinto.
@John
Ottimo intervento! Condivido molto la parte relativa al fatto di vivere la relazione con gli altri senza cercare in sostanza di imporre la propria visione della vita. Certo però se il discorso, per un motivo o per l’altro, andasse lì a parare, cioè il mio interlocutore cominciasse per esempio a parlare bene di questo papa…. 😉
Ateo64
Certo però se il discorso, per un motivo o per l’altro, andasse lì a parare, cioè il mio interlocutore cominciasse per esempio a parlare bene di questo papa….
Dunque, vediamo un po’…
Anzitutto: non so quanto il “parlare bene di questo papa” sia un sintomo dell’essere credenti, o che il parlarne male sia un sintomo dell’essere atei. Scalfari parla bene di questo papa, ed è ateo; Antonio S***i (scusate, non riesco neanche a digitarne il nome, mi da nausea) ne parla malissimo, eppure è credente. Riguardo a quest’ultima persona, sarebbe interessante effettivamente assistere al suo colloquio con uno di voi: entrambi parlate molto male di questo papa: praticamente su questo punto specifico vi trovereste pienamente in sintonia con un becero integralista cattotalebano… un cortocircuito interessante…
Ma al di là di ciò, che era solo una divagazione (prendetela alla leggera), rispondo ora più seriamente. Penso che se un ateo equilibrato e un credente equilibrato parlano tra loro, possono succedere due cose:
1) Se i due sanno che gestirebbero in modo troppo “passionale” il discorso, esso non va a sforare su temi che fanno innervosire l’altro: certi argomenti, in certe circostanze, uno se li tiene per sé. Magari il credente ha apprezzato il discorso del papa del giorno prima, ma non tira fuori quell’argomento, allo stesso modo in cui non gli offre a cena un cibo che sa benissimo che non piace all’amico.
2) Se il discorso però cade sul tema religioso (p. es. sull’attuale papa), due persone equilibrate devono essere perfettamente in grado di parlarne senza far degenerare la conversazione: ciò è possibile se ciascuno, pur non condividendo il punto di vista dell’altro, lo ascolta, e nello stesso momento ciascuno pone in modo autocritico anche le posizioni di cui è più convinto. Ascoltare le ragioni dell’altro non significa cedere sulle proprie; comprendere il punto di vista dell’interlocutore non significa condividerlo. Porre in modo autocritico le proprie idee più radicate non significa indebolirle.
Queste tre “disequazioni” possono essere alla base di un ottima conversazione fra un credente e un non credente.
@ John
praticamente su questo punto specifico vi trovereste pienamente in sintonia con un becero integralista cattotalebano… un cortocircuito interessante…
Vana speranza. I motivi alla base di una comune disapprovazione sono molteplici e, nel caso di specie, diametralmente opposti.
Questa trita riedizione del motto: “i nemici del nemico sono amici” lascia il tempo che trova.
Eppoi, da a-religioso io ho molta stima di questo Papa Piacesco: trascinare le folle con simili banalità non è da tutti, eh… (poi, certo, dipende anche dagli interlocutori che si hanno a disposizione, nel caso fortunato del caro Papa Cecco quantomai disinformati, ignoranti e manipolabili… a me i groupie del Papa ricordano da vicino i villici di South Park, non so perché 😛
Vana speranza. I motivi alla base di una comune disapprovazione sono molteplici e, nel caso di specie, diametralmente opposti.
Intendevo questo quando dicevo di prendermi con leggerezza su quel punto.
Non so se confutare le favole dei credenti si possa considerare a priori ‘imporre la propria visione’, se si toccano questi argomenti automaticamente inizia la contrapposizione, a meno che si sia degli ipocriti o che l’argomento non interessi del tutto.
Se una faccia della medaglia è la narrazione di favole e l’imposizione di dogmi che riguardano (dovrebbero riguardare…) solo chi ci crede, l’altra faccia è rappresentata materialmente dalla chiesa come entità parassitaria dello stato: sul primo aspetto se ne può discutere pacatamente, dopotutto quello che pensano i credenti non ci riguarda; sul secondo aspetto non si può transigere se si è laici coerenti e pretendere il rispetto delle regole non è prevaricazione; ma certe regole elementari – per esempio dove fare un presepio – parrebbero ostiche alla comprensione dei devoti.
se si toccano questi argomenti automaticamente inizia la contrapposizione
Mah, non “automaticamente”. Ci sono anche casi in cui atei e credenti discutono dei rispettivi punti di vista in modo ottimo.
l’altra faccia è rappresentata materialmente dalla chiesa come entità parassitaria dello stato (…) sul secondo aspetto non si può transigere se si è laici coerenti e pretendere il rispetto delle regole non è prevaricazione
Ma su tale aspetto un credente può benissimo essere d’accordo con un ateo. È per esempio il mio caso.
Quindi io non riesco a vederla come una contrapposizione atei-credenti, ma come una contrapposizione “persone di alto profilo”-“persone di basso profilo” a prescindere dall’essere atei o credenti.