La gente non ama la morte, la teme e farebbe qualsiasi cosa per evitare di pensarci.
È una delle ragioni per cui la religione è così potente. Infatti non si muore davvero quando c’è una meravigliosa vita che ci attende dopo la morte. La religione in molti modi funge da meccanismo di difesa contro la paura della morte. E secondo una nuova ricerca pubblicata nel giornale Social Psychological and Personality Science (Giornale della Psicologia sociale e della Scienza della Personalità), la paura della morte contribuisce alla diffidenza verso gli atei i quali distruggono la bolla di sapone della speranza.
I ricercatori Corey L. Cook, Florette Cohen e Sheldon Solomon hanno voluto provare quanto forte sia realmente questo legame.
… noi sosteniamo che gli atei — i quali contestano l’esistenza di Dio e proclamano la non credenza in una letterale vita dopo la morte — costituiscono una profonda minaccia esistenziale per coloro che aderiscono al punto di vista della tradizionale cultura teistica.
Come avviene ciò?
Esperimento 1
Hanno suddiviso 202 studenti (nessuno dei quali era ateo) in due gruppi. A metà di essi è stato chiesto di “descrivere le emozioni” che essi sentivano al pensiero della morte. All’altra metà è stato chiesto di descrivere cosa essi pensavano sarebbe successo fisicamente dopo la loro morte.
Alla fine è stato loro chiesto di descrivere i loro sentimenti nei confronti dei Quaccheri (considerati un gruppo neutrale) e nei confronti degli atei (atei!). Più alto era il punteggio più alto era l’apprezzamento. Gli atei hanno ricevuto il punteggio più basso da entrambi i gruppi di studenti.
È stato anche chiesto di quantificare affermazioni (tipo “Mi piacerebbe che un membro di tale gruppo contraesse matrimonio con un componente della mia famiglia”) assegnando un punteggio compreso tra sono ”fortemente d’accordo” e “fortemente in disaccordo”. Più alto era il punteggio e maggiormente si rifiutava di avere a che fare con quella categoria (Quaccheri e atei). Neppure a dirlo, gli atei hanno ricevuto il punteggio più alto da entrambi i gruppi di test.
La stessa cosa è avvenuta con le affermazioni riguardanti la diffidenza. Più alto era il punteggio e minore era la credibilità della categoria (Quaccheri e atei). Gli atei sono risultati ancora una volta al vertice della diffidenza.
Così… uhm… questo è seccante. È la riprova che, confrontati con i gruppi religiosi, gli atei sono considerati meno affidabili, sono meno amati e generalmente percepiti come emarginati.
Esperimento 2
È stato chiesto a 174 studenti (nessuno dei quali ateo) divisi in tre gruppi, di “pensare all’ateismo”, di “pensare alla propria morte”, di “pensare di provare un dolore intenso”. Dopo di che a quegli studenti è stato chiesto di riempire gli spazi mancanti in un insieme di parole, alcune delle quali potevano essere correlate alla morte.
Per esempio, COFF_ _ potrebbe essere “COFFEE” (caffè) o “COFFIN” (bara).
SK_ _ L potrebbe essere “SKILL” (competenza) o “SKULL” (teschio).
Usando il gruppo “dolore intenso” come controllo, è risultato che pensare all’ateismo fa verosimilmente completare le parole con significati legati alla morte quanto pensare alla morte stessa.
(La barra dell’ateismo è lievemente superiore a quella della morte, ma la differenza non è statisticamente apprezzabile).
Che cosa deduciamo da tutto ciò?
… pensare all’ateismo accresce la predisposizione a impliciti pensieri di morte allo stesso livello che [pensare alla morte stessa]. Queste scoperte sono complementari alle ricerche esistenti e corroborano la nostra comprensione di sentimenti anti-atei, dimostrando che l’ostilità verso la miscredenza degli atei è particolarmente evidente quando vengono coinvolti interessi esistenziali e per questo, per i credenti, la semplice presa in considerazione dell’ateismo può significare indizio di non immortalità.
Le conclusioni della ricerca
Siccome i gruppi che minacciano la visione del mondo attraverso la fede sono spesso oggetto di discriminazioni e aggressioni, le future ricerche potrebbero essere produttivamente indirizzate verso l’individuazione di modi benigni per parare la minaccia esistenziale che gli atei pongono ai credenti, quindi mitigando l’ostilità e l’intolleranza a cui essi sono soggetti.
Gli atei, viceversa, potrebbero essere aiutati dal considerare che la denuncia militante delle concezioni teistiche della realtà e di coloro i quali ad esse aderiscono, al contrario di un sano scetticismo critico e dissenso sociale, contribuisce alla loro attuale impopolarità in molte culture.
In altre parole gli atei dovrebbero veramente riflettere su come criticare la religione. Se si vuole persuadere la gente a dare ascolto al nostro modo di pensare, non si può forzarli al punto che questi finiscano con avvinghiarsi ancora di più alla loro fede.
Già essi associano gli atei alla morte o a qualcosa di altrettanto brutto. Non serve dare loro altre ragioni per consolidare questa associazione mentale.
Hemant Mehta
Traduzione di New Research Shows the Existential Threat Atheists Pose to Believers; No Wonder We’re So Disliked!
A cura di Marco Zuccari
Non ci posso fare nulla se stimolo pensieri di morte nei credenti, ho già i miei problemi a cui dare conto, non mi posso preoccupare anche della paura della morte che stimolo nei credenti. Il problema è dei credenti, non degli atei.
@ Francesco s.
Concordo.
Pienamente d’accordo.
Già.
perfettamente d’accordo!!!
soldi e energie ben spesi, non c’è che dire! 😉
Certo, questi studi fondamentali per l’umanità, rappresentano un’ottima e ben più divertente alternativa alle battutone di certuni!
😉
Il tuo gioco da tavolo preferito:
http://www.milan7.it/m/20130208/Il_ritorno_del_Rosicone.jpg
odio tutti i giochi di società
E invece giocando con i giochi da tavolo eviteresti di sfogare le tue frustrazioni qui o in generale su le altre persone.
Engy per te è molto meglio spendere soldi e nergia in studi di sindonologia forse?! 😀
ah perchè ho sottinteso questo?
sai quanto me ne frega della sindone?
nel mio agnosticismo io sto bene, “voi” nel vostro ateismo spinto e ostentato non so ….
@ Engy
Un ateismo non spinto non crede in dio ma alla madonna si?
E dimmi, un agnostico non spinto, all’atto pratico, si comporta come se dio esistesse o come se dio non esistesse? Insomma, sei un’agnostica semicredente o un’agnostica miscredente?
O a giorni alterni? E dicendo che nel tuo agnosticismo ti trovi bene, ostenti o no?
Poveri noi…
la mia era una supposizione engy non una certezza.
“sai quanto me ne frega della sindone?” non lo so, ma supponendo il tuo non spinto agnosticismo, forse un pochino?!
Come dire a Freud «Non curare psicosi e nevrosi facendo accettare la realtà,
curale invece con un po’ di isteria».
La cura migliore, naturalmente, è la prevenzione: evitare luoghi e persone
infette da condizionamenti indotti. Soprattutto nell’infanzia.
Papa ufficiale: Me siembra normal che i credientes preferiscono i quaccheri, chi non ama Paperino, i suoi nipoti, Zio Paperone….
Segretario: Stavolta non lo correggo, voglio vedere se dice pure Gastone che io non l’ho mai sopportato.
Il problema delle religioni è la loro radicazione nella società civile. Molte volte gli atei criticano con toni eccessivi soprattutto perchè le religioni si sostengono con le risorse della collettività. La rabbia maggiore di un ateo è dovuta al fatto che con le sue tasse deve mantenere parassiti di corvi e corvacci, che sottraono risorse all’ istruzione, alla sanità ecc……
Pienamente concorde! Hai centrato il punto!
“La gente non ama la morte, la teme e farebbe qualsiasi cosa per evitare di pensarci. È una delle ragioni per cui la religione è così potente.”
Per quanto mi riguarda, non occorrevano molti esperimenti per convincermi di questa tesi. Ciò che invece non condivido è la conclusione ricavata da questi esperimenti (che onestamente non ho letto fino in fondo), e cioè :
“In altre parole gli atei dovrebbero veramente riflettere su come criticare la religione. Se si vuole persuadere la gente a dare ascolto al nostro modo di pensare, non si può forzarli al punto che questi finiscano con avvinghiarsi ancora di più alla loro fede.”
Premesso che condivido quanto affermato da francesco s. e StefanoMT…
quando comunque discuto con un credente per motivare il mio ateismo, preferisco un altro approccio: affermo – perchè ne sono convinto – che capisco… e in qualche modo ne riconosco l’ESIGENZA… cosa spinge un credente a puntare sull’aldilà: la paura, appunto della morte, comune a loro come a me. Detto questo, aggiungo che non credo abbia molto senso, che è sicuramente ben poco razionale, dare credito alla paura (e alla speranza), e vivere nell’ipotesi che ci sia effettivamente un’altra forma di vita individuale dopo questa. Un conto è sperare in qualcosa, sentirne l’esigenza, altro è vivere come se questa esigenza potesse senz’altro essere soddisfatta… ovviamente in un’altra dimensione. Si tratta di una chiara fuga dalla realtà.
(E se mi capita di discutere con un filosofo 🙂 , sostengo che la famosa ‘scommessa di Pascal’ è un argomento indegno di un grande scienziato e filosofo quale era nonostante tutto)
Bruno
A me invece, quando qualcuno tira fuori la scommessa di Pascal, rispondo: “Quindi secondo lo stesso metro conviene credere nelle divinità indù, perchè se credi in esse, muori e ti trovi davanti il dio cristiano hai scontentato un solo dio, se invece credi nel dio cristiano, muori e ti trovi davanti le divinità indù ne hai scontentate milioni…”
🙂
Scusa Bruno, ma ti guardi attorno? E’ vero che il tuo approccio è interlocutorio e interessante, ma li leggi la stragrande maggioranza dei post di questo blog? E’ un continuo insulto, derisione e criminalizzazione per sia per il contenuto di tutte le religioni, sia per coloro che ad esse si rifanno. Forse lo studio non parlava di te, ma degli atei nel loro complesso.
Detto questo mi permetto di ribadire (ma è una veccia storia) che la tua idea secondo la quale ” cosa spinge un credente a puntare sull’aldilà” è talmente incompleta da risultare falsa. Almeno nel mio caso 🙂
Pa’
Capisco il tuo disappunto ed effettivamente il livello interlocutorio non è dei più rispettosi… (e riconosco che anch’io faccio la mia parte 😳 ) Però, immagina di discutere con un oroscopista che non cede su nessun argomento (dei suoi), pretende di imporre a tutti il suo modo di comportarsi, riceve ingenti risorse dallo stato ecc. ecc… hai capito a cosa alludo; a questo punto come ti comporteresti con questo soggetto? Non vale rispondere ‘Me ne andrei ignorandolo” perché lui continuerebbe a raccontar balle e incamerare i tuoi soldi. Quindi?
@ parolaio
pensa un po’, io ritengo che siano offensivi (per la ragione) contenuti risibili…
Ma non prevedo inferni, oltre la loro critica.
@ parolaio
“Detto questo mi permetto di ribadire (ma è una veccia storia) che la tua idea secondo la quale ” cosa spinge un credente a puntare sull’aldilà” è talmente incompleta da risultare falsa.”
Leggo adesso la tua replica e ti pongo la domanda d’obbligo: qual è la verità completa circa il rapporto tra credente e ‘aldilà’? Sarà anche una ‘vecchia storia’, ma non la ricordo.
(Così come io, necessariamente, ho sintetizzato il mio pensiero con i limiti che ciò comporta, chiedo anche a te – nel caso intenda rispondere – di tentare una sintesi)
@ bruno gualerzi
Dai, non hai ancora capito che quella della incompleta, superficiale, decontestualizzata (aggiungi un aggettivo a scelta) interpretazione è solo una banalissima scusa? 😉
Ti ricordi un solo caso in cui alla richiesta di fornire l’interpretazione “corretta” abbia fatto seguito una risposta?
E davvero pensi che se essa ci fosse si baserebbe su principi più ragionevoli della presunta affermazione “scorretta”, tanto da sovvertire il risultato?
Io sono tutto orecchi, comunque, vediamo?
A proposito, aggiungi al campionario “qui non c’è spazio per spiegarlo” e “andremmo OT” e avrai il quadro completo.
@ Stefano tm
Come sei pessimista! Vedrai che adesso, in seguito alla tua provocazione, arriverà subito la risposta. E così il tuo scetticismo avrà la lezione che si merita! 🙂
Per sparolaio.
“Scusa Bruno, ma ti guardi attorno? E’ vero che il tuo approccio è interlocutorio e interessante, ma li leggi la stragrande maggioranza dei post di questo blog? E’ un continuo insulto, derisione e criminalizzazione per sia per il contenuto di tutte le religioni, sia per coloro che ad esse si rifanno.”
Fino a quando si presenteranno tipi come te, chi lo fa ha perfettamente ragione.
Vale il principio di azione e reazione.
Guarda caso lei ignora o giustifica quello che i credenti dicono e fanno.
Non sono gli atei ad avere concordati vantaggiosi, non sono gli atei a godere di privilegi. Non sono gli atei ad occupare i media. Non sono gli atei ad intrallazzare coi politici italiani e a possedere una ricca e potente multinazionale che si comporta come uno stato nello stato.
Non sono gli atei a parlare ogni giorno dai media e dirci cosa dobbiamo fare e dare giudizi pesanti (vedi l’uscita recente del portavoce del papa sull’Irlanda), a pretendere di imporre agli altri le loro visioni del mondo.
E si devono subire la propaganda cattolica agiografica ed osannante.
Ne nascerà una certa insofferenza, no? La religione cattolica in Italia ha dal 2000 invaso i media nonostante il calo dei fedeli.
Inoltre molti credenti come lei considerano le religioni intoccabili e non criticabili, quindi qualsiasi cosa che non si traduce in adulazione è critica inaccettabile : lo credo bene, visto che le vostre affermazioni sono spesso indimostrabili e non reggono all’analisi critica. Quindi vanno protette per legge e sottratte alla critica per lesa maestà.
@Diocleziano
Ma vedi Dio’, a me non pare di aver mai imposto a nessuno modi di vedere o regole di vita, al massimo ho cercato di farvi notare che l’affresco del perfetto credulone-scemo-nemicodellascienza che vi prefigurate come credente, magari non è sempre il modello adatto a spiegare la realtà. In questo, ammettendo di rispondere ad un oroscoparo o ad un censore, ammetti di aver risposto non a me, ma a quello che tu pensi aprioristicamente, in maniera dogmatica, che io sia . Un po’ come Bruno quando dice che tutti i credenti lo sono per mitigare la paura della morte. Insulti a partire da queste basi sono gratutiti, e soprattutto sono insulti all’intelligenza di chi li fa.
@ RobertoV
Esattamente!
@ parolaio
Senti, l’affresco te lo fai tu: qui ci atteniamo ai fatti.
E allora, di nuovo: cosa ti farebbe cambiare idea sulla tua credenza? Come fai a sapere se è errata? Consideri la possibilità che lo possa essere?
Il tutto tenendo conto che essa fa affermazioni che cozzano contro tutto quanto si conosce.
Poi, quale la sorte dei principi derivanti da quella credenza in un dibattito pubblico, che so, sul riconoscimento di diritti? I principi sono discutibili o no? Che ne pensi di quanto ha scritto RobertoV in merito? Non buttarla sulla tua esperienza: a nulla vale nel rispondere a domande su come stiano queste cose. A nulla vale in un dibattito pubblico.
Si qui, dunque, niente affreschi, si tratta di domande. Già fatte, peraltro.
L'”affresco” di cui ci accusi, semmai esiste, è comunque provvisorio e passibile di cambiamento. Non è aprioristico, deriva dalle vostre affermazioni e dalle vostre risposte, non dalle nostre domande.
Noi ragioniamo (o perlomeno ci sforziamo di farlo) senza utilizzare misteri ma premesse, buone regole di ragionamento, criteri di conferma e soprattutto disconferma.
I dogmi (quelli che non possono essere falsificati) stanno da un’altra parte.
Pa’, la mia non era una disputa personale a té rivolta, e la maniera ‘dogmatica’ cessa di esserlo proprio perché trova riscontri nella realtà (al contrario dei dogmi). Che si generalizzi (sparare nel mucchio) è dovuto al mezzo: il blog, e al fatto che bene o male la chiesa è supportata dai credenti, quindi a ognuno il suo. Forse un giorno, ottantenni, seduti su una panchina potremo parlare ‘a ragion veduta’ dei nostri veri e personali punti di vista. 😉
e’ una vecchia storia fra me e te, perché già altre volte ti ho fatto dell eccezioni su questo punto.
Il problema cui cerco una risposta non riguarda il ‘salvarmi il culo’ in un improbabile e vago futuro, ma è un motivo per vivere qui e ora. La ‘vita eterna’ (se c’è) non è dopo la morte fra gli angioletti, inizia qui e ora. In questo senso non credo di rientrare nel tuo schema.
@ parolaio
il nick non è scelto a caso, visto che ti piace giocare con le parole.
La vita, qui, non è eterna.
Se il “dopo” non esiste, inutile, anzi, perverso, prospettarlo.
Il sistema “cristianesimo” prevede un “dopo” la morte che è parte essenziale del pacchetto. Non un opzional. Fosse solo in termini temporali, la vita “qui” è un’inezia rispetto a quella eterna (ferme restando le insolubili contraddizioni in merito al tempo, tipiche della vostra mitologia). Il progetto prevede la morte, con gli annessi e connessi, cui si tenta di dare un significato di mero rito di passaggio. Leva questo e il sistema collassa.
E non lo dico io: “se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”. Qui e fuori di qui.
L’obiezione di bruno, quindi, è validissima.
@Stefano
Ho scritto ‘inizia’…
E’ senza dubbio possibile che io non riesca a farmi capire, ma mi pareva chiaro che la mia ricerca non prevede una fuga dalla quotidianità, viceversa la pone alla base. Tristissimo vedere come tutti gli sforzi che molti di voi fanno, te ad esempio, non sono tesi a capire un punto di vista diverso, ma solo a convalidare il lemma di stupidità di tutti i non-atei. Davvero menti morte alla ricerca.
@ parolaio
Io ho capito perfettamente. Ma la tua quotidianità prevede anche le credenze che ho esposto, che sono parte essenziale del pacchetto. La mia quotidianità no. Quindi la differenza tra la mia e la tua quotidianità è un pacchetto di credenze che prevede la morte come rito di passaggio essenziale. Tanto che il verbo che hai usato,”inizia”, prevede una continuazione. Se tu non riesci a cogliere le implicazioni di quel che dici o pensi, non accusare gli altri di non capirti: sei il primo a farlo.
Quindi, quotidianità a parte, fughe o non fughe, resta sul tavolo la valutazione del pacchetto di credenze che tu hai e io no. E le affermazioni relative non si risolvono con risposte sulla tua o la mia quotidianità, sulla tua o sulla mia esperienza: si valutano in base alla loro consistenza, coerenza, aderenza ai fatti. E se sono inconistenti, incoerenti e campate in aria la tua quotidianità non sposta di una virgola questo fatto. Le menti morte sono quelle che non ragionano o non sanno come farlo.
Parolaio
Ma se guardi alla realtà convinto che dietro ci sia un dio, ed un dio in particolare, quello cattolico, come fai a guardare la realtà per quello che è? Stai già effettuando una fuga dalla realtà, perchè cercherai delle giustificazioni a quello che vedi. Stai già applicando una metodologia di analisi che filtra ciò che vedi e questa metodologia è stata assunta a priori.
Visto che dici che non puoi dimostrare certi assunti del credo, non è certo dalla realtà che li puoi derivare. L’esperienza è soggettiva e non è un parametro universale di valutazione. Puoi dire che questo metodo ti fa stare meglio e che ti concilia con la realtà, ma non che questo metodo possa essere un metodo valido per altri.
Se qualcuno mi racconta che lo fa stare bene il credere che il mondo sia controllato da degli extraterrestri che vivono anche tra noi e noto che tale persona vive bene, soddisfatta, questo non mi porta a ritenere che tale metodo sia un buon metodo: non riuscirei a vivere in tale modo perchè la mia mente si rifiuterebbe di credere a tali cose e vorrebbe delle prove molto concrete. Se questa persona si tiene per se il suo credo, nulla da eccepire se il risultato è realmente positivo (e non millantato), ma se lo comunica e ritiene che vada preso sul serio non può certo esimersi dalle critiche.
Le religioni non le trovo credibili, neanche sul senso, sui perchè. Sottoposte ad analisi critica risultano altamente deficitarie ed insostenibili. Sono deficitarie anche sui risultati. Per questo “devono” essere protette e sottratte alla critica e sorrette dalla propaganda ……..
A difesa di Gualerzi vorrei dire che quando si fa un quadro si ritiene quel quadro realistico per la maggioranza, per la media, ovviamente i casi singoli non invalidano l’analisi. Se dico che per la maggior parte degli italiani la religione cattolica è “a la carte”, non è che citandomi persone molto esservanti e convinte l’affermazione perde di validità. In analisi statistica quando si dice che una cosa dipende da una determinata variabile non significa che dipende solo da quella variabile o che non siano possibili casi che non ne dipendono o in minima parte (perchè quello entra dentro nella varianza).
“…resta sul tavolo la valutazione del pacchetto di credenze che tu hai e io no.”
Riborda con il riappellarsi a cose che io non ho detto.
Cercherò di fare un esempio. Se ti piace Mozart, ti piace perché lo ascolti. Se qualcuno ti criticasse perché guardando il pentagramma della IX sinfonia non ci trova niente di bello come lo considereresti?
La persona curiosa avrebbe cercato di capire cosa muove l’inerlocutore, cosa cerca ‘qui e ora’, il dogmatico si ritiene soddisfatto di trovare la strada per riapplicare il proprio schema mentale.
Menti morte quelle dogmatiche….
@ parolaio
I gusti riguardano preferenze, non sono affermazioni sull’esistenza cose. Io non ho gusti sullo stato di fatto dell’esistenza di un muro. Posso averli sulla sua forma e sull’opportunità che sia in un certo luogo. Non sul fatto che ci sia. Il fatto che ti piaccia o meno la 9a sinfonia di Beethoven (la nona di Mozart è del trascurabile e di provenienza incerta) esprime un gusto su qualcosa che esiste. Al contrario i gusti, di per sé, non provano l’esistenza di alcunché. Il fatto che si dichiari che Cristo è risorto, che esiste il paradiso, l’inferno, la madonna e tutti i santi è un tuo gusto, una preferenza o un’affermazione sullo stato di cose?
Esiste X è una cosa. Mi piace X è altro. Esiste X richiede prove che non sono necessarie per Mi Piace X .
La prima è un’affermazione intersoggettiva, la seconda del tutto idiosincratica.
E Mi Piace X non è una prova dell’esistenza di X.
Siamo all’assurdo che la tua approssimazione dovrebbe costituire conferma della tua posizione.
A proposito di dogmi, ci sono domande a cui non hai risposto: sai, ci possiamo accusare vicendevolmente di essere dogmatici, poi c’è la sostanza, davanti a tutti.
@ parolaio
Cosa tu cerchi qui e ora l’abbiamo capito tutti . Che ti piaccia pure . L’unico che non ha capito, qui e ora, se quel che cerca e gli piace esista, indipendentemente dal fatto che gli piaccia e ci si trovi bene, sei solo tu .
Quel che cerchi e che ti piace è una credenza che dichiara principi e fa affermazioni sullo stato di cose: non sono gusti. Quei principi e quello stato di cose devono essere valutati con criteri che non sono i tuoi gusti. Un gusto è autoreferenziale. Una ricerca, per quanto piaccia, essa e il possibile risultato, se vera ricerca deve prevedere in che caso sbaglia. Tu non lo prevedi. Stai bene e questo vuol dire che esiste il tuo dio. Ma quando mai?
E con queste premesse ti lamenti pure se qualcuno vi dà dei creduloni?
E siccome ti piace, indipendentemente dal fatto che esista, senza prove che esista o meno, senza specificare in che caso tu ti sbagli, ti ritieni soddisfatto dalla riapplicazione del tuo schema mentale. Mica lo metti in gioco, per carità.
Quello lo fanno solo gli altri, i dogmatici…
Più sopra (16.37):
I gusti riguardano preferenze, non sono affermazioni sull’esistenza di cose.
“La persona curiosa avrebbe cercato di capire cosa muove l’inerlocutore, cosa cerca ‘qui e ora’”
Quindi sparolaio è la persona che parla conte che deve capire cosa “ti muove” cosa cerchi “qui e ora”? No tu a spiegarglielo, perché se no è lui che è dogmatico mica tu che non hai capito una mazza in quello in cui credi. Poi ti lamenti se qui ti perculiamo.
Con te, non il titolo nobiliare.
Esperimento 3
È stato chiesto a 286 studenti (nessuno dei quali ateo) di “pensare di provare un dolore intenso (tipo quando ci diamo una martellata su un dito)”. Dopo di che a quegli studenti è stato chiesto di riempire gli spazi mancanti in un insieme di parole.
Per esempio,
Dio por..
Madonna maia…
Dio ca….
E’ risultato che ai credenti pensare di “provare un dolore intenso” fa completare quasi sempre le frasi con parole legate al mondo animale.
@RobertoV
Quello che usi nella tua risposta è un approccio scientifico, il mio esistenziale. Per rispondermi devi cercare di metterti dal mio punto di vista, sono certo che anche te non affronti tutte le istanze della tua vita con metodo…. scientifico.
Nessuno parte “convinto che dietro ci sia un dio”, come mai sarebbe possibile?
@ parolaio
parolaio, te l’ho spiegato: i gusti sono una cosa, l’esistenza un’altra. Non serve l’approccio scientifico per sapere se mi piace un gelato. Nemmeno per comprare un’auto. O per tifare una squadra. O scegliere un film. Per decidere se qualcosa esiste o meno, invece, i gusti non servono a niente. E allora, te lo richiedo: la frase “Gesù è Risorto” è un fatto o è un tuo gusto? Un evento storico o una tua preferenza? Il desiderio che piova, tu non te ne fossi ancora accorto, non fa piovere.
Certo che non utilizzo il metodo scientifico per tutte le cose anche se sono un ingegnere e, quindi, sono abituato a schematizzare e razionalizzare la realtà! Ma distinguo bene tra ciò che è sostenibile e può essere di validità universale e ciò che non lo è. Io sono uno sportivo praticante e so bene che a molte persone lo sport (o certi sport) non interessano e che le sensazioni che provano/proverebbero nel praticarlo non sono le mie. So benissimo che le mie sensazioni non sono universali, anzi che le sensazioni non sono universali, come i gusti e le preferenze.
So bene anche che le illusioni, i sogni possono aiutare, ma non all’infinito, alla fine devono comunque subire un’analisi critica e confrontarsi con la realtà. e, comunque, devono avere qualcosa di concreto da cui partire.
Le sensazioni possono essere ingannatrici, variano da momento a momento, non possono essere utilizzate come dimostrazione.
Nel caso delle religioni anche l’esperienza è contro se si fa un’analisi critica, corretta, storica e sociale. Anche i risultati sono deficitari. Ed anche le giustificazioni alle cosiddette domande di senso. E questa non è un’impressione.
Sparolaio: “Per rispondermi devi cercare di metterti dal mio punto di vista”
Tu invece per rispondere a RobertoV devi usare il tasto rispondi correttamente, ma si sa… tu sei un esistenzialista 🙂 .
L’errore di fondo di questa brillante indagine statistica è nella premessa: la gente non ama la morte, la teme e fa di tutto per non pensarci. Questa è già una tesi. Facilmente dimostrabile come causa della ipocrita religiosità diffusa. Quindi, a ben vedere, la premessa sarebbe dovuta essere: l’educazione religiosa e il suo fondante concetto di Morte, risultano essere tuttora superficialmente affrontati dal sistema educativo perché lo stesso sistema educativo è vittima del groviglio culturale che parte dal vuoto storico delle origini delle religioni. Le emozioni e le opinioni sulla coscienza della vita e sul sentimento della morte vengono di conseguenza mal gestite dagli allievi che riporteranno questa grave lacuna per il resto della loro esistenza. L’associazione del concetto sfasato di ateo con l’idea della ingiustificata negazione dell’immortalità è il segno della trappola culturale in cui è finita l’umanità.
@ Gianpiero
Che?
O non capisco che vuoi dire o questa è proprio bella: quella che è ingiustificata è l’affermazione dell’immortalità…
@ Gianpiero
“L’errore di fondo di questa brillante indagine statistica è nella premessa: la gente non ama la morte, la teme e fa di tutto per non pensarci. Questa è già una tesi. Facilmente dimostrabile come causa della ipocrita religiosità diffusa. Quindi, a ben vedere, la premessa sarebbe dovuta essere: l’educazione religiosa e il suo fondante concetto di Morte(…)”
Quindi – se ho capito bene – la paura della morte come viene trattata dalla religione sarebbe il prodotto della distorsione portata dalla stessa rispetto alla morte confondendo in tal modo le acque. Mi sembra una tesi eccessiva, in quanto la paura della morte credo sia connaturata alla condizione umana e come tale preesiste a qualsiasi distorsione religiosa… che comunque non vedo perchè debba essere ‘ipocrita’. Distorta, ovviamente, da un punto di vista ateo, ma rispondente ad una esigenza reale che, come tale – a mio parere – appartiene, più o meno rimossa, anche agli atei.
A meno che (il mio commento è basato di fatto solo sulla premessa e sulle conclusioni) la premessa scorretta di cui parli sia esclusivamente riferita a questa indagine. Resta il fatto che non ho capito bene quale sia tuo parere in merito alla paura della morte indipendentemente da come viene trattata – o manipolata – dalla religione.
Le conclusioni dello studio potrebbero essere riassunte, citando una canzone del passato: la verità ti fa male lo so!.
In un’ottica cristiano-martiristica, i credenti dovrebbero essere grati agli scettici: ecco un’altra formidabile sfida alla loro fede, che di certo accrescerà il credito loro presso il Signore 😉
Scherzi a parte, credo che si debba distinguere la lotta per la laicità – i. e. non imporre a tutti di vivere secondo i dettami di una specifica fede/credenza – dal preoccuparsi di cosa hanno in testa le persone.
A volte la seconda può aiutare la prima (diffusione del pensiero scientifico e laico), ma alla fin fine non dobbiamo salvare il mondo, ma cercare (anche con intransigenza se occorre) di instaurare l’aurea regola del live and let live.
Alle elementari un bambino che si arrischi a dire che babbo natale non esiste, suscita profonda indignazione negli altri bambini e spesso rabbia e rifiuto, specialmente da parte delle BAMBINE. Fortunatamente non ho mai visto nessuno di questi coraggiosi piccoli scettici tornare sui propri passi o farsi intimidire. Piuttosto i piccoli (ma mica tanto, si parla di 8, 9 anni)sconvolti dalla rivelazione corrono tra le braccia della maestra per farsi dire che non è vero.
ma che tristezza i tuoi commenti Mafalda e quante generalizzazioni: conosci tutti i bambini del mondo (ovviamente tutti i bambini che credono a babbo natale)? Soprattutto le bambine? ma che stai a dire??? Piccoli scettici, che coglionata! E quanta eccessiva drammaticità nel descrivere i piccoli creduloni (evidentemente), creduloni quindi cretinoni, che si disperano e si buttano tra le braccia della maestra!
Da piccola i miei genitori comunisti e atei mi avevano fatto credere alle varie sante lucie, befane, babbi natali: non erano deficienti loro, non sono (particolarmente) deficiente e tonta io.
Rozza, sei rozza Mafalda, mi sembri lo stereotipo della simpatizzante leghista media!!
@E.n.g.y
Un pazzo non sa di essere pazzo
Posso dire che il commento di mafalda è vero. Prova a dire a un bambino convinto dell’esistenza di Babbo Natale che questo non esiste e vedi come reagisce. E non c’è bisogno di conoscere tutti i bambini del mondo, in generale, ragionano allo stesso modo.
I miei genitori, non comunisti e non di certo atei, quando gli ho detto che il suddetto Babbo non esiste sono rimasti spiazzati ma si sono visti costretti ad ammettere.
Tu che non credi all’incoerenza di chi si uniforma per necessità… secondo te i tuoi che hanno fatto?
Sarà rozza mafalda, o piccola tu che non hai altri argomenti? A meno che tu non sappia spiegare in cosa lei si riveli rozza e simil-leghista medio. Lo sei?
ma pensa al conformismo dei tuoi, gmd85!
E poi che c’entra col conformismo religioso la favola di santa lucia o della befana o anche di babbo natale?
Non avevo dubbi sulla tua superiorità intellettiva gmd85, di solito ai bambini piccoli la si fa, ma non a gmd85, eh no!
La rozzezza (anche) di Mafalda sta nel linguaggio, nell’utilizzo di generalizzazioni che sono poi i luoghi comuni, nel sessismo (le bambine che si disperano di più dei maschi, non ho parole), nell’intolleranza di fondo, nell’assenza totale della vera laicità.
A proposito di “laicità” sto cominciando a leggere una tesi premiata da uaar nel 2007 di una che intende come me (e altri) il concetto di laicità preferibilmente nell’accezione di mancanza di dogmatismo: è Michela Porcu e il titolo della tesi che sembra davvero molto interessante “L’etica laica e l’etica cattolica in bioetica: un confronto tra paradigmi”.
@Engy
Sicuramente hai più di un problema. Uno è il masochismo. Se in un forum i miei commenti e la mia persona venissero puntualmente derisi, una domanda me la farei. Non so perché te la prendi con me, non è un problema mio. Curati.
@E.n.g.y
C’entra, perché se i tuoi erano atei, si sono conformati raccontandoti di babbo Natale, semplice. I miei si sono conformati? Possibile. Non sono io quello che lo nega.
Tu vedi generalizzazioni e rozzezza ogni volta che leggi ciò che non ti piace. da brava ipocrita, visto che sostieni la libertà d’espressione e pensiero. Se le bambine sono cresciute secondo stereotipi culturali le reazioni sono prevedibili. Il sessismo è a monte.
Visto che la tesi parla di bioetica, io aspetto ancora che tu argomenti le tue posizioni in materia. perché fino a ora sono sembrate solo dogmatiche.
mafalda,
rozza, prevedibile, poco originale: “curati” è molto in voga in rete, dare del malato è la cosa più facile quando si è intolleranti e/o a corto di argomenti.
Non è un problema solo tuo d’altra parte: ci sono fior di blogger (scrittrici, giornaliste di fama) che nei loro rinomati blog non fanno altro. Certo, come tattica è un po’ vecchiotta ….
stai bene!
gmd,
dogmatiche le mie tesi?
ma mi faccI il piacere signor giemmedi!
molto limitata anche Mafalda: i tuoi commenti IN QUESTO BLOG non vengono mai derisi? Ma tu pensa, ma guarda un po’ che stranezza …!
Ti sembra che una setta si permetta di criticare un proprio adepto?
poi perchè “masochista” Mafalda?
In questo modo, ingenuamente ti scopri, perchè EVIDENTEMENTE secondo te un blog non è un luogo di pubblica discussione ma una parrocchietta, dove gli amici si adulano e i nemici (o presunti tali!) vengono bastonati, risultando pertanto questi ultimi dei masochisti malati!
Sei furibonda, vedo. Mi definisci con appellativi degni della migliore maleducazione, basati esclusivamente su tue congetture. Non sono una psicologa, ma c’è qualcosa che non va e non sono io. Non so proprio come aiutarti, non ne sono in grado. Evita di commentare i miei post, per favore, non voglio disturbare la discussione con queste cose.
no guarda, non sono furibonda Mafalda, semplicemente oggi ho anche un po’ più di tempo.
Sono molto meno maleducata di tanti altri qui, e non è che con questo tuo tono di sufficienza puoi pensare di impressionare più di tanto, oltretutto non riuscendo a fare altro che insistere – così come si addice al “miglior” esemplare del commentatore online – con le allusioni circa una mia presunta “pazzia”; pazzia che peraltro non escludo al 100%, così come nessuno dovrebbe escluderla per se stesso.
@E.n.g.y
Cara, sarebe questa la tua risposta? Perché, sai, quando non sei in grado di dare uno straccio di argomentazione che non sia il solito ricorso alle emozioni, ti piaccia o meno, risulti dogmatica. Vedremo alle prossime news in merito se sarai in grado di smentire.
P.S. niente parrocchie. La stupidità è criticata ovunque.
E stato cosi che ha iniziato la mia miscredenza . Con la differenza che avevo 6 anni e che non si trattava del babbo Natale ma di San Nicola ( Nel Nord-Europa, San Nicola era – ed è ancora – piu popolare del babbo Natale ) . Certo che i bambini che non credevano piu nel San NIcola lo facevano sapere agli altri . Chi ci credeva veniva anche preso in giro …
Non sono scappato tra le braccia del maestro ( Non so oggi, ma all’ epoca il rapporto con l’ educatore era abbastanza distante ) ma ho iniziato a pormi tante domande ….
Oggi, a 8 anni, credono in babbo natale, befana, fatina dei denti. Non sto scherzando. Credo comunque che parecchi siano “atei devoti”, altrimenti niente mancia o regalo.
@Mafalda
Non mi pare così strano credere da bambini alla befana, babbo natale e compagnia varia, il problema semmai è crederci da adulti. E’ una fase, ogni bambino ha i suoi tempi.
@Francesco
Non è strano, almeno fino a 8 anni, ma quando un ragazzino è in quinta lo diventa, secondo me. In parte credo sia dovuto a molti adulti, che cercano di prolungare questo momento magico anche per loro stessi (è bellissimo vedere il figlio o il nipotino che aspettano il regalo e la loro gioia quando lo scoprono, mentre è meno gratificante chiedere cosa vogliono per natale o fargli la mancia). Forse non ci sono riuscita, ma volevo fare un parallelo tra i bambini ormai grandi che credono ancora a babbo natale e gli adulti credenti, tra bambini che non hanno paura di dire la verità e gli atei.
a me questi esperimenti mi sembrano delle emerite ca..te.
la morte, a prescindere dalle convinzioni, incute timore anche negli atei, chi razionalemente e non fideisticamente sarebbe contento di sentirsi dire dal medico che morirà di una malattia incurabile nel volgere di pochi mesi? già la prospettiva di lasciare i propri cari di per se basta a terrorizzare chiunque, quindi questa ricerca potevano risparmiarsela e spendere quel denaro in opere di beneficenza laica sarebbe stata un’ottima idea.
p.s. riguardo i sentimenti che l’ateismo può suscitare nei credenti non me ne può fregare di meno, ho già i miei problemi ad arrivare in fondo al mese con un misero contributo di mobilità di 585 euro 😀 figuriamoci se ho tempo di pensare a queste idiozie.
Concordo. Non so se è una coincidenza, ma sembra che con l’aumentare del coraggio degli atei nel fare outing o coming out, escano anche queste ricerche che suggeriscono ai non credenti (sempre agli atei, naturalmente!) di abbassare i toni…
A quando una bella ricerca sulla stupidità religiosa?
è risaputo che l’uomo per sopravvivere necessita di un nemico e molti credenti scelgono gli atei, per antitesi il primo plausibile per gente che crede ai palestinesi che camminano sulle acque e all’acqua che diventa vino 😉
Ciao Stefano
La penso esattamente come te . Non vedo l’ utilita di tutti questi ” esperimenti ” ( Non è il primo di questo tipo che appare su questo sito ) Avviamente i americani non sanno come spendere i loro soldi oppure questi ” ricercatori ” hanno tempo da perdere.
Tutti hanno paura della morte, atei o credenti . Forse le persone malvagge non hanno paura della morte oppure i fanatici di ogni tipo ( gerarchi nazisti, djihadisti etc ) .
Sappiamo che tanti “santi” al momento del trapasso erano terrorizzati ( Teresa del bambino Gesu oppure Gaspare del Buffalo per citarne soltanto due..) .
Scusate, ma non ho capito un banano dell’esperimento.
Perchè gli atei sono stati paragonati proprio ai quaccheri e non ai credenti in generale? I quaccheri non sono mica tutti i non-atei, cioè credenti.
E poi, se degli studenti nessuno era ateo, chi mi assicura che nessuno fosse quacchero?
E ancora: non è necessariamente vero che uno che rifiuti dio non creda ad una vita dopo la morte.
E ancora: se un credente possiede la fede, questa non viene assolutamente intaccata dall’ateismo; altrimenti, semplicemente, non sarebbe fede quella che viene erosa dal dubbio ateistico. Chi ha dubbi non possiede fede, e viceversa. Ergo, di quegli studenti forse nessuno era ateo, ma che fossero tutti veramente credenti dubito.
E poi: quale sarebbe la relazione tra il criterio di suddivisione in due gruppi e le risposte date?
Ecc. ecc.
A questo punto ci vorrebe un intervento di Flo !
Mi raccomando sintetico .
Sottopongo alla loro attenzione le Parole che l’ateo Luigi Pirandello, Premio Nobel strameritatissimo, mette in bocca al filosofo scettico don Cosmo Laurentano, molto simile al prof. Bruno Gualerzi, come considerazioni atte a rendere edotti i giovani rivoluzionari falliti e in fuga dell’inanità delle umane attese:
” – Così tutte le cose… – sospirò don Cosmo, mettendosi a passeggiare per la sala; e seguitò, fermandosi di tratto in tratto: – Una sola cosa è triste, cari miei : aver capito il giuoco! Dico il giuoco di questo demoniaccio beffardo che ciascuno di noi ha dentro e che si spassa a rapprentarci di fuori, come realtà, ciò che poco dopo egli stesso ci scopre come nostra illusione, deridendoci degli affanni che per essa ci ha dati, e deridendoci anche, come avviene a me, del non averci saputo illudere, poichè fuori di queste illusioni non c’è più altra realtà… E dunque, non vi lagnate! Affannatevi e tormentatevi, senza pensare che tutto questo non conclude. Se non conclude, è segno che non deve concludere, e che è vano dunque cercare una conclusione. Bisogna vivere, cioè illudersi; lasciar giocare in noi il demoniaccio beffardo, finchè non si sarà stancato; e pensare che tutto questo passerà… passerà… ”
Da notare che l’ateo Pirandello non riesce a rinunciare alla personificazione delle forze naturali avverse all’uomo, quasi fosse partecipe della visione del mondo animistica, come Leopardi con la Natura e Pievani con l’Evoluzione ( quella che non ci aveva previsto )… ed ecco il DEMONIACCIO BEFFARDO. Inoltre che certi suoi titoli “nichilistici” sembrano presentare una specie di teologia a rovescio. Così, se il Dio cristiano è UNO E TRINO, l’uomo per Pirandello è con ossimoro trinitario UNO, NESSUNO E CENTOMILA ; per i cristiani praticare la giustizia fino in fondo comporta la Croce, Pirandello titola ironicamente “Il piacere dell’onestà”.
Per quanto riguarda “il piacere del Cristianesimo” consolatorio, va detto e ripetuto che il cattolico DOC lascia la paura della morte e si sottopone a quella della dannazione per peccato mortale; da qui angosce di altro tipo, con nevrosi infernaliste che fanno da pendant alla gioiosa prospettiva del Paradiso; insomma una doccia scozzese continuata. Oggi invece si sta diffondendo un Cristianesimo a buon mercato che offre una spece di paradiso al neon o quasi ( l’Inferno, se c’è, è fuoto o semivuoto ); con Pirandello si potrebbe dire “Ma non è una cosa seria”.
Confermo al prof. Gualerzi di essere un personaggio della Controtiforma, un po’ Roberto Bellarmino, un
po’ Filippo Neri, un po’ Giovanni Bosco; per nulla Torquemada.
@ Florenskij
La vita è caratterizzata dal fatto di raggiungere scopi, stati desiderati diversi dallo stato attuale che spingono ad agire per annullare la differenza. Raggiunto uno scopo, questo perde la sua capacità motivante, almeno fino a quando, passato del tempo, lo riassume, in quanto ricorrente. Tutto questo prevede il tempo e una direzione , un senso, nel tempo, non fuori di esso.
Ora il paradiso, senza necessità e senza tempo è la negazione di un senso : nessuno scopo da raggiungere e nessuna emozione da provare, nemmeno la presunta “gioiosa prospettiva” prospettata da Florenskij: una gioiosa prospettiva diventa niente se non esiste alternativa e se non esiste tempo. Quindi ad un’analisi non superficiale, non quella che normalmente “motiva” i credenti in proposito, ciò che dovrebbe dare senso alla loro vita è un assoluto nonsenso. E poi, quale il senso di una divinità che pretenda di dare senso alla sua creazione in questo modo? E se ne dovesse avere, perché non implementare quelle condizioni ab initio? Insensato, insomma.
In merito agli inferni, siano essi vuoti o pieni, il solo concepirli qualifica chi lo ha fatto.
Questi dunque sarebbero i presunti sensi da contrapporre a presunti nonsensi pirandelliani?
E siamo tutti un Pirandello o forse nessuno lo è, a parte lui?
Riguardo a presunte analogie, personificazioni od ossimori si è già risposto da tempo, più volte.
@ Stefano. Quanto alla “noia” del Paradiso, che invece è un un “perpetuum mobile” di gioie variate, come un caleifoscopio inesauribile, vada a rileggere gli ultimi versi del “Paradiso” di Dante. Lo ha spiegato in modo più che accettabile l’ormai democristianizzato di sinistra Roberto Benigni, che tutto sommato può fare il paio von Dario Fo, pubblico commentatore dei capolavori dell’arte cristiana al suo apogeo.
@Florenskij
Però, guarda, sei davvero ridicolo. In pratica, tutto il tuo argomentare si limita ad accostamenti ateo-nichilista-sconfortato, personificazioni varie, incastonamenti in visione cristocentrica. Sei stato capace di un insulso parallelismo fra trinità e “uno, nessuno, centomila”, ignorando (volutamente o per ignoranza vera, ce lo diari tu) la natura prettamente relativista del concetto pirandelliano. Strano che un fine cultore della sociologia, quale tu sei, non sia stato in grado di cogliere la forte somiglianza con la metafora drammaturgica di Erving Goffmann. Di caleidoscopico c’è solo la caterva di boiate che ci propini ogni volta.
@ Flo-Flo
Vede, il guaio con le citazioni e gli appelli alle “auctoritates” è che per ognuna di esse se ne possono trovare una quantità di segno opposto che le controbilanciano…
Sul paradiso, io la penso come Stefano e non capisco come possa essere desiderabile una condizione che, per definizione, è priva di desideri: si potrebbe qui citare la bellissima aria di “Cavalleria Rusticana” dove Turiddu dichiara di non voler neppure entrare in paradiso se non potrà stare con la sua amante
O Lola ch’ai di latti la cammisa
sì bianca e russa comu la cirasa,
quannu t’affacci fai la vucca a risa,
biatu cui ti dà lu primu vasu!
‘Ntra la porta tua lu sangu è sparsu,
e nun me mporta si ce muoro accisu…
E s’iddu muoru e vaju mparadisu
si nun ce truovu a ttia, mancu ce trasu.
(O Lola che hai di latte la camicia così bianca e rossa come una ciliegia, quando t’affacci e sorridi, beato chi ti dà il primo bacio! Dietro la tua soglia è sparso il sangue, ma non me ne importa se muoio ucciso… E se muoio e vado in paradiso, se non ci trovo te manco ci entro.)
Quanto alla disperazione esistenziale: per ogni ateo alla Pirandello c’è un ateo alla Charlie Chaplin che dalla coscienza della finitezza della vita, trae una motivazione in più per viverla più intensamente.
Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un’opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi.
(Charlie Chaplin)
Certo, certo…. ma dico io questo da dove esce?
Qualcuno gli ha spiegato che la Divina Commedia ha la stessa veridicità di un qualsiasi racconto di fiabe? Solo perchè l’ha scritta Dante in versi non rende una pura immaginazione letteraria una descrizione autentica della realtà…
Non c’è nulla da fare aveva ragione Freud: questi sono davvero “malati”.
Caspita, adesso scopro che in realtà la Divina Commedia non era una finzione letteraria come credevo e mi hanno insegnato, ma la descrizione del reale viaggio di Dante attraverso l’inferno, il Purgatorio ed il Paradiso. Tutto vero. C’è stato veramente! Caronte esiste. E Virgilio è resuscitato per accompagnare veramente Dante. E l’ingresso dell’inferno è agli antipodi di Gerusalemme. Ditelo agli archeologi….
Non mi risulta che Pirandello sia il rappresentante degli atei, ma forse un ateo che testimonia per la sua vita. Se dovessimo attaccarci ai casi singoli ed alle affermazioni singole potremmo sostenere qualsiasi cosa rispetto ai credenti.
Personalmente Pirandello non mi è mai piaciuto e l’ho odiato per la novella demenziale de “La Patente”.
@ Florenskij
Sta scherzando, vero?
Né Dante, né altri può descrivere alcunché del supposto Paradiso e pretendere di riportare in qualche modo cosa succeda lì.
La critica, pertanto, verte sulle affermazioni contraddittorie che i credenti fanno al riguardo.
Qualsiasi aspetto della nostra vita, psicologica e biologica, si svolge nel tempo. Qualsiasi concetto ad essa relativo prevede la variabile tempo. La elimini e niente ha alcun senso, che si tratti di emozioni, comportamenti o pensieri.
Non si può pensare di utilizzare concetti cui non corrispondano le normali proprietà: affermare, che so, che qualche divinità è bionda ma che il suo esserlo non ha niente a che vedere con il nostro concetto di biondo è semplicemente una contraddizione. Il concetto è applicato fuori dal suo dominio semantico.
Dante o Pinco Pallino non può mettere pezze a stupidaggini.
Di questo nonsenso fate il senso della vita: l’ennesimo nonsenso.
Rimanendo a Pirandello, quindi, il piacere dell’onestà, umanamente connotata, è la cosa autentica: il tarocco è pensare che ne esista una variante impossibile.
Flo,
quando dici ‘vada a rileggersi’ ti vedo assorto nella lettura di un libro fantastico come Bastian e La Storia Infinita: non è vero niente, Flo! nei libri spesso non trovi nulla di vero, a meno che l’autore non sia stato testimone dei fatti. Nella bibbia come nella Commedia di Dante, non trovi fatti che superino la cronaca dei loro tempi… okkei per i faraoni, okkei per Isotta e Lancillotto… ma il resto sono fanfaluche! Fra seimila anni troveranno un codice cartaceo che narra le vicende di un personaggio volante, in mantello e mutande rosse, che viveva in una città di cui non è chiaro se si chiamasse New York o Gotham City… peccato che sia privo delle ultime pagine… penseranno che sia stata la nuova religione che spazzò via quella vecchia impersonata da un vecchiardo in palandrana bianca…
Rettifico: fatto casino con Paolo e Francesca, non Isotta e Lancilloto.
Флоренский,
Forse lei non lo aveva letto, ma tempo fa avevo scritto un post spiegandole che l’atteggiamento di Pievani è esattamente il contrario di come lei lo aveva interpretato e lo interpreta tuttora.
Pievani non è animista, e non personifica l’Evoluzione. Al contrario, dicendo che l’evoluzione non ci aveva previsto, Pievani afferma, come tutti gli uomini di scienza degni di tal nome, che l’evoluzione è un fenomeno senza volontà nè finalismo. Un fenomeno senza finalismo non può, per definizione, prevedere o pianificare nulla.
La pioggia non cade per irrigare i campi agricoli: la pioggia che cade non ha fine, non prevede l’rrigamento dei campi. Cade a causa della gravità.
Flò avevo chiesto un un intervento sintetico.
Riguardo a “Oggi invece si sta diffondendo un Cristianesimo a buon mercato che offre una spece di paradiso al neon o qua….. ”
Ognuno immaggina il paradiso come meglio crede,d’altronde non esiste un cristianesimo del tipo militare. Se Lei aderisce ad un cristianesimo che le chiede di soffrire soffra
con tutta l’intensità che vuole ma provi ad immaginare che a qualcun altro non interessa
la sofferenza .Soffra pure nessuno lo impedisce , ma in silenzio.
Quanti tipi di cristianesimo Lei c onosce
Parole di Pirandello nel grande romanzo “I vecchi e i giovani” ambientato nella Sicilia dei “Fasci siciliani” e della repressione crispina.
Nel cristianesimo, e anche in altre religioni, l’aldilà ha in effetti un’importanza centrale. Tuttavia, a quanto ne so, all’origine delle religioni non sta tanto la speranza di un’altra vita, quanto l’interesse per questa. Dalle più antiche documentazioni, preistoriche e storiche, risulta che le varie forme di culto magico-religioso fossero rivolte principalmente ad ottenere la felicità in questo mondo (buona caccia, buon raccolto, fecondità, vittoria sui nemici etc.). Solo successivamente ci si interessò all’aldilà, peraltro mantenendo sempre un occhio ben vigile suul’aldiquà.
@ G.B.
“Dalle più antiche documentazioni, preistoriche e storiche, risulta che le varie forme di culto magico-religioso fossero rivolte principalmente ad ottenere la felicità in questo mondo (buona caccia, buon raccolto, fecondità, vittoria sui nemici etc.). Solo successivamente ci si interessò all’aldilà, peraltro mantenendo sempre un occhio ben vigile suul’aldiquà.”
Il riferimento all”aldilà’ può non riguardare direttamente un passaggio dall”aldiqua’ dopo la morte, ma ad una realtà – cui si fa riferimento con rituali propri del pensiero magico-religioso – popolata di esseri che si possono solo immaginare ed evocare. E che non occorre molto per essere considerati ‘viventi’ in una dimensione privilegiata rispetto a quella umana e alla quale si può desiderare di accedere dopo la morte.
In quanto al pensiero magico-religioso, tipico appunto di chi fa appello ad un qualche ‘aldilà’, credo sia in gran parte dominante… sia pure in modi ovviamente diversi, con rituali diversi… anche nel mondo attuale, essendo per altro la base vera di ogni religione, il cui zoccolo duro è costituito dalla superstizione.
Dice Florenskij: “Confermo di essere un personaggio della Controriforma… ”
Le vie dell’ateismo, come quelle del Signore, sono infinite… e chissà che non passino proprio attraverso l’esperienza del cattolicesimo più bieco, oscurantista, persecutorio, mortuario, anti evangelico (con o senza Torquemada). Una volta toccato il fondo – come dice una frase fatta – non si può che risalire. E – per usare un’altra frase fatta – non è mai troppo tardi.
Bruno Gualerzi. Macchè! Si rilegga le Beatitudini in Matteo e il brano della “Perfetta letizia” nei “Fioretti di San Francesco”. Quanto a me come insegnante meschino, bieco e reazionario, eccole servita l’affermazione di un alunno quindicenne, riportata da una collega:”Con quello non ci si annoia mai”. Metodo don Bosco.
@ Florenskij
Si trattava di una reazione più o meno ironica alla tua autodefinizione di ‘personaggio della Controriforma’, alla quale facevo riferimento, non a te direttamente…
anche se, per esempio, il ‘metodo don Bosco’, la sua pedagogia, da te richiamati assieme a san Filippo Neri, sembrano proprio ricalcare un tipo di indottrinamento improntato allo spirito della Controriforma, ad una cultura ‘oratoriana’ infarcita di ‘letizie’ e di ‘fioretti’ da ‘imparare’ più che da vivere.
Controriforma che, nei suoi aspetti dottrinari, conosco soprattutto attraverso gli atti del Concilio di Trento… e, se mai, mi aspettavo da te una dotta smentita di questo mio giudizio ossequiente ad una tradizione negativa, tale in genere anche in ambito cattolico. Insomma, una sorta di ‘revisione’.
(Il tuo giudizio negativo nei confronti dell’attuale papa… e proprio per come descrivi certi aspetti del suo pontificato… mi trova consenziente. Non sto a dirti da quale punto di vista )
@ Florenskij
Altri ti hanno già risposto esaurientemente su tante delle questioni da te sollevate… io voglio solo completare quanto sopra. Quando parlo della pedagogia di don Bosco tutta infarcita di ‘allegria’ e di ‘fioretti’, non ho ricordato il rovescio della medaglia, cioè il terrore che bisogna avere del peccato per la pena che comporta (“la morte ma non peccato” è il motto di un giovinetto continuamente richiamato, di nome Domenico Savio, ovviamente fatto santo), per quelle pene dell’Inferno evocate in modo per niente metaforico. E non si tratta tanto di ‘contestualizzare’, perchè tutto ciò l’ho sperimentato negli anni del secondo dopoguerra, non nella Torino dell”800. Oggi mi si dice che le cose sono cambiate (e vorrei vedere!), so di tanti che ricordano positivamente la frequentazione dei salesiani… ma don Bosco questo intendeva per educazione.
Il demonizzatore degli altri, l’intollerante, l’antisemita, il disinformatore e indottrinatore don Bosco? E forse pedofilo?
Un personaggio della controriforma che ha sbagliato secolo.
In effetti anche lei ha sbagliato secolo, chissà quanti ne avrebbe perseguitati ed eliminati qualche secolo fa.
Avrei qualche curiosità da soddisfare circa le famose lettere che il bosco inviò ai Savoia, siccome non credo a profeti o veggenti mi domando se il nostro eroe non avesse dato un aiutino alla sorte, a quei tempi non era difficile raggiungere i componenti della famiglia reale tramite confessori, guide spirituali e dispensatori di ostie, magari ‘aromatizzate’… c’erano i ballo le ricchezze della chiesa, mica bruscolini!
Tralasciando qualunque dubbio sulla significatività dei campioni usati (nulla sappiamo sul come fossero assortiti, che in statistica è fondamentale), mi sembra senz’ altro vero che criticare le basi della religione (soprattutto quella cristiana/cattolica, ma non solo) sia non solo superfluo fra non credenti, ma dannoso verso i credenti: la credenza è un fatto così identitario e totalizzante che criticare la credenza è criticare l’ individuo, e diventa ovvio che il credente, anche quello più critico, si stringa a coorte col suo vescovo, anche se questi è ricercato dal Tribunale de L’ Aia per crimini contro l’ umanità (tipo Rwanda). In fondo che ci importa di ciò in cui gli altri credono ? Dobbiamo puntare solo ad avere rispetto per le nostre convinzioni e rispetto per la funzione puramente terrena dello stato, con tutto quello da ciò consegue. Attaccare le favole incongrue a cui altri si affidano non porta certo in alcun posto. Anzi, magari si potrebbe dialogare coi credenti che vogliono una Chiesa che non pesti i piedi a Cesare: ce ne sono, ma sono in minoranza: l’ unico Capo del Governo italiano che abbia detto un no ad un papa e ad un alto cardinale è stato De Gasperi, e parlo di Pio 12° e del cardinale Ottaviani, mica due zuccherini; e se ce ne fossero altri e noi li aiutassimo ad emergere ?
Il problema essenziale ( “to be or not to be” ) era per me quindicenne: barattare il sublime umile- delle Beatitudini con l’acido filantropo inglese Bertrand Russell, filantropo radicale e navigatore di donna in donna ( poi ho letto anche l’epistolario )?
Il Florenskij quindicenne non era poi così sveglio, visto che non era in grado di capire che “il sublime umile- delle Beatitudini” poteva essere “barattato” anche con qualcos’altro e non con solo “l’acido filantropo inglese Bertrand Russell…….”, forse sarebbe stato meglio per lui e per tutti che, come Russell (come si evincerebbe leggendo poi il suo epistolario) il “quindicenne” Florenskij, ai tempi, invece di pensare a queste cose si fosse fatto una sana “trombata”, probabilmente adesso sarebbe molto meno rompico… emh, volevo dire citazionista.
Il brano in questione non ha niente a che vedere con le beatitudini. Amleto si domanda se e’ meglio morire vendicandosi che rimanere vivo. La sua idea dell’oltretomba e’ il nulla, al limite una occasione per sognare
………To die, to sleep
No more; and by a sleep, to say we end
The Heart-ache, and the thousand Natural shocks
That Flesh is heir to? ‘Tis a consummation
Devoutly to be wished. To die, to sleep,
To sleep, perchance to Dream;
Amleto e’ un personaggio tosto che senza alcuna esitazione spedisce all’altro mondo tutti quelli che incrociano la sua strada. Bertrand Russel in confronto e’ un simpatico bontempone pieno di vita.
@Angelo
Sono due personaggi diversi, certo. Il problema è che il nostro Flo, quando vede un appiglio, cristianizza tutto. Tranne che con Russell. Li si esibisce in ricorsi al ridicolo. mi viene da pensare che si risenta del fatto che ci sia chi riesce a vivere senza i bisogni che lui parossisticamente deve soddisfare e quando non riesce ad adattare qualcosa alla sua visione, lascia scorrere la bile.
Forse era meglio aver detto “Enten eller” anziche “To be or not to be”. E’ curioso come i credenti preferiscano cristianizzare anziche’ rifarsi ad un altro cristiano. Il che ha anche una sua ragione se ci si pensa: infatti se si appoggiano su un altro cristiano rischiano la critica e la scomunica da parte degli altri cristiani, se cristianizzano un brano nichilista, ateo o comunque non legato alla religione (fossero pure canzoni pop) possono parlare di cavoli e di re senza che i correligionari gli saltino alla gola.
@Angelo
Concordo. E aggiungo che il nostro Flo è sarebbe un ottimo esempio per corroborare lo studio in questione
Non c’era bisogno di questo studio per capire che un ateo suscita “diffidenza e paura”.
Penso che ognuno di noi ha potuto toccare con mano la reazione che ha un credente quando cominciamo a mettere a dura prova le sue affermazioni.
Di fronte ad argomenti sempre più stringenti il malcapitato si sente soffocare ed alla fine sbotta con un : oh vabbè tu non ci vuoi credere io invece ci credo!
Qualsiasi gruppo tende ad autoescludere chi non la pensa come il gruppo.
Potete provare ad entrare in una comunità di qualsiasi tipo, dalla vegana alla scientology e provare a mettervi a fare il bastian contrario per vedere come si viene gentilmente invitati ad uscirne.
Ma questo in fondo è ovvio ed anche giusto: ogni gruppo al suo interno può avere le regole e le credenze che vuole.
Il problema, come sappiamo, è quando un gruppo diventa talmente grande e potente da pretendere di imporre le sue regole a tutti!
A quel punto à impossibile per chi non accetta quelle regole starsene buono e tranquillo!
E’ chiaro che la cosa non è ammissibile.
Il problema con le religioni è che sono gruppi talmente radicati all’interno della società che non li si percepisce più come tali. Anche grazie all’indottrinamneto che esse, in ogni luogo, praticano fin dalla più tenera età.
Aggiungo: il pensiero critico, in genere, suscita diffidenza nelle persone inclini ad accontentarsi delle facili e comode spiegazioni.
Esattamente.
Ecco perchè il mentalmente pigro tende a rifiutare la scienza. La scienza fornisce spiegazioni che sono più difficili da capire ed accettare rispetto a quelle del cosiddetto “senso comune” o “buon senso”, tipici della pigrizia mentale.
Come diceva qualcuno (Asimov ?), il buon senso ti dice che la Terra è piatta, ma la scienza ti dice che è rotonda.
@ Giorgio
“Come diceva qualcuno (Asimov ?), il buon senso ti dice che la Terra è piatta, ma la scienza ti dice che è rotonda.”
Non confonderei ‘senso comune’ con ‘buon senso’. Personalmente preferisco ‘buon senso’… anche se riconosco che si tratta di un fatto puramente verbale per cui si potrebbero benissimo scambiare i termini e il loro significato. Comunque per ‘buon senso’ intendo un rapporto con la realtà caratterizzato dalla consapevolezza che, per quanto se ne possa dire e conoscere, non se ne saprà mai abbastanza per considerare tali conoscenze in grado di dare quelle risposte esistenziali che la condizione umana reclama… ciò che del resto è costitutivo dello statuto epistemologico della scienza. E in questo caso non credo che si tratti di ‘pigrizia mentale’.
Per ‘senso comune’ intendo invece ciò che intendi anche tu, cioè la resistenza ad aprirsi a nuove prospettive: questo sì dovuta a pigrizia mentale… ma non solo nei confronti della scienza.
Questa distinzione ti potrà sembrare poco più che accademica, cioè sostanzialmente inutile, ma per me è importante perchè, quando provo a misurare la validità di qualche concetto, o a elaborarne qualcuno in proprio, alla fine la ricavo da ciò che chiamo ‘buon senso’. Questo naturalmente non vale nella pratica scientifica… ma non sarebbe male se lo si ‘consultasse’ per definire quale campo della ricerca sarebbe meglio coltivare, e non ritenere ciò irrilevante in nome di una logica formale da far valere anche al di fuori della scienza.
Il confronto in genere non piace ai credenti, soprattutto di certe religioni, ed ai loro superiori perchè mette in crisi le loro certezze. Basta vedere come si sono comportati nei secoli per impedire che i loro fedeli venissero in contatto con gli altri, con altre realtà e religioni.
Per esempio fino a pochi decenni fa i matrimoni misti tra cattolici e protestanti erano vietati e si cercava di tenere separati i due gruppi con la demonizzazione dell’altro.
L’ateismo è una realtà che ha trovato spazio solo negli ultimi decenni ed è legato alla secolarizzazione ed alla libertà di pensiero che temono un po’ tutte le religioni perchè erode il numero dei loro fedeli e mette dubbi ad altri. E’ molto più facile che un credente abbandoni una religione che un ateo si converta ad una religione. Questo riduce il potere di controllo delle varie chiese. Per questo l’ateo è inviso a tante religioni.
Bruno,
permettimi di aggiungere che, invece che allo scambio dei termini, io alludevo ad una “fusione” dei due:
intendevo cioè il cosiddetto comune buon senso…..
😎
Comunque sia, mi sembra che quello che tu chiami buon senso sia quello che io chiamerei umiltà oppure onestà intellettuale.
@Giorgio Pozzo: è persino peggio: se in ogni vista di mare l’ orizzonte è curvo, e non ha curvatura prospettica analoga a quella delle rotaie, se il virus dell’ influenza si fa beffe dell’ immunità acquisita, evidentemente MUTANDO, il buon senso DEVE dire che la terra è tonda ed il virus si evolve. “Credo quia absurdum”: pensavo da giovane significasse che, essendo la religione opposta alla realtà possibile, posso solo crederci, non accettarla perché dimostrata; invece mi è poi venuta la certezza che significhi “ho bisogno di credere in qualcosa di assurdo, la religione è massimamente assurda, quindi …”
A me sembra un esperimento mal impostato, l’ipotesi è che la poca considerazione riscossa dagli atei è dovuta al fatto che gli atei evochino il pensiero della morte, e che quindi siano rifiutati. Ma dato che gli atei sono per definizione coloro che non credono in una vita dopo la morte, ovviamente vengono associati ad essa, se i soggetti dell’esperimento sono indotti a concentrarsi proprio sulla morte! E’ l’esperimento che condiziona il risultato!
Si sarebbe potuto ugualmente far riflettere gli studenti sulla libertà di comportamento e di scelta, sull’obbligo di rispettare certe convenzioni sociali, e poi spostare l’attenzione dei due gruppi su atei e quaccheri.
Idem con il potere assoluto.
Tra l’altro, ho trovato su un articolo su Livescience al riguardo, che gli studenti, 236, nella scuola di una dei ricercatori, erano per 65% cristiani, il resto divisi tra musulmani, ebrei, buddisti e altre religioni.
In realtà è un bene per la ricerca che il campione fosse costituito da credenti, se l’obiettivo è capire che tipo di sentimenti suscitano gli atei nei credenti. E sinceramente non mi pare neanche strano il risultato. Non è colpa mia se i credenti sono così insicuri, tra l’altro lo dimostra anche il caro Florenskij, che ci riempie di citazioni e interpretazioni in chiave cristiana di autori anche quanto è ben dubbia tale relazione. Ma il problema è dei credenti, facciano pace con la loro coscienza e non rompano le scatole.
Eh, ma, allora, che quacchio c’entrano i Quaccheri?
Boh?! 😆
Bisognerebbe leggere il full text, si sa tradurre è un po’ tradire e li ci sono i dettagli. Forse negli USA sono un gruppo particolarmente accettato e volevano fare un confronto.
Ecco credo che sia questo il full-text —>http://sci-hub.bz/3d7e7dc27ce160b72c564a126c610ed6/cook2015.pdf
se sei interessato, io non l’ho controllato vista l’ora.
Forse, prima di sondare l’opinione dei credenti sugli atei, avrebbero dovuto approfondire l’origine della paura della morte tra i credenti, che a me pare originata proprio dalla religione. Tra le persone che conosco non ho mai avuto la percezione di un terrore della morte, nemmeno di una moderata preoccupazione. Non sarà che la paura della morte sia il babau agitato dai preti e i fedeli facciano finta di spaventarsi?
@ Diocleziano
“Forse, prima di sondare l’opinione dei credenti sugli atei, avrebbero dovuto approfondire l’origine della paura della morte tra i credenti, che a me pare originata proprio dalla religione.”
Già ho avuto modo di replicare in un post recente. Qui ribadisco solo che secondo me la paura della morte è un fatto biologico e come tale preesiste a qualsiasi religione. La quale se mai la sfrutta ‘offrendo’ un qualche aldilà, del quale si fa interprete e mediatrice, per esorcizzarla.
Bruno, su questo punto non ci metteremo mai d’accordo perché, come avevo detto qualche giorno fa, io della morte ne ho una visione completamente diversa e non riesco a identificarmi con quella che tu esponi.
Premetto: le etichette mi stanno strette, però a me di convincere altre persone non me ne sbatte un accidente.
Non devo convincere nessuno, la morte la vedo con più tranquillamente pensando che forse dopo, almeno non avrò più a che fare con la gente.
Poi agirò di conseguenza se mi discrimineranno o mi aggrediranno per questo.
Quando ho letto il riassunto della ricerca e ho visto che il campione era costituito da credenti selezionati, mi sono chiesto come facciano i ricercatori ad assicurarsi della genuinità della “fede”; di certo non bastano le autodichiarazioni e nemmeno un atto di battesimo o una circoncisione, visto che la religiosità si può tranquillamente simulare. Ovviamente vale anche l’opposto, un religioso/superstizioso “dentro” può simulare una condotta di vita del tutto atea.
Diocleziano mi ha anticipato un’altra osservazioneche volevo fare; anche secondo me l’umanità di per sè non avrebbe un particolare orrore della morte, è la religione che tragicizza la vita con la dottrina del peccato e drammatizza la morte perché pone le persone di fronte al bivio del paradiso o del terribile inferno, a scelta secondo le buone o le cattive azioni (su cui si innesta il business delle indulgenze e dei perdoni).
Buongiorno a tutti.
A mio modesto avviso non mi sembra una grande scoperta accertare il fatto che l’uomo abbia paura dela morte. Più interessante, mi sembra, sarebbe domandarsi il perché di tale paura.
@ Luis
Pur sapendo benissimo dove vuoi andare a parare, scrivilo…
Dopo mi dirai perché esiste la paura (in generale), in tutti gli animali con un sistema nervoso sufficiente a provarla.
Dopo mi dirai se una zebra senza alcuna paura abbia più possibilità di riprodursi di una paurosa.
@Stefano
Suscito un confronto, non scrivo solo per mettere in comune le mie idee, ma anche per leggere come la pensa chi è ideologicamente distante da me.
Certo, l’istinto di sopravvivenza. E’ evidente, soprattutto per gli animali. Ma molti uomini e donne non hanno alcuna intenzione di riprodursi, eppure hanno lo stesso paura di morire.
@ Luis
Il fatto che alcuni esseri umani non abbiano intenzione di riprodursi non ha niente a che fare con la funzione biologica della paura, che è la medesima anche per loro.
Così come chi vuole digiunare non per questo non prova più fame.
@Stefano
Ma l’evoluzione ha selezionato, tra le altre cose, l’individuo con la paura della morte in modo che sia più competitivo per riprodursi. O no?
@ Luis
Si, e allora?
Il fatto che alcuni individui non vogliano (o possano) riprodursi non fa venire meno la funzione della paura, anche per loro. Quindi?
Quindi se c’è chi non vuole riprodursi, perché hanno lo stesso paura? Forse le due cose non sono così correlate come avevi ipotizzato nella tua prima risposta.
@ Luis
Non ho detto che la paura è funzionale alla riproduzione. Ho detto che la paura è funzionale alla sopravvivenza della specie. E lo è anche la riproduzione. Quindi un essere che ha paura ha più probabilità di sopravviere (e quindi riprodursi), perpetuando la specie, rispetto a quello che non l’ha. La funzione della paura, in questi termini, permane anche per quegli individui che non possono (o non vogliono) riprodursi. Non ho detto che la paura è direttamente connessa alla riproduzione. Piuttosto che paura e riproduzione sono funzionali all’esistenza. E che l’esistenza è presupposto per la riproduzione. Per riprodurti devi essere vivo (almeno fino a poco tempo fa) e per essere vivo è meglio se hai paura.
@ Luis
“Più interessante, mi sembra, sarebbe domandarsi il perché di tale paura.”
Una possibile risposta è questa. L’uomo… a differenza, a quanto se ne sa, degli animali… è stato dotato dall’evoluzione di quella che chiamiamo coscienza, ciò che gli dà la consapevolezza della propria fine individuale. Di fronte alla morte quindi, due reazioni:
una biologica, comune a tutti gli altri esseri viventi, che è di per sè dolorosa (il corpo ‘lotta’ per conservare gli istinti vitali, da cui l’agonia);
l’altra psicologica, dovuta alla consapevolezza della propria fine prima che sia il corpo a ‘sentirla’, ciò che lo porta a confrontarsi con la possibilità del nulla, negazione della vita, che può generare angoscia.
In realtà le due reazioni nei confronti della morte, biologica e psicologica, si alimentato a vicenda… e comunque, per l’istinto di sopravvivenza, sono dolorose e generano rifiuto, provocano paura.
Poi naturalmente – sempre per l’istinto di sopravvivenza – si cerca di esorcizzare questa paura in vari modi:
o rimuovendola,
oppure cercando di ‘farsene una ragione’ ricorrendo all’istinto razionale (la morte è un fatto naturale al quale è inutile cercare di sfuggire: meglio prepararsi ad affrontarla per quello che è),
oppure ricorrendo a rituali tesi a evocare forze soprannaturali – trascendenti o immanenti – cui si attribuisce il potere di porvi in qualche modo rimedio (le varie forme di religione),
o in altri modi… che possono certamente, a livello individuale, permettere di superare, o comunque attenuare, la paura…la quale però è alla base di tutti questi tentativi.
@Bruno Gualersi
Grazie della risposta, molto articolata e completa.
Ho trovato interessante la motivazione “psicologica”, l’angoscia dovuta alla possibilità del nulla. Io, personalmente, trovo riduttivo ritenere questa angoscia solo legata all’impossibilità di poter partecipare ulteriormente alla perpetuazione della specie umana. Credo che nella paura dell’inesistenza bisogna mettere in conto non solo la perdita delle passioni, degli affetti, ma anche il fatto di non poterle più provare e di non riuscire, in fondo, a capire il perché di tutto questo.
Un saluto
@ Luis
Non ho detto questo. Ho detto che la paura è elemento essenziale alla sopravvivenza di una specie, che prevede la riproduzione dei suoi individui. Vale per gli animali e vale per gli esseri umani, inclusi quelli che abbiano scelto di non farlo.
Su questo ineliminabile substrato biologico, comune a tutti gli animali con un sistema nervoso sufficiente a produrre la sensazione di paura, per gli esseri umani, come ha fatto notare bruno, si innesta l’aspetto psicologico.
Ma l’aspetto centrale è la sopravvivenza. Anche prima del sorgere della coscienza per i protoumani.
Senza paura, umani o animali, le possibilità di continuare a vivere, come individui e come specie, sono parecchio diminuite.
In merito al perché, è una domanda “stupida”, non mi fraintendere, non in senso offensivo: nel senso che non è possibile dare una risposta. Le cose stanno così perché…stanno così.
Così funziona questo pianeta.
Se invece si immagina che esso sia stato progettato da un apprendista stregone le cose stanno addirittura peggio.
@Stefano
Mi hai risposto qui, non tener conto del mio intervento delle 10:05.
Io non credo che porsi dei perché sia un’operazione inutile (stupida). Anche solo per il fatto che abbiamo sempre il bisogno di trovare una motivazione a quello che siamo e facciamo.
@ Luis
Non ho detto questo. Al riguardo, tuttavia, ci sono domande “stupide” e domande che non lo sono. E molto dipende dalla possibilità di rispondere, non solo in concreto, ma anche in astratto. E dalla qualità della risposta. Ora, porsi dei perché e poi pretendere che delle risposte totalmente campate in aria siano buone è operazione inutile.
Dalla inevitabile “stupidità” della risposta deriva quella della domanda.
Personalmente non ho paura della morte, piuttosto di come morire, che è un aspetto della vita. Leggo ora, al riguardo, l’intervento di RobertoV, che concorda.
Sulla paura della morte dovremmo distinguere tra paura del morire e paura dell’assenza successiva. Perchè come Montanelli diceva, lui aveva paura del morire, non della morte.
Credo che per molti la paura della morte sia più legata al concetto del morire, cioè alla sofferenza che è legata al trapasso, che può essere anche molto elevata. D’altronde abbiamo anche paura delle malattie. Aggiungerei anche l’ignoranza del momento: non so se vivremmo meglio sapendo che c’è una data fissata.
Sul dopo sicuramente le religioni sono state abili ad alimentare le paure con l’aldilà.
Porsi delle domande sul senso non è insensato: insensato è inventarsi delle risposte e pretendere che siano vere senza possibilità di verifica.
Totalmente d’accordo.
Per me molto peso ha il fatto che la morte, intesa come la fine di tutto, sia quasi un non sense dal quale vorremmo sottrarci.
@ Luis
Non sempre è così: quando la vita diventa un non senso la morte è voluta.
Insomma, quando la vita ha un senso la morte non ne ha, quando è la vita a non averlo ne ha la morte.
Stefano ™
«… quando la vita ha un senso, la morte non ne ha…»
Mi piace.
È quello che ho definito un paradosso, ma è ragionevole.
@Stefano
Molto probabilmente è come dici tu, quando la vita non ha senso la morte è voluta, ma a mio parere resta sempre senza senso, un non senso in un non senso generale. Molto più interessante è il caso in cui la vita ha un senso, ciò che moltissime persone riscontrano, dove la paura della morte è rappresentata dalla perdita di tale senso. Il fatto è che abbiamo bisogno di trovare un senso ultimo alle cose.
@ Luis
Credo sia facile fare l’errore di parlare della morte (non del morire) da vivi. Una volta morti di sensi non ce ne sono. Mentre si è vivi, in una vita che non ha senso, a volte si vuole morire per darle un senso, una direzione: l’ultima. Poi cessano sia le domande sia le risposte.
Che la morte sia un non senso (la perdita di una direzione) quando si è vivi credo sia un’ovvia verità.
@Stefano
A molti, come a me, il fatto che si abbia bisogno di trovare questo senso e, quindi, di conseguenza, superare in qualche modo il buco nero della morte, fa sospettare, direi legittimamente, che potrebbe esserci la possibilità di un’esistenza oltre la morte.
@ Luis
Sei credente o ‘sospettoso’ 🙂
Come già detto in altre occasioni :
La paura irrazionale, o angoscia della morte, non puo’ essere altro che un’allerta dovuta a una distorsione culturale, amplificata dall’ignoranza e da ideologie assurde !
-Pensandoci bene, la morte non sembra essere più insopportabile di una grande sofferenza irreversibile, l’esilio, l’offesa narcisistica grave o certi tipi di follia, ecc…..
Va inoltre notato che qualsiasi funzione e qualsiasi organismo scompaiono non appena diventano inutili per la conservazione della specie ! In altre parole, esiste un limite oltre il quale il prolungamento della vita non è più redditizio in termini evolutivi.
L’utilità della morte –che ci piaccia o no- è evidente : consente alla biosfera di trovare un posto su un pianeta, chiamato Terra, con una superficie non elastica, che rende possibile l’evoluzione biologica. A questo punto mi sia concesso dire che se la morte non esistesse dovremmo inventarla…..
E’ ovvio che non abbiamo bisogno di imparare ad avere paura (siamo geneticamente attrezzati dalla natura per questo), ma dobbiamo imparare “di chi avere paura”, ma anche e soprattutto “da cosa non dobbiamo più avere paura” !
P.S. Non è perché un fenomeno è radicato nei circuiti neurosinaptici che è inamovibile. Ciò che funziona in una direzione -sensibilizzazione o amplificazione della paura- può, entro determinati limiti, funzionare nell’altra –la desensibilizzazione.
Anche se la morte è spesso considerata una tragedia per l’individuo , essa potrebbe essere apparsa nel corso dell’evoluzione come un avvenimento precisamente determinato nel tempo, che aumenta la capacità di adattamento e quindi la sopravvivenza della specie . Delle mutazioni che sono vantaggiose per l’individuo , consentendo una vita potenzialmente eterna, sarebbero più che probabilmente pregiudizievoli per la specie e condurrebbero alla sua estinzione.
Potremmo solamente immaginare una terra popolata da 80 miliardi di persone (o più) ? A questo punto capiaremmo, anche se amaramente, la “scelta” della natura : la morte ! La scienza deve cercare di prolungare la vita fino al suo termine “normale” nel miglior modo possibile , dimostrare che a questo corrisponde “un istinto di morte naturale”, aiutare le persone a capirlo e far si che si possa sviluppare in loro.
N.B.:-L’evoluzione e l’immortalità sono due concetti incompatibili . Se gli organismi devono migliorare e rinnovarsi ogni anno , la morte è un fenomeno tanto necessario quanto la riproduzione !!!
E, come diceva Arthur Schopenhauer,… “esigere l’immortalità dell’individuo , è voler perpetuare un errore all’infinito”…..
Tutte le persone hanno paura della morte, indistintamente tutte. Quelle che dicono di non avere paura (tranne certe eccezioni) mentono ! Conviene pero’ distinguere la paura « normale » da quella patologica. Ho conosciuto e conosco persone di una certa età –maggiormente credenti!-che hanno paura di addormentarsi ! Evitano di andare a letto, si addormentano stressate su sedie o divani….Qui siamo nel patologico e non nel normale !-Ritengo inoltre che sia più utile cercare di sdrammatizzare la morte, accettarla come un evento naturale benefico, se non per sé, per l’avvenire e benessere della specie umana e non solamente….- La morte, che appare a certi così rivoltante o intollerabile, è dunque, vista dal punto di vista evolutivo, una novità, un vantaggio selettivo, una sorta di “progresso”. Infatti la morte degli individui non solo assicura la sopravvivenza della specie ma anche il suo ringiovanimento ; e proprio per questo non è solo una necessità ma anche un bene. Ed è qui che troviamo un significato biologico della morte (senza alcun senso metafisico), sensa del quale sarebbe da considerare un “puro scandalo”! -Quest’ultima frase dimostra quanto sia difficile evitare di amalgamare la moralità con la biologia ….E ritengo sia importante sapere che questo è la scienza che lo insegna !
@ alessandro
Conosco la tua posizione in merito più volte espressa e che non ho motivo per non ritenere scientificamente corretta… ma cosa ci posso fare, non mi consola nemmeno un pò, anzi!
A me – individuo intrasferibile – che la mia morte sia funzionale all’evoluzione della specie (considerazione ovvia), non può fregare di meno. E la vivo come una privazione della vita, della ‘mia’ vita, l’unica che ho. Sia pure pensandola come ‘distorsione culturale, proprio pensandola, mi fa abbastanza schifo. E quando eventualmente l’evoluzione ‘insegnerà’ all’individuo a non avere paura della morte… temo che non ci sarò più per usufruire di questo insegnamento. 🙂
Ed è quanto basta
Mi è partito il post prima che lo completassi.
“Ed è quanto basta… per impostare la mia esistenza, in rapporto a me stesso e ai miei simili, in funzione di questa consapevolezza.”
Bruno,
non credo che accadrà mai una cosa del genere: sarebbe controproducente!
Avrà anche ragione Alessandro a parlare dell’utilità della morte, ma credo proprio che il perpetuarsi della specie, come vantaggio evolutivo, sia da attribuirsi –tra le altre cose- al cosiddetto “istinto di sopravvivenza”.
E’ questo istinto di sopravvivenza ad essere perfettamente naturale e a farci temere la morte. Anche alla faccia di tutti i ragionamenti tali per cui ci si vuole convincere che la morte sia vantaggiosa per la specie. Sarà anche vero che sia effettivamente un vantaggio, ma sta di fatto che l’evoluzione agisce sugli istinti individuali e non sui ragionamenti filosofici (non me la vedo una zebra che ragioni sul fatto che essere divorata dai leoni sia un vantaggio per la specie: me la vedo invece scappare di corsa, seguendo quel proprio istinto che le ha fornito una qualche “paura” della morte, e che le dà delle chances in più per riprodurre i propri geni).
In conclusione, nella tua posizione di timoroso della morte ci vedo un tipico vantaggio evolutivo primario, mentre nella posizione opposta, da stoico filosofo ragionante, ci vedo una specie di vantaggio secondario, o comunque in qualche modo “forzato” dal ragionamento.
La morte sarà pure vantaggiosa per la specie, ma non certo per l’individuo, che non ne è affatto felice. 😆
Comunque, non si può negare che la paura dell’ignoto, che segue la morte, sia una paura avvertita da molti, se non da quasi tutti.
Se no, non avrebbero senso nè il monologo di Amleto nè quelle splendide pagine dove l’ateo Kirillov parla del suicidio, ne “I Demoni” di F. Dostoevskij.
Che poi, molte religioni (NON tutte, però) si siano fatte in 4 per accrescere e stimolare quella paura, non è dubbio; ma tale paura (comprimibile e superabile da parte di chi ne è capace) è di sicuro una realtà di per sè, presente da tempo immemorabile. Sembra, peraltro, che anche l’homo s. neandertalensis seppellisse con cura i defunti e ciò potrebbe far pensare ad un pensiero rivolto oltre la vita terrena.
Saluti. GdL
“Il lusso dei funerali è per la vanità dei vivi, non per l’onore dei morti”
(F. De La Rochefoucauld)
@Bruno :
Nel mio commento non parlo di “gioia” ma di paura, sovente irrazionale, della morte ! A nessuno piace (in condizioni normali) sapersi mortale, e questo nessuno lo nega…Non ho la pretesa di consolare chi risente una paura naturale o amplificata della morte -o pretendere essere felici sapendoci mortali-, ma semplicemente un approccio (spero) razionale di come si potrebbe evitare una paura irrazionale, amplificata, eccessivamente drammatica della morte ! Il sapere, ad esempio, che è una necessità biologica e non uno “schifo”, anche se non puo’ soddisfarmi, mi da un certo sentimento di sollievo…
Inoltre dobbiamo tener conto che siamo degli esseri mortali composti da materia barionica immortale, piccola consolazione, certo, ma che per chi vuole ammeterlo, sdrammatizza entro certi limiti la nostra angoscia…Dopotutto, razionalmente, perché dovrei aver paura di morire, pur ammettendo che esiste un potente istinto di vita prodotto, per ovvi motivi, dal nostro encefalo?
P.S. -Non potremmo considerare il fatto che la morte è spesso temuta come uno spaventapasseri che non osiamo affrontare, sia probabilmente una delle cause dovuta all’ignoranza della scienza su tutto ciò che la riguarda ?
E’ ben nota e molto usata in sede di controversia l’accusa a Dio di aver creato un mondo sconquassato o potenzialmente sconquassabile, con una umanità soggetta al dolore e alla noia e, quel che è peggio, possibile destinazione finale all’Inferno. Su queste considerazioni si basa il dicorso di Ivan Karamazov. Personalmente mi sento un Aliosha che ha molta considerazione per Ivan, pur sentendo con il cuore e anche poco o tanto col cervello che la sua via è un’altra.
Però sento di dover fare un’analogia apparentemente ardita: l’ateo che mette al mondo figli, non è
colpevole di aver imposto ad altri l'”affacciata di finestra” che lui stesso vive con un fondo di angoscia
potenziale ( vedasi Heidegger ) pronta in ogni momento a traformarsi in angoscia e dolore e noia
effettva? Non era forse fermamente ateo il poeta che scrisse: “Nasce l’uomo a fatica, / ed è rischio di
vita il nascimento./ Prova pena e tormento / per prima cosa; e in sul principio stesso / la madre e il
genitore / il prende a consolar dell’esser nato. / Poi che crescendo viene, / l’uno e l’altro il sostiene, e
via pur sempre / con atti e con parole / studiasi fargli core, / e consolarlo dell’umano stato: / altro
ufficio più grato / non si fa da parenti alla lor prole. / Ma perchè dare al sole, / perchè reggere in vita /
chi poi di quella consolar convenga? / Se la vita è sventura, / perchè da noi si dura? / Intatta luna, tale / è lo stato mortale.
Tornando al nocciolo della questione: mettendo al mondo figli che possono passarsela bene ( “Voglio vivere così, col sole in fronte / e felice cantar beatamente… ” ) ma anche ritrovarsi in prolungate situazioni infernali, l’ateo non si comporta forse un po’ come l’aborrito Dio cristiano? Non divora i suoi figli come Saturno ma immette nel mondo figli che potranno dire: “Aiuto, fermate il mondo, voglio scendere!”.
Emile Cioran: “Nessuno si rimette dal male di nascere, piaga capitale se mai ve ne furono”.
Flo,
ti pare che i leoni si facciano domande sulla sorte che gli è toccata nel nascere?
Gli uomini sono rompicogl… mai contenti, sfigati e invidiosi. Invece di lamentarsi, come il leone della storiella dovrebbero alzarsi di buon’ora e cominciare a correre: penserebbero meno ai difetti di fabbricazione prodotti dal loro dio.
@ Florenskij
Intanto un ateo non è necessariamente un pessimista, necessariamente angosciato, nel qual caso mettere al mondo dei figli non significa per lui destinarli ad una sorta di inferno in terra, a ‘divorarli’, perchè un ateo, fino a prova contraria non crede in dio, e non è che critica dio, ma critica chi parla di un dio che ama gli uomini. Non so se noti la differenza. Se poi invece è ‘leopardiano’, non se la prende con dio, ma eventualmente con la natura, e se è coerente non mette al mondo nessuno (non credo che Leopardi avesse figli)
Ti rendi conto stai parlando degli atei come se fossero dei credenti? Prenditela tu col tuo dio.. perchè se credi nell’inferno, sei tu che non dovresti mettere al mondo di figli col rischio di dannarli in eterno.
Buona notte.
Buona notte
@ Florenskij
Ma gli atei non sono onnipotenti, onniscienti e immensamente buoni. Gli atei sono uomini e partecipano alla vita, così come funziona su questo pianeta. E la vita funziona secondo regole che non sono state progettate da loro. Anzi spesso gli uomini tentano di correggere o modificare aspetti del funzionamento di questo pianeta, che, fosse stato progettato da quella divinità, sarebbero pacchiani errori. Un conto è prendere questo pianeta per come è, per come è diventato in miliardi di anni, altro è dire che è stato progettato così o è così a causa di difetti di progettazione di una divinità onnipotente e onnisciente. Che siamo qui per vivere una vita in cui ci tocca un mix variabile di gioie e sofferenze lo sappiamo tutti, che una cosa del genere la voglia un onnipotente è completamente un’altra cosa.
Che la dinamica tra prede e predatori sia il risultato di un processo naturale è un conto, che l’abbia pensato una divinità cui si ascrivono certe proprietà è altro.
@ Florenskij
Dimenticavo, dopo aver dimostrato – nonostante le credenziaii sventolate – di non essere in grado di creare il miglior mondo possibile, l’apprendista stregone continua a prospettare da un lato il migliore mondo possibile (il paradiso) dall’altro il peggiore (l’inferno). Inutile dire che se fosse in grado di implementare il primo non l’ha fatto, se può implementare il secondo forse l’aureola di santità è talmente stretta che l’ha fatto uscire di senno.
Nel frattempo ha progettato una soluzione (incarnarsi,morire e resuscitare) che ha lasciato del tutto inalterata l’opera “mirabile”: corrotta prima, corrotta dopo. Un rimedio che non rimedia che fa il paio con l’approssimazione dell’opera iniziale.
Che il mondo sia qual che è lo sappiamo tutti, che sia l’opera di una divinità noi lo neghiamo, per rispetto al concetto di divinità 😉
@ Florenskij
Cosa senta il cuore (suo o mio) al riguardo è del tutto irrilevante e inattendibile, se invece il cervello ha qualcosa da dire lo dica, che fino al momento ha detto niente che possa essere portato a difesa dell’apprendista stregone.
@ Flo
Vede esimio, forse farebbe meglio a ripassare un po’ la logica…
Il sillogismo fallace che lei propone è questo:
1) Leopardi (o Pirandello, ecc…) era ateo (vero)
2) Leopardi era pessimisma (vero in parte)
3) gli atei sono pessimisti (conclusione falsa non implicata dalle premesse)
Confutazione: esistoino atei allegri e ottimisti (Mark Twain, Charlie Chaplin, ecc…)
Tra l’altro, la decisione di avere o meno figli non è determinata esclusivamente dal pessimismo/ottimismo dei genitori, in quanto un ottimista può non volere figli perché non gli interessa averne ed un pessimista magari può volerne per averne consolazione o sostegno.
Personalmente, non mi ritengo affatto un pessimista: ritengo che una vita condotta in modo ragionevole abbia buone probabilità di essere anche piacevole; tuttavia non ho mai voluto figli, semplicemente perché non ne ho mai avuto il desiderio…
Il nostro è uno specialista nell’andarsi a pescare opportunisticamente affermazioni che gli fanno comodo ed estenderle alla categoria che vuole contestare, senza rendersi conto che se venisse applicato lo stesso metodo al mondo dei credenti e dei cristiani potremmo sostenere qualsiasi cosa.
Gli atei sono estremamente eterogenei perchè non hanno in genere dei veri riferimenti.
Il nostro applica il luogo comune da propaganda ateo = pessimista perchè alcuni filosofi o scrittori atei lo erano (ma chi cavolo rappresentano questi filosofi e scrittori se non se stessi?), applicando spesso categorie tipiche dei credenti.
Io non sono un pessimista, sono un realista (con tendenza all’ottimismo) e contesto sempre la visione negativa del mondo: anzi mi sembra che siano molti i credenti che si rivolgono alla religione perchè hanno una visione pessimistica del mondo, esattamente l’opposto di ciò che sostiene Florenskij.
Io sono un migliorista nel senso che vorrei migliorarlo o vederlo migliorare questo mondo e sono curioso ed interessato verso di esso. Non a caso ho scelto di lavorare nella ricerca. Il paradiso dobbiamo crearcelo in terra, non fuggire dalla realtà in un aldilà che arricchisce e dà potere agli sfruttatori che lo promettono.
Ed ho due figli: è il classico luogo comune propagandistico che gli atei non facciano figli. Le indagini indicano che ormai non vi sono sostanziali differenze nel mondo occidentale tra credenti e non credenti sui figli.
Ovviamente “Ed è rischio di MORTE il nascimento”
Gli individui alla nascita sono cacciati fuori dell’Eden del non essere proprio dai genitori… e oggi ci sono molti mezzi per non avere figli.
Questo per chi è credente come lei. Cosa centra l’Eden con gli atei?
I mezzi servono anche per controllare il numero dei figli, non solo per non averli: io ho due figli, se non avessi usato anticoncezionali ne avrei 10 o 15. Vengono usati per garantire un futuro migliore per i propri figli: che futuro e che qualità della vita avrei potuto garantire a 10-15 figli?
Uno cerca di garantire un buon futuro ai propri figli, non un mondo pollaio per seguire paturnie religiose.
La mia logica, da ingegnere e ateo, è quella del “problem solving”.
Comunque per quel che mi riguarda, caro Florenskij, io sono a posto, in quanto essendo io, effettivamente, un PESSIMISTA (e pure parecchio) NON ho messo al mondo nessuno, e ciò sulla base di una fermissima risoluzione.
Naturalmente la mia è una scelta personale, che deriva dalla mia concezione pessimistica del mondo, NON dal privilegio di non essere cattolico.
Saluti. GdL
“L’uomo osa permettersi ancora delle crudeltà, quando già commette tranquillamente e ripetutamente l’atto più crudele di tutti: generare, dare agli orrori della vita esseri che non sono e non patiscono dolore”.
(G. Ceronetti)
“Quei figli che non ho voluto, sapessero la felicità che mi debbono!”
(E. Cioran)
…non me la vedo una zebra che ragioni sul fatto che essere divorata dai leoni sia un vantaggio per la specie: me la vedo invece scappare di corsa, seguendo quel proprio istinto che le ha fornito una qualche “paura” della morte, e che le dà delle chances in più per riprodurre i propri geni…
@Giorgio :
Potrebbe pero anche esserlo ! Se la zebra (o un qualsiasi altro animale) ha patologie invalidanti, malformazioni fisiche, mutazioni genetiche, ecc..che la rendono vulnerabile rispetto ai leoni, sarebbe indiscutibilmente meglio per il relativo « benessere » della sua specie (anche gli animali soffrono !), che non possa riprodursi ma che venga eliminata naturalmente o divorata. Ed è quello che capita nel regno animale grazie al quale le speci tendono non a peggiorare, ma, al contrario entro certi limiti, migliorare.