La notizia della morte di un diciassettenne belga malato terminale è rimbalzata di recente sulle cronache di tutto il mondo, ravvivando il dibattito sul tema eticamente sensibile del fine vita. Non si è trattato della generica morte di un malato qualunque, anche perché se così fosse stato il caso non avrebbe certo suscitato clamore su una scala così ampia, ma di una morte indotta su precisa scelta del minore e dei suoi genitori. Una eutanasia, dunque, e comunque una morte, un triste evento. Triste per chiunque abbia un briciolo di rispetto per la vita, che sia per ragioni di cultura strettamente religiosa o più ampiamente umanista e quindi riguardante tutti i laici, ivi compresi i non credenti.
Anzi, a dirla tutta è proprio l’approccio laico-umanista a essere più rispettoso della vita, per una ragione molto semplice: la considera indisponibile a chiunque altro che non sia la persona che la vive. Dal punto di vista religioso è invece la divinità, o eventualmente le divinità, a disporre del diritto di vita e di morte, e infatti i testi sacri abbondano generalmente di punizioni divine consistenti non solo in semplici uccisioni ma perfino in stermini di massa o supplizi che la morte la invocano. Supplizi come quello a cui sembra fosse condannato il minore belga, preda di «dolori fisici insopportabili» per usare le parole di Wim Distelmans, direttore del Centro belga di controllo dell’eutanasia.
Diversa è anche la nozione di “vita degna di essere vissuta” quando vista dalla prospettiva laica piuttosto che da quella confessionale. Per la prima è indegna la vita che viveva il nostro sconosciuto diciassettenne, così come lo era quella a cui chiedevano di poter mettere fine Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli, e come lo era anche lo stato di non vita in cui è stata tenuta Eluana Englaro per ben diciassette anni. In ogni caso, sempre da una prospettiva laica, anche la definizione della propria vita spetta a chi la vive, per cui non sarebbe da considerarsi indegna la vita di Max Fanelli visto che lui stesso aveva deciso di viverla dandole un senso attraverso la lotta proprio per il diritto all’autodeterminazione nel fine vita, pur dalla sua condizione di malato di Sla e pur essendosi riservato di chiedere di porvi fine nel caso in cui la sua sopportazione fosse venuta meno.
Da una prospettiva religiosa, invece, la stessa dignità è prerogativa divina, anche se poi sono inevitabilmente gli uomini a stabilirlo visto che le divinità non si esprimono mai in prima persona. Il che porta a volte all’omicidio come rivendicazione della volontà divina tipico degli estremismi religiosi, che spesso individuano in chi professa una fede diversa, o peggio ancora chi non ne professa nessuna, l’indegno di turno. L’ultimo episodio del genere al momento in cui scrivo è quello dell’accoltellatore del Minnesota. Si arriva addirittura al paradosso secondo cui la vita sarebbe tanto più degna quanto più è pregna di sofferenze, e se a perseguire questo principio è una religiosa recentemente canonizzata come Madre Teresa di Calcutta la cosa dovrebbe far riflettere parecchio. Del resto lo stesso concetto di “pietà” assume nel vocabolario vaticano un significato completamente diverso da quello che ha nella lingua italiana; non c’è compassione cristiana per chi chiede di non soffrire.
A rendere eclatante la notizia arrivata dal Belgio non è però la pratica eutanasica in sé ma piuttosto il fatto che sia stata applicata per la prima volta a un minore, cosa attualmente possibile solo in Belgio e in Olanda, e in quest’ultima solo su neonati e ultra dodicenni. È comprensibile che tale circostanza generi, per via della sua relativa novità, un’eco maggiore rispetto all’eutanasia di una persona maggiorenne. Tuttavia non si comprende per quale motivo un diciassettenne, o anche un neonato in determinate circostanze e naturalmente per iniziativa dei genitori, non debba avere la stessa possibilità di un maggiorenne. L’associazione cattolica Scienza e vita usa la definizione a effetto “adulti con licenza di uccidere”, chiaramente in riferimento ai genitori che hanno dato l’autorizzazione; sarebbe piuttosto preferibile ribaltare i termini e parlare di “adulti con licenza di condannare alla sofferenza” facendo riferimento a chi prenderebbe la decisione opposta, e sarebbe pur sempre una generalizzazione poiché ogni caso andrebbe esaminato nella sua specificità, come comincia ad ammettere perfino l’associazione dei pediatri olandesi che ha chiesto di rimuovere l’attuale limitazione a 12 anni.
Fortunatamente l’opinione pubblica è sempre più dalla parte della vita intesa in senso laico, come gioia di vivere, e questo fa ben sperare per il futuro delle varie proposte di legge attualmente in discussione nelle Commissioni parlamentari tra cui quella di iniziativa popolare per la quale anche l’Uaar ha raccolto le firme. Attualmente l’Italia è, tanto per cambiare, fanalino di coda in ambito Ue visto che la maggior parte dei paesi dell’Unione ammette almeno l’eutanasia passiva, ma abbiamo recuperato terreno sul fronte dei diritti per le coppie Lgbt e possiamo farlo anche su quello del fine vita. Notevole e di buon auspicio il risultato della recente consultazione interna al M5s, dove la prevalenza dei favorevoli a eutanasia e testamento biologico è stata semplicemente schiacciante.
Il presidente della Cei Bagnasco ha chiesto che «anche chi dà un valore alla vita in senso laico dia testimonianza concreta di amore verso la vita». Il punto è che i laici, come già detto all’inizio, dimostrano quotidianamente di amare la vita, ma l’amore per la vita non esclude affatto di porvi fine nel momento in cui questa diventa insopportabile. Se lo si desidera, naturalmente; nessun laico negherebbe a nessuno il diritto di vivere a qualunque costo, che sia per motivi religiosi o per qualunque altra ragione. I laici, inoltre, sono addolorati dalla morte di una persona non meno di quanto lo sia chiunque altro, ma convengono che c’è molto più dolore nel protrarsi della sofferenza che nell’anticipo di una morte comunque inevitabile. In altre parole, se si vuole cercare chi ama la morte non bisogna guardare verso i laici ma altrove.
Massimo Maiurana
Una delle argomentazioni più insulse dei sedicenti “pro-life”, che si parli di eutanasia come in questo caso o di aborto, è la contrapposizione tra “cultura della vita” (la loro) e “cultura della morte”. È del tutto ovvio a chiunque non sia in malafede che la vera contrapposizione è tra chi vuole imporre a tutti la propria visione della vita, basata su credenze fideistiche e irrazionali, e chi vuole che tutti, compresi gli integralisti religiosi, possano decidere autonomamente della propria vita.
” Se lo si desidera, naturalmente; nessun laico negherebbe a nessuno il diritto di vivere a qualunque costo, che sia per motivi religiosi o per qualunque altra ragione.”
Questo è un punto cruciale nel dialogo con chi è pro life a tutti i costi. Spesso l’eutanasia è confusa con una sorta di omicidio legalizzato, in cui lo stato si prende il diritto di uccidere qualcuno contro la sua volontà. Sembrerebbe un errore troppo grossolano, eppure moltissimi ne hanno proprio questa immagine. Il mondo laico deve lavorare molto affinché sia chiaro di cosa stiamo parlando.
” Spesso l’eutanasia è confusa con una sorta di omicidio legalizzato, in cui lo stato si prende il diritto di uccidere qualcuno contro la sua volontà “.
A chi la colpa ? Non è il mondo laico che non lavora abbastanza ma il mondo clericale che è numeroso che fa confondere le idee alla gente .
E poi c’è la pigrizia generalizzata della massa che si accontenta di leggere un titolo e due righe di un articolo sul giornale locale per convincersi di sapere di che cosa si tratta .
Non volevo dire che il mondo laico non lavora abbastanza. Piuttosto volevo sottolineare che questa confusione di base è ancora molto presente nell’opinione generale, nonostante tutto il lavoro che si sta facendo per portare avanti la battaglia per l’eutanasia. Probabilmente proprio a causa della pigrizia generalizzata e di una superficialità diffusa. Quindi, accanto a tutta l’attività svolta, anche concentrarsi sul chiarimento di concetti apparentemente semplici o magari già scontati per tanti laici, potrebbe avere degli importanti e magari inattesi risultati positivi.
Ma questo tizio lo sa oppure no, che esiste una marea di suicidi tra i minorenni?
E quindi, il giurista, ne deduce che il minore non può sentir dolore fino a che non abbia raggiunto la maggiore età?
@Diocleziano
“… il minore non può sentir dolore fino a che non abbia raggiunto la maggiore età?”
Quindi possiamo piantarla di criticare tanto chi picchia bambni.
Tanto loro le botte non le capiscono.
E interessante notare che questo caso ha fatto piu notizia e scalpore in Italia che nel Belgio …
Ma il cardinal Bagnasco quale testimonianza riterrebbe valida: che lui faccia il guardone di un rapporto di gruppo in piazza?
Credo che gli piacerebbe…
È davvero disgustoso che questi gonnelloni vadano a giudicare i genitori sicuramente già molto provati dal loro dramma. I preti non hanno figli e scelgono di non amare nessuno con la scusa di amare tutti, come possono provare empatia per le persone che prendono una decisione tanto dolorosa? Non so se questi genitori sono cattolici, in quel caso l’intervento del Bagnasco è grave
….continua
l’intervento del Bagnasco è indirizzato solo alla sua comunità, perciò ammissibile; se non si trattasse di cattolici, invece, dovrebbe imparare la buona creanza e tacere.
Per la precisione non dovrebbero avere figli, questo non sempre è vero.
La legge belga relativa a l’eutanasia prevede che è assolutamente vietato ai medici curanti (o chiunque altro) decidere unilateralmente (in fasi terminali o casi cruciali d’intensa sofferenza fisica ma sovente anche psichica dove non esistono farmaci, cosi come certe malattie estremamente invalidanti ed irreversibili, o malformazioni alla nascita che non darebbero nessuna gioia di vivere a coloro che ne sono affetti, ecc…) se applicare l’eutanasia senza una chiara e ripetuta richiesta, quindi consenso del paziente o, nell’impossibilità, i loro tutori !
Vorrei rivolgermi a tutti gli « illuminati » italiani, e non solamente, i quali affermano con un certo cinismo che in Belgio « si uccidono persone affette da gravi malattie, malformazioni genetiche ecc.., sia maggiorenni che minorenni », che si sbagliano di grosso !
Chi infrange la legge -particolarmente chiara- relativa a l’eutanasia, puo’ essere accusato d’omicidio volontario ! E posso assucurarvi che in Belgio su questo –giustamente- non si scherza !
NB :-Il Belgio è l’unico paese dove l’eutanasia è legalmente possibile non solo per minorenni ma anche neonati.
Da notare che l’idea di applicare l’eutanasia ai minorenni e neonati è nata nel 2013 dal Prof.Eduard Verhagen ( pediatra) e colleghi dell’ospedale di Groningen in Olanda. (NB : il primo protocollo mondiale per l’eutanasia neonatale, venne formulato nel 2005) -Questi medici sono quindi favorevoli a l’eutanasia non solo per minorenni ma anche neonati per casi gravissimi incompatibili, ad esempio, con una vita dignitosa ; affermando che non deve essere considerata un « tabu » bensi uno strumento efficace a disposizione dei medici e genitori.
NB : Che io sappia in Olanda l’eutanasia per i bambini sotto i 12 anni resta tecnicamente illegale ; viene solamente tollerata in casi particolarmente gravi.
NB-Il Il cattolicesimo considera da millenni che il mondo è una valle di lacrime e che la sofferenza porta alla redenzione. Dio da la vita, e solo lui puo’ toglierla, dicono..Madre Teresa ne è un simbolo lampante !
Ed è per questo che la lotta contro il dolore è rimasta per secoli molto indietro nei paesi latini, e continua !
P.S. Per la scienza, è impossibile conciliare l’esistenza oggettiva della sofferenza gratuita in tutto il mondo e l’idea di un Dio onnisciente, onnipotente e infinitamente buono….
Quello che hai scritto qui lo dovresti scrivere su qualche sito cattolico e affine.
Ps.
Più che per la scienza direi che la logica suggerisca l’incompatibilità tra un dio onnipotente e buono con la sofferenza come chiave di redenzione.
Personalmente, nell’ultima frase dell’articolo avrei cambiato qualcosa: avrei scritto “In altre parole, se si vuole cercare chi ama la TORTURA (E QUINDI SI ODIA LA VITA) non bisogna guardare verso i laici ma altrove.”
Scusate, errata-corrige (c’era un SI di troppo):
“In altre parole, se si vuole cercare chi ama la TORTURA (E QUINDI ODIA LA VITA) non bisogna guardare verso i laici ma altrove.”
“Si arriva addirittura al paradosso secondo cui la vita sarebbe tanto più degna quanto più è pregna di sofferenze, e se a perseguire questo principio è una religiosa recentemente canonizzata come Madre Teresa di Calcutta la cosa dovrebbe far riflettere parecchio.”
In psichiatria questo fenomeno e’stato classificato da tempo,col nome di “Sindrome di Munchausen per procura”,e negli USA ne sono stati scoperti parecchi casi.
E mi permetto di sospettare che anche in casa nostra casi simili non manchino,anche se passano sotto silenzio.
Tecnicamente tale sindrome si differenzia indubbiamente dal sadismo,ma pe chi ne e’ vittima non c’e’ nessuna differenza.
Non ti seguo nel tuo argomento Laverdure …
La sindrome di Münchhausen si riferisce a dolori fantasma se non mi sbaglio ??? I malati nella casa di Calcutta non sono affetti di questa sindrome : sono moribondi sofferenti …
La sindrome di Münchhausen è nella testa di chi si prende cura di qualcuno che può anche non averne bisogno. Spesso madri verso figli piccoli. Questo ricordo di aver letto.
@Gerard
Non sei bene informato.
Quella sindrome spinge individui in apparenza normalissimi a danneggiare volontariamente la salute di chi gli sta vicino,simulando astutamente malattie con l’uso di veleni, o provocando incidenti, per potere impersonare la parte del “buon samaritano “premuroso.
E purtroppo il caso piu frequente e ‘ quello di madri ai danni dei loro bambini.
E tutto questo,notare bene,in parecchi casi senza nessun fine di lucro,ma solo per una patologica volonta di ostentare il proprio “altruismo” non solo di fronte agli altri ma anche di fronte a se stesso.
E’ lecito infatti il dubbio che almeno alcuni di questi individui riescano a “rimuovere”
completamente dalla loro consapevolezza il fatto di essere loro stessi la causa di quelle sofferenze che curano tanto amorevolmente ,arrivando alla sincera convinzione di essere dei veri benefattori.
(All’opposto di un sadico che invece ricava un compiacimento megalomane proprio dalla piena consapevolezza di essere lui la causa delle sofferenze altrui.)
Una forma insomma di schizofrenia autocoltivata,che spesso riesce a ingannare anche
ottimi medici per molto tempo.
Ora,dimmi un po’ se molti acclamati santi , a cominciare da Madre Teresa,una volta esaminati nei dettagli non giustifichino quantomeno qualche dubbio in proposito ?
Il caso poi della politica di Santa Madre Chiesa nei secoli passati lascia ben poco spazio ai dubbi:basti pensare agli ostacoli posti allo sviluppo della medicina ( e delle scienze in generale),e’ esemplare il divieto per anni posto alla vaccinazione antivaiolosa negli stati pontifici.
Ma in questo caso il fattore lucro non e’ certo assente :un moribondo sofferente e facoltoso e’ facile da “mungere”,con la prospettiva di acquisire benemerenze nell’aldila,
non credete ?
Laverdure
A proposito della sindrome di Munchausen per procura :
Nella versione del Manuale dei Disturbi Mentali DSM-5, questa sindrome è classificata nella sezione dei disturbi sintomo somatici che distingue un comportamento concentrato su se stessi e quello diretto verso gli altri. In questo secondo caso, l’individuo può volontariamente ferire un altro, soprattutto un bambino, semplicement per attirare l’attenzione.
P.S. Ritengo sia più realistico ritenere che tutti coloro che si oppongono a l’eutanasia non sono obligatoriamente affetti da questa sindrome ma lo fanno, nella stragrande maggioranza dei casi, per pura convinzione (ma anche fanatismo !) religiosa, cattolica in primis ! O, in alternativa, per sadismo….
NB : Non mi ricordo avere incontrato una persona colta, atea o agnostica a volte anche credente (non cattolica, ebraica, TdG o islamica !), che sia ostinatamente contro l’eutanasia ! Ovviamente devono, molto probabilmente, esistere eccezioni ma che non sono la regola, la confermano.
@pendesini
Alle motivazioni da te addotte per il rifiuto dell’eutanasia io continuo ad aggiungere anche il semplice interesse,che non e’ certo piu’ edificante di fanatismo o sadismo.
Come il divorzio ha intaccato notevolmente l’influenza della Sacra Rota ( e le sue entrate “ufficiose”),l’eutanasia intacca notevolmente le possibilita di “conversione”(manipolazione)di un malato terminale da parte di un solerte e pietoso confessore.
Abbreviando la durata della parte finale e piu’ dolorosa di una malattia terminale e’ evidente che le occasioni di “assistenza spirituale”si riducono,specie tenendo conto dell’inconciliabilita di vedute tra un confessore e un malato deciso a sfruttare l’eutanasia che un sistema sanitario gli offra legalmente
Non dimentichiamoci che a Welby era stato negato il funerale cattolico:
Forse Welby non ha fatto una generosa offerta alla chiesa o doveva morire dichiarando sottomissione, invocando pietà e perdono: in quel caso avrebbero chiuso un occhio. Lui ha scelto autonomia e dignità, e questo ai preti non piace.
@Mafalda: soprattutto, come scritto nell’articolo, non piace la decisione di vivere dignità e pietà secondo il loro vero significato, quello che sta nel dizionario, e non quello che si sono inventati loro. Ricordo ancora, l’ultimo giorno di vita di mia moglie, chiamato dai suoceri bigotti, l’espressione “avvoltoiesca” del prete venuto per l’estrema unzione, di lei che non era più stata una buona fedele, dopo il divorzio dal suo primo marito per infedeltà di lui, e aversi visto negare la comunione.
dissection
Non immaginavo avessi vissuto un dolore simile e mi dispiace tantissimo. Ci si sente impotenti davanti a tanta arroganza, specialmente dei familiari che dovrebbero comprendere la sofferenza di un morente invece di rivangare assurdi sensi di colpa.
Non crucciartene, in ogni caso non era quello il punto del discorso, ma solo portare un esempio concreto del comportamento iniquo & perverso che deriva dal sistema di pensiero che ci sta dietro, e della becera massa che lo perpetua credendo addirittura di fare del “bene”, o che sia “giusto”, naturalmente per diritto divino e ad majorem eccetera.