Chiunque abbia un minimo di conoscenza delle confessioni cristiane protestanti ha avuto modo di apprezzare la maggior apertura di una buona fetta di esse, tra cui la maggior parte di quelle storiche, verso temi attuali che spaziano dal riconoscimento dei diritti civili e riproduttivi alla considerazione nei confronti delle conquiste scientifiche — mentre alcune formatesi più recentemente tendono al fondamentalismo. A differenza delle altre confessioni più antiche e tradizionaliste, prime fra tutte la cattolica e l’ortodossa, le Chiese scaturite dalla riforma protestante non obbligano generalmente i ministri di culto al celibato e seguono una dottrina in cui dogmi e simboli vengono interpretati in maniera meno letterale. Molte di esse hanno ammesso in tempi relativamente recenti il sacerdozio femminile, e questo, combinato con il riconoscimento delle coppie omosessuali, ha portato addirittura all’elezione di una lesbica dichiarata alla guida della diocesi di Stoccolma.
Non è un caso se molti non credenti si trovano a loro agio nell’interloquire con le cosiddette “Chiese laiche”. Diversi circoli Uaar hanno perfino organizzato eventi insieme a valdesi e metodisti, o condividono con essi la militanza in aggregazioni di realtà sociali come ad esempio la Rete Laica di Bologna. Insomma, negli anni siamo stati abituati a vedere queste confessioni come prove evidenti, peraltro in costante evoluzione, del fatto che è assolutamente possibile conciliare la fede religiosa con un approccio laico verso la comunità in cui si vive, che è appunto “comune” per definizione. Perché la laicità sta a un livello superiore sia rispetto alla fede che all’ateismo, non è sinonimo né dell’una né dell’altro e certamente le due dimensioni non possono coesistere nella stessa persona. Ci mancherebbe altro. O possono?
La risposta arriva dal freddo Canada ed è quasi sconcertante: sì, si può appartenere a una congregazione religiosa e allo stesso tempo non credere in Dio, non è un ossimoro. Anzi, si può perfino creare una congregazione di fede che paradossalmente della fede non tiene proprio conto, parola della pastora reverenda Gretta Vosper, della West Hill United Church di Toronto, che dichiara apertamente «noi non parliamo di Dio». Caspita, una Chiesa che non parla di Dio. Più o meno come un’associazione ambientalista che non parla di alberi, o un circolo della caccia dove non si parla di armi da fuoco. Ma Vosper insiste sostenendo che la sua Chiesa, che è senz’altro tale per sua stessa denominazione, si rivolge a coloro i quali sono «in cerca di una comunità che li aiuti a riempire la loro vita di significato senza ricorrere a Dio». Anzi, per lei sarebbe addirittura tempo che la Chiesa in generale la smetta di «idolatrare un Dio teistico».
Qualche tempo fa emerse in Olanda un caso che per certi versi era simile. Il pastore protestante Klaas Hendrikse iniziò a un certo punto a dichiarare pubblicamente di non credere a Dio, inteso proprio come il Dio teistico, ma piuttosto a qualcosa di riconducibile più a un’esperienza mistica umana che alla reale esistenza di un’entità divina. Qualcosa quindi di più vicino al deismo, e infatti Hendrikse sosteneva di non ritenersi personalmente ateo, anche se il titolo del suo primo libro è Believing in a God who does not exist: manifesto of an atheist pastor. La Chiesa olandese in un primo momento aveva valutato la possibilità di espellere Hendrikse, ma poi decise di rinunciarvi. Curiosamente alcuni studi hanno riportato che il 42% degli appartenenti alla Chiesa protestante olandese si ritiene non teista, e addirittura che un sesto dei sacerdoti sarebbe agnostico o ateo.
Devo ammettere che faccio fatica ad assimilare concetti così contraddittori. Anzi, diciamo pure che non ci riesco proprio, è qualcosa che esula dalle mie capacità cognitive, probabilmente un difetto mio. Una Chiesa, per come la intendo io, è una comunità di fede e quindi non può prescindere dalla fede senza rinnegare se stessa. Se lo fa non è semplicemente una Chiesa, è qualcosa di diverso. Magari un’associazione democratica, come l’Uaar, tarata sul perseguimento degli scopi statutari e quindi aperta a chiunque li condivide, a prescindere dal personale convincimento.
Il problema della Chiesa di Vosper però non è la sua identità, anche perché in tal caso non sarebbe nemmeno un problema per il semplice fatto che non riguarda gli altri. Uno può anche definirsi vegano e addentare una costoletta, e sarebbe senza dubbio libero di vivere la propria contraddizione finché non pretende che un altro vegano lo sostenga mandando giù a sua volta una salsiccia. Il problema di Vosper è infatti proprio questo: convincere la United Church of Canada, federazione a cui aderiscono varie Chiese cristiane, a mantenere affiliata la sua Chiesa pur riconoscendola come atea.
Un po’ troppo anche per la liberale Chiesa protestante canadese, tant’è che Don Schweitzer, uno dei suoi esponenti di punta, ammette: «È dura per la United Church, perché noi abbiamo creato questo mantra dell’inclusione e adesso ci troviamo a doverlo collaudare. Va contro il nostro buon senso dire a qualcuno che deve andarsene». Ancora più dura se si pensa che anche la United Church, come tante altre sigle confessionali, ha assistito negli anni a un drastico calo delle affiliazioni, più che dimezzate nell’arco di mezzo secolo. Chissà, magari potrebbe pensare di rivedere la sua natura per venire incontro a Vosper in particolare e al secolarismo avanzante in generale, passando dall’essere una federazione di Chiese a un’ente che raggruppa anche altre realtà non religiose. Nuovi esperimenti dagli esiti tutt’altro che prevedibili.
Massimo Maiurana
«… Perché la laicità sta a un livello superiore sia rispetto alla fede che all’ateismo… »
La laicità sarà (?) anche a un livello superiore, ma certo non metto l’ateismo allo stesso livello della fede. Lo stesso nesso che c’è tra medicina e malattia: la prima è necessaria in presenza della seconda; la seconda non è mai necessaria.
Se si arriva a concepire l’inesistenza degli dei, perché ostinarsi a voler credere in un sistema ‘chiesa’? Può essere d’aiuto per meno dotati, per i quali una filosofia semplificata e precotta, condita con un po’ di trascendentale, è molto comoda e, diciamolo, è ancor più comoda per chi controlla la società: idee omogenee e prevedibili sono un gran sollievo per chi ha il potere. Diamo tempo al tempo e invecchieranno anche questi progressisti.
“Devo ammettere che faccio fatica ad assimilare concetti così contraddittori. Anzi, diciamo pure che non ci riesco proprio, è qualcosa che esula dalle mie capacità cognitive, probabilmente un difetto mio. Una Chiesa, per come la intendo io, è una comunità di fede e quindi non può prescindere dalla fede senza rinnegare se stessa. Se lo fa non è semplicemente una Chiesa, è qualcosa di diverso. Magari un’associazione democratica, come l’Uaar, tarata sul perseguimento degli scopi statutari e quindi aperta a chiunque li condivide, a prescindere dal personale convincimento.”
Sicuramente nessun ‘difetto tuo’! Una chiesa, o è una chiesa, cioè una comunità nella quale si riconoscono quanti sono accomunati da una stessa fede, oppure è qualcosa d’altro… come ad esempio, appunto, UAAR. Naturalmente questa ‘fede comune’ può poi essere vissuta a vari livelli, con aperture più o meno importanti nei confronti o di altre chiese o di quanti si professano laici, agnostici o atei (e questo è naturalmente sempre auspicabile ed apprezzabile)… ma una ‘chiesa atea’ è, più di un ossimoro, è un imbroglio inaccettabile, soprattutto per chi ritiene l’appartenenza ad una chiesa l’opposto di una qualsiasi testimonianza atea. In questo caso mi riesce difficile anche parlare di ‘buona fede’, ciò che per altro ritengo lo si debba riconoscere a chiunque.
Sarà che personalmente estendo il concetto di ‘chiesa’ a qualsiasi associazione, gruppo, partito, ideologia che comportino un’adesione fideistica, sostanzialmente religiosa, se non nella forma nella sostanza , con i rispettivi ‘cleri’… per cui ciò che espressamente si definisce ‘chiesa’ con riferimento ad una dottrina religiosa, comunque interpretata, entra a maggior ‘diritto’ in una dimensione alienante. E non ci si può non porsi la domanda: ma è proprio necessario per testimoniare le proprie convinzioni religiose, quali che siano, anche le più ‘laiche’, dare vita una istituzione? E’ comprensibile che il riferimento a dottrine che sono state tramandate attraverso istituzioni storiche possano richiedere, per quanto critica, una adesione anche sotto questo aspetto… ma fino a che punto potrà spingersi questa critica se ci si riconosce pur sempre in una chiesa?
Secondo me, qui si tratta di distinguere tra dio teistico, e dio non teistico. Il dio teistico è un generatore di dogmi e leggi, in genere assurde e comunque arcaiche, alle quali pretende che ci si sottometta, meglio se per mezzo di gerarchie ecclesiastiche che impongono e vietano. Una divinità tipo ad esempio quella spinoziana, non teistica, è quella nella quale si ritrovano molti credenti. La laicità, intesa come principio di base, non è compatibile con un dio teistico, ma lo è sicuramente con un dio che non si comporta da tiranno. Tant’è vero che nella storia, da parte dei teismi, abbiamo esempi di persecuzioni intraprese sia verso diversamente credenti che verso non credenti. Esempio classico, qui a Torino, sono le persecuzioni cattoliche verso i Valdesi.
@ Giorgio
D’accordo, ma resta il problema della ‘chiesa’. Non credo che Spinoza auspicasse l’istituzione di una chiesa ‘non teistica’. Naturalmente è altra cosa la chiesa valdese e quella cattolica… ed è inutile dire quale sia da apprezzare anche da parte di un ateo… ma si tratta di una chiesa con ben precisi riferimenti cristiani, e non credo che, per altro coerentemente, intenda rinunciarvi pur nella sua disponibilità a confrontarsi con chiunque e su qualsiasi tema ‘secolare’. E’ quando si pretende di mettere in discussione i presupposti di un’istituzione in quanto tale ritenendo comunque di doverne far parte, che non mi sembra coerente.
Poco male, naturalmente se, all’atto pratico, si fanno scelte laiche… ma resta pur sempre valido, a mio parere, quanto prospetta Diocleziano.
A me pare una cavolata far distinzione tra dio teistico e dio non teistico (ateistico?). Il concetto di dio è teistico per definizione, è una pura tautologia definire “dio” teistico. Anche il dio di Spinoza è teistico, al massimo si può far distinzione fa trascendente e immanente. Ci sono concezioni di dio immanenti che identificano il principio divino nella natura ma sono pur sempre teistiche. Se non credi in un dio teistico non credi in alcun dio perché non esiste alcun concetto di dio non teistico come non esiste alcun concetto di retta che non sia una retta. Non estinte alcun concetto che possa essere contemporaneamente il suo opposto. Mi pare una bella presa in giro per i credenti cristiani far parte di una chiesa cristiana e non credere in dio. La chiesa della Vosper non è una chiesa cristiana e non è una chiesa, la domenica a messa di cosa parlano se non parlano di Dio, se sono di fatto un’associazione laica si costituissero come tale perché aderire ad una federazione di chiese cristiane? Per tradizione?
Non sono d’accordo, e, tra l’altro, Cliteur nel suo libro
https://www.uaar.it/appuntamenti/2016-05-13-torino-salone-visione-laica-mondo-paul-cliteur/
lo spiega piuttosto bene.
Un dio teistico è un dio dittatoriale antropomorfo che detta leggi e punisce duramente chi le infrange. Un dio teistico è qualcosa che contrasta ferocemente con -ad esempio- l’autonomia morale di Kant. Un dio che resta un puro e semplice concetto (che sia trascendentale oppure no, probabilmente non ha nemmeno importanza), e non ti dice ciò che devi fare o non fare, è un dio non teistico. Un dio che non ti impone una sua morale mi sembra molto diverso da un dio barbogio prepotente e arrogante.
Al contrario… Molte chiese “di minoranza” hanno, rispetto alle chiese “potenti”, lo stesso problema degli atei o delle associazioni ateistiche o anche laiche: le fregature. Chiamamole anche soprusi, o ingiustizie. Tempo fa, si trattava di vere e proprie persecuzioni.
Mi raccontavano che la chiesa cattolica boicottava (con successo) gli spot valdesi dell’8×1000 alla RAI.
D’altra parte, decidere l’abolizione della propria chiesa dall’interno mi sembra qualcosa di assurdamente drammatico, che darebbe pure ragione alla maggioranza prepotente. Bisogna che le minoranze siano veramente alleate contro la maggioranza: una diminuzione del numero di minoranze oppositrici spianerebbe la strada alla maggioranza (pre)potente.
Come conciliare l’inevitabile presa di coscienza del proprio ateismo con il lavoro a cui non si vuole rinunciare? Ecco la soluzione delle chiese senza dio. Questa è una delle dimostrazioni che il sistema chiesa non serve per la preghiera, per coltivare la propria fede o per aiutare il prossimo: dio se ne va, la chiesa resta. E resta per perseguire i suoi scopi veri: controllo della comunità a partire dai più piccoli, rapporto privilegiato con i potenti, gestione di denaro.
Grande Mafalda!
Questo è il punto focale di tutta la faccenda, e più è grande e potente una chiesa, di qualsiasi genere essa sia, e più questo tema si fa ostico al suo interno di pari passo con la necessità di tenerlo nascosto e dissimulato, vuoi mai che la massa di credenti cominci a subodorare qualcosa…
Inoltre, temo che questo possa fornire nuova & inaspettata farina al sacco dell’argomentazione credente sull’ateismo come religione, e che p…e …
Cara Mafalda, grazie.
Non sono avvezzo al ragionamento filosofico, anche se semplice, e fino al tuo intervento avevo fatto fatica a seguire il bandolo della matassa. Col tuo intervento mi si è aperta una voragine di semplice e quotidiano razionalismo.
Ecco la metafisica che apprezzo…ma essa va contro ogni potere.
Grazie ancora, con sincera riconoscenza.
dissection, Manlio
Grazie a voi.Per difendersi dai manipolatori bisogna sempre restare ai fatti, e in questo caso una chiesa senza un dio è una semplice contraddizione. Sarebbe divertente conoscere la personalità di gente come la Vosper, magari apparentemente è in buona fede, ma, ne sono convinta, con un retrogusto fatto di narcisismo e astuzia.
@mafalda
Un po’ come il pollo finocchione. Giuro, si chiama così. Un pollo vegano fatto coi finocchi. O come i christian nudists, che per praticare qualcosa che religiosamente è vista male, trovano (forzano) riferimenti biblici che giustifichino lo stare nudi, come se ci fosse bisogno di giustificarlo.
Venendo all’argomento centrale, concordo che si tratta di una contraddizione e dissection potrebbe aver ragione sull’accostamento ateismo/religione, ma sono curioso di vedere come evolverà questa storia. Spero che il lato negativo non sia quello che la caratterizzerà.
gmd85
E cosa dire delle donne che vanno a frugare tra i versetti qualche frase ambigua per sentirsi accettate dalla loro religione? E gli omosessuali? Misteri della psiche umana…o meglio, potenza dell’indottrinamento. Del resto, cadono in contraddizione anche persone di cultura: filosofi, psicologi, scienziati …pochi certo, ma capaci di conciliare scienza e credenza con disinvoltura. Mi stupiscono soprattutto gli psicologi credenti, ma qua si rischia di andare fuori tema.
Pane al pane, vino al vino. Brava Mafalda!
Da sempre, gli Unitariani non hanno avuto buona fama in fatto di fede, anche presso i protestanti . Mi ricordo tantissimi anni fa, giovanotto, ero ospite da una famiglia anglicana di Liverpool . Passando davanti una chiesa unitaria, il mio ospitante mi disse ” Questi qua sono tutti atei…Non credono in Dio ! “