L’obiezione di coscienza fu introdotta nel 1978 con la legge 194. A quel tempo aveva un senso: salvaguardare i diritti acquisiti di chi era stato assunto per fare un certo lavoro, e non voleva farne un altro che eticamente non condivideva. Ma molti medici obiettori sono stati assunti dopo il 1978, e qualcuno di essi è probabilmente già andato in pensione. Gli obiettori sono oggi così tanti da rendere spesso difficile prestare il servizio. Per fortuna, c’è chi comincia a dire “basta”. La Regione Lazio, superando diverse resistenze, ha assunto due medici con lo specifico incarico di praticare aborti: se si dichiareranno obiettori in seguito, rischieranno provvedimenti che potranno arrivare al licenziamento.
Perché sono stati assunti per fare un certo lavoro: e se è legittimo cambiare idea in seguito, non è etico pretendere di essere pagati senza lavorare. Perché a prescindere dalla tua età, dalla tua storia, dalle tue motivazioni, dal tuo stato d’animo, se sei una donna che ha deciso di ricorrere a un’interruzione di gravidanza, hai il sacrosanto diritto di ottenerla. Perché se nel vostro reparto, per fede o per convenienza, siete tutti obiettori, allora quel sacrosanto diritto glielo state negando, e nel contempo la state costringendo a inutili sofferenze. Provate a dimostrare il contrario.
Raffaele Carcano
Quello che nessuno sembra notare,o perlomeno riconoscere apertamente,e’ l’intrinseca assurdita che una societa permetta che le sue leggi subiscano eccezioni in nome della cosiddetta “obiezione di coscienza”,basata ovviamente su pretesi principi “morali”
E questo non solo pe l’aborto,ma per qualunque altro caso indifferentemente,come il servizio militare.
Perche’ ci sono solo due casi possibili.
Nel primo caso ammettimo che esistano principi morali “oggettivi”,e allora se l’obiettore ha ragione nel sostenere che sia inaccettabile praticare aborti anche in caso di vittime di stupri o gravi pericoli di complicazioni,o di combattere e uccidere anche in caso di aggressioni esterne al proprio paese,allora la societa e lo stato,permettendo o addirittura imponendo questi comportamenti commette una inaccettabile violazione dei principi morali.
E se invece ammettiamo che societa e stato abbiano ragione,inevitabilmene il comportamento del preteso obiettore diventa inaccettabile e giustamente passibile di sanzioni.
Nel secondo caso ammettiamo la “soggettivita” dei principi morali,per cui diventano rispettabili entrambe le opinioni espresse da obiettore e stato,e allora la giustizia civile e penale vengono a perdere il loro significato.
Perche’ mai ad esempio dovremmo condannare un immigrato reo di percosse o addirittura di omicidio ai danni di mogli o figlie “svergognate”,se la “cultura”(parola magica)dei paesi di origine lo permette?
O perche incriminarlo per atti di pedofilia,se anche questo (avviene davvero)e’ ammesso dalla sua cultura di origine ?
Perfino il cannibalismo e’ ancora ammesso in alcune culture del terzo modo.
Ma atutto questo discorso e’ politicamente scorretto, vero ?
Il discorso è politicamente scorretto per diverse ragioni.
1) non si possono equiparare obiezioni che riguardano un’attività che si è scelta rispetto a una che è stata imposta. Nessuno obbliga un medico a diventare ginecologo, mentre io per esempio ero stato obbligato a fare il servizio militare.
2) lo stato non può avere opinioni, e non si possono equiparare opinioni personali con opinioni statali (la seconda espressione essendo priva di senso).
3) i principi morali sono contemporaneamente soggettivi e oggettivi, e non è corretto dire che esistono solo due casi. Ogni principio morale è potenzialmente o parzialmente contraddetto da un altro.
4) la bontà o meno delle leggi dello stato non deve essere misurata su principi morali (proprio per il punto 3 sopra). Una buona legge è quella che, indipendentemente da ogni principio morale, tutela chi subisce un torto (ergo un danno). In teoria, quindi, una legge che preveda l’obiezione di coscienza non sarebbe un danno per la donna: la legge dovrebbe prevedere che laddove un Ente non riesca a fornire adeguato servizio, se ne incarichi obbligatoriamente un altro.
@Giorgio Pozzo
Tanto per evitare possibili equivoci:
io,( ma anche altri)per “politicamente corretto “intendo semplicemente ossequioso all’opinione che va per la maggiore in un determinato contesto storico.
E come comprendi benissimo non e’ certo un complimento:detto piu’ chiaramente si chiama servilismo,conformismo,opportunismo e cosi via.
Come giustamente fa notare chi sceglie liberamente una professione deve accettare gli obblighi che essa comporta,ma allo stesso modo il cittadino di uno stato e’ tenuto a rispettare certe imposizioni da parte dello stato,altrimenti perche’ dovrebbe pagare le tasse o rispettare il codice stradale e i vincoli catastali,tanto per dirne alcune ?
E’ stabilire quali imposizioni siano accettabili che costituira sempre un contenzioso privo
di unanimita, ma d’altra parte senza di esse nessuna societa puo’ funzionare.
Come, sempre giustamente, affermi, la legge non si misura in pratica su principi morali ma sui fatti,e i fatti dicono chiaramente che legalizzare l’obiezione all’aborto permette abusi ,motivati esclusivamente da opportunismi politici,impossibili da combattere,che rendono impossibile per le donne godere di un loro sacrosanto diritto.
Allo stesso modo,tanto per fare un altro esempio,le leggi “demagogo-buonistiche”che permettano una immigrazione incontrollata producono di fatto problemi insormontabili
di degrado di ordine pubblico,sistema scolastico e sanitario ecc.
Ma,torno a dire,tutto questo discorso e’ “politicamente scorretto”(nella definizione di cui sopra),vero ?
@Giorgio Pozzo
Dimenticavo:
” …..lo stato non può avere opinioni, e non si possono equiparare opinioni personali con opinioni statali (la seconda espressione essendo priva di senso).”
Caro Giorgio, dicendo lo Stato,in realta ci si riferisce necessariamente ai funzionari che lo rappresentano,i quali,essendo esseri umani come tutti gli altri e non emanazioni di
entita divine,non possono esprimere altro che opinioni,e non certo il Verbo,ogni volta che prendono una decisione qualsiasi emanando una legge o applicandola,o decidendo un provvedimento di qualunque importanza,sia che riguardi un intervento militare all’estero ,sia che riguardi l’uso dei gabinetti da parte dei transgender.
Trovo semplicemente grottesco che alla lettura di una sentenza il pubblico si possa congratulare a gran voce perche’ finalmente “si conosce la verita”,come se l’opinione espressa dai magistrati aggiungesse qualche elemento nuovo a quelli presentati e dibattuti nel processo,e non avesse reale interesse che solamente per gli imputati.
E come se molto spesso magistrati diversi nei diversi gradi di processo non manfestassero opinioni radicalmente diverse pur avendo a disposizione gli stessi elementi ,senza il minimo straccio di novita.
Il fatto che questo genere di opinioni possa avere pesanti ripercussioni sulla vita di
numerosi individui non le rende certo meno soggettive e meno meritevoli di critiche di
altre.
Mi permetto un appunto relativo a quanto scrive laverdure:
«Quello che nessuno sembra notare,o perlomeno riconoscere apertamente, e’ l’intrinseca assurdita che una societa permetta che le sue leggi subiscano eccezioni in nome della cosiddetta “obiezione di coscienza”,basata ovviamente su pretesi principi “morali” E questo non solo pe l’aborto,ma per qualunque altro caso indifferentemente,come il servizio militare.»
Il servizio militare obbligava i soli maschi a perdere un anno di tempo della loro vita per niente (e talvolta uscendone per entrare nei reparti di psichiatria), perlomeno la gran parte che poi non decideva d’entrare permanentemente e professionalmente nell’esercito. Come si fa a dire che era assurdo obiettare a un simile trattamento discriminatorio? E comunque l’obiezione di coscienza, in quel caso, portava a sostituire la leva col servizio civile.
E come si fa, poi, ad accostare l’obbligo di leva per i maschi all’obbligo del pagamento delle tasse per tutti, che avviene pur sempre in proporzione al reddito e (almeno idealmente) per ottenere servizi dallo Stato stesso?
Io trovo corretto, invece, il discorso di Giorgio Pozzo, tranne che per il punto (4): formulare una legge non può prescindere da fondamenti etici. L’esempio della tutela di chi subisce un torto s’impone per la difesa dei piú deboli: che cos’è questo se non un principio morale?
Può darsi che, coincidentalmente, il principio diventi anche morale, ma in origine, il principio stesso deve essere solo quello del danno subito.
Tant’è vero che, a parità di torto, per i più deboli il danno subito risulta essere maggiore. Non sempre, ma nella maggior parte dei casi.
L’implicazione morale quindi è solo una logica conseguenza, e non comunque universale. Se non si considerasse il solo danno, si avrebbe come conseguenza che non tutti i cittadini sarebbero uguali davanti alla legge.
Prego notare come nel caso della 194, una donna potrebbe avere un forte danno dal mancato servizio per obiezione di coscienza.
Aggiungerei che fino al 1972 per l’obiezione al servizio militare si finiva in galera. Dopo c’era l’alternativa del servizio civile, che comunque implicava un servizio alternativo obbligatorio, non scelto, e che era della stessa durata anche se in genere a causa dei ritardi nell’inizio del periodo di servizio bloccavano la persona per un paio d’anni. Oltre ovviamente a limitazioni sulle possibilità lavorative successive. Niente, quindi, di paragonabile con l’obiezione sull’aborto che non è penalizzante, anzi premiante.
@Adelchi@Roberto
Tu ammetti che il servizio militare era una “gran rottura”(licenza poetica)e che questa era la vera motivazione nella maggioranza dei casi.
Non mi sembra che questo sia molto coerente con le pretese “motivazioni morali”ostentate ufficialmente,non ti pare ?
E non mi risulta che esista un solo paese occidentale che abbia mai rinunciato a possedere forze armate,e che solo in tempi relativamente recenti abbia cominciato a basarsi sul volontariato e ad ammettere le donne.
Pretendere che proprio l’Italia potesse farne a meno,magari nella sua qualita di “paese fondato Resistenza”mi sembra proprio una pretesa fuori dai coppi.
E vista la situazione mondiale attuale,non mi sembra proprio che voler affrontare la violenza con “la sola arma della civilta”,come pure pretendevano pretendevano illustri
intellettuali riguardo al nazismo,sia indice di salute mentale oggi piu’di allora.
Tanto piu’ che almeno nel nostro caso (visto come sappiamo affrontare le nostre dispute interne anche piu’ insignificanti)si tratterebbe di un’arma scarica.
Personalmente ho fatto il militare per 12 mesi e ne sono uscito senza bisogno di scomodare lo psichatra,e ho conosciuto parecchi che hanno potuto fare il servizio civile senza perdere davvero granche del loro tempo,anche perche con qualche piccolo maneggio vi dedicavano solo poche ore al giorno.
E credo che non fossero certo casi isolati quanto la regola.
Quanto al pagamento delle tasse(sempre crescenti),alla soddisfazione con la quale la gente le paga,nonche’ alla “equa proporzionalita” con la quale sono ripartite,qualunque commento e’ superfluo quanto una colletta per Bill Gates ( o per il Papa).
@Roberto
Dimenticavo:
“Aggiungerei che fino al 1972 per l’obiezione al servizio militare si finiva in galera”.
Ammesso che uno ci restasse a lungo,invece di quel minimo tempo necessario per guadagnarsi notorieta a buon mercato per poi uscire grazie alla pronta appassionata
(e “disinteressata”)difesa da parte di partiti,stampa e organizzazioni di sinistra, nonche di preti e intellettuali impegnati ecc.
(Nonche’dalla decisa volonta delle nostre autorita di evitare grane ad ogni costo.)
E anche in quel caso,il fatto che qualcuno accetti realmente gravi sanzioni in nome di qualche ideale e’ una cosa da considerare “cum grano salis”,prima di concedergli ammirazione.
Altrimenti anche il fanatismo suicida,di cui non mancano certo gli esempi ,sarebbe al di sopra di ogni critica,non vi pare ?
Ok parlare del servizio di leva come termine di paragone, ko parlarne in maniera avulsa dal contesto del topic
@Giorgio Pozzo
Mi sembra che la mia obiezione sull’etica e la morale non sia stata colta nel modo che speravo. Si tratta comunque di riflessioni fortemente legate al tempo, al luogo e alle genti, e su cui in Occidente si son affrontati dibattiti ormai ultramillenari. Continuo però a sostenere che nessuna legge può esser formulata senza una ragione etica — qualunque essa sia — che dunque ne sta a fondamento (a meno che non si consideri che le leggi nascano per caso e solo poi se ne ricavi una morale!). Non m’inoltro di piú su concetti difficili da gestire in un qualsiasi (we)blog.
Trovo il paragone tra obiezione di coscienza sul servizio militare e sull’aborto sostanzialmente infondato per le ragioni presentate da Giorgio e Roberto. Ricordo che tuttora l’obiezione all’uso all’uso di armi non permette l’accesso alle carriere della polizia, anche per ruoli che non lo prevedono, come quello di direttore tecnico ingegnere della polizia di stato o di biologo della polizia scientifica (basta andarsi a leggere i bandi). Quindi di che stiamo parlando? Viceversa l’obiezione all’aborto non solo non limita l’accesso alla professione, ma anzi pare il contrario.
Le solite leggi all’italiana maniera ispirate alle contraddizioni religiose: ogni donna ha diritto ad abortire, ma ogni medico ha diritto di obiettare. Siamo all’impasse.
Mi ricorda la teoria per cui Dio aiuta ogni leone a mangiare una gazzella, salvo però aiutare ogni gazzella a scappare dai leoni…
A me invece ricorda il millenario principio italico della “Botte piena e della moglie ubriaca”.
Una proposta di noi siamo chiesa sull’obiezione:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/come-fare-funzionare-la-194-una-proposta-cristiana/
Notizia interessante. Non so quale dei due bandi sia stato emesso prima.
http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2017/02/24/-rovigobando-biologhe-non-obiettrici-per-procreazione-_0d65de7a-736c-4a95-a492-7a5671165548.html
Lasciando perdere il discorso sul servizio militare di leva, per fortuna non più attuale nel nostro paese, sarebbe da chiedersi perchè mai la questione dell’obiezione di coscienza sia posta sempre e solo in relazione a quelli che i cattolici chiamano “temi eticamente sensibili”, come se non si presentassero quotidianamente alle persone tanti altri conflitti tra le proprie convinzioni e le leggi o, anche più spesso, tra le proprie convinzioni e le pressioni alle quali sono sottoposte. Nel caso specifico dei medici allora i veri obiettori potrebbero risultare quelli che gli aborti li praticano e non quelli che si rifiutano di praticarli. Ma ci sono tanti altri obiettori di coscienza che non salgono mai all’onore delle cronache, qualche esempio: i giovani che cercano di farsi valere nel mondo del lavoro per i propri meriti e non per le proprie aderenze sociali, gli impiegati e gli operai che lavorano con serietà, ma si astengono dalla servile adulazione dei capi e dei padroni, i docenti che non si piegano all’ipocrisia del “didatticamente corretto”. Tutti costoro in un modo o in un altro sono penalizzati nella nostra società, nel migliore dei casi con la solitudine e l’emarginazione, spesso anche con danni concreti nella carriera. Altro che i medici obiettori!