«È una notizia di cui non possiamo che essere contenti e di cui siamo anche molto fieri poiché è frutto di una nostra campagna. Ora speriamo che anche altri Comuni seguano l’esempio di Imola così da liberare milioni di euro da destinare a scuole, nidi, parchi e centri civici di proprietà pubblica».
Il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti (Uaar), Roberto Grendene, commenta così la notizia che il comune di Imola – con la delibera 121 del 17 settembre scorso – ha azzerato gli oneri per il culto, ossia quella tassa di religione comunale introdotta dalla legge n. 10/1977, cd. “legge Bucalossi” (confluita nel testo unico emanato con Dpr n. 380/2001), in base alla quale i comuni possono (ma non sono obbligati) destinare all’edilizia di culto una parte degli oneri di urbanizzazione secondaria raccolti annualmente.
«Su ogni ristrutturazione, costruzione, variazione edilizia paghiamo al nostro comune gli oneri di urbanizzazione», spiega Roberto Vuilleumier, responsabile della Campagna Oneri dell’Uaar e delegato dell’associazione presso il comune di Imola. «È una imposta destinata al patrimonio pubblico, per opere quali asili nido, scuole, impianti sportivi, aree verdi, strutture culturali e sanitarie. Con un’unica eccezione di stampo clericale: può essere destinata infatti anche a “chiese e altri edifici religiosi”. La nostra associazione – prosegue – ha stimato in oltre 94 milioni di euro il danno erariale a livello nazionale causato da questi contributi (come documentato in una delle tante voci dell’inchiesta I costi della Chiesa): a mo’ di esempio si pensi che se l’azzeramento fosse stato fatto 20 anni fa, il comune di Imola avrebbe avuto almeno 2 milioni di euro in più nelle proprie casse da investire in opere pubbliche a beneficio di tutti i cittadini».
«L’esempio di Imola – fa eco Grendene – dimostra che si può fare, che è solo una scelta degli amministratori pubblici beneficiare le confessioni di finanziamenti che potrebbero invece essere indirizzati a vantaggio di tutti i cittadini. Noi speriamo che altri comuni seguano questo esempio. Ma soprattutto speriamo che il Parlamento si attivi in questo senso. È curioso che queste forme di clericalismo istituzionale resistano, anche in presenza del calo della pratica religiosa e in periodo di tagli alle spese di funzionamento della Repubblica. Nel 2017 qualcosa era sembrato muoversi: era stato infatti presentato un emendamento al decreto fiscale a firma degli onorevoli Mara Mucci e Ivan Catalano (Gruppo Misto), che chiedeva di sopprimere le parole “chiese ed altri edifici religiosi” dalle destinazioni previste per gli oneri di urbanizzazione secondaria del Testo Unico dell’Edilizia. L’emendamento non passò. Basterebbe riprenderlo tale e quale».
Comunicato stampa
Speriamo che Milena Gabanelli faccia sua questa battaglia,
oltre a combattere l’uso del contante… 😛
Bisogna poi sempre sperare che una tv coraggiosa trasmetta il servizio. È comunque una constatazione che la stragrande maggioranza dei giornalisti italiani è asservita ai vescovi e al Vaticano, oppure è così condizionata culturalmente da non pensarci neanche a mettere in discussione i privilegi del clero. Giornalisti/e che dicono “il nostro papa” (e non gente di destra) o che ripetono quasi estasiati le sue parole, sono forse più colpevoli dei politici baciapile.
Complimenti al comune di Imola per il coraggio dimostrato.
È sempre sospetto quando una categoria mostra tendenze che non corrispondono alle medie della società: tra giornalisti e politici c’è una anomala polarizzazione sulla chiesa, sia che siano di destra sia che siano di sinistra. Gli uni e gli altri dovrebbero essere indipendenti e ‘buoni maestri’ dello stato, invece fanno a gara con il solito ritornello del ‘l’ha detto papafrancesco…”. E un bel chissenefrega non ce lo mettiamo? Paghiamo i politici come se fossero veri professionisti e questi si attaccano a quello che ha detto papafrancesco?! Il quale non si perita di sparare giudizi e anatemi su qualunque materia: ambiente, migranti, inquinamento, la sporcizia di Roma (lui, quello che non paga né tasse né acqua), pace nel mondo ecc. ecc.
Per non parlare, appunto, dello spettacolo penoso dei politici alla perenne ricerca di micraniose risorse finanziarie, senza mai accennare alla possibilità di ridurre gradualmente l’8×1000, il debito immaginario che versiamo alla Città del Male.