«Santo è il calice, santo il sangue, santo il dolore, santo l’uomo, santa la bocca… Santo è il cazzo, santo il buco del culo». E’ la scena clou dello spettacolo «Urlo» con cui Pippo Delbono ha trionfato al Festival di Avignone. Un urlo, sempre più alto ad ogni passaggio, «contro il potere, soprattutto quello ecclesiastico fortissimo oggi». Che Delbono innalzerà sabato prossimo da Catania perché arrivi a Roma in sostegno ai manifestanti di Piazza Farnese. A chi, come lui, non ha paura di parlare di sé e della propria omosessualità.
Questa manifestazione irrompe nel dibattito sulle Unioni civili ponendo l’accento sul riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e denunciando un rigurgito omofobico addirittura dentro le nostre istituzioni. Lei è d’accordo con questa impostazione?
Credo che il dibattito sulle unioni civili abbia toccato un pensiero malato proprio rispetto al tema dell’omosessualità. Quindi non mi sembra strano che si ponga l’accento sull’omofobia. Certo mi verrebbe da dire: come siamo rimasti indietro! Abbiamo costruito un modello di morale e di famiglia che nasconde tante bestialità. E una Chiesa che si è allontanata totalmente dal senso profondo del Cristianesimo. Mi piace ricordare che «evangelo» vuol dire rilevazione, quindi consacrare significa rivelare. Consacrare un rapporto omosessuale è avere il coraggio di rivelarlo soprattutto in questa società della maschera, dove il peccato non è tale finché rimane nascosto. Tutti noi da bambini abbiamo respirato nelle sacrestie una forte pulsione omosessuale: è troppo facile l’equazione «moralità uguale spiritualità». Ed è falsa. La conoscenza di sé dell’essere umano è un grande valore. Io non accetto più questa Chiesa che stabilisce ciò che è giusto o non lo è. Vedo una grande paura della sessualità.
Paura che però c’è sempre stata. Però oggi lei percepisce una qualche regressione?
Nel nostro paese ci sono sempre state due culture, quella cattolica e comunista, attraversate entrambe dall’omofobia. Il Pci amava il Pasolini delle classi sociali, ma non lo accettavano quando parlava di omosessualità mettendo in discussione un certo machismo. Addirittura in un certo periodo la Chiesa sembrava comprendere più dei comunisti un mondo che mutava. Poi per fortuna dentro la sinistra si è aperta una finestra verso l’essere umano e le sue variegate differenze, e con fatica si è cominciato ad accettare – intellettualmente, più che nella quotidianeità – la realtà di una società plurale. Oggi invece un certo cattolicesimo mi sembra essere molto più vicino all’islamismo radicale.
Ma la nostra società è molto più avanzata della politica.
Eppure per strada non si vedono mai due uomini o due donne che si baciano, e questo la dice lunga. Contemporaneamente c’è la tendenza a mettere in ogni film, in ogni pubblicità un po’ di gay, in modo da allargare il consenso. Ma è solo analisi del mercato, anche gli omosessuali consumano. Non è una vera apertura culturale.
Cosa pensa della discussa pubblicità di Dolce & Gabbana?
Penso che il loro riconoscersi in una comunità omosessuale molto snob è segno di grande chiusura. Non è che essere omosessuali significa essere persone libere. Questi personaggi mi sembrano fascisti, gente che vede il mondo dal loro salotto. Eppoi la moda – che non è arte – spesso impone chi ha avuto più fortuna o furbizia, e ha creato modelli strapagati che non hanno alcun valore reale. Questo tipo di omosessualità è un brutto segno di un impoverimento culturale: serve una rivoluzione più profonda, che vada a contaminare realmente le culture in modo trasversale, come negli anni ’70. Allora il nemico era più visibile – come la guerra in Vietnam. Oggi è fortissimo ma mascherato.
La valenza simbolica di una legge sulle Unioni civili può aiutare questa trasformazione profonda?
C’è bisogno urgente di vera libertà, quella di poter essere se stessi. La legge è un piccolissimo passo culturale per riconoscere legittimità a una forma normale d’amore. Per questo mi sta bene che si parli di più delle coppie omosessuali, che si inizi a dare loro maggiore visibilità. Rompendo pregiudizi come quello dei figli delle coppie omosessuali. Mentre ormai è chiaro che i bambini cresciuti con genitori dello stesso sesso, che è normale vedere in paesi come il Belgio, ad esempio, non subiscono alcun trauma per questo, e crescono come tutti gli altri.
Ma non basta per la rivoluzione culturale profonda che lei invoca.
No. Nella nostra società c’è un bisogno forte di trascendenza, di spiritualità; ci interroghiamo sempre più sui temi della vita e della morte. Il problema è che, mancando un approfondimento culturale vero, abbiamo delegato tutto alla Chiesa, ai religiosi. I quali, costretti nel loro ruolo, si accaniscono contro una cosa così semplice come l’amore per una persona del proprio sesso. Mentre invece spesso gli omosessuali, come le donne, forse proprio perché hanno conosciuto la condizione di sofferenza e discriminazione, hanno una spiritualità accentuata. Non a caso l’arte in un certo senso è vicina all’omosessualità, perché c’è un rapporto stretto con la gioia, la trascendenza, l’amore. Se abbiamo bisogno di cultura, non quella stereotipata dei musei o dei teatri pieni di abbonati – cultura per fare politica o per essere più religiosi, per iniziare a guardare il mondo, per cambiare, per non essere pecoroni – abbiamo bisogno di ascoltare di più gli omosessuali. Dovremmo ricominciare come negli anni ’70 a riprenderci le piazze. E baciarci nelle piazze.
In mostra a Oslo una ricerca sui comportamenti sessuali
Il bisonte? E’ il più gay tra gli animali
Un fenomeno imprevisto: l’omosessualità si manifesta in 1.500 specie. Dal tricheco bisex alle tecniche di conquista dei leoni
Molti animali sono gay: il fatto è abbastanza assodato nel mondo degli studiosi. Meno assodato è che anche autentiche icone della virilità, come i bisonti americani, siano stati sorpresi e immortalati in atteggiamenti e pose inequivocabili. I maschi sono più grossi delle femmine: possono raggiungere anche i 190 centimetri di altezza al garrese e pesano in media 750-900 chili. Lunghi studi nelle mandrie delle praterie nordamericane hanno portato a una conclusione: tra i maschi, i rapporti omosessuali sono più comuni di quelli eterosessuali. Lo studio dei comportamenti e dei costumi sessuali negli animali ha portato a conclusioni sorprendenti.
I maschi adulti dei trichechi, per esempio, sono bisex: durante la stagione degli amori si accoppiano come da copione con l’altro sesso; nel resto dell’anno si trastullano invece con esemplari più giovani. «L’omosessualità è stata ora osservata in più di 1500 specie animali e il fenomeno è stato ben descritto per 500 di esse» sostiene Peter Bockman coordinatore della mostra «Contro Natura?» inaugurata qualche giorno fa a Oslo, presso il Museo di Storia Naturale dell’Università e aperta sino al agosto 2007, la prima al mondo che affronta questo tema. «L’argomentazione che l’omosessualità non può essere accettata perché contro le leggi della natura può essere ora confutata dal punto di vista scientifico — osserva ancora Bockman —. La continuazione della specie attraverso la riproduzione non è l’unico scopo delle attività sessuali in cui sono coinvolti diversi animali, uomo compreso. Il rapporto tra animali dello stesso sesso può essere utilizzato per creare alleanze e protezione tra i partner. In situazioni in cui la specie è bisessuale, come nel caso degli scimpanzé nani, le relazioni omosessuali possono consentire quindi di consolidare i legami sociali».
Fino a qualche decina di anni fa l’omosessualità, osservata principalmente in animali addomesticati o esemplari selvatici tenuti in cattività, veniva bollata come una espressione anomala della sessualità animale (se non addirittura una patologia) e ricondotta a diverse cause scatenanti, come la presenza di individui dello stesso sesso confinati in una gabbia o in un recinto (come nel caso delle carceri umane), o carenze o eccessi di ormoni sessuali o un difetto di informazione (imprinting errato) nelle prime fasi di vita di un animale. Allevando ad esempio pulcini maschi di anatra per più di tre mesi in assenza di una presenza femminile, una volta adulti questi tendono a formare coppie dello stesso sesso. L’intensa attività di campo di biologi sta cambiando gli orizzonti, sollevando la cortina su questi comportamenti considerati «deviati» da una parte della scienza e della società e rendendo sempre più labile il confine tra omosessualità e eterosessualità. I maschi di delfini tursiopi sono, ad esempio, generalmente bisessuali, ma vivono periodi di esclusiva omosessualità. Nelle balene grigie le interazioni omosessuali sono abbastanza frequenti. Il 40% della popolazione maschile di galletti di roccia ( Rupicola rupicola), uccelli della foresta amazzonica, è coinvolta in attività omosessuali e una piccola parte di questa non si accoppia mai con delle femmine.
C’è chi, tra le coppie gay animali, ha addirittura risolto il problema della maternità. E’ il caso dei cigni neri in cui può accadere che un partner della coppia omosex si riproduca regolarmente, per appropriarsi poi dell’uovo deposto dalla partner e incubarlo poi con il compagno. I due possono, in alternativa, anche arrivare a scacciare dal nido la coppia eterosessuale, adottandone le uova; un comportamento osservato anche nei fenicotteri. Ci vuole però prudenza nel dichiarare gay un animale, in quanto un comportamento apparentemente omosessuale, può essere a volte finalizzato alla trasmissione di uno specifico messaggio. Succede tra i leoni. Un giovane maschio si avvicina a un adulto recitando la parte di una femmina in calore, un meccanismo che tipicamente serve a bloccare l’aggressività. Una bella tattica, utilizzata per non essere aggredito. Ai nostri occhi, però, quel felino è gay.
Roberto Furlani
12 dicembre 2006