In questi giorni hanno suscitato giusto scandalo e altrettanto giusta indignazione i manifesti degli integralisti no choice contro l’aborto farmacologico, con la pillola Ru486 paragonata ad un veleno e la donna che la sceglie a una Biancaneve suicida e omicida.
Indignazione che una volta tanto non ha scosso solo la società civile ma le stesse amministrazioni delle città nelle quali sono comparsi i cartelloni. Milano, Roma, Trento in ordine di apparizione hanno infatti ritirato e disaffisso prontamente una comunicazione ritenuta gravemente lesiva per il diritto all’autodeterminazione delle donne, sancito peraltro dalla legge 194 fin dal 1978.
Non Genova: la città della lanterna infatti, prima con una nota poi con una formale votazione in consiglio comunale, ha preso la via diametralmente opposta e ha anzi difeso la propaganda no choice senza se e senza ma.
“L’art. 21 della Costituzione italiana tutela il diritto di libertà di manifestazione del pensiero come ‘pietra angolare dell’ordine democratico, cardine di democrazia nell’ordinamento generale, coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione’ (così in varie pronunce si è espressa la Corte costituzionale). La censura politica è un istituto bandito dal nostro sistema giuridico e dovere dell’Amministrazione è porsi con trasparenza ed imparzialità assoluta di fronte alle diverse espressioni del pensiero”, si legge tra le altre nel comunicato ufficiale del capoluogo ligure.
Ora, senza addentrarci nelle forse noiose ma fondamentali disquisizioni giuridiche su quanto rientri nella fattispecie costituzionale lo spacciare notizie scientificamente false e lesive a loro volta di diritti fondamentali altrui, per chi come l’Uaar ha purtroppo di recente avuto a che fare proprio con l’amministrazione genovese questa dichiarazione richiama subito alla memoria una rubrica del giornale satirico Cuore che soleva accostare la faccia ad altra parte anatomica del dichiarante.
Perché l’Uaar dal comune di Genova è stata censurata eccome, e con pervicacia, tanto che, dopo una prima vittoria al Tar e una parziale soccombenza in Consiglio di Stato, è al momento pendente un ricorso da parte dell’associazione alla Corte Europea dei Diritti Umani.
E guarda caso, ma saremo noi maliziosi, la campagna che ha girato tutta Italia, tranne che sotto la lanterna, era quella di Non affidarti al caso, che invitava ad informarsi sull’adesione o meno all’obiezione di coscienza del proprio medico. Campagna talmente sovversiva da essere uscita anche su giornali notoriamente estremisti e pericolosi come Oggi o IoDonna.
Nulla quindi a nostro avviso che possa richiamare quanto invece sostenuto adesso dal comune, e cioè le uniche possibilità che avrebbe avuto per censurare i no choice, che “il messaggio trasmodi palesemente in formulazioni aggressive, volgari, di incitamento all’odio e alla violenza, lesive dell’onore e della reputazione delle persone”. Violenza che al contrario contro le donne pare sussistere eccome per le altre città dove i cartelloni contro la Ru486 sono stati rimossi.
Ma a quanto pare per Genova è più pericoloso il nostro invito ad informarsi che un’offesa a scienza e diritti. A Genova il diritto di atei e agnostici ad esprimersi, per di più pacatamente, conta meno, o non conta proprio, rispetto a quello di integralisti esaltati e subdoli. A noi l’art 21 Cost. non si applica: in nome sia ben chiaro dell’imparzialità assoluta di cui sopra.
Adele Orioli
È proprio vero & esatto: la faccia come il c…
E quando ci parli, con questa gente, sembra quasi volerla affibbiare a chi la pensa diversamente da loro, tale faccia.
Ma, chiedo, possibile che l’Europa possa & debba solo stare a guardare? Come condanna giustamente gli attacchi terroristici di matrice islamica, non può perlomeno prendere le distanze da atteggiamenti simili?
O dite che nel caso dell’Italia sarebbe sempre lì a perdere in definitiva del tempo e non ne avrebbe più per occuparsi di altro? Ma dal punto di vista degli altri stati più nordici & laici, noi credo che ricordiamo più una Turchia…