Né don Abbondio né Azzeccagarbugli: questo matrimonio s’ha da fare!

Come è cambiato il matrimonio negli ultimi decenni in Italia? Ne parla Federica Renzoni nell’ultimo numero di Nessun Dogma.

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Era il 2018 quando un report Istat ci informava che, per la prima volta in Italia, i matrimoni civili avevano superato quelli religiosi. In quell’anno infatti il 50,1% dei matrimoni è stato celebrato con rito civile, una percentuale destinata a crescere e un dato che più di ogni altra cosa sembra rappresentare il netto distacco tra le esigenze della popolazione e una tradizione sempre più lontana dai reali bisogni delle persone, retaggio di un oscuro passato in cui il matrimonio, più che un apostrofo rosa tra le parole «t’amo», era il passaggio di un bene trasferibile da padre a marito, suggellato dall’autorità religiosa di turno previa assicurazione di integrità, con destinazione d’uso procreativa.

Risale già al cinquecento la realizzazione dell’importanza da parte dello stato di sottrarre un’istituzione tanto fondamentale dall’influenza esclusiva della chiesa e prima in Olanda, poi in Inghilterra, viene istituito il matrimonio civile. Nel 1804 il codice napoleonico stabilisce che le nozze debbano essere celebrate da un ufficiale di stato per essere legittime, mentre in Italia, con l’introduzione del codice Pisanelli nel 1865, il matrimonio civile viene dichiarato l’unica forma di matrimonio legalmente valida, un’incoraggiante spinta laica poi naufragata con il concordato del 1929, che ritaglia di nuovo uno spazio legale anche al rituale religioso.

A prescindere dalle varie oscillazioni dei gradi di separazione tra stato e chiesa, dovremo comunque attendere il 1975 prima che il matrimonio civile finalmente abbandoni i connotati religioso-patriarcali come l’indissolubilità e il ruolo subalterno della moglie al marito, in favore di una concezione paritaria e razionalista. Ma molti anni ancora passeranno prima che si giunga a sdoganare i pregiudizi su divorzio, secondi matrimoni e convivenze.

Oggigiorno l’età media dei primi matrimoni è slittata progressivamente in avanti e la decisione di sposarsi arriva sempre più spesso dopo un percorso di convivenza e comunione nel contesto di libere unioni che di frequente ormai comprende anche la nascita di figli. Secondo l’Istat, infatti, le coppie di fatto in Italia sono quadruplicate e nel 2017 quasi un bambino su tre risultava nato da genitori non coniugati. Ultimo tassello in ordine di tempo ad aggiungersi a questo mosaico sociale così dinamico e variopinto, sono le coppie formate da persone dello stesso sesso e le cosiddette “unioni civili” – la cui definizione formalmente negata di matrimonio, pur essendo un costante memento dell’iniquità e dell’ignavia di uno stato senza più spina dorsale né solidi principi laici, nulla toglie alla loro dignità e rilevanza fattuale in materia. Partendo da queste premesse, non stupisce dunque che la maggioranza delle coppie si orienti verso una più moderna forma di unione per celebrare degnamente quel percorso unico e speciale che li ha resi una famiglia.

Indipendentemente da età, sesso e stato civile, che sia una scelta consapevole per distaccarsi da una tradizione in cui non ci si riconosce o che ci si arrivi un po’ per caso, tutte queste coppie hanno una cosa in comune, la volontà di affermare legalmente e moralmente la loro esistenza, perfino quando essa non riflette più il modello di famiglia stabilito dalla pubblicità dei biscotti. Ma le istituzioni saranno all’altezza?

Come spesso accade in Italia, il panorama nazionale è troppo frammentato per poter dare una risposta univoca. Sebbene infatti la burocrazia sia la stessa in tutto il paese, il risultato può cambiare molto da comune a comune, perfino all’interno della stessa regione.

Scordatevi ad esempio di sposarvi sabato pomeriggio a Milano, mentre potrete farlo nelle case comunali di Roma, al ritmo di una cerimonia ogni mezz’ora. Se le cerimonie religiose vengono spesso associate all’idea di riti interminabili, bambini che piangono e preti che sbagliano nomi o fanno battute imbarazzanti, soprattutto nelle grandi città, la concezione più comune delle cerimonie civili è quella di una “catena di montaggio” con poco tempo e davvero poco spazio per la personalizzazione. Eppure leggendo le esperienze che i novelli sposi di tutta Italia condividono su social, forum e blog online, è facile rendersi conto di quanto siano variabili le finestre di opportunità in questo senso: da cerimonie di venti minuti, rapide e indolori come togliersi un cerotto, alla possibilità di scambiarsi promesse, di leggere poesie, fino all’inserimento nella cerimonia addirittura di brevi riti simbolici.

Anche per quanto riguarda il dove le possibilità sono le più disparate: edifici storici, semplici locali comunali, giardini all’aperto e ville antiche, ognuna con il suo prezzo e i suoi orari. Secondo la legge, il matrimonio deve celebrarsi (tranne per casi di infermità o gravi impedimenti) all’interno delle sale comunali o delle location appartenenti al comune adibite allo scopo, tuttavia una recente interpretazione della normativa ha concesso ai comuni la possibilità di nominare casa comunale anche location esterne che ne presentino i requisiti, attraverso il rilascio di speciali licenze. Persi in questa giungla di possibilità, chi desidera convolare a nozze non può fare altro che affidarsi ai professionisti del settore che a loro volta hanno il loro bel da fare per districarsi tra bandi e regolamenti, perché come spesso accade, non è tutto oro quello che luccica.

«Al momento solo alcune location possono celebrare un rito autentico in loco grazie a licenze ottenute e tacitamente rinnovate in modi poco chiari a causa dell’assenza di bandi e regolamenti specifici, creando ovviamente disparità sul mercato e complicando la vita sia ai gestori che agli sposi», ci spiega Emanuela Reali Mattioli, event manager della capitale che in anni di esperienza nel campo dell’organizzazione eventi, dell’arte di rendere facili le cose difficili ha fatto il suo motto. «Le richieste di celebrare il rito nello stesso luogo del ricevimento negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente. Gli sposi sono sempre più alla ricerca di soluzioni che li rappresentino davvero e che siano comode per i loro invitati, idealmente senza grandi spostamenti, in giorni ed orari pratici per tutti. In molti comuni però, sono gli ufficiali stessi a manifestare disappunto rispetto ai riti civili nelle location, perché non vogliono dover lavorare di sabato e domenica, oltretutto in trasferta, senza rimborsi che giudichino adeguati. Quindi per evitare malcontenti, invece di potenziare e migliorare i servizi legati al matrimonio civile, si preferisce glissare senza rendersi conto delle potenzialità di un business che invece potrebbe portare notevoli guadagni nelle casse dei comuni».

Emanuela, che proprio un paio di anni fa ha curato l’apertura di una splendida location immersa nel verde sulle colline dei castelli romani, può farcene un esempio pratico: «A giugno del 2018, due mesi prima dell’inaugurazione, mi sono recata al nostro comune di riferimento per avere informazioni circa il bando per diventare casa comunale: mi è stato detto che sarebbe uscito a settembre di quell’anno, ma da allora il bando non è stato ancora pubblicato nonostante diversi solleciti, quindi non siamo autorizzati a celebrare un rito autentico, con relativa perdita di tutti quei matrimoni che non vogliono replicare in villa con un rito simbolico».

Quello del rito simbolico è un fenomeno che cresce di pari passo con la mancanza di flessibilità nell’offerta dei servizi comunali. Alcuni sposi scelgono di inscenare un rito che imiti la cerimonia civile quando non è possibile svolgere quella ufficiale in un luogo e un momento adatti alle loro esigenze. Altri invece, in una proporzione sempre più consistente, non sentendosi rappresentati dalla cerimonia istituzionale quanto da quella religiosa, optano per una cerimonia umanista come prima scelta.

«Per molto tempo la cerimonia laica è stata considerata di serie b» racconta la dottoressa Rosanna Lavagna, celebrante laica professionista con decine e decine di matrimoni alle spalle. «Molte coppie optavano per il matrimonio in chiesa pur essendo non credenti, solo per una valutazione di tipo estetico-coreografico, anche se a mio parere la cerimonia religiosa non è affatto meno ripetitiva e stereotipata di una cerimonia civile, al contrario. Quello che a mio parere ancora manca è una buona informazione su cosa possa essere una cerimonia laica: più volte mi è capitato di notare all’inizio delle mie celebrazioni una sorta di scetticismo e di incredulità da parte di molti presenti che, invece, al termine hanno manifestato ammirazione e stupore per aver scoperto una realtà a loro sconosciuta. Oggi le cose stanno cambiando e si percepisce un sentire completamente diverso».

Le cose stanno effettivamente cambiando e sono proprio la natura e il percorso di questo cambiamento, di questo sentire diverso, a fornirci il dato più interessante qui, in quanto rappresentazione perfetta di come l’evoluzione naturale della società trovi la strada anche là dove le istituzioni sono troppo deboli per farsi promotrici del cambiamento.

Non si è trattato di una rivoluzione, non sono stati governi illuminati né movimenti intellettuali a sfondare realmente la barriera del pregiudizio: sono state persone normali, come Fernanda ed Enrico, che negli anni cinquanta hanno scelto di creare una famiglia fondata sull’amore anche se lui era stato già sposato e che dopo vent’anni, cinque figli e una serie infinita di difficoltà, hanno celebrato la loro unione quando finalmente la legalizzazione del divorzio gliel’ha permesso. È stata Morena che, dopo aver mandato al diavolo il sobrio e dimesso tailleur suggeritole dal galateo per il suo secondo matrimonio, si è comprata il vestito dei suoi sogni ed ha raggiunto il suo futuro sposo sfoggiando uno strascico meravigliosamente inappropriato. Sono stati tutti i paggetti e le damigelle che hanno orgogliosamente portato fedi e sparso petali al matrimonio dei loro genitori. Sono stati Stefano e Francesco che anche dopo l’ennesimo tradimento di uno stato che li ha sempre trattati come cittadini di seconda classe, a testa alta, mano nella mano, hanno mostrato a tutti il vero significato di matrimonio, con un’unione che trascende burocrazia, politica e ipocrisia.

Federica Renzoni


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La redazione

17 commenti

laverdure

Ricordate quando “temporibus illis” i magistrati (laici,perlomeno in teoria)riconobbero ad un ecclesiastico il diritto di accusare pubblicamente ,durante la messa,una coppia sposatasi civilmente di essere “pubblici peccatori,con nome e cognome ?
Ora penso che se i suoi successori pensassero di imitarlo,citando tutti i matrimoni civili avvenuti nella zona,l’interminabile lagna che ne risulterebbe scoraggerebbe molti fedeli dal frquentare la messa stessa.

RobertoV

Qualche anno fa quando morì il vescovo in questione vi fu una discussione su Avvenire e venne anche pubblicato un libro. La cosa incredibile era che giustificavano il comportamento di allora e lo ritenevano corretto perchè erano dei battezzati, ma aggiungevano che oggi non si comporterebbero più così perchè non verrebbero compresi dai loro fedeli, sono cambiati i tempi. Nessun pentimento ed alla faccia della tolleranza e libertà tanto sbandierata. Non hanno cambiato la mentalità, ma sono solo degli opportunisti.

mafalda

E hanno ragione! Questo è il cattolicesimo, i dogmi religiosi non si possono cambiare a piacimento del gregge. Le religioni non sono tolleranti, non concedono libertà: questo dev’essere chiaro ai cosiddetti fedeli. Troppo facile dare la colpa al prete quando non accetta lo sgarro alla regola.

laverdure

“Troppo facile dare la colpa al prete quando non accetta lo sgarro alla regola.”
Cara Mafalda,mi sembra che suoni un po’ come dire :”Troppo facile dare la colpa al militare che “ha eseguito (come dice lui stesso) degli ordini”.
Eppure,dopo Norimberga,mi sembra che questa regola trovi ben poche obiezioni.
Naturalmente c’e’ qualche differenza : ad esempio non credo che quel vescovo rischiasse la fucilazione se fosse stato un po’ piu’ elastico nell’interpretare le regole.

Diocleziano

Quello che ha sbagliato è il giudice: doveva tenere conto solo delle leggi dello stato.

mafalda

Caro laverdure, stiamo parlando di due cose ben diverse. Le religioni (almeno le 3 monoteiste)sono sistemi a sé stanti, non seguono i principi etici, non riconoscono nemmeno i diritti dall’uomo conquistati con secoli di dolore e di martiri. Hanno un catechismo aberrante, il libro a cui si ispirano è aberrante. Ora, il gregge deve scegliere: vuoi andare a messa, essere considerato cattolico ma non sposarti in chiesa? Sei fuori, mio caro. So che è difficile, so che è più semplice dare la colpa al prete, ma prima di cambiare gli altri devi cambiare te stesso. Guarda gli ebeti che vanno a lamentarsi dal papa perché il figlio è stato violentato dal parroco, non sono ridicoli? Forse è ignoranza o condizionamento? No, è voler stare col piede in due scarpe. Lascia perdere i militari, quelli devono rispondere a norme etiche, non moralistiche.

mafalda

Non si spiega come mai queste coppie moderne si affrettino poi a battezzare, comunicare, cresimare i loro figli, oltre naturalmente a iscriverli a dottrina e all’ora di r.c. a scuola. Il numero dei bambini sottoposti a queste pratiche malsane è sempre molto alto, ed è strano considerando che magari i loro genitori a sposarsi in chiesa hanno rinunciato. Ma si sa, quello che conta in un matrimonio è la location. A questo punto, peccato che la prima comunione non si possa fare in un bel ristorante con parco annesso, e col sindaco o chi per esso naturalmente.

Maurizio

La triste ma cruda verità è che l’italiano generico medio è un cattolico fai-da-te che non ha mai letto una pagina della bibbia, non ha idea della differenza tra battesimo comunione e cresima, conosce a stento due preghiere ma non sa esattamente cosa dicano, non sa che Lourdes si pronuncia senza la “s”, quando l’autoradio si sintonizza su Radio Maria bestemmia, così come quando la Juve segna in fuorigioco. E però poi si sente in colpa se non battezza il figlio, oppurr se non gli fa frequentare l’ora di religione. E si altera se qualcuno prova a mettere in discussione quell’inutile lì sulla parete.
Insomma, non è proprio credente: è solo mentalmente pigro. Troppo pigro per distaccarsi da un retaggio culturale che in realtà non conosce, non capisce, non gli interessa.

Diocleziano

Più che pigro è vittima di condizionamento; tutto sommato – inconsciamente –
si rende conto di non aver chiesto quella zavorra mentale.
Però continua – inconsciamente – a credersi cattolico.

iguanarosa

Per me si spiega benissimo. Il bene e i desideri dei figli vengono prima di ideologie personali dei genitori. Almeno i genitori amorevoli che insegnano la tolleranza per le idee altrui. Mia figlia non era battezzata. Ma poi volendo fare la comunione con tutte le amichette abbiamo provveduto a tutto quanto necessario. Si fa questo e altro per fare contenti i figli. Poi da adolescente ha capito perfettamente la situazione e vorrà sbattezzarsi in un prossimo futuro, di sua volontà.

mafalda

iguanarosa
No, non si spiega. L’amore dei figli e la tolleranza, come la chiami tu, sono una scusa. Di fatto, per accontentare un bambino hai accettato cose che ripugnano la tua etica, o sbaglio? Non hai fatto il corso per genitori prima della comunione? Come hai spiegato il tuo comportamento incoerente a tua figlia? Per come la vedo io, ai bambini non si propinano insegnamenti e riti religiosi, sceglieranno da adulti cosa fare, non il contrario.

iguanarosa

Non ho fatto nessun corso, ci mancherebbe. E’ una situazione che capita di continuo ai parroci. anche figli di Arabi, sempre per fare contenti i figli. Il corso se lo beccano i bambini che vogliono battezzarsi. E neanche per la comunione. Si spiega tutto prima di cominciare. Preti e suore sono flessibili, quando serve.
Io non ho “ripugnato” niente. Già bisogna costringere i figli per le cose importanti, le stupidaggini come i sacramenti, sono liberi anche per i bambini. Se si vietassero queste cose, si darebbe un dispiacere al proprio figlio, proprio per niente.

Maurizio

No no, è proprio pigro. Posso credere che sia condizionato il cammelliere musulmano sudanese. Ma un italiano generico medio con accesso illimitato a ogni fonte di informazione si rende benissimo conto delle idiozie rappresentate dal fattucchiere in palandrana che recita filastrocche di fronte ad un dischetto di pane e un bicchiere di buon vino. Ma se provi ad affermare che in defininitiva lui è che un ateo, si irrigidisce, punta i tacchi, dlisattiva le sinapsi e si rifiuta di concludere che tutto sommato la sua fede non esiste. È una piccola fatica mentale, poverino. Va capito.

mafalda

Io invece non sono più disposta a capire questa gente che si comporta da vittima quando gli tocchi la sua falsa fede e le sue superstizioni. Sanno benissimo che la r.c. a scuola è opzionale, ma gliela fanno fare lostesso ai poveri figli. Sanno che il crocefisso dà fastidio a scuola, ma si scandalizzano se lo togli. Sanno che sarebbe meglio chiudere le chiese col covid, ma nessuno alza un dito. Prova invece a minacciare una futura sposina che non potrà scegliere l’addobbo per la chiesa e il vestito del matrimonio perchè il prete vuole una cerimonia semplice! E sono specialmente le femmine, scusate se sono ripetitiva, che tengono alle tradizioni ( vere vestali delle superstizioni) e che decidono spesso dell’educazione religiosa dei figli. E per essere tolleranti, a questi atei nascosti non gli si può dire niente perchè si offendono o perchè li fai soffrire? Non è la tolleranza come l’intendo io.

Maurizio

Hai perfettamente ragione, concordo su tutto. Naturalmente volevo essere sarcastico dicendo che il povero finto credente va capito.

RobertoV

In varie nazioni cattoliche viene celebrato prima il matrimonio civile in comune, l’unico valido e poi chi vuole celebra in chiesa quello religioso che non ha validità per lo stato. E questo vale per tutte le confessioni religiose.
Invece in Italia si è fatto il pasticcio del matrimonio ibrido concordatario in cui un prete diventa funzionario dello stato e celebra un matrimonio in chiesa che ha anche effetti civili. La solita commistione tra stato e chiesa.
Questo poteva avere un senso finchè la religione cattolica era religione di stato, in cui un membro del clero era di fatto un rappresentante dello stato, ma oggi, anche se è stato esteso ad altre religioni riconosciute, non ha più seno
Sono convinto che se venisse fatto in questo modo il numero di matrimoni religiosi crollerebbe e vedremmo quanto sono veramente credenti questi che si sposano in chiesa.

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