USA: un database per il confronto di fiction e realtà sul tema dell’aborto

Quanto è presente il tema dell’aborto nella cultura americana? A guardare le cose dall’Europa, sembra che tutto ruoti intorno alle campagne della destra no-choice. Questo anche perché la percezione che abbiamo di quanto accade negli Stati Uniti è mediata dai notiziari (che si concentrano su episodi di cronaca) e da forme popolari di comunicazione di massa quali film e serie TV.

Anche negli Stati Uniti, però, la percezione di come stiano le cose veramente è falsata dal modo in cui il tema è trattato nelle opere di fiction. Per poterne parlare in maniera scientifica, il gruppo di lavoro ANSIRH dell’Università di California San Francisco ha strutturato un database con il censimento completo dei personaggi e delle scene di film e telefilm (accessibili al pubblico statunitense) che hanno a che fare con l’interruzione volontaria di gravidanza dai film muti del 1916 alle serie tv di oggi.

Dall’analisi dei dati emergono diversi spunti di riflessione se si fa una comparazione tra la fiction e la realtà:

  • vi è una drammatica sovrarappresentazione della mortalità da aborto rispetto alla realtà
  • le procedure mediche (esempio la rianimazione cardiopolmonare) appaiono normalmente più sicure in TV di quanto lo siano in realtà, mentre per le IVG appaiono più rischiose in TV di quanto lo siano in realtà
  • nell’ultimo decennio, il 9% dei personaggi femminili di fiction ha deciso di partorire e lasciare il figlio in adozione, mentre nella realtà questa decisione viene presa solo dall’1%
  • solo il 15% delle donne delle fiction che decide di abortire ha altri figli, quando nella realtà è il 61%
  • il motivo principale che spinge all’aborto è l’interferenza della maternità con le possibilità per il futuro (47%), mentre nella realtà questa preoccupazione è alla base solo del 20% delle decisioni (pesano di più le difficoltà finanziarie)

Infografica da www.ansirh.org

Kate Cohen, in un articolo sul Washington Post, ha recentemente sostenuto che l’aborto è stato praticato, nel periodo di vita fertile, da una donna su quattro (e quasi sempre, anche a distanza di anni, le donne che lo hanno fatto sono felici e sollevate di avere fatto quella scelta, ndr), mentre in film e telefilm le storie narrate sono quasi sempre di donne che, in conseguenza di una gravidanza non desiderata, decidono di portarla a termine.

Vi è inoltre da dire, come ricorda la ricercatrice Steph Herold, che l’accesso alla pratica abortiva è molto difficile e costellato di difficoltà, soprattutto per le donne di colore, fatto questo quasi mai mostrato nelle opere di fiction.

Nel database è possibile fare ricerche relative all’aborto farmacologico, argomento che qui in Italia vede impegnata l’Uaar con una campagna proprio in queste settimane, volta a sottolinearne la sicurezza (non a caso, è una conquista da difendere). Nel database di ANSIRH si possono fare ricerche utilizzando la parola chiave “medical abortion” filtrando i risultati in base all’esito: le opere di fiction in cui l’aborto farmacologico ha avuto un esito positivo in termine di salute della donna sono solo tre su quarantotto, mentre quelle dove vi è un esito negativo sono 18 (in 3 vi è addirittura la morte, in 2 le conseguenze sono solo di tipo psicologico). Gran parte degli aborti rappresentati nelle opere di fiction, poi, sono di tipo chirurgico, con una sottorappresentazione di quello farmacologico, che negli USA è praticato in un terzo dei casi.

Infine, anche nelle opere di fiction capita di imbattersi nella confusione tra aborto farmacologico e contraccezione di emergenza (la cosiddetta “pillola del giorno dopo”): esemplare a questo proposito il caso dell’episodio “Arkangel” della serie TV “Black Mirror”.

Il lavoro dell’ANSIRH dell’Università di California San Francisco ci colpisce particolarmente per la differenza con l’Italia. Ci sarebbe infatti piaciuto provare a confrontare i dati italiani con quelli americani. Ma non esiste, almeno che noi si sappia, un simile gruppo di lavoro universitario. Inutile dire che saremmo davvero felici di essere smentiti.

I pionieristici studi statunitensi che possono interessare noi italiani non finiscono qui. In un articolo del 2019 sono stati presi in esame cinque generi filmici e televisivi (dramma, soap opera, science fiction, commedia, horror) ed è stata condotta un’analisi di come i vari generi abbiano affrontato l’aborto. È stato rilevato un aumento del numero di film ed episodi di serie tv della categoria commedia che includono storie di aborto. Dall’analisi emergono spunti interessanti e interrogativi che da noi suonerebbero quasi blasfemi: gli aborti possono essere divertenti? L’utilità di queste ricerche sta anche nel fatto che aiutano a comprendere ma anche a superare concezioni stereotipate e stigmatizzazioni sull’aborto: lo humor può essere un antidoto a imposizioni imperanti e pervasive. L’emancipazione femminile e il progresso culturale, come era stato sostenuto su Wired da Rosa Maiuccaro quattro anni fa, passano anche da qui.

Per ora, in Italia dovremo accontentarci dei manifesti della nostra campagna che sta girando l’Italia, dove campeggiano lo sguardo sereno e le parole di Alice, per decostruire il mito dell’aborto come scelta per forza drammatica e sofferta.

Cinzia Visciano e Loris Tissino

 

 

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