Israele, il governo Bennett al lavoro per dare lavoro agli haredim?

In Israele, dopo la lunga era di Benjamin Netanyahu, il nuovo governo di coalizione guidato da Naftali Bennett potrebbe – forse – affrontare uno dei nodi cruciali del paese: l’integrazione degli ebrei ultra-ortodossi (haredim) nel mondo del lavoro. E nella società.

L’attuale esecutivo, i cui esponenti di punta sono nazionalisti vicini alla visione “moderna” dell’ebraismo ortodosso, vorrebbe incentivare l’assunzione di haredim. Ma non è semplice, a causa di particolari condizioni sociali e culturali favorite da un approccio multiculturalista. Queste comunità vivono in uno stato di auto-segregazione e ostentano una generale antipatia verso norme che ritengono in contrasto con i dettami religiosi, come è emerso con evidenza durante l’epidemia di coronavirus. Non solo: si pensi allo strutturale sessismo e alle discriminazioni che colpiscono in particolare le donne. D’altro canto, sono oggetto di diffusi pregiudizi e fronteggiano l’emarginazione. Gli haredim si dedicano principalmente al culto e alla lettura dei testi sacri e sono scarsamente scolarizzati in senso “moderno”. Tra di essi il tasso di disoccupazione era molto alto, sebbene in calo negli ultimi anni: solo la metà degli uomini adulti lavora, mentre le donne che hanno un impiego sono circa 3 su 4. Oltre a ricevere pensioni sociali godono di una serie di privilegi ed esenzioni legati al credo: ad esempio, per decenni non erano obbligati a prestare servizio militare.

È una comunità che tra l’altro ha un elevato tasso di natalità, complici familismo, matrimoni precoci e combinati e stretta osservanza dei precetti religiosi. Un mondo nascosto di cui molti oggi hanno intravisto solo qualche scorcio con le serie tv, più drammatico con Unorthodox e più empatico con Shtisel. Se attualmente in Israele ammonta a circa al 12% della popolazione, le proiezioni per il 2065 la stimano intorno al 32%. In pratica tra una cinquantina d’anni un terzo della popolazione israeliana potrebbe essere composta da fondamentalisti religiosi, molti dei quali disoccupati, sotto-occupati o con formazione arretrata. Cosa che, se non si pone rimedio, potrebbe non solo favorire una regressione integralista della società ma anche gravare in maniera pesantissima sullo stato sociale e sull’economia. Lo riconoscono ormai la Banca centrale d’Israele e varie istituzioni.

Il nodo è chiaramente anche politico. Già il nazionalista Benjamin Netanyahu ha avuto il sostegno dei partiti ultra-ortodossi a patto di non sconvolgere troppo i privilegi di cui godono gli haredim. Ora, il nuovo governo di larghe intese dovrebbe comprendere delle sensibilità più laiche, dato che non ha il sostegno diretto dei partiti di riferimento degli haredim. Il ministro delle Finanze Avigdor Liberman ha detto senza mezzi termini che gli haredim dovrebbero «guadagnarsi ciò che serve a una vita dignitosa che non sia basata su concessioni e sussidi».

Una misura al vaglio, annunciata proprio da Liberman, vuole garantire la copertura statale dell’asilo nido solo se entrambi i genitori lavorano almeno part-time, così da incentivare gli ultra-ortodossi – soprattutto uomini – a trovarsi un impiego. Ma sussistono oggettivi problemi di integrazione nel mercato del lavoro: la maggior parte degli haredim non può aspirare a buone posizioni e a stipendi dignitosi, non avendo una formazione adeguata specie nei settori scientifici e tecnologici. Le misure potrebbero avere un imprevisto effetto negativo, spingendo invece le donne ad abbandonare gli impieghi per far spazio agli uomini o per occuparsi dei figli. Un’ipotesi è dare incentivi monetari e garantire formazione tali da compensare le prebende ricevute come eterni “studenti” della Torah.

Questo nuovo approccio decisionista che vorrebbe allentare le pretese confessionaliste degli haredim non va giù però ai partiti religiosi come Shas e Giudaismo Unito nella Torah. Gli ultra-ortodossi della Knesset, ora all’opposizione, non mancano di usare toni pesanti contro il governo. Liberman, per le sue riforme sul lavoro rivolte agli ultra-ortodossi, è stato definito «malvagio» da Moshe Gafni, leader di Giudaismo Unito nella Torah. Sempre Gafni si è scagliato contro una riforma nel settore delle certificazioni kosher proposta dal ministro per gli Affari religiosi Matan Kahana. Questi si è beccato in aula l’epiteto di «Antioco» – il nome del sovrano seleucide che con la sua politica anti-giudaica scatenò la rivolta dei maccabei viene usato infatti come insulto dai bigotti israeliani: e stiamo parlando di un ebreo ortodosso moderno della coalizione di destra Yamina, capeggiata dall’attuale premier, non di un pericoloso e impenitente “mangiarabbini”.

Ma i malumori non si percepiscono solo tra gli ultra-ortodossi. Perplessità potrebbero arrivare anche da parte laica, visto l’occhio di riguardo – e l’impiego di ulteriori fondi – del governo per favorire una categoria malvista e considerata parassitaria. Non va sottovalutato infatti che incentivare un gruppo chiuso e riconoscibile come gli haredim a entrare in certi settori potrebbe spingerli a egemonizzarli. Se da una parte farli uscire dall’arretratezza e dalla povertà è un obiettivo da perseguire e può portare a un beneficio collettivo, dall’altra potrebbero emergere problemi relativi alla loro integrazione sociale e alla tenuta di quel poco di “laicità” che sopravvive a stento in Israele. Rimaniamo però sui discorsi ipotetici: il traballante governo Bennett potrebbe aver bisogno proprio dell’appoggio parlamentare dei partiti ultra-ortodossi, stemperando quindi la pressione sugli haredim.

Valentino Salvatore

 

Archiviato in: Generale

12 commenti

Diocleziano

«…stemperando quindi la pressione sugli haredim…»

Sì, ma resta sempre quella cupa previsione di 1/3 della popolazione di bamboccioni.
Comunque, che se ne parli è già un progresso.
Quasi come se qui in Italia si cominciasse a mettere in discussione il concordato.

laverdure

La diaspora nei secoli ha provocato alle comunita ebraiche disagi di ogni genere,per
non dire vere tragedie,vedi ad es i pogrom dell’Europa orientale,tragedie che culminarono nell’olocausto nazista.
Ma ha avuto un importante effetto positivo,quello di conferire alla cultura ebraica ,per necessita di sopravvivenza,un’elasticita e una capacita di adattamento che
mancano a quella islamica.
Se ha potuto produrre un gran numero di elementi di valore in ogni campo delle arti e scienze e’ perche’ tali individui hanno potuto mettere a frutto le loro qualita senza essere ostacolati da dogmi religiosi che invece costituiscono un handicap invalicabile per molti individui di pari talento cresciuti nel mondo islamico.
Basti pensare ai pregiudizi cui sono soggette le donne.
Lo Stato di Israele,sebbene gli ortodossi costituiscano una massa numerosa e anche influente,e’ comunque uno stato moderno,dove le donne e persino gli omosessuali possono ad esempio ambire a posti importanti perfino nell’esercito,
che ovviamente e’ un’istituzione di importanza vitale per il paese.
E non credo proprio che vi sia il rischio di una “teocratizzazione” del paese come e’ avvenuto ad es in Iran.

pendesini alessandro

Lo Stato d’Israele sviluppa senza interruzione le sue tecniche, normalmente, in ogni possibile campo della conoscenza, quindi della tecnologia, è persino avanzato in alcune branche della ricerca, particolarmente quella della fisica nucleare. Che possiamo considerare come Stato democratico.

Purtroppo, allo stesso tempo, gli ebrei ultra-ortodossi (che considero come fondamentalisti fanatici), lugubremente vestiti e con cappello nero, occupano sempre di più interi quartieri di Gerusalemme, immersi nella lettura incessante della Torah, vietando ai loro figli un qualsiasi altro tipo di studio, separando le donne dagli uomini nei trasporti pubblici….
Nel Deuteronomio il dio degli ebrei è particolarmente severo nei confronti di coloro che avrebbero scelto di adorare altri dei. Severo come Allah nel Corano. « Anche se sono la tua famiglia, anche se sono il tuo sangue, anche se sono i tuoi figli, devi ucciderli ». È scritto. E alcuni estremisti israeliani già da tempo e ancora oggi rivendicano queste parole….
Queste persone, che si considerano da sempre il « Popolo eletto » per eccellenza, fanatiche, pazze di dio, estremamente ignoranti, potrebbero avverarsi in un futuro prossimo molto pericolose e disposte a qualsiasi strategia pur di «recuperare, costi che costi, la Giudea e la Samaria », e questo malgrado sia considerata un territorio occupato dall’ONU e dalla Corte internazionale di giustizia ; fondamento religioso dell’obbiettivo sionista, che non puo’ –o non deve essere ignorato !… Una bomba a ritardamento ?

laverdure

I “Territori occupati” in realta costituiscono una necessita per Israele,per il semplice fatto che senza di essi i confini diventerebbero indifendibili.
Farne a meno in cambio di “promesse di pace”,buone come il documento che Hitler a Monaco rifilo’ a Chamberlain,sarebbe solo un suicidio.
Non dimentichiamo che invece restituirono la penisola del Sinai all’Egitto.
I fanatismi religiosi su quel problema non c’entrano.

Mixtec

Caro laverdure,
il Sinai non faceva, e non fa, parte della “TerraPromessa,” Giudea e Samaria invece sì, eccome: la Giudea, come dice in nome stesso, è la terra dei Giudei, cioè della tribù di Giuda in particolare (e di Beniamino, Simeone e una parte di Levi); Samaria è la terra delle restanti tribù di Israele (ed infatti era sede del Regno d’Israele, distrutto da Sargon e dai suoi Assiri, cattivoni che sono stati puniti nei secoli successivi, fino al recente Saddam Hussein). La Giordania deve ringraziare che Israele non rivendica la parte ad oriente del Giordano occupata dalle tribù di Ruben e da parte di quella di Manasse.

Diocleziano

Spero allora che ad Achei e Spartani non venga in mente di rivendicare
qualche fetta di Sicilia e Calabria.
Che poi, le rivendicazioni odierne di Israele, valgono quanto dire:
“Quelle terre me le ha promesse mio cuggino”.
Più che nel loro dio, la forza di persuasione sta nei loro servizi segreti,
i missili e l’aviazione.

laverdure

@Diocleziano
“Più che nel loro dio, la forza di persuasione sta nei loro servizi segreti,
i missili e l’aviazione.”
Concordo pienamente,specialmente dopo la lettura di un saggio uscito recentemente,”L’accordo”,dello storico inglese Tim Bouverie,che descrive nei dettagli l’atteggiamento accomodante che la leadership britannica tenne
per anni verso Hitler,mentre passo passo,violando continuamente gli accordi presi,creava la sua macchina bellica e inglobava prima la Cecoslovacchia poi la Polonia.
Il maggior esponente di questa politica,Neville Chamberlain,sventolo orgogliosamente al rientro da Monaco il trattato firmato dall’uomo coi baffetti esternando la sua storica dichiarazione : ” Pace per la nostra epoca !”
L’apice indiscusso della serie : “Le ultime parole famose”.
Alla fine il buonsenso prevalse,ma a quel punto la guerra totale fu inevitabile.
E gli Israeliani sanno che ,mentre Francia,Germani,Italia dopo aver subito tremende sconfitte sono risorte piu’ ricche di prima,per Israele una sola sconfitta significherebbe la fine per sempre.
E la loro memoria storica e’ un tantino piu’ forte della nostra,riguardo al vedere il proprio paese invaso.
Qualunque riferimento al nostro atteggiamento “condiscendente” verso
l'”immigrazione” e’ pertinentissimo.

Mixtec

Diocleziano ha scritto:
“Spero allora che ad Achei e Spartani non venga in mente di rivendicare
qualche fetta di Sicilia e Calabria.”
Ritengo che, se gli Spartani volessero riprendersi Taranto con tutta l’Ilva, l’Italia ne trarrebbe grande giovamento.
Ma, purtroppo per loro, gli Spartani non possono rivendicare il possesso di Taranto perché, da sciocchi quali erano, non hanno messo per iscritto che il loro dio gliene aveva dato il possesso.
Agli Ebrei, invece, il loro dio dà l’intelligenza e le armi per poter occupare il Territorio in cui, dopo alcune passeggiate di ricognizione dei piccoli gruppi condotti da Abramo, Isacco e Giacobbe, sono entrati in gran numero con Giosuè. E da lì non li potrà schiodare nessuno, anzi, se c’è qualche Flavio in giro, avvertitelo: tra poco a lui, ed a tutti i Flavi, chiederanno i risarcimenti per la distruzione del Tempio di Gerusalemme, e, quando diranno che il loro dio lo vorrà (il loro dio è paziente e non vuole realizzare tutto in una volta), chiederanno i soldini per ricostruirlo (e spostare quegli strani edifici che attualmente ingombrano il Monte del Tempio).

Diocleziano

E chi lo sa se gli Spartani non avessero messo nero su bianco che quelle terre erano
un dono di Zeus? I cristiani hanno avuto ampio lasso di tempo per far sparire le prove… 😛

laverdure

Francesco Cotti,uno dei pochi autori italiani di technothriller stile Tom Clancy,ha pubblicato un romanzo, “Collera dal mare”,imperniato sull’occupazione di Lampedusa da parte di un piccolo contingente di truppe scelte libiche,allo scopo dichiarato di esigere un astronomico preteso indennizzo di “danni di guerra ” risalente all’epoca fascista.
Dopo pochi giorni i paracadutisti del “Moschin”,coadiuvati dall’appoggio di mezzi della Marina e dell’Aeronautica riescono a riconquistare l’isola.
Se l’autore descrive il lato militare con ricchezza di dettagli e direi di competenza e verosimiglianza,lascia ben poco spazio alla descrizione dell’operato della classe politica,dalla quale ovviamente dipenderebbe ogni decisione di intervento.
Evidentemente non si e’ sentito capace di descrivere in maniera credibile come la
nostra leadership potrebbe essere all’altezza di una situazione simile.
Voi riuscite a immaginarvelo ?

laverdure

Possiamo dire che il suo e’un “esperimento mentale”,un artifizio spesso usato dagli studiosi,dove si sviluppano le conseguenze verosimili (in questo caso l’intervento militare)di una premessa improbabile(il via libera del Governo a tale intervento).

Maurizio

Permettetemi di precisare: la denominazione corretta del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti è “Col Moschin”, una delle cime del Monte Grappa più volte teatro di battaglie.

Commenti chiusi.