Una caratteristica della maggior parte delle religioni è quella di imporre ai suoi fedeli norme dietetiche. Se alla base possono sussistere vaghi motivi ecologici o medici a legittimarli è l’identità di gruppo. Ne parla Valentino Salvatore sul n. 4/2021 della rivista Nessun Dogma.
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Quel (buon?) vecchio diavolo illuminista di De Sade, che se ne intendeva, ebbe a dire: «Non conosco nulla che vellichi così voluttuosamente lo stomaco e la testa quanto i vapori di quei piatti saporiti che vanno ad accarezzare la mente preparandola alla lussuria». Forse questa massima del Divin Marchese era nell’intuizione collettiva da millenni, se una schiera di culture ha elaborato fantasiosi tabù alimentari e rigide norme dietetiche. I più noti sono caratteristiche salienti delle religioni. Se alla base possono sussistere vaghi motivi ecologici o medici, inconsapevoli ed empirici, a legittimarli è l’identità di gruppo. Cosa (am)mettere a tavola diventa un formidabile collante, distingue tra “noi” e “loro” e dà una patente di integrità. Tante tradizioni impongono, a chi vuole diventare un eletto, digiuni o astensione da certi alimenti. Sono tra le pratiche iniziatiche per entrare in un gruppo, accedere a oracoli e avere “visioni”, prendere parte a cerimonie come i riti di passaggio all’età adulta.
Tutto è partito, narra la leggenda, guarda caso da una mela che non doveva essere mangiata da Adamo ed Eva nell’Eden. Proprio gli ebrei hanno codificato nei secoli un lungo elenco di regole casherut, spesso insensate a un occhio impertinente: tra gli altri, banditi crostacei, mammiferi che non abbiano sia zoccolo fesso sia capacità di ruminare (niente cavalli, cammelli, asini, dromedari, elefanti), pesci senza scaglie e pinne, una sequela di uccelli. Il cristianesimo, da quando Pietro in estasi viene spronato da Dio con una tovaglia che atterra dal cielo ricolma di ogni sorta di animali al grido di «Uccidi e mangia!» (Atti degli apostoli, 10), archivia le rigide limitazioni alimentari dell’ebraismo. Uno dei peccati che tormenterà nei secoli i cristiani rimane comunque la gola, associata al godimento opposto alla contrita astensione dai piaceri.
Induismo, buddhismo e giainismo condividono, con varianti, la credenza nel samsara (il ciclo delle reincarnazioni): l’anima può infatti finire negli animali, a seconda di come ci si comporta (karma). Per questo, specialmente buddhisti e giainisti arrivano a vietare il consumo di carne. Gli induisti sono meno rigidi, ma le vacche non si toccano: rappresentano infatti la tappa che precede la reincarnazione a essere umano. In un paese multietnico come l’India sono persino attivi dei vigilantes che sorvegliano i bovini e si accaniscono contro musulmani e cristiani che potrebbero mangiarli.
Certe prescrizioni hanno motivi intuibili e terreni. L’alcool, noto per intossicare e rilasciare i freni inibitori, è la bestia nera di molte religioni: islam, buddhismo, confessione Bahá’í, sikhismo, giainismo, mormonismo e altre denominazioni cristiane. I maiali, considerati ingiustamente sudici e repellenti, sono graziati da ebrei e musulmani.
Diverse correnti filosofiche antiche delineano una certa meticolosità alimentare, fino al digiuno. D’altronde già da Ippocrate la medicina ne aveva intuito l’utilità, specie per facilitare il decorso di certe malattie. L’epicureismo, poi demonizzato come ricerca del godimento edonistico, si orientava in realtà verso vegetarianismo e moderazione. Lo stoicismo, all’insegna di austerità e atarassia, prevedeva pratiche di digiuno e dieta parca. Come al solito, il cristianesimo estremizzò tendenze presenti nel mondo greco-romano. Si è passati (o scesi, a seconda dei gusti) da Marco Aurelio a sant’Agostino. Così astensione e autocontrollo che erano dei filosofi divennero ossessione per le tentazioni e il peccato. L’isolamento dei monaci e le loro lotte spirituali contro il demonio forniscono innumerevoli aneddoti in cui può sollazzarsi uno spirito anticlericale. Figure di mistiche e sante vengono oggi interpretate come anoressiche, con mix di privazioni alimentari e deliqui orgasmico-spirituali alquanto freudiani. Avete presente santa Caterina che si approccia al sangue di Cristo come fossimo in un romanzo di Bram Stoker?
Al cattolico medio basta ormai astenersi dalla carne nelle settimane di quaresima che precedono la pasqua. Si rifà al digiuno che Gesù avrebbe seguito nei quaranta giorni del deserto, resistendo alle tentazioni del diavolo. Gli ortodossi, sempre nelle settimane prepasquali, hanno l’usanza di astenersi da certi alimenti e di non toccare cibo prima di mezzogiorno. Nel mondo protestante, già con Martin Lutero, il digiuno non è prescritto ma lasciato alla libera iniziativa del fedele.
Spostandoci in oriente, una delle più suggestive rappresentazioni del Buddha mostra Siddhartha emaciato: in meditazione, magrissimo, con le ossa in vista per il prolungato digiuno ascetico volto all’illuminazione. Nel buddhismo theravāda è previsto un giorno di restrizioni per l’uposatha, che cade a ogni posizione di una fase lunare (quindi ogni settimana circa). Anche l’induismo con la tradizione yoga vede, sempre in linea col calendario lunare, un giorno di astinenza (upavasa). La religione giainista arriva a una forma estrema di purificazione per sfuggire al ciclo delle reincarnazioni. Sorta di lento suicidio anoressico, il voto del sallekhana può durare anni: il devoto, talvolta un malato terminale, si sottopone alla graduale privazione di acqua e cibo per raggiungere la morte. Dal 2015 la pratica è sdoganata dalla Corte suprema indiana: interessante risvolto del dibattito su fine vita e libertà religiosa.
Gli ebrei seguono diversi digiuni ma il più importante è quello per lo Yom Kippur, che dura poco più di 24 ore ed è preceduto da un mese di penitenza. Tra i musulmani è notissimo quello del mese di Ramadan, con rinuncia di acqua, cibo – ma anche fumo e rapporti sessuali – dall’alba al tramonto. Anche i bahá’í seguono 19 giorni di astinenza da acqua e cibo nelle ore di luce, nel solco dell’influenza islamica.
L’attenzione per la “purezza” – che sia del cibo, del corpo o di attività varie, comprese quelle sessuali – sembra più spiccata nei credenti. Come evidenziano gli studi sulla teoria dei fondamenti morali elaborata dallo psicologo Jonathan Haidt e altri esperti. Una faccenda intorno a cui sembra esserci un diffuso tabù è quello dell’ortoressia giustificata in senso religioso. L’attenzione per alimenti “puri” è al centro dell’attenzione oggi perché correlata a sensibilità ambientaliste, animaliste e vegetariane – e nei casi più estremi a fenomeni come anoressia e vigoressia. Ma trova già da millenni una larga accettazione nelle tradizioni religiose.
Certe accortezze potevano avere senso in passato a scopo prudenziale, quando si era digiuni (perdonatemi…) di elementari cognizioni mediche e scientifiche. Poco giustificate in un contesto contemporaneo che vede standard igienico-sanitari molto più alti e in cui sono chiare le cause di intolleranze, allergie o malattie. Le rigide prescrizioni per kosher e halal escludono certi cibi e impongono macellazioni salmodianti con sgozzamento dell’animale (sempre perché il sangue sarebbe “impuro”). Si cercano giustificazioni scientifiche, a posteriori e con studi dubbi, di pratiche frutto di approssimazioni. Forse tali precetti si sono imposti in maniera “evolutiva” come dogmi per superare, in maniera spiccia, problematiche insormontabili per epoche e località in cui emersero, rimasti poi un retaggio religioso. Provate a spiegare razionalmente a un bambino perché non deve mangiare una cosa che potrebbe fargli male: auguri. Possiamo convenire sul fatto che abusare di alcool e maiale faccia male. Non perché ce lo dicono Yahweh o Allah ma, tra gli altri, cuore e fegato.
Come spesso avviene quando si decantano i presunti benefici della religione, l’impressione è che si tenda a focalizzare l’attenzione su certe ricadute positive dal punto di vista sociale e conviviale, o a esaltare dubbie differenze in termine di salute rispetto a pratiche meno estreme, ignorando spiacevoli ricadute socio-politiche o sanitarie generali. Si vedano il lieve aumento di incidenti stradali o dei malori per disidratazione e colpi di calore, specie in paesi musulmani, durante il periodo di Ramadan. Non a caso tale digiuno è prescritto per le persone adulte e in salute, escludendo bambini, donne incinte, malati o chi svolge lavori faticosi o è in viaggio. Raccomandazioni però spesso ignorate dagli stessi fedeli, che per convinzione e pressione sociale vogliono dimostrare così la loro fedeltà alla linea. Per venire al lato politico e sociale, come avveniva nell’occidente medievale con la quaresima, in parecchi paesi musulmani vengono violati i diritti e latita la laicità: anche il digiuno del Ramadan è imposto per legge, con tanto di multe o arresti per i trasgressori che osano violarlo o per gli esercenti aperti in orari non ammessi. In Tunisia, paese liberale per gli standard islamici, è emerso il movimento “Mouch Bessif” (“Non siamo obbligati”) che rivendica appunto la libertà di coscienza sotto Ramadan. E non è un caso che ai lavoratori musulmani sia raccomandato in quel periodo un minor aggravio, per il rischio di infortuni.
Al contrario della vulgata che vorrebbe i non credenti mangioni e beoni immersi in un incubo godereccio e nichilistico stile La grande abbuffata, la ricerca di un’alimentazione equilibrata trova un fondamento laico e concreto. A parte le note scelte vegetariane o vegane, si parla ora anche di “reducetariani”: coloro che, in un compromesso tra dieta equilibrata, consapevolezza ambientale e benessere animale, riducono il consumo di carne. Pare assodato che certe regole alimentari religiose abbiano ricadute positive sulla salute e sull’età media dei fedeli e si rafforzino grazie alle reti sociali create dalle varie confessioni. Ma se inizia a esplorare il variegato mondo dei non religiosi, si scopre che sono tendenzialmente gli atei “più duri e puri” a essere attenti alla salute tanto quanto i credenti ferventi, quando si parla di cibi, sostanze più o meno legali, fumo. Più traballanti sembrano i credenti o i non credenti “incerti”. Gioca in queste differenze l’assenza di una rete sociale motivante (e conformante) che le chiese offrono: cosa che può avere ricadute casomai a livello psicologico sui non religiosi.
Pure il digiuno viene attualmente rivalutato dagli increduli. C’è chi lo fa ispirandosi a tradizioni religiose. Il filosofo inglese Julian Baggini provò la riduzione del cibo di dieci giorni sullo stile della festività indù del Navratri. Alcuni giovani atei avevano provato il detox da alcool, tecnologia e prodotti animali durante la quaresima. Quindi, a ben vedere, il termine roboante di “digiuno” e l’aura di misticismo per dare un tono vengono applicati semplicemente a un’alimentazione più sana e ad abitudini più consapevoli e meno alienanti, con la scusa del calendario religioso. Al di là di certi esperimenti pittoreschi, oggi abbiamo un impianto scientifico, con studi che indagano gli effetti sul corpo (e sulla mente) della privazione dei cibi. Non giustificazioni stiracchiate per sdoganare pratiche poco ottimali. Sebbene si cerchi di presentarle in chiave scientifica, certe usanze antiche non erano pensate per migliorare la salute ma concepite come rinunce dolorose con finalità ascetiche. La ricaduta sul corpo era un effetto collaterale.
L’oncologo Umberto Veronesi, ateo dichiarato e noto per le posizioni laiche, non solo era un convinto vegetariano ma proponeva il digiuno intermittente per una dieta più sana e per prevenire la probabilità di malattie gravi. Rivalutandone anche l’efficacia per il carattere e come espressione di scelta etica. Un po’ come insegna il famigerato esperimento del marshmallow, in cui dei sadici psicologi chiedevano a dei bambini di non mangiare un dolcetto promettendone poi due. Sebbene la sua portata sia stata ridimensionata, perché puoi ritardare la gratificazione quando te lo puoi permettere: scomodando san Girolamo, digiunatore accanito, «quando lo stomaco è pieno, è facile parlare di digiuno».
Sebbene oggi tra guru, fautori del self-help e motivatori vada di moda sponsorizzare diete e digiuni religiosi dai risultati miracolosi, non è necessario sottoporsi ad assurde privazioni, rinunciare del tutto a cibi per motivi bislacchi, salmodiare estasiati, seguire passivamente credenze irrazionali e sottoporsi a prove estenuanti per ottenere benefici e ostentare chissà quale forza interiore o superiorità morale. Per le persone in discreta salute, su consiglio del medico, può essere sufficiente seguire per quanto possibile un regime alimentare equilibrato e aumentare le ore tra l’ultimo pasto di una giornata e il primo della successiva. Cercando di non mangiare in maniera troppo sballata quando si aprono le gabbie. E sempre bevendo molta acqua. Sto parlando anche a te, signor Ramadan, che ti vanti tanto. Altrimenti, come cantava Jimmy Buffett (nomen omen?), il rischio di tante penitenze è sognare un appetitoso e tentatore cheeseburger in paradiso.
Valentino Salvatore
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Non capisco perché le (discutibili) raccomandazioni igienico-alimentari per un adulto debbano necessitare della minaccia divina per essere recepite. Si tratta di adulti immaturi?
@Maurizio
Il fatto che la propensione della mente (intesa come astrazione umana) nel guardare verso il futuro, cosi come preoccuparsi, è più sviluppata (corteccia frontale) che nei nostri cugini primati e negli animali inferiori, puo’ probabilmente spiegare molte realizzazioni uniche negli esseri umani, ma anche dei fallimenti evidenti. Basti guardarsi in giro e dare un’occhiata alla storia…
PS: Le cose evidenti (o logiche !) non sono necessariamente vere e, al contrario, molte cose vere non sono affatto evidenti…..
Ritengo sempre utile un ripasso di “Cannibali e re” di Marvin Harris.
@Mixtec
Suggerisco di leggere quanto riportato qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_del_Guangxi
riguardo a certi fatterelli avvenuti durante la “rivoluzione culturale” cinese(1966-1976).
Anche l’ideologia maoista evidentemente aveva le sue diete peculiari.
L’ ho letto.
Ricordo bene quel periodo, si sapeva bene che non era tutt’ oro quel che si raccontava di quegli eventi, ma dirlo apertamente, in certi ambienti, non era considerato … di moda …
Sarebbe bello che venisse fatta un’ indagine seria sugli aspetti pseudoreligiosi e sul fideismo di certune ideologie politiche.
@Aristarco
Ma la cosa allucinante e’ che tra le cause del fenomeno va esclusa la carestia.
Il cannibalismo prese l’aspetto piuttosto di un fenomeno rituale.
Ora,in tempi “anomali” purtroppo e’ normale che venga stimolato il lato “oscuro” di parecchi individui,basti pensare ai paralumi di pelle umana dei
lager nazisti,ma qui il fenomeno coinvolse nello stesso identico modo masse
enormi di individui,in una terribile manifestazione di conformismo.
A livello neurobiologico è ipotizzabile una carenza di serotonina.
Si può trovare qualche appoggio con una ricerca utilizzando la stringa:
aztec cannibalism maize consumption
Riso e sorgo non sono tanto meglio del mais.
Per altro verso, le ideologie che assegnano un fine alla storia hanno le stesse basi neurobiologiche delle religioni.
Mixtec,
accreditare le religioni di una base neurobiologica mi pare troppa grazia.
Non dimentichiamo che la stragrande maggioranza dei ‘credenti’ sono solo delle vittime
di un condizionamento imposto. Che poi queste pecorelle artificiali trovino comodo
adeguarsi non vuol dire che avessero un problema ed erano in cerca di una soluzione:
a un problema immaginario gli è stata fornita una soluzione immaginaria.
A meno che la risposta finale sia: nessuna.
Aristarco
“..Indagine sugli aspetti pseudoreligiosi de certe ideologie politiche …”
Per iniziare, al contrario di quello che pretendono che il nazismo è frutto dell’ ateismo, bisogna sempre fare notare che il nazismo non è un’ideologia atea. Hitler odiava il cristianesimo ma non era ateo. Un membro delle divisioni SS che si proclamava ateo veniva espulso di queste divisioni elitiche Il nazismo è, inoltre, un’evoluzione del Romanticismo, questa corrente nata alla fine dell’Illuminismo in opposizione al nascente razionalismo. Il nazismo è una corrente irrazionalista e romantica, in totale opposizione al razionalismo rivendicato dalla maggiore parte degli atei .
Ma l’ateismo non è un’ideologia in sé. La “a” di “ateismo” è una “a” privativa greca. L’ateismo è solo l’assenza di credenza nell’esistenza di un Dio, e come tale non determina in alcun modo un’agenda morale o politica. Abbiamo atei che sono di destra, di sinistra o che non hanno opinioni politiche. Il marxismo-leninismo, lo stalinismo o il maoismo sono ideologie atee, ma non è certo il fatto di essere atei a rendere pericolose queste ideologie. Ciò che rende pericolose queste ideologie sono elementi che hanno in comune con molte ideologie religiose: il fatto di proporre un’escatologia, un certo manicheismo, una morale, e una divisione del mondo tra “loro” (quelli in errore) e “noi” (possessori della Verità) . Non dimentichiamo anche il culto portato ai loro capi: Stalin, Mao, Pol Pot o Kim Il Sung….
Io, di mio, tendo a mangiare poca carne, ma quando lo faccio, è sempre di venerdì! 😜
Dissection
Figurati che quando ero bambino si mangiava la carne sempre di venerdi !!! Era il giorno del mercato nella mia cittadina e in quel posto la carne costava meno che nei negozi . Dunque molte persone compravano e mangiavano la carne quel giorno, anche perchè quando ero bambino, pochi avevano il frigorifero che era allora un lusso . Poche le persone che seguivano la regola cattolica di non mangiare carne di venerdi .
Raccontava il buon Dawkins nel suo esemplare The God Delusion, che nella Francia del qualchecento si usava un trucco per aggirare il divieto del venerdì: uccidevano un pollo, lo buttavano in un pozzo, poi lo “pescavano”, ossia lo recuperavano: essendo stato “pescato”, era considerabile “pesce” e quindi si poteva mangiare di venerdì. Lascio a chi vuole le dovute considerazioni su questo fatto, a partire da quella che se pensavano di ingannare dio così meschinamente, dovevano averne ben poca stima…
Bisognerebbe completare il discorso sulle proibizioni con un capitolo sulla ghiottoneria
del clero; spesso ho notato che molti dolci tradizionali hanno avuto origine nei conventi
e non era cosa di uso comune: miele, noci, nocciole e mandorle, frutta candita, burro e panna,
uova e quant’altro. E non si facevano mancare nulla nemmeno in fatto di birra, vini e liquori.
Ancora oggi sono famose le birre dei monasteri; chissà se Gesù aveva contemplato questo
aspetto della sua missione?
Come no? La trasformazione dell’acqua in vino ebbe un rilievo fondamentale nella costruzione del personaggio di-vino!
@Diocleziano
“chissà se Gesù aveva contemplato questo aspetto della sua missione?”
La tua ignoranza mi delude : non sta forse scritto nel Vangelo : “Prendete e mangiate ” ?
E quindi e’ evidente che e’ sottinteso anche : “Bevete”.
E a chi se non agli ecclesiastici spetta di dare l’esempio ?