La religione del cibo

Il film “The Whale” di Darren Aronofsky esplora il tormento interiore di Charlie, professore obeso e depresso, rivelando le contraddizioni della fede religiosa e la sua influenza negativa sulla vita delle persone. Ne parla Micaela Grosso sul numero 4/2023 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Mentre la giuria del premio Brian era impegnata nella 79ma Mostra d’arte cinematografica di Venezia, oltre al premiato Il Signore delle formiche, nelle stesse sale del Lido era presente anche The Whale, il tanto atteso film di Darren Aronofsky.

Come è già stato osservato in passato, i lavori del regista pongono spesso i loro personaggi nella condizione di prendere coscienza della labilità dei propri dogmi e di sperimentare, al contempo, una cospicua tendenza autodistruttiva.

La qual cosa avviene ad esempio in The Wrestler, in Black Swan o nel celeberrimo Requiem for a Dream, in cui spettatrici e spettatori si trovano al cospetto di profili umani contorti e tormentati che si muovono sull’orlo del baratro e che sono, in breve, la causa della propria rovina.

In coerenza con l’opera teatrale di Samuel D. Hunter di cui il film costituisce un adattamento cinematografico, anche in The Whale il protagonista Charlie – interpretato magistralmente da Brendan Fraser, che ha infatti vinto l’Oscar 2023 al miglior attore protagonista – è un uomo complesso e sofferente: è un professore di inglese scopertosi omosessuale dopo anni di matrimonio e dopo aver avuto una figlia.

È oggi depresso, gravemente obeso e solitario e si guadagna da vivere tenendo lezioni online con la webcam rigorosamente disattivata per non essere costretto a mostrare il proprio aspetto a studenti e studentesse. La sua chiusura verso il mondo si riflette anche nell’ambientazione cupa e claustrofobica: tutta la vicenda si svolge nel suo appartamento, unico luogo in cui l’uomo si sente libero e può muoversi (minimamente e con enorme sforzo fisico) senza paura dell’altrui giudizio. Persino il formato scelto dal regista, il 4:3, è un’opzione volta a creare una sensazione di compressione dell’inquadratura e di soffocamento.

Charlie prova a raccogliere i cocci di sé stesso da quando ha perso in un sol colpo il grande amore e la fede, si è ritirato dal mondo e ha cominciato a corteggiare la morte, rimpinzandosi di cibo-spazzatura.

Per una massima veridicità, Aronofsky ha collaborato con la Obesity Action Coalition per comprendere meglio l’obesità e ha lavorato con la ballerina e allenatrice Beth Lewis per aiutare Fraser a incarnare la fisicità e le limitazioni di Charlie.

Il film è stato al centro di diverse polemiche che, oltre alle accuse di “grassofobia”, hanno stigmatizzato la scelta del regista di fare indossare all’attore una controversa e criticata fat suit, un costume utile a trasfigurare il suo aspetto e che per i detrattori avrebbe sacrificato il realismo e ridicolizzato la condizione di obesità.

Al di là delle controversie è bene riconoscere, come è stato più volte osservato, che il peso di Charlie costituisce soprattutto una manifestazione fisica del suo tormento interiore, che ben poco ha a che fare con un “semplice” disturbo alimentare.

Samuel D. Hunter ha infatti dichiarato di aver attinto a piene mani dalla propria esperienza d’infanzia in una famiglia cristiana fondamentalista e dal confronto con «la lenta consapevolezza che Dio non rispondeva alle mie preghiere per non essere gay».

La pièce teatrale è stata per lui un modo per rappresentare «la negoziazione lenta di ciò che potevo trarre da quel contesto religioso molto drammatico, e questi temi emergono anche in The Whale, come la grazia, la redenzione, il perdono e un profondo amore per gli altri».

L’unica amica di Charlie è Liz, infermiera professionale che prova in tutti i modi ad aiutarlo e a tirarlo fuori dalla spirale dell’autodistruzione, benché combattuta tra l’intento di curare l’uomo e il desiderio di rispettarne la volontà, seppur autolesionista.

The Whale affronta in fondo il tema del distacco dalla fede religiosa, mettendo in luce le contraddizioni e le assurdità che si verificano nel momento in cui la religione diventa elemento interferente e preponderante nella vita delle persone.

L’ordinarietà solitaria dell’uomo è spezzata dall’ingresso in casa sua di Thomas, un giovane missionario tanto zelante quanto inopportuno che fa parte di una comunità evangelica denominata New Life Church. Il giovane scorge, in un attacco cardiaco di Charlie al quale assiste fortuitamente, la sua missione: assistere e convertire l’uomo, evitando che “sprechi” la sua vita.

Si scopre via via, tra l’altro, che il passato di tutti i personaggi è intersecato con la New Life Church, che ha in qualche modo distrutto la vita a ciascuno.

Nonostante le attenzioni di cui è oggetto da parte di Liz e ora di Thomas, nonostante il riavvicinamento con la figlia adolescente, Charlie rimane sprezzante dei consigli e continua a rifiutare ogni cura. Il suo culto è ora costituito dal cibo, che lo trascina in attacchi bulimici di fame irrefrenabile in cui l’uomo trascura le diagnosi, che gli danno ormai pochi giorni di vita.

La via d’uscita da lui intravista è la liberazione dai propri trascorsi, che lo hanno ferito e tenuto finora incatenato. Non a caso, il professore usa spesso la metafora di Moby Dick, libro cui si riferisce dentro e fuori dalle lezioni e che assume un ruolo centrale nella narrazione.

Il suo atteggiamento, le sue scelte sono sì dettate dalla disillusione e dalla sofferenza, ma rivelano al contempo una ferrea volontà di autodeterminazione e di distacco da quanto la società ha individuato essere la “via corretta”: Charlie non è una semplice vittima alla deriva delle sue inclinazioni ma sceglie lucidamente, sino alla fine. Il suo è un percorso di liberazione psicologica che segna il distacco dalla fede, dal senso di colpa e dai traumi causati dalla religione, così come segna il percorso di emancipazione dalle repressioni e dal giudizio.

In generale, The Whale è un’opera pregiata che si spinge oltre i confini convenzionali, offrendo uno sguardo acuto sulla condizione umana e sulle molteplici sfaccettature dell’esperienza religiosa.

Il film invita a una riflessione approfondita sulla complessità intrinseca dell’esperienza umana e sulla ricerca incessante di libertà individuale, spronando il pubblico a interrogarsi sul punto fino al quale si possa essere disposti a spingersi per perseguire la propria verità personale e per trovare un senso autentico e profondo nell’esistenza.

Micaela Grosso

Approfondimenti


Iscriviti all’Uaar Abbonati Acquista a €2 il numero in digitale

Sei già socio? Entra nell’area riservata per scaricare gratis il numero in digitale!

5 commenti

VHEMT

in un certo senso è significativo (quasi un contrappasso) che, ad interpretare il protagonista sia Brendan Fraser, il quale, nel 1997, fu il protagonista del divertente film “George re della Jungla”, e in quell’occasione, fu definito uno degli uomini più sexy del mondo (ed effettivamente aveva un corpo bellissimo).

pendesini alessandro

Dall’esperienza personale risulta che in Italia (ma non solo) pochissimi genitori sono sufficientemente informati di cosa sia la transessualità, omosessualità e gender !
Ritengo che sia compito della scuola instruire/informare -anzichè sacralizzare- gli allievi sulla definizione accademica dell’omosessualità, ed altre caratteristiche sessuali non considerate « normali » utilizzando i risultati di rinomate università mondiali ; e non di certo affidare il compito alla stragrande maggioranza dei genitori che si trova in un’ignoranza pedagogica, psicologica e, particolarmente sessuologica allarmante, quindi inadatta per informare oggettivamente i loro figli !
NB Sostenere inoltre che esiste una potente oligarchia gay, infiltrata sia nella politica che nelle scuole, desiderosa di distruggere la familia (come accade in Polonia e non solamente), è puro delirio !
La pretesa “ideologia gender”, o lobby, che certi vorrebbero imporre a tutti, specialmente ai meno informati, NON ESISTE !
Ritengo sia necessario chiarire che i gender studies sono degli studi accademici, quindi ricerche scientifiche che non vanno assolutamente confusi con una qualsiasi ideologia tipo fascismo !
Voler demonizzare o criminalizzare le minoranze è un errore, o orrore, che certe ideologie –o paranoici- non vogliono, non hanno interesse ad ammeterlo o hanno serie difficoltà a capirlo…Il Vaticano in primis ! Senza dimenticare l’Islam e C/o….

Diocleziano

«…La pretesa “ideologia gender”, o lobby, che certi vorrebbero imporre a tutti, specialmente ai meno informati, NON ESISTE!…»

Questa dell’inventare pericoli immaginari è una specialità della CdM: lo fanno da millenni e, in genere, funziona. Loro sono il male e la cura, contemporaneamente. La loro affezionata clientela è di bocca buona.

RobertoV

La maggior parte dei genitori non ha le competenze per insegnare ai propri figli italiano, matematica, fisica, biologia, ecc., anche se ha una laurea nel settore, perchè una cosa è conoscere l’argomento, un’altra saperlo insegnare a dei minori. Lo stesso vale per lo sport: in genere l’educazione motoria viene fatta da specialisti, cioè non basta essere uno sportivo o essere stato un atleta agonistico per poter insegnare, in modo particolare a dei giovani, devi fare dei corsi di abilitazione che possono essere anche molto impegnativi.
Non si capisce quindi perchè quando si parla di sessualità per i clericali ed una parte politica il fare figli trasformi i genitori in esperti dell’argomento tanto da pretendere di demandarne solo a loro l’insegnamento. Se si pensa che decenni fa in cui si facevano tanti figli, oppure in paesi in via di sviluppo dove si fanno ancora oggi tanti figli, le conoscenze di sessuologia sul fare figli o sul non farli erano o sono piuttosto lacunose ed ignoravano/ignorano varie problematiche educative dei figli e di sviluppo della sessualità. Quindi il fare tanti figli non trasforma i genitori in esperti dell’argomento.
Inoltre, visto che l’omosessualità, ed ancor di più la transessualità, rappresentano delle minoranze, quali possono essere le conoscenze di genitori che non hanno mai dovuto (o voluto) affrontare direttamente l’argomento? Diventa inevitabile doversi affidare a degli esperti che di certo non possono essere dei religiosi o dei “negazionisti” o “complottisti”.

Diocleziano

“…che di certo non possono essere dei religiosi…”

Infatti. Dell’inadeguatezza ne ha dato ampia prova in questi giorni colui che rappresenterebbe dio in terra: stabilendo che gli omosessuali possono essere benedetti in chiesa, o qualcosa del genere.

E perché mai l’omosessualità dovrebbe essere una discriminante in ambito sociale?
Questa è gente che non sta bene… intendo i preti, beninteso!

Commenti chiusi.