Accusato di blasfemia in Nigeria e in carcere per anni, Mubarak Bala è oggi libero. Lo abbiamo intervistato su temi come libertà di espressione e laicità nei Paesi a maggioranza islamica sul numero 4/2025 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Il 19 agosto scorso, Mubarak Bala esce dal carcere e viene discretamente trasferito in una safe house ad Abuja, in attesa di poter volare in Europa. Per motivi di sicurezza, la notizia viene ufficialmente resa pubblica soltanto nei primi giorni di quest’anno, con grande sollievo della comunità internazionale e delle associazioni (inclusa l’Uaar) che con perseveranza si sono a lungo indaffarate per cercare di ottenerne il rilascio.
A quel punto, sono passati più di quattro anni, per la precisione 1.574 giorni, da quando il noto attivista nigeriano è stato arrestato, poi detenuto e condannato per avere espresso pubblicamente la sua critica alla religione, in particolare all’islam.

Mubarak, che in aprile ha finalmente raggiunto la Germania, ha di recente partecipato al congresso di Humanists International in Lussemburgo, dove con Nessun Dogma abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e constatare che è oggi in gran forma, raggiante e pieno di energie e voglia di portare avanti le sue battaglie umaniste. Ripercorriamo con lui le tappe della sua vicenda personale e giudiziaria.
«Lo Stato di Kano, da cui provengo – racconta Bala – non è semplicemente una regione musulmana della Nigeria. Qui domina una mentalità islamista e tribale, che affonda le proprie radici storiche nel califfato di Sokoto dell’800. Il particolare sistema giuridico che incorpora elementi della sharia islamica è stato prima cooptato con qualche mitigazione dal colonialismo inglese e successivamente ereditato da questo Stato della Nigeria federale moderna. Lo spirito jihadista che anima la popolazione locale non tocca soltanto i famigerati terroristi di Boko Haram, ma l’intera società, incluse paradossalmente le stesse vittime del terrorismo, le quali ipocritamente giustificano il jihad fintantoché non si ritorce contro di loro. Se, per ipotesi, agli abitanti di Kano venisse data la possibilità di votare in un referendum, sceglierebbero sicuramente l’indipendenza dal resto della Nigeria per ricreare uno Stato islamico nello stile dei talebani. È proprio questo assurdo stato di cose, l’assuefazione alla violenza e la mancanza di voci che ne denuncino le cause ideologiche, che mi ha spinto nel 2013 a dichiarare il mio ateismo e a partire con campagne di sensibilizzazione online».
Il primo grosso problema di Mubarak è la famiglia. Il padre, studioso di islam, gode di grande prestigio nella comunità locale come capostipite di una delle famiglie più benestanti e religiose di Kano. Prevedibilmente, non è disposto ad ascoltare le argomentazioni del figlio.
«Per darti un’idea, se vuoi accedere ai dispositivi di mio padre, il pin che usa sempre è 1804, ossia la data di fondazione del califfato di Sokoto in Nigeria. Per lui, come per il resto della società di Kano, il fatto di abbandonare l’islam può significare solamente una cosa: la perdita del senno. Così, nel 2014, mi ha portato a vedere da uno psichiatra. Quando lo specialista ha dichiarato l’ovvio, ossia che non soffrivo di alcun disturbo, mio padre ha insistito per un secondo parere, questa volta però scegliendo lui il medico. A detta di questo dottor Mustafa, dato che persino in Giappone hanno un dio, chi vuole vivere senza religione deve essere psicologicamente malato. Negare il racconto biblico di Adamo ed Eva significa negare un fatto storico, e quindi soffrire di una qualche forma di delirio. Mi ha quindi prescritto degli antiepilettici e mi ha fatto ricoverare. Stavo per andarmene di casa per evitarlo, quando mio padre, mio fratello e due zii mi si sono avventati contro con la forza iniettandomi qualcosa per farmi perdere conoscenza e trasportarmi di peso all’istituto, dove mi sono svegliato, stupito di essere ancora vivo, due giorni dopo».
Trattenuto in ospedale contro la sua volontà, Mubarak viene sedato, picchiato e minacciato, mentre gli viene somministrata una terapia completamente inutile e potenzialmente dannosa per la salute. Ci vuole uno sciopero del personale, dopo 18 giorni, perché possa finalmente uscire da quell’incubo.
A quel punto Mubarak decide di trasferirsi a Kaduna, un altro Stato, più laico, della Nigeria, a metà strada tra Kano e la capitale federale Abuja. Lì inizia il periodo di maggiore attivismo. Diventa presidente dell’associazione umanista nigeriana e pubblica moltissimi post su Facebook in cui denuncia le leggi sulla blasfemia e i pericoli dell’estremismo religioso.
È convinto che facendosi conoscere online e creandosi una comunità attorno avrebbe ridotto le possibilità di essere di nuovo rapito e internato. Non tardano a fioccare le minacce di morte da parte dei leoni da tastiera, ma è solo nel 2020, in piena pandemia, che scoppia il caso vero e proprio, dopo che uno studio legale musulmano presenta una petizione formale che porterà al suo arresto.
«Se l’accusa avesse preso in considerazione l’interezza della mia attività su Facebook, mi avrebbero condannato a qualcosa come mille anni di carcere, anziché a 40, come poi è successo. Ma nel mirino è entrata solo una manciata di post risalenti ai primi del 2020, quando la gente cominciava a morire di una malattia misteriosa, il Covid. Con le limitazioni imposte alla partecipazione collettiva ai riti islamici, si erano diffuse molte teorie della cospirazione in chiave antiislamica, e data l’urgenza di raggiungere il più persone possibile, ho sentito il dovere di fare un’eccezione e scrivere per la prima volta in lingua hausa, anziché in inglese. Sono questi i post che hanno generato panico morale fra i credenti che, incapaci di accettare argomenti critici della religione, in particolare nei confronti del profeta Maometto, si sono sentiti provocati e offesi».
Mubarak verrà accusato di contravvenzione degli articoli 210 (insulto alla religione) e 114 (atti che possono causare disturbo della pace) del codice penale dello Stato di Kano, per un totale di 18 capi di imputazione. Ma un processo, in questo momento, è l’ultima sua preoccupazione.
«Il 28 aprile del 2020, sono stato prelevato a casa mia a Kaduna, trattenuto per 24 ore in una cella affollata in piena pandemia, e poi trasferito a Kano da agenti in borghese, con grave preoccupazione degli amici, convinti che si trattasse di una condanna a morte. La polizia di Kaduna, prima di lasciarmi andare, ha insistito a farmi una foto e a far firmare una dichiarazione che mi avevano consegnato vivo alle autorità di Kano».
L’operazione somiglia più a un sequestro: per un periodo Mubarak semplicemente sparisce. Non si hanno notizie di lui, la polizia inizialmente nega addirittura di averlo in custodia. Passano cinque mesi prima che gli sia concesso di contattare un avvocato e altri dieci prima che le accuse vengano formalizzate.
«All’interno – racconta Bala – mi hanno negato l’accesso alle cure mediche di cui avevo bisogno per i miei problemi di pressione e circolazione, mi hanno tenuto in isolamento, e costretto a praticare la religione islamica. Hanno inscenato finti processi nel buio del carcere e ripetutamente hanno cercato di farmi convertire, portando al mio cospetto professori di filosofia e uomini di religione, e facendomi guardare per ore video online del famoso (e controverso) predicatore Zakir Naik. Se avessi voluto, me la sarei cavata con un video in cui annunciavo di non essere più ateo, ma in coscienza non avrei mai potuto farlo. Dopo tre mesi di disperati tentativi, hanno capito che ero un caso perso. A quel punto, mi hanno portato in una prigione piena di fanatici musulmani, senza offrirmi alcuna protezione. Mia madre stessa, quando mi faceva visita per portarmi qualcosa da mangiare, si sorprendeva di trovarmi ancora vivo. Nessuno pensava che sarei sopravvissuto in quell’ambiente con accuse di blasfemia o apostasia sulla testa. C’erano già stati casi simili di detenuti prelevati dalla cella e assassinati, il più famoso è quello di Gideon Akaluka. Ma io avevo un vantaggio: appartenevo alla stessa tribù di queste persone, vestivo come loro, parlavo come loro. Conoscevano la mia famiglia, e forse mi trattavano bene sperando di ottenere benefici economici o un aiuto per uscire di prigione. Ma soprattutto ci hanno messo mesi a scoprire che ero un apostata, e quando è successo, avevano ormai creato un bel rapporto con me. Il punto è proprio questo: chi mi conosce, non vorrebbe mai uccidermi. Io insisto molto a mantenere buoni rapporti con i musulmani. Anche qui in Germania ho ricevuto visite dalla comunità musulmana. Non ho nulla contro di loro come persone e non le odio. I terroristi sono pericolosi e vanno combattuti, ma i musulmani normali vanno tollerati e frequentati».
Le circostanze losche dell’arresto e la violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla costituzione nigeriana non sfuggono all’alta corte di Abuja, che in dicembre dichiara illegale la detenzione di Bala e ne dispone il rilascio immediato su cauzione. Clamorosamente, la corte di Kano ignora del tutto le direttive federali, generando un dibattito nazionale sui limiti del governo centrale, oltre a quello sulla laicità e la libertà di espressione.
Dato che le leggi prevedono che un imputato possa rimanere in custodia per tutto il tempo necessario per celebrare il processo, fino al massimo della pena che può essere teoricamente inflitta, Bala è costretto ad aspettare in carcere per due anni che il suo caso approdi in aula. La comunità internazionale che lo appoggia attende col fiato sospeso. Quando finalmente si va in tribunale, basta una seduta perché il giudice decida di negargli l’uscita su cauzione. A quel punto, per sbloccare la situazione, Mubarak fa una mossa straordinaria che spiazza anche i suoi legali: si dichiara colpevole per tutti i capi di imputazione.
«Volevo farla finita lì, per evitare il rischio che, una volta rivelata la mia posizione e un futuro calendario di udienze, io stesso o altri attivisti potessimo essere aggrediti. I miei avvocati, provenienti dal sud, non avevano idea di quello che sarebbe successo presentando a Kano i loro argomenti a favore della libertà di espressione e critica all’islam. Inoltre, una volta condannato, sarei passato sotto la giurisdizione federale, e avrei potuto far richiesta di trasferimento in una città per me più sicura. Ma soprattutto, studiando la costituzione, sapevo che il massimo della pena che avrebbero potuto darmi era di due anni, una sentenza che avevo già abbondantemente scontato».
Purtroppo, la strategia non funziona come previsto, perché il giudice, in un altro eclatante colpo di scena, stabilisce che le 18 condanne vadano scontate consecutivamente, per una vertiginosa durata totale di 40 anni. Naturalmente ci si prepara subito per il ricorso in appello, ma il periodo politicamente turbolento che si apre per la Nigeria, con una campagna elettorale alle porte, fa sì che i tre mesi previsti per il nuovo processo si estendano a due anni.
Lo Stato di Kano, pur di mantenere il dibattimento in loco, fa costruire ad hoc una corte d’appello che fino a quel momento mancava, e il gruppo di giudici chiamato a esprimersi sul caso è composto da due musulmani locali più un cristiano del sud. La nuova sentenza arriva il 13 maggio 2024. Purtroppo, la condanna del 2022 non viene annullata, cosa che avrebbe dato un messaggio di speranza per un futuro più laico nel Paese.
Ma forse era aspettarsi troppo, in uno Stato in cui persino un giudice avrebbe rischiato di mettersi nei guai per aver “tradito” i valori islamici della popolazione locale. Tuttavia, la pena iniziale, giudicata sproporzionata, viene ridotta a “soli” cinque anni, permettendo così la scarcerazione di Bala nel giro di circa tre mesi.
In Germania, ospite dell’associazione Humanistische Vereinigung, Mubarak passerà i primi sei mesi nell’ambito di un programma governativo che lo vedrà sottoporsi a visite psico-fisiche per garantirne il benessere e il recupero, dopo i traumi che ha sopportato.
«Prima di rientrare in Nigeria – ci racconta, riflettendo sul futuro – aspetto che si esprima la corte suprema. Ci sono gli estremi per ottenere l’annullamento della sentenza, date le eclatanti irregolarità del processo. Esiste però anche il rischio che la condanna venga reimposta, dato che la corte è a maggioranza musulmana e il clima politico favorisce l’islamismo. Oppure potrebbe imporre di ripetere il processo. Di certo, prima o poi so che tornerò, e quando lo farò entrerò in politica, possibilmente con un mio partito. Ho una visione chiara per il mio Paese, per una nuova costituzione senza ambiguità e una proposta di referendum per chiedere a tutti i cittadini se vogliono o meno vivere in una Nigeria laica. L’obiettivo finale è candidarmi alla presidenza, non necessariamente per vincere, ma per lanciare un messaggio chiaro e forte: che i problemi di cui soffre il Paese sono dovuti a un’ideologia sbagliata, non a un popolo che ne è succube».
Intervista a cura di Paolo Ferrarini
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Ci vuole un notevole coraggio sia ad opporsi che a pensare di tornare in patria per proseguire la sua battaglia politica. Ce ne vorrebbero tanti come lui.
Ho rilevato il fatto che su di lui in pratica si trovano solo articoli in inglese, anche wikipedia solo in inglese, niente in italiano tranne da parte dell’UAAR: nel nostro paese interessano solo i “supposti perseguitati e discriminati cristiani”.
Delirante la tesi che Adamo ed Eva siano un fatto storico e che non credervi sia un delirio. Forse era il dottore che era da curare. Vorrei che questa gente portasse le prove di questi supposti fatti storici così “evidenti”. Ma non mi stupisco: anni fa un prete scoprendo il mio ateismo mi chiese come fosse possibile non credere in dio, è dappertutto. Curioso, se io dicessi che vedo dappertutto Zeus o un unicorno rosa verrei consigliato di rivolgermi ad uno psichiatra, mentre se vedo un dio abramitico sono una persona religiosa ed affidabile e posso pure raccontarlo agli altri, in particolare indottrinare bambini, e guai a contraddirmi, perchè si sa certe religioni sono molto tolleranti.
“Delirante la tesi che Adamo ed Eva siano un fatto storico e che non credervi sia un delirio.”
Roberto, ti faccio notare che a Roma c’è un tizio che generalmente veste di bianco e che celebra in forma incruenta un sacrificio umano che ha,una volta pe tutte, espiato un peccato commesso dai due, Adamo ed Eva, citati sopra. Il sacrificio umano di cui trattasi è stato compiuto con l’aiuto, a loro insaputa, di legionari dell’esercito romano, circa duemila anni or sono.
A roma ci sono altri due noti personaggi che ogni tanto vanno ad assistere alla celebrazione in forma incruenta etc. presieduta dal tizio in abito bianco. Si chiamano Sergio e Giorgia. Non cito una marea di personaggi di minore importanza.
Però, mi sembra che la stessa chiesa cattolica sostenga che la bibbia non vada interpretata letteralmente e accetta l’evoluzione, anche se con l’intervento divino. Quindi non sosterrebbero che Adamo ed Eva sono un fatto storico, ma allegorico, mentre effettivamente sui vangeli sono convinti della loro storicità e fiumi di studiosi religiosi sono impegnati a sostenerlo.
Fino al secolo scorso c’erano imperatori che erano convinti di aver avuto il potere da dio (per la verità anche oggi ci sono presidenti pseudodemocratici convinti di questo) e per Sergio e Giorgia come molti cattolici sono soprattutto devoti al culto della personalità del papa (dubito che Giorgia abbia grandi conoscenze religiose come la maggior parte dei credenti) che anche la stessa Giorgia sfrutta per se stessa come faceva Berlusconi.
Caro Roberto,
nel Catechismo della Chiesa Cattolica promulgato da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1992, al capitolo primo, paragrafo 7, n° 390, si legge: “Il racconto della caduta (Gn 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori.”
E poi ancora:
N° 401: “Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera “invasione” del peccato …”
N° 404: ” in che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Tutto il genere umano è in Adamo … …Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non osiiamo comprendere appieno.”
E così via di questo passo.
La differenza con l’Islam, a queato punto, diventa come si accede alla salvezza: per i Cristiani mangiando il corpo di Gesù, dopo essere stati Battezzati, per gli Islamici non lo so con sicurezza, bisogna chiedere a qualche Imam. Con gli Ebrei andiamo nel vago, a quanto ho capito, ovvero, scusa, bisogna attendere il Messiah, ma non si sa bene cosa succederà poi.
Correggo : … un mistero che non possiamo comprendere …
Ho sempre sostenuto che la teologia è la “scienza” delle scuse, delle arrampicate sugli specchi per giustificare l’ingiustificabile.
Visto che sia la bibbia che i vangeli, come il Corano, non sono stati scritti direttamente da dio o da Gesù, ma sono scritti da uomini che riporterebbero quanto la divinità vorrebbe o avrebbe detto, quale sarebbe la garanzia che abbiano capito bene visto che loro stessi riconoscono che vi sono cose che non possiamo comprendere noi umani, però poi questi esseri umani pretendono di dettare legge agli altri su quanto il dio vorrebbe? Un po’ come quegli studenti ignoranti che riportano convintamente affermazioni o conclusioni distorte falsandone il senso perchè basate su ciò che loro avrebbero capito erroneamente.
Inoltre trovo veramente barbaro e frutto dell’epoca il concetto di colpa collettiva e di trasmissione collettiva: per fortuna nel nostro ordinamento democratico non è previsto che le colpe passino dai padri, nonni, ecc. a figli e nipoti. Se così fosse tutti i papi dovrebbero essere in galera per tutti i crimini commessi dai loro predecessori visto che nella religione cattolica si parla di continuità tra i papi.
Caro Roberto V
Volevo soltanto fare notare che articoli su Mubarak Bala sono stati scritti anche su giornali francese o francofoni in generale e fra quelli su due noti giornali francesi : ” Le Figaro ” ( destra ) e ” Le Monde ” ( sinistra ) .
Grazie dell’informazione. Purtroppo non conosco il francese. Io avevo fatto una ricerca su google ed avevo trovato solo articoli in inglese, quelli in italiano erano dell’Uaar. Quello che volevo far notare è che all’estero ne avevano parlato, mentre i media italiani lo avevano ignorato, quei media, alla pari del governo, che non perdono occasione di parlare delle supposte “persecuzioni dei cristiani” nel mondo (senza chiedersi magari il perchè). Gli atei non fanno notizia e non sono funzionali alla propaganda vittimistica.
Correggo. Ho trovato un articolo in italiano di 4/5 anni fa sul corriere della sera ed uno di Micromega, oltre a quelli UAAR, nessun articolo di Repubblica, neanche del Manifesto.