Il 30 settembre 2025 il Consiglio Comunale di Madrid, grazie all’alleanza delle destre (Partido Popular e Vox), ha approvato una misura che impone ai servizi municipali di salute, pari opportunità e assistenza sociale di fornire alle donne che scelgono l’interruzione volontaria di gravidanza informazioni su una presunta “sindrome post-aborto”. Si tratta di un concetto privo di qualsiasi riscontro clinico da parte della comunità scientifica internazionale, eppure brandito ossessivamente dalla propaganda antiabortista che caldeggia chiusure reazionarie.
Questa decisione istituzionalizza la disinformazione e segna una grave retrocessione nell’ambito dei diritti riproduttivi e dell’autodeterminazione femminile. All’ombra della manovra oscurantista si muovono reti civiche come Actúa Familia e si rintraccia l’ingombrante peso politico della Chiesa cattolica nella scacchiera politica.

La mozione, presentata dalla consigliera di Vox Carla Toscano, impone che le informazioni vengano trasmesse “in maniera obbligatoria, permanente, visibile e verbale” presso i centri municipali1. Durante l’intervento, Toscano ha citato cifre allarmanti: “il 91% delle donne che abortiscono soffre questa sindrome”, “il tasso di suicidi è sette volte più alto in questi casi”.
Nessuna fonte scientifica è stata fornita a sostegno dei dati perché nessuna istituzione scientifica internazionale riconosce la “sindrome post-aborto” come entità clinica. Non compare nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) né nell’ICD-11 (Classificazione internazionale delle malattie dell’OMS).
L’unico rischio per la salute psicologica femminile deriva semmai dalle restrizioni, dallo stigma e dalla disinformazione. Siamo dunque davanti a un uso politico della pseudo-scienza, che trasforma il servizio pubblico in un pulpito per dogmi morali travestiti da diagnosi cliniche. Da Moncloa2 non è tardata la risposta: sancire costituzionalmente il diritto all’aborto. Il governo centrale annuncia nuovamente una riforma costituzionale per includere il diritto all’aborto nella Carta Magna.
Bisognerà attendere un procedura di riforma ordinaria della costituzione, che richiede una maggioranza qualificata per essere approvata: due terzi del Congresso, cioè 200 voti favorevoli. Il Tribunale costituzionale stesso ha già riconosciuto l’interruzione volontaria della gravidanza come un diritto essenziale delle donne nella sua sentenza 44/2023, del 9 maggio. Se la modifica costituzionale si rendesse effettiva, la Spagna diventerebbe il secondo paese al mondo a riconoscere il diritto all’aborto nella propria costituzione, dopo che la Francia lo ha fatto nel 2024.
Attualmente in Spagna questo diritto è riconosciuto attraverso la Legge Organica sulla Salute Sessuale e Riproduttiva e sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza del 2010, poi ampliata nel 2023. La proposta di elevarlo al rango costituzionale era già stata avanzata nel 2013 dal Partito Socialista e ripresa al principio del 2024 da Sumar (un partito di sinistra, alleato del PSOE) con l’obiettivo di rendere il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza una scelta libera, informata, piena e garantita. Insomma, questa iniziativa viene tirata fuori e poi riposta nel cassetto da anni.
L’unico dato certo – per ora – è che la mozione del municipio di Madrid è stata approvata.
Da decenni operano in Spagna reti di associazioni antiabortiste ispirate all’umanesimo cristiano. Quest’ultimo dice di voler valorizzare la dignità umana, la ragione integrata con la fede, la giustizia sociale e la promozione dei diritti fondamentali sempre secondo un modello tradizionale. Serpeggia tanto in ONG come in movimenti civici che si adoperano per tradurre i valori cristiani in politiche sociali. Scevra di funzione emancipatrice questa corrente diviene un mezzo di controllo ideologico occulto.
Tra questi gruppi si trova Actúa Familia. Fondata nel 2019, questa piattaforma si proclama impegnata nella difesa della vita, della famiglia e delle libertà fondamentali. La sua missione è promuovere politiche pubbliche che tutelino questi valori, intervenendo in ambiti come l’educazione, la sanità e le politiche sociali.
Il movimento si è sviluppato come una risposta alle sfide poste dai governi di apertura socialista, cercando di riaffermare l’importanza della famiglia tradizionale come nucleo fondamentale della società. Actúa Familia ha promosso diverse iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e influenzare l’azione politica promuovendo candidati e partiti che condividono i valori della piattaforma.
L’organizzazione ha celebrato sui canali social la mozione di Madrid come una giornata storica per la battaglia pro-vita. La strategia è tipica delle OLIC-N (Organizaciones laicas de inspiración católica y ideología neoconservadora)3 cioè reti civiche, spesso guidate da cattolici vicini a movimenti ecclesiali, che portano nel dibattito pubblico istanze di matrice religiosa senza apparire confessionali.
Nonostante l’intenzionata opacità, il modello operativo è chiaro: la propaganda si porta avanti attraverso i social network, quindi scala nei municipi attraverso proposte di mozioni reazionarie sostenute dai partiti di destra (Vox e PP) mentre parallelamente si alimenta una mitopoiesi che normalizza l’idea di un rischio psichico nell’aborto. Il panorama ideologico di questi gruppi che esercitano pressioni locali si ricompone nelle connessioni con reti internazionali, think tank globali che difendono posizioni conservatrici su aborto, matrimonio e libertà religiosa.
La gerarchia cattolica spagnola mantiene un’influenza storica nelle istituzioni locali. Sebbene la costituzione del 1978 proclami formalmente l’aconfessionalità dello Stato, gli accordi bilaterali tra lo Stato e la Santa sede, firmati successivamente, garantiscono alla Chiesa un ruolo privilegiato, inclusi finanziamenti e presenza nel sistema educativo.
A Madrid (e in altri municipi) questa influenza si traduce in rapporti costanti tra giunta municipale e arcivescovado: basti pensare al supporto istituzionale alle processioni, al finanziamento indiretto di scuole cattoliche o alla concessione di spazi pubblici a marce antiabortiste. Il provvedimento approvato il 30 settembre è un ulteriore passo in questa direzione: non è la Chiesa a imporre direttamente ma sono le sue estensioni associative a trasformare la morale religiosa in regolamento amministrativo.
Legittimare una fallacia come quella della “sindrome post-aborto” apre la strada a una stigmatizzazione istituzionale che contraddice i principi di neutralità dello spazio pubblico e i diritti fondamentali sanciti dalla legislazione spagnola ed europea.
Torna in mente Marc Bloch: “Una falsa notizia è solo apparentemente fortuita, o meglio, tutto ciò che vi è di fortuito è l’incidente iniziale che fa scattare l’immaginazione; ma questo procedimento ha luogo solo perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento”. La falsa notizia non ha bisogno di essere scientificamente vera: basta che si connetta alle aspettative e ai pregiudizi del gruppo target.
Social media, lobby religiose o piattaforme come Actúa Familia e la più estesa CitizenGo sfruttano proprio questo meccanismo per creare consenso, pressione politica e identità collettiva. Ogni incidente, anche isolato, amplifica la percezione di minaccia. Nel tempo, questo genera movimenti strutturati pronti a intervenire nella politica e nella società per difendere valori percepiti come “minacciati”. I movimenti sono organizzati e transnazionali ed insistono nei municipi, nei regolamenti locali, nelle delibere che influenzano la vita quotidiana.
L’episodio madrileno è più che un aneddoto. Dimostra come le libertà conquistate non siano del tutto garantite ma anche che solamente la laicità è garanzia di libertà.
Federica Marzioni
Approfondimenti
- Acta del Pleno, Ayuntamiento de Madrid, 30/09/2025 – Verbale della seduta plenaria, Comune di Madrid, 30/09/2025.
- Sede della Presidenza del Governo del Regno di Spagna
- García Martín, Joséba; Perugorría, Ignacia. El campo antiderechos español frente a la Ley de Eutanasia. Repertorio movilizacional y trabajo identitario (2018-21). Revista Internacional de Sociología, Vol. 81, Núm. 4 (2023)

Sante parole Enrica….
La gente (ovviamente non solamente gli spagnoli), dovrebbe sapere che una grande maggioranza dei gameti, quindi cellule viventi, moriranno senza partecipare nella riproduzione, sia per le emissioni notturne, « peccato dei chierici » negli uomini, o ciclo mestruale delle donne nell’assenza di rapporti sessuali. Quindi ritengo sia assurdo seguire, o capire il legislatore cosi come il teologo quando definiscono la fecondazione come “inizio della vita”. Anche se sono aploidi, gli spermatozoi e ovuli hanno –senza nessuna ambiguità- lo status di “vivente” ancora più fondamentale che l’uovo diploide che formano fusionandosi !
Quando si parla o focalizza troppo sull’embrione, gridando a squarciagola per definire un suo statuto, dimentichiamo l’uomo. Ci concentriamo su un essere virtuale, potenzialmente “perfetto”, dicono…. Trascurando cosi chi vive, e pienamente cosciente di esserlo….
Altro che sindrome post aborto.
Quella che viene sottovalutata e’ la depressione puerperale post-partum,comune a tutte le madri,che fortunatamente la maggior parte supera,ma non tutte.
Anche chi ha scelto la maternita del tutto liberamente,magari con entusiasmo,
talvolta si accorge troppo tardi che accudire per anni un bambino comporta impegni troppo pesanti per le proprie forze.
E le conseguenze inevitabilmente saranno gravi sia per la coppia dei genitori sia ,ovviamente,soprattutto per il bambino.
Si stenta a capire gli anti-abortisti. Arrivano a inventarsi idiozie e a arrampicarsi sugli specchi. Ma poi che gliene importa?
Se si arriva a inserire una cosa personale e poco significativa in costituzione, gli anti-abortisti se la sono cercata.