La redazione del Comitato “Pro-life insieme” ha inviato una lettera all’Uaar in seguito alla pubblicazione nel nostro blog di un articolo in data 8 ottobre in cui si segnalava come il 30 settembre 2025 il Consiglio Comunale di Madrid, grazie all’alleanza delle destre (Partido Popular e Vox), avesse approvato una misura che impone ai servizi municipali di salute, pari opportunità e assistenza sociale di fornire alle donne che scelgono l’interruzione volontaria di gravidanza informazioni su una presunta “sindrome post-aborto”.
La lettera contiene una serie di affermazioni che ci sembra opportuno verificare puntualmente.
La lettera esordisce con questa frase: «La decisione del Consiglio Comunale di Madrid di informare le donne sui rischi psicologici post-aborto non è un “mito” clericale, ma un atto di responsabilità verso la salute femminile, fondato su dati scientifici e un’etica che riconosce la dignità della vita umana dal concepimento».

Nel prosieguo della lettera ci saremmo aspettati che, come avviene regolarmente quando si parla di «dati scientifici», venissero forniti dei riferimenti bibliografici a sostegno dell’affermazione. Invece (spoiler) non ne sono stati forniti di nessun tipo.
Ma questo non ha frenato la nostra curiosità e abbiamo quindi esaminato comunque le affermazioni del comitato che criticava fin dall’inizio il nostro articolo sostenendo che stavamo «ignorando una mole di evidenze che documentano depressioni, ansie e traumi persistenti in molte donne dopo l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Studi globali rivelano che il 34,5% delle donne sperimenta depressione post-aborto. Una revisione sistematica su oltre 1 milione di casi evidenzia un rischio raddoppiato di ospedalizzazioni per problemi mentali a lungo termine dopo l’IVG, con sintomi che includono depressione, disturbi alimentari e timori di infertilità».
Si nota chiaramente il tentativo di fare sembrare scientificamente fondate tali affermazioni con l’uso di un linguaggio apparentemente serio («studi globali», «una revisione sistematica») e con la pubblicazione di numeri e percentuali che vorrebbero essere di conferma a quanto sostenuto ma, come anticipato, non è dato sapere a quali studi o revisioni si faccia riferimento. È fin troppo facile notare come questo sia il metodo che di solito si ritrova in interventi di carattere pseudoscientifico, in cui i ciarlatani (più frequentemente quelli che pubblicizzano pseudomedicine) adottano espressioni analoghe per sostenere posizioni che la comunità scientifica è ben lontana dal ritenere valide. Ma nella loro lettera scrivono anche qualcosa ci ha fatto sorridere: «Organismi come l’APA (Associazione Psichiatrica Americana) negano l’esistenza di una “sindrome” codificata, ma ammettono che ricerche inconcludenti non escludono impatti emotivi negativi».
È divertente notare come gli stessi pro-life definiscano «inconcludenti» gli studi da loro stessi citati, anche se non si può escludere che, maldestramente, non abbiano saputo gestire adeguatamente una traduzione automatica.
Poi dagli studi sedicenti scientifici passano ai riferimenti religiosi: si citano encicliche del magistero della chiesa cattolica e reti cattoliche come Actua Familia, una piattaforma spagnola basata sui principi del «umanismo cristiano» (sic) sostenendo che non si tratta di «controllo clericale» ma di un «richiamo alla verità» (sic).
Per dare peso alle loro «affermazioni scientifiche» il comitato si appoggia al dott. Alberto Virgolino, casualmente presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi ed Ostetrici Cattolici che sostiene che «negare effetti post-IVG equivalga a disprezzare la salute femminile per interessi ideologici»; affermazione che, venendo da un esponente di una delle ideologie più rigide conosciute, assume toni quasi farseschi.
Medico che approfitta dell’occasione per prendersela, già che c’era, anche con la PMA (procreazione medicalmente assistita) che a suo dire, sempre secondo studi scientifici (chissà quali) avrebbe un «impatto devastante» sulle donne che ne intraprendono il percorso: «ansia, depressione e un lutto silenzioso per gli embrioni sacrificati […] feriscono l’anima delle coppie coinvolte».
Insomma, il “Comitato Pro-life insieme”, per contestare un articolo pubblicato dall’Uaar propone un potpourri di pseudoscienza, pseudomedicine e pseudopsicologia mescolando maldestramente supposti e mai provati effetti dell’IVG, inventati impatti devastanti della PMA sulle coppie, paure incontrollabili e lutti profondi nelle donne coinvolte, «lasciate sole col loro dolore», cercando così di provocare, come il cattolicesimo fa ormai da due millenni, dei sensi di colpa che dovrebbero allontanare le persone dal “peccato”.
È ben noto che i maldestri tentativi di “piegare” la scienza e il metodo scientifico per giustificare dogmi o pregiudizi di carattere religioso siano inevitabilmente destinati a fallire: cercare di far credere “scientificamente” che la sindone sia autentica, che il “sangue” di un santo si possa liquefare, che le madonne piangano sangue o che l’IVG provochi un’inevitabile e devastante depressione sono forzature destinate a fallire.
È vero che l’Associazione Psichiatrica Americana (APA) non riconosce formalmente una “sindrome post-IVG” come entità diagnostica a sé stante nel suo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), ma considera alcuni sintomi correlati all’aborto volontario (IVG) come parte di disturbi post-traumatici, come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).
Questi sintomi possono includere ansia, depressione, sensi di colpa, disturbi del sonno e flashback, variano da persona a persona e colpiscono in particolare donne portatrici di fattori predisponenti (tratti di personalità correlati al nevroticismo, storia pregressa di disturbi mentali come ansia o depressione, mancanza di supporto sociale e/o familiare).
Ma è vero anche che, pure per l’Aogoi, l’aborto volontario, rispetto a quello spontaneo o terapeutico, è gravato da un maggiore stigma sociale e culturale. A differenza dell’aborto spontaneo, nella mente delle persone è correlato a una «consapevolezza di responsabilità»: un argomento complesso questo, che tocca diverse dimensioni tra cui quelle etiche, religiose, mediche e psicologiche. Andrebbe perciò evitato quello stigma che invece i pro-life alimentano.
La depressione post-parto esiste e non si può escludere che alcune donne, anche spinte dalle pressioni psicologiche di organizzazioni religiose, possano soffrire di una qualche forma di depressione in seguito a un’IVG e in questo caso andrebbero comunque aiutate psicologicamente e non certo colpevolizzate; ma affermazioni come quelle sostenute dagli integralisti pro-life devono essere sostenute da prove scientifiche solide e non basate su credenze religiose.
Anzi, dai risultati di vari studi è emerso che non ci sono differenze statisticamente significative nell’uso di farmaci antidepressivi tra chi ha abortito e chi invece non ha avuto alcun aborto, e perfino che il rischio di cadere in depressione è doppio in chi ha partorito rispetto a chi ha abortito.
In ogni caso, come la depressione post-parto non dovrebbe indurre le donne a non fare figli, anche l’eventuale e non provata depressione successiva a un’IVG non può certo giustificare quanto sostenuto dal comitato pro-life.
Massimo Albertin

Allora, in parole povere: i problemi post aborto sono originati soprattutto
dal condizionamento inferto alle donne dall’onnipresente propaganda religiosa. Giusto?
C’è poco da girare intorno alla propria sfera personale, alla libertà individuale, il diritto all’autodeterminazione è invalicabile. Le religioni, i religiosi sono determinati nell’ingerenza verso il “prossimo” x interesse pubblico, senza raziocinio ovvero senza prendere coscienza del rispetto reciproco fra persone civili e/o in questo caso anche incivili.
La sindrome post-aborto (o PAS) è un’ipotesi sostenuta dagli attivisti anti-aborto, (ben descritta nell’articolo di Massimo) secondo la quale l’aborto avrebbe conseguenze negative sulla salute mentale delle donne che ne hanno avuto bisogno. Non si basa su alcuna realtà scientifica. Al contrario, le donne che hanno abortito non sono diverse in termini di benessere psicologico dalle donne che hanno portato a termine una gravidanza non pianificata. Questa nozione è utilizzata da circoli di attivisti, sovente fondamentalisti, fanatici religiosi contrari al diritto all’aborto. La comunità scientifica nega qualsiasi realtà scientifica a questa sindrome palesemente pseudoscientifica !
Va inoltre notato che le persone strumentalizzate dai rispettivi prelati delle trè religioni abramitiche, incorrono il rischio psicologico dell’effetto placebo NEGATIVO (non positivo) con conseguenze a volte disastrose.
Ciarlatani.