È giovane ma non lo dimostra

Il Giubileo dei giovani 2025 ha registrato una partecipazione dimezzata rispetto a quello del 2000 e un impatto turistico ed economico limitato, con costi pubblici ingenti. Affronta il tema Federico Tulli sul numero 5/2025 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Sbandierato dalla macchina organizzativa della Santa sede come uno degli eventi centrali del 2025, il Giubileo dei giovani che si è svolto a Roma dal 28 luglio al 3 agosto scorso ha concentrato su di sé l’attenzione mediatica soprattutto della televisione pubblica italiana e della stampa generalista che in qualsiasi modo hanno cercato di restituire l’immagine di un successo senza precedenti. Secondo le stime ufficiali, in quei giorni, almeno 500mila giovani pellegrini si sono riversati nella capitale da oltre 150 Paesi diversi e il raduno è culminato nella messa conclusiva a Tor Vergata, celebrata dal papa, cui hanno assistito circa un milione di persone.

Una mobilitazione logistica imponente, con numeri però ben lontani da quelli della Giornata mondiale della gioventù del 2000, che pure si svolse a Roma durante il Giubileo. In quel caso la partecipazione fu stimata in oltre due milioni di ragazze e ragazzi. La retorica ha parlato di «grande abbraccio dei giovani», ma nei fatti da Giovanni Paolo II a Leone XIV la chiesa cattolica si è persa per strada metà del pubblico giovanile.

Nonostante la breve durata, il Giubileo dei giovani ha attivato una macchina organizzativa con costi pubblici diretti e indiretti importanti. Consultando la banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’Autorità anticorruzione (Anac), è emerso che le sole spese logistiche dirette (accoglienza, sicurezza, mobilità, pulizia straordinaria, allestimenti, vigilanza, servizi sanitari, supporto ai volontari) hanno sfiorato i 10 milioni di euro.

Per farsi un’idea delle voci di spesa, ecco alcuni tra i vari servizi offerti gratuitamente ai pellegrini: «fornitura di n. 750.000 bottigliette d’acqua e servizio di refrigerazione» (costo per i contribuenti 220mila euro), «fornitura a noleggio di bagni chimici» (costo per i contribuenti 24mila euro), «realizzazione, installazione e rimozione del cristo da applicare sulla croce del palco realizzato per la veglia e messa a Tor Vergata» (costo per i contribuenti 12.400 euro), «pulizia e sanificazione bagni e docce» del Villaggio campale realizzato nell’area della Città dello sport di Tor Vergata per le funzioni di supporto dell’evento (costo per i contribuenti 104mila euro), e così via. A questi si sommano almeno altri 5 milioni di euro in interventi straordinari su piazze, strade, trasporti, pensiline e bagni pubblici nella settimana centrale.

E poi ci sono i costi indiretti, incalcolabili. Il cuore del dispositivo di accoglienza è stato il modello “zero albergo”: i giovani sono stati ospitati perlopiù in scuole pubbliche, palestre comunali, oratori e presso la Fiera di Roma che da sola ha predisposto 25mila posti letto. Le strutture, individuate nei mesi precedenti in collaborazione con la diocesi di Roma e la Protezione civile, sono state trasformate in dormitori temporanei con l’installazione di brandine, docce mobili, gruppi elettrogeni, vigilanza e catering a basso costo.

Ecco cosa si legge in proposito sul sito di Risorse per Roma impegnata in una parte dell’accoglienza: «I plessi scolastici interessati dall’accoglienza ai giovani sono stati 434, con l’alloggio di circa 40.000 pellegrini nei giorni dal 28 luglio al 4 agosto. Gli operatori di Risorse per Roma impegnati sul campo sono stati 370 su suolo capitolino, per un totale di 450 su tutta la città metropolitana (ai quali vanno aggiunti 3.000 volontari della Protezione civile, 4.000 di Anpas e 500 della Santa Sede, ndr), e hanno svolto turni di circa 10 ore al giorno che li hanno visti occupati in attività di accoglienza, pulizia e piccola manutenzione. I lavori di RpR per il Giubileo dei giovani sono iniziati nei giorni precedenti all’arrivo dei pellegrini con interventi di pulizia iniziale delle aree adibite all’accoglienza, principalmente bagni e palestre dei plessi interessati.

Successivamente si è continuato con la distribuzione dei “kit del pellegrino” e delle colazioni, oltre che con ulteriori operazioni quotidiane di pulizia. Durante il corso dell’intera settimana giubilare i dipendenti di Risorse per Roma hanno, inoltre, effettuato quasi 400 interventi manutentivi per agevolare la corretta vivibilità dei luoghi di accoglienza, tra riparazioni, apertura e chiusura cancelli, ripristino degli impianti elettrici, con un presidio notturno attivo h24». L’ufficio di Pastorale giovanile della diocesi di Roma si è occupato della mappatura per l’accoglienza dei giovani pellegrini e dei volontari, mentre il resto dell’organizzazione è stato di competenza del Dicastero per l’evangelizzazione della Santa sede.

Quel che emerge è un modello apparentemente virtuoso, ma non un centesimo è uscito dalle casse della Chiesa e nessun contributo economico è stato chiesto ai pellegrini per l’uso di strutture pubbliche. Tutto è stato interamente sostenuto con fondi pubblici e a pagare sono stati i contribuenti, anche quelli estranei o contrari all’iniziativa religiosa.

A questo si aggiunge – a proposito di costi indiretti – che diversi impianti sono rimasti chiusi al pubblico e inutilizzabili per le attività civiche o sportive per quasi due settimane e poi ci sono stati da pagare gli straordinari di oltre mille tra agenti delle forze dell’ordine, vigili del fuoco e personale sanitario impiegati nella sola giornata conclusiva a Tor Vergata.

Si diceva all’inizio della copertura mediatica da parte della televisione pubblica che, come è noto, già in condizioni normali non lesina spazi nel palinsesto alla propaganda religiosa cattolica. Oltre alla comunicazione c’è stata la pubblicità istituzionale: spot radiofonici, affissioni, banner su testate nazionali e locali, eventi mediatici e una massiccia campagna social a spese (che non abbiamo potuto quantificare) di chi paga le tasse. Sotto l’etichetta di “promozione turistica” si è finito quindi per promuovere con soldi pubblici un evento a forte connotazione religiosa, sostenendo indirettamente (una volta di più…) la visibilità della Santa sede.

Un’ultima menzione merita la questione “turismo”. A novembre 2024 durante il Forum internazionale del turismo la ministra Santanchè aveva parlato del Giubileo come di «un’occasione unica per crescita settore»6 e le previsioni parlavano di 35 milioni di arrivi, 105 milioni di presenze, 17 miliardi di euro stimati per Roma come ricaduta sul settore turistico e sulle attività commerciali connesse. Ma un’analisi a metà anno ha mostrato una verità ben più sfumata (che forse era possibile prevedere).

Il turismo religioso, pur massiccio in termini numerici, ha una spesa media giornaliera inferiore rispetto al turismo culturale o congressuale. Lo dicono le associazioni di categoria, ma anche i numeri: meno consumi, meno notti in hotel, meno ristorazione, più logistica gratuita. Nei primi mesi del 2025 l’occupazione media degli hotel è calata tra il 3% e il 4% rispetto al 2024, con picchi negativi tra le strutture di fascia alta. Il settore degli affitti brevi non è andato meglio: l’offerta ha raggiunto quota 10.000 alloggi a Roma, ma il tasso di occupazione è sceso dal 78% al 70%.

Un’anomalia per una città che avrebbe dovuto essere presa d’assalto. A pesare è stata soprattutto la composizione del flusso turistico: i pellegrini arrivano, ma non compensano. Cercano sistemazioni gratuite o religiose, spesso fuori dai circuiti alberghieri e dalle piattaforme. Intanto, il turismo “laico” diserta Roma, per timore di disagi e rincari. Il risultato è una città meno piena ma più cara: il prezzo medio per notte negli alloggi brevi ha toccato i 199 euro, in crescita del 5% rispetto al 2024.

Analisi che vale ancor di più se concentrata sul Giubileo dei giovani. Il profilo tipico del partecipante – giovane, spesso minorenne, ospitato gratuitamente in strutture religiose, parrocchie e come abbiamo visto, siti pubblici – non ha incentivato né lo shopping né la ristorazione di qualità, spendendo poco e per pochi giorni.

Insomma, dietro le stime trionfali dei 17 miliardi di euro di spesa turistica si cela una dinamica ben più fragile che in realtà non dovrebbe sorprendere. Studi pregressi, come quelli della Banca d’Italia sul Giubileo del 2000, hanno mostrato che l’effetto degli eventi religiosi sul Pil locale è spesso transitorio e limitato.

Nel 2000, nonostante un aumento record del 42% nelle presenze turistiche, l’impatto sulla spesa fu solo del 20%. E, per molti operatori locali, si trattò di un “effetto sabbia”, cioè visibile alla superficie, ma incapace di sedimentare crescita duratura. Il Giubileo dei giovani 2025 sembra aver replicato quella dinamica: afflussi importanti (tuttavia ben lontani dal record), retorica esuberante, ma con un ritorno economico reale tutto da dimostrare.

Federico Tulli

 


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Un commento

Diocleziano

Anche il più babbeo degli amministratori pubblici dovrebbe sapere che l’afflusso di ‘pellegrini’ (leggi: morti di fame) danneggia il turismo: chi andrebbe in una città di pregio per mischiarsi con pellegrini randagi e scrocconi?

Commenti chiusi.