La crociata dei ragazzi

Mentre sempre più ragazze abbandonano la religione in nome di emancipazione e diritti, l’integralismo seduce i giovani maschi offrendo identità, appartenenza e modelli virili in chiave reazionaria. Affronta il tema Valentino Salvatore sul numero 5/2025 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Nolite te bastardes carborundorum. In latino maccheronico: «Non lasciare che i bastardi ti annientino». La frase si legge nel romanzo di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella, ambientato a Gilead, distopia totalitaria cristiana dei futuri Stati Uniti dove donne dette “ancelle” vengono schiavizzate per generare figli. La protagonista la ritrova nella stanza in cui è reclusa, incisa da una precedente ancella del suo padrone. E diventa una sorta di testimone che la sprona a resistere all’oppressione.

Con il successo della serie tv ispirata al romanzo, uscita nel 2017, diventa motto globale della protesta femminista contro l’oppressione religiosa e sessista. Pure l’estetica delle ancelle (la tunica rossa corredata dalla cuffia bianca) viene ripresa nelle manifestazioni per la difesa dei diritti delle donne, specie in quegli Usa che vivono una regressione, caldeggiata dai fondamentalisti, sinistramente simile agli antefatti del libro.

Da sempre la religione ha più presa sulle donne, giustificando divinamente la subordinazione al maschio (da Eva uscita da una costola in poi) ma pure sacralizzando prerogative femminili come la maternità (vedi alla voce Madonna). Le teorie sul “gender gap” (divario di genere) religioso sono varie, ma quelle che convincono di più gli studiosi oggi lo riconducono a sicurezza sociale, istruzione e lavoro, piuttosto che a esagerate differenze biologiche o psicologiche. In sostanza quando le donne trovano un impiego e conquistano indipendenza e stabilità esistenziale tendono a essere secolarizzate come gli uomini (o quasi).

Dopo decenni di galoppante crescita dei non religiosi nel mondo occidentale si notano segni di frenata. Già abbiamo citato una ricerca che mostra una stabilizzazione dei cristiani negli Usa. Nella generazione Z (nati dalla seconda metà degli anni novanta del secolo scorso) i credenti non sono scesi ulteriormente e si sta invertendo il “gender gap” religioso. Secondo il Survey Center on American Life i maschi ricominciano a essere attratti da tradizionalismo e religione mentre le femmine se ne allontanano: la maggioranza (54%) dei giovani che abbandonano la religione sono ragazze.

I non affiliati della generazione Z calano al 34%, mentre tra i millennial – nati tra gli anni ottanta e novanta – sono il 37%, dato più alto mai registrato rispetto a generazione X e baby boomer. Invece tra le donne under 30 salgono al 39%, consolidando la tendenza. Risultati in linea col Public Religion Research Institute che confronta i non religiosi nel 2013 e 2024: tra i giovani uomini sono stabili (dal 35% al 36%), le donne schizzano dal 29% al 40%.

Anche in Australia i ragazzi cristiani sono il 39%, mentre le ragazze solo il 28%. La secolarizzazione delle donne si nota in tutto l’occidente, Italia compresa. Il sociologo Luca Diotallevi nel libro La messa è sbiadita, dedicato al calo della partecipazione religiosa in Italia dal 1993 al 2019, evidenzia «una progressiva e marcata assimilazione del profilo femminile a quello maschile», con le donne che vanno «a un ritmo più veloce di quello degli uomini».

Le ragazze si identificano più di prima come femministe e persone Lgbt+. Rivendicano diritti, sono impegnate, mettono in discussione strutture tradizionali e sessismo. Ciò può tradursi in posizioni intersezionali molto vocianti e ideologizzate, che talvolta rischiano di scadere nella misandria. Nel circo polarizzante dei social sono virali contenuti agguerriti di femministe o persone queer, ma pure di maschilisti e omofobi che le trollano.

A fare le spese di questa coscienza neofemminista sono pure le Chiese, abbandonate in massa, accusate a ragione di discriminare e negare diritti, specie su aborto, contraccezione, libertà sessuale. E infatti negli Usa la quota record del 65% tra le giovanissime (18-29 anni) ritiene che le Chiese non trattino le donne equamente.

Per la controparte maschile è il 54%, poca differenza rispetto ai più adulti. Le ragazze Usa aumentano il distacco per grado di istruzione e danno meno importanza a famiglia, figli e religione per realizzarsi. Ciò genera frustrazione in molti uomini e anche contraccolpi come le tradwife, donne che esaltano il ritorno a vita casalinga, valori ed estetica di una volta.

Intanto cosa succede ai giovani maschi? Sempre dati Usa notano che rispetto alle coetanee frequentano di più le chiese, sono attivi in gruppi religiosi, promuovono nazionalismo cristiano e visione apocalittica. La politicizzazione di mascolinità e religione crea un’ideologia attraente per giovani adulti in cerca di identità in un mondo dove crollano valori, gerarchie, certezze.

La riscossa di Donald Trump alle presidenziali statunitensi del 2024 ha giovato anche di questa massa di uomini “arrabbiati”, fenomeno intuito un decennio fa dal sociologo Michael Kimmel nel libro Angry White Men. I giovanissimi – a differenza dei millennial, più progressisti – tendono a dirsi discriminati su questioni come genere, politicamente corretto, donne, persone Lgbt+, e a orientarsi a destra rigettando liberalismo, laicità, femminismo.

Aspetto da non sottovalutare nelle ricerche è l’accoppiata tra vittimismo e cristianesimo, spiccata tra i giovanissimi. Molti ragazzi “normali” si sentono messi da parte, mentre donne, minoranze e persone Lgbt+ sembrano avvantaggiate. Negli Usa anche a causa delle politiche di diversità, equità e inclusione (le “Dei”, talvolta scriteriate) e del clima di conformismo woke delle università, contro cui Trump ha avuto buon gioco ad aizzare il risentimento.

Intanto cresce un sottobosco internet con influencer, guru e intellettuali accattivanti e riferimenti alla cultura pop che animano la cosiddetta manosfera (o androsfera). Nel calderone finisce di tutto: conclamati misogini, reazionari, integralisti, antifemministi, ma anche critici delle storture del neofemminismo, chi mette in luce i disagi del genere maschile, uomini con difficoltà nelle relazioni, le rivendicazioni di padri separati. Da questo calderone esce pure l’ideologia red pill, di cui si è parlato nello scorso numero. Queste subculture vengono riadattate a religioni e conflitti sociali e di genere anche fuori dall’occidente: ad esempio in India, in Africa, o in Corea del Sud.

Gli ambienti dell’androsfera non sono per forza religiosi, ma la tendenza è uno scivolamento verso posizioni conservatrici e confessionaliste in contrasto a woke e femminismo, come emerge da alcune figure di riferimento. Emblematico è il caso di Jordan Peterson, carismatico psicologo canadese molto influente nella destra anglofona.

Autore nel 2018 del bestseller 12 regole per la vita, diventato una Bibbia per uomini insicuri, mischia in maniera seducente argomenti pescati da psicologia, religioni e scienza (o presunta tale) per giustificare differenti ruoli di genere e conservatorismo sociale contro il nichilismo contemporaneo. Sebbene sia ambiguo nel dirsi cristiano, attualizza il pensiero religioso e viene sbandierato per scopi apologetici.

Di tutt’altra pasta è Andrew Tate: ex campione di kick boxe noto per sparate misogine e ostentazione pacchiana, è un modello per aspiranti maschi alfa. Negli ultimi anni ha avuto grossi guai con la giustizia per accuse di sfruttamento della prostituzione e violenze. Eloquente la sua parabola religiosa: di famiglia cristiana, diventa ateo, poi si avvicina alla chiesa ortodossa (operava in Romania), quindi si converte all’islam nel 2022.

Ovvero «la religione più di destra sulla Terra», come dirà in un’intervista, che incarna la sua visione reazionaria e machista, con un dio che impone limiti e incute paura. Infatti esalta i Paesi musulmani che non sarebbero corrotti dall’immoralità come quelli occidentali, troppo tolleranti. I professionisti della dawah (proselitismo islamico) sono indulgenti verso Tate, visto il risvolto propagandistico della sua conversione.

D’altronde l’islam è oggi la religione monoteista più misogina e patriarcale, dove la donna è soggetta a una subordinazione legalizzata – dettagli che le femministe troppo spesso dimenticano. Il suo paradiso somiglia al valhalla norreno, ma riconvertito in harem arabico, dove i combattenti caduti per la guerra santa possono sollazzarsi al fresco con bellissime donne. Un sogno bagnato per maschi giovani (e scapoli), quota rilevante tra gli islamisti. Inoltre, seppur minoritarie, si registrano conversioni alla chiesa ortodossa tra gli uomini, affascinati da riti austeri e conservatorismo (e magari pure dall’affinità al regime russo).

La “mascolinizzazione” odierna delle Chiese riecheggia la fondazione, tra ottocento e novecento, di organizzazioni sportive e ricreative nel nome di un cristianesimo muscolare che esaltava virilità, disciplina, cameratismo. Come la Young Men’s Christian Association (Ymca, proprio quella della canzone dei Village People, divenuta paradossalmente un inno gay), o gli scout, e i cui animatori hanno promosso la cultura dello sport contemporaneo.

Queste realtà contrastavano la “femminilizzazione” delle Chiese che si trascinava da secoli, allontanando i maschi. Anche certe Chiese (persino quella cattolica) sono accusate di essere troppo tolleranti su temi sociali come immigrazione e questioni di genere, di aver ceduto alle sirene del progressismo, insomma di essersi “femminilizzate”. E si assiste al recupero di un cristianesimo che esalta la mascolinità, anche grazie a personaggi che ostentano muscoli e carisma (in Italia abbiamo persino qualche prete palestrato sui social).

Anche se si fanno concorrenza rinfacciandosi atrocità, si nota la convergenza parallela tra settori integralisti di islam, cristianesimo e altre fedi nel nome della lotta comune contro femministe, wokismo e cancel culture (interpretati in maniera sfrenata, tanto che lo diventano pure sostenere i diritti delle persone Lgbt+, partecipare ai Pride, o contestare i simboli religiosi a scuola).

E anche contro entità, come lobby o governi, accusate di distruggere l’ordine o turbare i bambini. Infatti sono molto sentite le questioni Lgbt+ (come l’”ideologia gender” nelle scuole nostrane) e generano una vivida repulsione temi controversi legati alle persone transgender.

All’inizio del nuovo millennio la crescita di atei, agnostici, non religiosi era sostenuta, grazie anche all’internet prima maniera e agli intellettuali dirompenti del new atheism, e coinvolgeva molti giovani maschi. Che oggi invece sono blanditi dalla viralità dell’integralismo religioso, con accattivanti messaggi populisti e influencer dall’apparenza anticonformista. Ma sullo sfondo sempre più ragazze abbandonano le religioni alla ricerca di emancipazione e diritti. Forse il futuro della laicità è donna?

Valentino Salvatore

 


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