Il mestiere della Chiesa e quello dello Stato

Corriere della Sera 29 luglio 2007

Il mestiere della Chiesa e quello dello Stato

Gentile dott. Sergio Romano, ci crede che la sua cortese risposta alla mia (Corriere della Sera del 20 luglio) mi ha turbata non poco? Io capisco che lei non si senta, oppure non voglia dare consigli alla Chiesa; mi sembra anche giusto, ma come si fa a non dare giudizi sulle sue posizioni su temi che riguardano la nostra società? Lei parla di regole alle quali “i suoi membri devono conformarsi”. Ma a quali regole si riferisce? Ho forse capito male? Se lei si riferisce a regole interne alla gerarchia ecclesiatica, io posso comprendere la sua posizione neutrale, ma quando le indicazioni della Chiesa, a prescindere da interferenze dirette nella sfera politica, finiscono per influire sulle leggi che si fanno in Italia, sui costumi, sul modo di vivere dell’intera società, come si fa a non dare giudizi? E se tali indicazioni sono in contrasto con la ragione, con la morale comune, e magari col Vangelo? Ce ne laviamo le mani? Quando parla di “membri” si riferisce agli ecclesiastici, oppure ai fedeli tutti? Perché in questo ultimo caso è vero che appartengono alla Chiesa, ma appartengono anche alla società, e finiscono per influire su questa positivamente o negativamente. E come si fa allora a restare neutrali? Veronica Tussi

Risposta di Sergio Romano

Cara Signora, i giudizi sulla Chiesa dipendono dalla prospettiva e dalla condizione del giudice. Cercherò di proporle qualche esempio. Vi è anzitutto il giudizio del fedele. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, il fedele ha certamente il diritto di battersi perché la Chiesa adotti nuove posizioni in materia di aborto, procreazione assistita, rapporti omosessuali, eutanasia, suicidio, e tutte le altre questioni che hanno formato oggetto di appassionate discussioni nelle società europee e americane di questi ultimi anni. Se la Chiesa di Roma è la “sua” Chiesa, il fedele potrà spingersi, per trasformarla, sino ai confini della disciplina o addirittura, come accadde per molti lefebvriani dopo il Concilio, scavalcarli. Vi è il giudizio dei laici democratici, soprattutto di tradizione giacobina, e dei lontani nipoti di Voltaire. Per costoro la Chiesa ha il diritto di esistere, ma è un’anomalia, una presenza fastidiosa e ingombrante nelle società avanzate, una sorta di residuo storico che dovrebbe starsene tranquillo in un angolo senza pretendere di esercitare alcuna autorità morale. Vi è poi il giudizio di quelle ideologie autoritarie che hanno la propria fede e credono nello Stato etico, vale a dire in uno Stato che è al di sopra delle Chiese e non tollera concorrenti. In questo caso il giudizio dipende dal carattere della ideologia e dalla natura del regime. Il fascismo decise di riconoscere alcuni diritti alla Chiesa cattolica con il Concordato del 1929, ma cercò di farne una volonterosa collaboratrice dello Stato fascista. Il cattolicesimo, per Mussolini, era un dato ineliminabile della identità storica degli italiani e poteva essere usato come religione civile dello Stato nazionale, utile in altre parole per benedire gagliardetti e decorare le pubbliche cerimonie con la propria liturgia. Franco ne fece un carattere distintivo della hispanidad e quindi un utile pilastro del suo nazionalismo. Hitler cercò di sovrapporre al cristianesimo una confusa mitologia teutonica, nibelungica, wagneriana, e si sarebbe volentieri sbarazzato di tutte le Chiese del suo Paese se ne avesse avuto il tempo. Lenin non ebbe alcun dubbio: occorreva sopprimere la Chiesa ortodossa o, tutt’al più, cacciarla nelle catacombe. Stalin adottò la stessa linea fino all’invasione tedesca del 1941, quando ritenne utile farla uscire dalle catacombe e sfruttarla per rendere la guerra “patriottica”. Vi è poi il giudizio dei liberali. Per costoro la Chiesa è una grande istituzione storica che ha il diritto di autogovernarsi, di proclamare le sue verità e di chiedere ai suoi fedeli di osservare i suoi precetti. Il liberale vorrebbe che lo Stato si occupasse il meno possibile di questioni morali, ma sa che vi sono circostanze in cui la mancanza di una regola, soprattutto nelle questioni che concernono la famiglia e la sessualità, può nuocere alla convivenza civile. E sa che la Chiesa cattolica, anche per ragioni storiche, esercita una grande influenza sulla cultura degli italiani. Ma quando le esigenze della Chiesa rischiano di prevalere su quelle dello Stato, il liberale non nega alla Chiesa il diritto di “fare il suo mestiere”. Preferisce ricordare allo Stato che non sta facendo il proprio.

Replica inviata a Sergio Romano il 30 luglio 2007

Gentile dott. Romano, la ringrazio per la colta risposta “Il mestiere della Chiesa e quello dello Stato” (Corriere del 29 luglio). Perdoni un po’ di sfrontatezza dovuta anche a deformazione professionale, ma lei è andato un po’ fuori tema. Lei parla di negare alla Chiesa il diritto di “fare il suo mestiere”; io parlavo d’altro. Cercherò di essere più chiara e concisa. Sono persuasissima che ogni persona onesta abbia non solo il diritto, ma anche il dovere di esprimere giudizi morali (di questo parlavo) sul comportamento della Chiesa. Questo diritto – dovere deriva anche dal fatto, riconosciuto dalla Chiesa stessa (cf Memoria e riconciliazione), di avere commesso gravi errori nel passato, con nefaste conseguenze per i credenti, per i non credenti, e per appartenenti ad altre fedi. Poichè non si può escludere che la Chiesa possa commettere errori nel presente, esprimere giudizi sul suo comportamento attuale può, se non altro, servire ad evitare che essa impieghi secoli per rendersene conto. Il fatto che la Chiesa sia “una grande istituzione storica che ha il diritto di autogovernarsi” (cito le sue parole) non toglie a me la libertà di esprimere giudizi morali sul suo comportamento; così come i miei giudizi morali non tolgono ad essa la libertà di “fare il suo mestiere”. L’appunto che facevo a lei era di evitare sistematicamente di esprimere giudizi, pur ritenendo magari in cuor suo che la Chiesa sbagli. Tutto qua.

Veronica Tussi

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13 commenti

Roberto Grendene

Sergio Romano dice:
«Ma quando le esigenze della Chiesa rischiano di prevalere su quelle dello Stato, il liberale non nega alla Chiesa il diritto di “fare il suo mestiere”. Preferisce ricordare allo Stato che non sta facendo il proprio.»

A parte il girare attorno alla questione, non posso che essere d’accordo su questo punto.
Il mio interlocutore voglio che sia lo Stato e i suoi rappresentati.
A loro chiedo conto del clericalismo di cui si fanno artefici, quando con leggi o comportamenti istituzionali trattano con due pesi e due misure cittadini, associazioni, concezioni del mondo, valori a seconda che siano della religione X, di religioni diverse dalla X, di nessuna religione.

Roberto Grendene

Federico P

“E come si fa allora a restare neutrali?”
E infatti non si può essere neutrali.
“vita militia est super terram” diceva san Paolo. Io penso che nella vita ognuno sia portato ad un certo punto a fare delle scelte.

Sergio

Ci sono certi filosofi (o sedicenti tali ) e opinionisti come Romano che nei riguardi della Chiesa sono molto cauti e rispettosi, anche se non credenti o dichiaratamenti atei. L’elaborata e in gran parte condivisibile risposta di Sergio Romano ne è una testimonianza: Romano non è un volgare e aggressivo anticlericale anche se in materia di sessualità, matrimonio, fecondazione assistita, libertà religiosa ecc. è sicuramente lontano anni-luce dalla Chiesa.
Allora perché tanto rispetto per un’istituzione autoritaria che calpesta il diritto dei non credenti a vivere come pensano sia giusto? Difficile dire.
Comunque personaggi come Romano e i filosofi atei di cui sopra alla Chiesa piacciono molto e li invita anche a corte, mentre prende a calci i cristiani recalcitranti e critici come Küng, Drewermann, Vattimo ecc. E noto in questi personaggi non cattolici anche un certo compiacimento nell’essere ricevuti alla corte papale. Forse perché la Chiesa è malgrado tutto ancora influente e potente e stare all’ombra dei potenti è bello e gradevole oltre che utile Bastava vedere come personaggi come D’Alema e Montanelli, atei, si aggiravano suggestionati e timidi nei sacri palazzi, accolti con ampi sorrisi dalle autorità vaticane. Che schifo, quanta ipocrisia. E anche Sergio Romano, potete contarci, se invitato a corte non rifiuterà l’invito, anzi se ne sentirà usingato e onorato.

Sergio

Ci sono certi filosofi (o sedicenti tali ) e opinionisti come Romano che nei riguardi della Chiesa sono molto cauti e rispettosi, anche se non credenti o dichiaratamenti atei. L’elaborata e in gran parte condivisibile risposta di Sergio Romano ne è una testimonianza: Romano non è un volgare e aggressivo anticlericale anche se in materia di sessualità, matrimonio, fecondazione assistita, libertà religiosa ecc. è sicuramente lontano anni-luce dalla Chiesa.
Allora perché tanto rispetto per un’istituzione autoritaria che calpesta il diritto dei non credenti a vivere come pensano sia giusto? Difficile dire.
Comunque personaggi come Romano e i filosofi atei di cui sopra alla Chiesa piacciono molto e li invita anche a corte, mentre prende a calci i cristiani recalcitranti e critici come Küng, Drewermann, Vattimo ecc. E noto in questi personaggi non cattolici anche un certo compiacimento nell’essere ricevuti alla corte papale. Forse perché la Chiesa è malgrado tutto ancora influente e potente e stare all’ombra dei potenti è bello e gradevole oltre che utile Bastava vedere come personaggi come D’Alema e Montanelli, atei, si aggiravano suggestionati e timidi nei sacri palazzi, accolti con ampi sorrisi dalle autorità vaticane. Che schifo, quanta ipocrisia. E anche Sergio Romano, potete contarci, se invitato a corte non rifiuterà l’invito, anzi se ne sentirà lusingato e onorato.

Alessandro

Sul diritto della chiesa di esprimere le proprie opinioni sono d´accordo. In Italia la vera anomalia é la debolezza del pensiero laico, che aumenta irrelisticamente l´importanza della chiesa.
La cosa sconcertante dell´intervento di Sergio Romano é il giudizio su Voltaire e i suoi nipotini. Voltaire trattato come un volgare mangiapreti e i suoi nipotini, cioè noi, come dei prepotenti che vorrebbero zittire la povera chiesa!
La democristiana Angela Merkel, durante il suo discorso di insediamento alla presidenza dell´Unione Europea ha citato Voltaire e i valori della tolleranza come fondamento delle radici europee. Non ha parlato minimamente delle radici cristiane!
Su questo Romano dovrebbe riflettere.

Nifft

Condivido in pieno le osservazioni di Veronica Tussi. L’atteggiamento di Segio romano è purtroppo emblematico di un atteggiamento diffusissimo ma non giustificato.

Richard Dawkins, nel suo libro “The God Delusion”, lo mette in evidenza e lo critica razionalmente. Egli lo definisce così:

A widespread assumption, which nearly everybody in our society accepts – the non-religious included – is that religious faith is especially vulnerable to offence and should be protected by an abnormally thick wall of respect, in a different class from the respect that any human being should pay to any other.

tentativo di traduzione:

Un’assunzione diffusissima, che viene accettata praticamente da tutti nella nostra società, incluse persone non religiose, è che la fede religiosa sia particolarmente labile agli attacchi e che dovrebbe perciò essere protetta da una barriera particolarmente spessa di rispetto. Tale rispetto è di fatto molto superiore alla normale tipologia di rispetto che gli esseri umani usano ragionevolmente tra di loro.

Dawkins, elenca una serie di casi allucinanti dove questa falsa percezione di “rispetto” ha portato (e porta) a situazioni altamente antidemocratiche e anticostituzionali. Egli suggerisce di sotituire la parola “religione” con la parola “pregiudizio” (che le è tecnicamente sinonimo) per ottenere un effetto dirompente su ciò che viene inteso come normale.

The whole point of religious faith, its strength andchief glory, is that it does not depend on rational justification. The rest of us are expected to defend our prejudices. But ask a religious person to justify their faith and you infringe `religious liberty’.

[…]

You can’t get away with saying, `If you try to stop me from insulting homosexuals it violates my freedom of prejudice.’ But you can get away with saying, `It violates my freedom of religion.’ What, when you think about it, is the difference? Yet again, religion trumps all.

Questa ve la traducete voi 😉 (mi dispiace ma nn sono riuscito a trovare un’edizione in italiano di questo libro…)

Giol

Ancora oggi, purtroppo, esiste in Italia una fin troppo omertosa quanto dannosa reverenza nei confronti dei poteri forti catto-ecclesiastici, tale da indurre adddiruttra i giornalisti ad evitare di parlare di essi e delle loro eventuali malefatte.
Questa non è una cosa degna di uno stato che si voglia dire laico.

shock

…quando le indicazioni della Chiesa …… finiscono per influire sulle leggi che si fanno in Italia, sui costumi, sul modo di vivere dell’intera società, come si fa a non dare giudizi?

beh i motivi possono essere molteplici, io citerò quelli che a me sembrano più importanti in cui sono impliciti e si possono esplicitare altri fattori consequenziali:
1. timore reverenziale
2. complicità celate
3. mancanza di coraggio

E se tali indicazioni sono in contrasto con la ragione, con la morale comune, e magari col Vangelo?

io mi fermerei semplicemente alla ragione, la morale e il vangelo li lascerei perdere a priori, in quanto la prima, la morale, si sa è “ballerina” cioè segue la “moda” dei tempi, il secondo, il vangelo, beh… basarsi su testi scritti circa 2 milleni fa, da persone semisconosciute e di dubbia esistenza, modificati e manipolati allegramente, che affermano “tutto” e il contrario di “tutto” e per dirla alla Odifreddi “trabaccano (lui si riferiva all’intera bibbia, ma il vangelo fa parte della bibbia) di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, sciocchezze umane, perversioni etiche e bruttezze letterarie” lascio a voi l’ardua sentenza.

..i giudizi sulla Chiesa dipendono dalla prospettiva e dalla condizione del giudice…

Questo è innegabile, ma quando il giudice (lui chiama in causa lo stesso fedele) è vincolato per fede a credere all’imputato (la chiesa) …… di quale giudizio si dovrebbe parlare? bah,…
la troppo diplomazia gli ha dato alla testa.

Ma quando le esigenze della Chiesa rischiano di prevalere su quelle dello Stato, il liberale non nega alla Chiesa il diritto di “fare il suo mestiere”. Preferisce ricordare allo Stato che non sta facendo il proprio.

Che bella frase ad effetto….
Per liberale chi non l’avesse capito è lui, il Romano.
Lui mi sa che di liberalismo non ha capito un…. acca “H”. Sta dicendo semplicemente, che se si viene a conooscenza che un individuo è pedofilo e commette da anni fino ad oggi atti di pedofilia e si sa il suo nome, dove abita e si conosce il giorno, l’ora, il luogo di quando commette le sue mostruosità, il liberale non nega il diritto al pedofilo di “fare il suo mestiere” ma preferisce rivolgersi alla polizia (stato) dicendogli “vedi che tu non combatti efficacemente la pedofilia”.
Che bel ragionamento del CAZZO (scusate la veemenza) proprio da ponzio pilato. Certo lascio agli altri sporcarsi le mani e lottare io mi godrò poi solo i benefici.

Gentile dott. Romano, la ringrazio per la colta risposta

Veronica spero che tu, con la parola “colta”, abbia fatto dell’ironia.

Red Passion

“E sa che la Chiesa cattolica, anche per ragioni storiche, esercita una grande influenza sulla cultura degli italiani”
Questa è un’altra leggenda metropolitana! La chiesa cattolica non esercita nessuna grande influenza sulla cultura degli italiani. Gli italiani che si dichiarano cattolici convivono, divorziano, abortiscono, scopano come ricci usando ogni tipo di anticoncezionale, si affidano alla fecondazione artificiale, ecc.
Insomma, nei fatti fanno tutto il contrario di quanto dice la loro chiesa. Per questo la chiesa è obbligata a chiedere ai politici italiani (sempre disponibili con il potente di turno, anche se c’è ancora una bella differenza fra destra e sinistra) di trasformare i loro precetti in legge, come ai bei tempi (per loro) del medioevo.

Lorenzo G.

“Sul diritto della chiesa di esprimere le proprie opinioni sono d´accordo.”

Il problema é sempre lo stesso: per la chiesa esprimere vuol dire imporre. E quand’é così non ne ha nessun diritto.

Roberto Grendene

shock:
«Sta dicendo semplicemente, che se si viene a conooscenza che un individuo è pedofilo e commette da anni fino ad oggi atti di pedofilia e si sa il suo nome, dove abita e si conosce il giorno, l’ora, il luogo di quando commette le sue mostruosità, il liberale non nega il diritto al pedofilo di “fare il suo mestiere” ma preferisce rivolgersi alla polizia (stato) dicendogli “vedi che tu non combatti efficacemente la pedofilia”.»

No: un conto e’ la liberta’ di (espressione del) pensiero e di coscienza, un conto e’ un commettere un reato.
Il liberale e’ per la prima anche quando contrasta con la propria visione.
Il paragone con il reato di pedofilia non regge perche’ il quel caso il legislatore (ossia i nostri rappresentanti in parlamento) hanno fatto leggi, creato regolamenti, strutture ecc., per contrastare il fenomeno.
Nel caso, ad esempio, dell’indottrinamento religioso cattolico sui minori, invece, gli stessi nostri rappresentanti hanno fatto leggi (e le hanno applicate dando stanziamenti in strutture e soldi) per istituzionalizzarlo! (insegnanti di religione catolica scelti dai vescovi, pagati dallo stato, ospitati nella scuola pubblica… ora pure essi in ruolo).
Cosa crea maggiore scandalo? A mio avviso cio’ che hanno fatto i nostri parlamentari.

Ciao
Roberto Grendene

shock

@ roberto

Premetto che ho usato il paragone della pedofilia intenzionalmente dato che la pedofilia nel VAT(er) è di casa.

un conto e’ la liberta’ di (espressione del) pensiero e di coscienza, un conto e’ un commettere un reato.

é vero quel che dici se non fosse che le nostre azioni (reati) il più delle volte sono figlie legittime dei nostri pensieri.
Per farti capire il mio di pensiero, restando in tema di pedofilia, ti dice qualcosa il testo Crimen Sollicitationis e le lettere seguenti a questo?
Bene, il tutto sono un insieme di documenti manifestazione di un libero pensiero, giusto?
Bene, io non mi sentirei di giudicarli se in questi documenti fossero contenute parole in difesa dei bimbi violentati dai preti e di aperta denuncia verso coloro che commettono questi crimini.
In reltà il pensiro di tali documenti è diamentralmente opposto a quanto detto, cercano di occultare i crimini di pedofilia dei preti, favorendoli per giunta, e straffottendosene bellamente delle piccole vittime.
Ora io mi chiedo alla luce di queste rivelazioni sappiamo chi sono gli artefici di questi crimini (preti), chi li occulta (il VAT(er) che sappiamo tutti dove sta), i tempi, i luoghi dei crimini e sappiamo pure che il VAT(er) non sta muovendo un dito per risolvere la situazione anzi si barrica in una trincea….
Siamo in italia, dove è risaputo che lo stato è continuamente sotto scacco e complice della chiesa e il nostro Romano dice semplicemete che gli esposti sono da rivolgersi solo allo stato che “non compie il suo mestiere” e non alla chiesa che è l’esecutore, il mandante e l’occultatore del reato.
Ora, è ovvio che io come cittadino vorrei essere più tutelato dallo stato incitandolo a fare il suo mestiere, ma che io non spendi una parola di critica, come fa intendere il nostro romano, verso quell’istituzione fonte diretta dei mali di cui mi lamento…… beh, non uso altri paragoni, ma è una emerita stronzata.

Il liberale e’ per la prima anche quando contrasta con la propria visione.

Siamo daccordo, ma questo non significa che non si debba criticare la visione contraria alla propria.

Cosa crea maggiore scandalo? A mio avviso cio’ che hanno fatto i nostri parlamentari.

Quì non si tratta chi ha creato maggior scandalo e ammesso che si trattasse di questo a mio avviso lo scandalo lo creano entrambi le parti.
Quì la Veronica è cristallina:

L’appunto che facevo a lei (Romano, ndr) era di evitare sistematicamente di esprimere giudizi, pur ritenendo magari in cuor suo che la Chiesa sbagli. Tutto qua.

ricambio il saluto

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