In Irlanda la forte influenza della Chiesa cattolica ha sempre impedito il varo di una legge che regolamenti veramente l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Un microscopico passo in avanti lo si è fatto poco più di un anno fa con il varo della Protection of Life During Pregnancy Bill, la norma che sull’onda della morte per negato aborto di Savita Halappanavar, ma anche a seguito di un’esplicita condanna della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, ha introdotto la possibilità di interrompere una gravidanza nel caso in cui questa sia rischiosa per la salute della madre, e sempre che tre medici lo certifichino all’unanimità. Decisamente poco, tuttavia. Di fatto l’Irlanda rimane la cenerentola d’Europa in tema di diritti riproduttivi.
L’eccessiva restrittività della normativa irlandese ha di recente generato un altro nodo, che come tutti i nodi è alla fine giunto al pettine. Una donna ventenne, incinta e madre di due piccoli, a seguito dei traumi riportati in una caduta è stata dichiarata cerebralmente morta. I suoi familiari hanno quindi chiesto di spegnere le macchine che tenevano attivi i suoi processi biologici, ma la presenza del feto, unita all’assenza di chiare linee guida in merito, ha fatto sì che nessun medico abbia voluto rischiare un’incriminazione per procurato aborto. (altro…)