Le parole sono importanti

Avvenire, il quotidiano dei vescovi, con Famiglia Cristiana, il noto settimanale, e altre 190 testate diocesane della Federazione Italiana Stampa Cattolica, hanno lanciato una campagna sociale, patrocinata da Camera e Senato, presentata in pompa magna a Montecitorio da un’entusiasta Laura Boldrini, sull’uso superficiale delle parole, contro quelli insomma che oggi si usa chiamare “hate speech”.

Slogan “Anche le parole possono uccidere”, hashtag #migliorisipuò, agenzia creativa Armando Testa, diffusione prevista in oltre 10.000 fra scuole, parrocchie e oratori, attraverso immagini che sono indubbiamente d’impatto. Pallottole che trapassano il cranio di un “ciccione”, di una “ladra” (rom), di un “negro”, di un “terrorista” (islamico). Forse manca qualcuno, come ha subito fatto notare il senatore pd Sergio Lo Giudice, definendo la campagna “Un invito neanche tanto nascosto all’omofobia, una “campagna di inciviltà”.
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Una buona scuola è possibile, basta volerlo

Il livello qualitativo della scuola italiana ha seguito negli ultimi decenni un percorso in costante discesa. Non siamo noi a dirlo, che pure della scuola siamo in larga parte utenti a vario titolo e abbiamo quindi percezione diretta del declino, ma è l’Ocse a ricordarcelo puntualmente, e tragicamente, attraverso i suoi rapporti periodici. Noi, in più, siamo i primi testimoni della deriva clericalista della scuola pubblica, a partire dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che ha incorporato i Patti Lateranensi e quindi anche l’obbligo di impartire l’insegnamento del cattolicesimo, fino ai giorni nostri e passando per una serie di ministri che certo non hanno brillato per laicità.

Senza andare troppo indietro nel tempo: Luigi Berlinguer, in carica quando fu varata la famigerata legge sulla parità scolastica; Letizia Moratti, nota per aver tentato di escludere l’evoluzionismo dai programmi scolastici; Giuseppe Fioroni, patrono degli insegnanti di religione entrati in ruolo; Mariastella Gelmini, paladina della Bibbia a scuola; Francesco Profumo, potenziatore dell’Irc; Maria Chiara Carrozza, avversaria del referendum bolognese; l’attuale Stefania Giannini, che difese le paritarie piemontesi quando posero il veto all’apertura di nuove scuole statali.
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La clericalata della settimana, 42: la Camera e l’ambulatorio cattolico

Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Ringraziamo in anticipo chi ci segnalerà eventuali “perle”.

La clericalata della settimana è della Camera dei Deputati, il cui ambulatorio

non distribuisce pillole del giorno dopo, nemmeno alle deputate: è stato appaltato al Policlinico Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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Online il nuovo sito dell’UAAR

Da oggi è online il nuovo sito dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR). Una nuova veste grafica che rende ancora più fruibili i numerosissimi contenuti proposti dall’UAAR. Non solo un imprescindibile bacino di informazioni sul mondo dell’ateismo italiano e internazionale, ma una finestra sempre aggiornata sulla laicità — mancata — del nostro Paese. Dall’ormai famigerata “Clericalata della settimana” — la cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche… Leggi tutto »

La clericalata della settimana, 41: Massimo Bordin

Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Ringraziamo in anticipo chi ci segnalerà eventuali “perle”.

La clericalata della settimana è di Massimo Bordin, sindaco di centrodestra di Montegrotto Terme (PD), che

ha emanato un’ordinanza anti-bestemmie e ha ordinato a tutti i locali pubblici di esporre non solo l’ordinanza ma anche un cartello con il suo ritratto e un “ammonimento”: “La bestemmia offende te stesso e chi ti sta vicino”

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La legge 40 e il destino degli embrioni in eccesso

Non c’è proprio pace per la famigerata legge 40/04, che in una ipotetica classifica delle leggi meno laiche di sempre sarebbe certamente tra i primi posti, se non addirittura in testa. E meno male, diremmo, perché se a non avere pace è lei allora vuol dire che chi, pur non potendo procreare, spera nella possibilità concreta di avere una prole, a quella pace può invece legittimamente ambire. E magari può anche sperare che la scienza faccia il possibile perché quella prole goda di buona salute, cosa che la formulazione originale della legge 40 di fatto negava stabilendo che gli embrioni prodotti fossero tutti impiantati obbligatoriamente e a prescindere.

A suo tempo fu necessario ricorrere alla giustizia europea per chiarire quello che avrebbe già dovuto essere chiaro di per sé: obbligare una donna a ricevere un embrione potenzialmente non sano costituisce violazione dei suoi diritti. Ma, ancora prima della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, già la nostra Corte Costituzionale aveva smantellato quella parte della legge che limitava a tre il numero di embrioni da produrre mediante tecniche di procreazione assistita, e che obbligava all’impianto di tutti gli embrioni prodotti in un unico intervento, facendo di riflesso decadere anche il divieto di crioconservazione degli embrioni ottenuti. Ora, non è possibile obbligare una donna ad avere impiantati tutti gli embrioni prodotti, da ciò consegue che si ha una certa quantità di embrioni crioconservati e bisogna capire a cosa possono essere destinati.
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Il sinodo, l’Italia che cambia e la politica in ritardo

Si fa un gran parlare in questi giorni del sinodo, presentato come fucina di aperture “rivoluzionarie” su omosessualità e divorziati dai media giubilanti. Ma a ben guardare la realtà è diversa, si può parlare al massimo di riforma (specie a livello di public relations). Ciò non toglie comunque che queste discussioni in Vaticano abbiano, come spesso accade, una influenza sul dibattito politico nostrano. La politica pende dalle labbra della Chiesa, aspettando il nulla osta per avviare qualche riforma, contando sull’ammorbidimento dei vescovi.

La Chiesa si muove con circospezione, in bilico tra la necessità di mantenere la sua dottrina secolare per non perdere la faccia e quella di non deludere le aspettative gonfiate da papa Francesco. Nella Relatio post disceptationem, un documento di sintesi che riassume il dibattito della prima settimana, si citano anche omosessuali e divorziati. Si parla di rispetto e accoglienza per chi è divorziato, sulla necessità di accompagnare singoli casi in un sorta di “piano di rientro” nella Chiesa, con modalità che saranno approfondite in un non meglio precisato futuro. I vescovi sono orientati piuttosto a snellire le procedure di nullità del matrimonio, per dare un colpo di spugna (magari a prezzi più popolari) alle nozze celebrate in chiesa.
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