Gli insegnanti di religione, scelti dai vescovi ma pagati dallo Stato, spesso approfittano del ruolo per fare propaganda religiosa e antiscientifica. E non mancano casi in cui si sono resi responsabili di violenze sui minori. Il giornalista Federico Tulli analizza la questione sul numero 2/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.
Milano, febbraio 2024. La procura milanese chiede il rinvio a giudizio per un maestro di 35 anni arrestato con l’accusa di violenza su quattro bambini in un asilo. Gli abusi pedofili sono stati documentati tramite microcamere piazzate dalla polizia, su segnalazione di una collega dell’uomo. Stando a fonti di stampa, il maestro è coinvolto in un precedente caso di abusi su 40 bambini.
Torino, gennaio 2024. Il tribunale condanna a due anni di carcere un insegnante accusato di violenza nei confronti di alcune alunne di un liceo. La procura aveva chiesto la derubricazione del reato a molestie ma i giudici hanno riconosciuto la violenza sessuale, sia pure nell’ipotesi lieve. Alle quattro studentesse che si sono costituite parte civile, scrive l’Ansa, è stata riconosciuta una provvisionale di 2.000 euro ciascuna.
Rimini, dicembre 2023. Vengono concessi gli arresti domiciliari a un insegnante di 52 anni accusato di aver avuto rapporti sessuali con una ragazzina di 14 anni a lui affidata dai genitori per un ritiro spirituale a Rimini in preparazione della Pasqua. Con questa accusa l’uomo – che è anche uno dei responsabili provinciali di Gioventù Studentesca “Don Giussani” di Reggio Emilia, un movimento che fa riferimento a Comunione e liberazione – era stato arrestato quattro mesi prima.
Latina, settembre 2023. I carabinieri eseguono una seconda ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un insegnante di 49 anni residente a Terracina, per i reati di violenza sessuale aggravata commessi ai danni di un giovane, all’epoca dei fatti, minore di 14 anni. L’uomo era già ai domiciliari da alcuni mesi in seguito ad altre accuse di violenza nei confronti di 5 studenti liceali del capoluogo pontino.
Tivoli (Roma), maggio 2023. Un insegnante di 46 anni viene raggiunto da una misura cautelare per violenza sessuale ai danni di quattro ragazzi di età compresa tra i 10 e 15 anni. Le violenze sarebbero andate avanti per anni durante le gite organizzate da associazioni educative anche di carattere religioso, delle quali l’uomo faceva parte.
Piacenza, aprile 2023. Inizia il processo nei confronti di un professore di un istituto superiore della città emiliana accusato di violenza sessuale e stalking nei confronti di undici suoi studenti.
Milano, Torino, Rimini, Latina, Tivoli, Piacenza. Luoghi diversi, stesse accuse, stessa professione. La cronaca nera dell’ultimo anno ci restituisce questa inquietante scia di violenze su minori – in alcuni casi non ancora quattordicenni, pedofilia insomma – compiute, se le accuse saranno provate in sede di giudizio definitivo, da insegnanti nei confronti di bambini o ragazzi a loro affidati.
Quello che ancora non vi abbiamo detto è che questi docenti, al momento dei fatti loro imputati, insegnavano tutti la stessa materia. Erano infatti tutti docenti Irc, cioè insegnanti di religione cattolica. Il passato è d’obbligo giacché nel momento in cui i casi sono divenuti di pubblico dominio le rispettive diocesi di appartenenza hanno fatto sapere di aver revocato le idoneità all’insegnamento. Si badi bene, non il provveditorato ma la diocesi.
Ricordiamo infatti che in virtù del Concordato rinnovato nel 1984 quella dell’insegnante di religione è una figura atipica nel panorama scolastico pubblico italiano «non universitario di ogni ordine e grado», essendo stipendiato dallo Stato ma scelto – o revocato – dal vescovo, a suo insindacabile giudizio. Non a caso, come si legge sul sito Uaar, per conservare il posto, ogni dodici mesi i docenti Irc devono chiedere il nulla osta all’autorità diocesana, dalla quale possono essere revocati anche per ragioni che non hanno nulla a che fare con le capacità dell’insegnante, ad esempio per «…condotta morale pubblica in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa».
Sta in questo virgolettato la violazione che ha portato alla revoca dell’idoneità all’insegnamento nei casi prima elencati. Il termine “morale” è lì a ricordarci che presso la Conferenza episcopale italiana, e Oltretevere, la violenza contro un bambino, un adolescente (ma anche quella contro una donna) è ancora considerata un delitto contro la morale, un peccato, un’offesa a dio e non un crimine devastante contro la persona che la subisce.
Quindi sorge spontanea una domanda: vale lo stesso anche per i docenti Irc, ma soprattutto, come li scelgono in diocesi questi insegnanti?
Per quanto riguarda i titoli la risposta è semplice: nella scuola dell’infanzia e di primo grado sono abilitati all’insegnamento laici ritenuti “moralmente” idonei dal vescovo, e sacerdoti, diaconi o religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Santa Sede. Per insegnare nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, oltre questo, bisogna quantomeno essersi laureati in una disciplina religiosa in facoltà approvate dalla Santa Sede.
Ma se nessuno meglio di un vescovo può esprimere un giudizio su questi titoli, siamo sicuri che un gerarca della Chiesa abbia le competenze necessarie per valutare adeguatamente la sfera psicologica delle persone investite del compito di impartire l’insegnamento della religione cattolica «in conformità della dottrina» (come recita un protocollo addizionale del Concordato)? I sei casi di violenza solo nell’ultimo anno, di cui alcuni probabilmente recidivi, con decine e decine di vittime, rendono legittimo il dubbio.
Non c’è alcun dubbio invece che dal punto di vista ecclesiastico fosse ineccepibile il comportamento della maestra di Oristano che obbligava i suoi piccoli alunni a recitare preghiere con il rosario e cantare inni religiosi in classe. Peccato che sia illegale. Gli atti di culto nella scuola pubblica non si possono fare e la maestra fu sospesa dall’insegnamento per venti giorni con conseguente riduzione dello stipendio.
In questo caso (era il 2022) non si trattava di un’insegnante di religione ma c’erano i requisiti perché il vescovo la nominasse ad honorem… Peraltro la stessa maestra a fine febbraio 2024 è stata nuovamente sospesa, questa volta con l’accusa di aver mollato due ceffoni al viso di una sua alunna di dieci anni.
Il nostro campionario degli orrori che chiama in causa insegnanti cattolici non si conclude qui, purtroppo. Non possono mancare tra i quasi 17mila docenti di religione (tra supplenti e assunti) sparsi per le scuole della Penisola coloro che approfittano del ruolo per fare propaganda religiosa e antiscientifica, in coerenza con i fondamenti dell’ideologia di cui sono portatori nella scuola pubblica.
A titolo di esempio ricordiamo due vicende molto simili accadute a Roma e Milano. «L’aborto è un omicidio e se lo neghi, neghi un fatto». Così l’insegnante di religione al liceo Righi della Capitale si è espresso davanti ai suoi alunni, negando in un colpo solo l’articolo 1 del Codice civile, i diritti riconosciuti alle donne dalla legge 194/78 e decenni di acquisizioni scientifiche (il feto è solo realtà biologica peraltro totalmente differente da quella del neonato a cominciare dalle funzioni cerebrali; la vita umana inizia pertanto alla nascita perché solo in quel momento il cervello ha la capacità di reagire agli stimoli esterni; dunque se il feto non è realtà umana con l’aborto non si compie nessun omicidio).
La storia dell’insegnante antiabortista è venuta alla luce nel maggio del 2023 e se è facile immaginare che nessun vescovo sia insorto, poco si comprende la reazione della preside, riportata da Repubblica, in seguito alle proteste dei ragazzi: «I ragazzi stavano svolgendo l’ora di religione cattolica che è prevista nella scuola pubblica o privata. Non è ‘storia delle religioni’ o ‘filosofia’. Il docente di religione è un prete e pertanto ha espresso il punto di vista della chiesa cattolica. Perché le studentesse dovrebbero sentirsi delle assassine? È una visione della vita, condivisibile o meno». Una presa di posizione che avrebbe scatenato l’invidia di Ponzio Pilato…
Peggio andò nel 2014 a un insegnante di un istituto superiore di Milano che ebbe la sconcertante idea di mostrare in aula ai suoi alunni un video choc di 30 minuti sull’aborto, in cui si vede nel dettaglio l’eliminazione del feto. Come riporta Orizzontescuola, i ragazzi ovviamente scossi dalla visione, riferirono tutto ai genitori che sollecitarono la direzione della scuola a intervenire: finì che il professore fu sospeso dall’insegnamento e la diocesi gli revocò l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica.
Per tutt’altro motivo la stessa sorte è capitata ad altri due suoi colleghi, licenziati in tronco dalla Curia. Il primo per aver detto sì alla campagna di educazione alla sessualità e alla distribuzione a scuola del condom (Roma, 2011) e l’altro per aver parlato di sesso con i ragazzi (Nuoro, 2017).
Chiudiamo la rassegna con il “caso Campedelli” avvenuto a Verona tra maggio e settembre del 2022. In occasione delle elezioni amministrative l’allora vescovo della città scaligera, Zenti, “invitò” il suo clero a dare ai fedeli un’indicazione di voto per il candidato della destra in quanto portatore dei “valori non negoziabili” di ruiniana memoria. Campedelli, prete e insegnante di religione al liceo Maffei, reagì con una lettera pubblica in cui contestava l’ingerenza politica della Chiesa.
Zenti rispose rimuovendo Campedelli dal ruolo di insegnante, ritenendolo “non idoneo” perché «non in comunione» con lui. La rivista Adista ha ricostruito la sequela di pressioni che si sono riversate su Campedelli con un vortice iniziale di false smentite (da parte del direttore del servizio diocesano per l’Irc, don Domenico Consolini) e di smentite delle smentite che confermavano il provvedimento, poi al centro in una nota diocesana (ancora a firma Consolini) che invitava il sacerdote Campedelli all’«obbedienza filiale» dovuta al vescovo, suggerendogli di scegliere vie di “dialogo” con quest’ultimo, per trovare un’intesa.
E come è andata a finire? Campedelli non è arretrato di un millimetro e di fronte al sostegno ricevuto dalla società civile con petizioni online e manifestazioni pubbliche, la diocesi ha deciso di reintegrarlo. Inutile rimarcare la totale assenza e indifferenza dello Stato anche in questa storia.
Stato che invece è risultato ben lucido e presente nella persona del ministro Valditara quando il 9 gennaio scorso si è trattato di firmare con il presidente della Cei, cardinale Zuppi, l’intesa sul concorso ordinario per la copertura del 30% dei posti vacanti per l’insegnamento della religione cattolica. Un’intesa che comporta l’assunzione a tempo indeterminato di 6.428 insegnanti di religione peraltro dopo che da anni è in costante calo la scelta degli studenti italiani di avvalersi dell’ora di Irc, come ampiamente documentato dalla Uaar.
«In questo modo il ministero riconosce il valore del servizio che gli insegnanti di religione cattolica forniscono all’interno del sistema scolastico», ha commentato all’Ansa in occasione della firma la sottosegretaria Frassinetti. Siamo pronti a scommettere che non tutti a Milano, Torino, Rimini, Latina, Tivoli e Piacenza, ma anche a Roma e altrove, siano d’accordo con la visione della sottosegretaria del ministro Valditara. E non solo perché scarsamente laica.
Federico Tulli
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