I mass media e gli studenti che non seguono più le ore di religione

I dati diffusi dall’Uaar sul numero di studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole hanno fatto scrivere molto la stampa, che non sempre è stata impeccabile. Ne parla Loris Tissino sul numero 2/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Come preannunciato nello scorso numero di questa rivista, l’Uaar ha pubblicato il 10 gennaio la propria elaborazione dei dati – ottenuti dal ministero dell’istruzione e del merito in seguito a una richiesta di accesso civico generalizzato – sul numero di studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane.

Il comunicato stampa dell’associazione è stato ripreso da molte testate (45 tradizionali e almeno 55 online), soprattutto nelle edizioni locali, complice anche il fatto che ai cronisti era stata data la disponibilità di consultare, provincia per provincia e scuola per scuola, il numero assoluto e la percentuale di non avvalentisi.

Le reazioni sono state disparate. Da un lato le province con un alto numero di non avvalentisi sono state considerate in positivo, come “le più laiche” (FirenzeToday sembra mostrare orgoglio per la scelta degli studenti del capoluogo toscano di bocciare l’ora di religione, con la percentuale più alta in Italia), dall’altro si è parlato di “fuga dalla religione” come fatto pericoloso. In molti casi è stato evidenziato l’aumento tendenziale, in tutto il Paese, delle percentuali di non avvalentisi nel corso degli ultimi anni, nonché il divario nord/sud (evidente anche guardando le mappe pubblicate nello scorso numero di Nessun Dogma).

Il tema non era semplicissimo da sintetizzare nei titoli, ma in alcuni casi si è andati oltre – a nostro modesto avviso – il consentito.

Premesso che avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica è opzionale e che quindi è perfettamente legittimo non avvalersene, è oltremodo poco corretto parlare di “diserzione”, anche se si mette il termine tra virgolette. Mettiamo che una scuola offra un corso di scacchi o di ballo caraibico e che molti studenti decidano di non partecipare alle lezioni offerte: parlereste di “diserzione”? Ovviamente no, perché la diserzione è l’abbandono ingiustificato di qualche cosa (tipicamente un esercito) di cui si deve fare parte. Ma lo hanno fatto alcune testate (Ansa, QuiCosenza, L’Informatore di Vigevano, Il Piccolo, Il Messaggero). E c’è anche stato chi (Lo Spiffero) ha usato il termine “renitente”.

In altri casi si è parlato, sempre in maniera poco adeguata, di “rinuncia”, di “rifiuto dell’insegnamento”, di “no alla religione”, di “non frequenza”, di “salto”. Poche le testate che hanno parlato in maniera positiva di “scelta” (RavennaToday, Verona Oggi, Messaggero Veneto, Corriere Romagna) oppure di studenti che, semplicemente «non prendono parte all’ora di religione» (RiminiToday), «non seguono l’insegnamento» o «non se ne avvalgono» (La Provincia Pavese, Sul Panaro, La Tecnica della Scuola), «non aderiscono» (Il Tirreno).

Il quotidiano Libero parla di studenti sempre più atei (inteso in senso dispregiativo, immaginiamo) e di “esenzioni” per chi decide di non avvalersi dell’Irc. Bene, rimanendo in tema, che non si sia ricorso molto al termine “esonero”, come succedeva spesso un tempo. Meno bene che il riferimento è stato spesso all’ora di religione (singolare), quando invece sia nella scuola dell’infanzia sia nella primaria le ore sono due a settimana.

Quanto alle analisi dei dati, nei casi di numeri alti di non avvalentisi il motivo è stato trovato subito: l’alta presenza di musulmani, stranieri, eccetera. A volte questa può essere una concausa, certo. Ma ciò non toglie che il numero di non avvalentisi in diverse scuole è grande, non tende a diminuire e dovrebbe di conseguenza incoraggiare a organizzare al meglio le attività alternative.

In alcuni lodevoli casi è stato dato spazio non solo ai dati forniti dall’Uaar ma anche alla posizione dell’associazione sul tema, con interventi del segretario nazionale o dei coordinatori e referenti locali. E non è mancato chi ha sottolineato il paradosso dell’annuncio della prossima indizione di un concorso per l’assunzione in ruolo di 6.400 nuovi docenti di Irc a fronte di un numero in calo di studenti che se ne avvalgono.

Le due principali testate online specializzate sui temi scolastici, Orizzonte scuola La tecnica della scuola, hanno dato ampio rilievo alla notizia. Orizzonte scuola ha ripreso integralmente il nostro comunicato, ha pubblicato il giorno successivo anche una presa di posizione dello Snadir (vedi paginone centrale di questa rivista) e, dopo una decina di giorni, la replica del segretario Uaar Roberto Grendene.

La tecnica della scuola ha riportato i nostri dati indirettamente, citando come fonte Riforma.it, quotidiano online delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi, che a sua volta aveva ripreso i nostri dati, in cui era indicata la percentuale dell’87,5% di alunni non avvalentisi della scuola dell’infanzia “Idria” di Comiso: percentuale legata, secondo molti commenti, alla forte presenza sul territorio di persone di fede islamica.

La testata riporta un commento della dirigente della scuola che avrebbe avuto modo di «vedere pubblicati dei dati numerici non veritieri relativi agli alunni che nel plesso Idria hanno scelto la religione cattolica e di coloro i quali non lo hanno fatto», fornendo quelli “corretti” (28 non avvalentisi su 49 iscritti, il 57,1%), ma senza indicare a quale anno scolastico facesse riferimento e spiegare come mai il ministero abbia fornito dati errati all’Uaar (da chi li avrebbe ricevuti, se non dall’istituto?). La tecnica della scuola ha ripreso le posizioni dell’Uaar di critica rispetto a quanto sostenuto dallo Snadir.

Sempre in relazione alla fonte dei dati, spiace notare in conclusione che c’è anche stato chi (La Voce di Ferrara-Comacchio) ha accusato l’Uaar di avere diffuso «dati falsi», senza però premurarsi di dire che quei dati vengono dal ministero e che l’associazione si è limitata ad elaborarli, pubblicandoli comunque anche in forma grezza così come sono pervenuti per far sì che potessero essere elaborati da altri per un ulteriore controllo. Ma evidentemente è più semplice confrontarli con quelli forniti dalla Cei e considerare quest’ultima la depositaria della Verità.

Loris Tissino

 

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