Danno santo

Se dei costi pubblici della Chiesa cattolica si parla poco, di quelli dei giubilei non se ne parla proprio. Anche perché sono spesso occulti, ma li pagano tutti i contribuenti. E il famoso “indotto” finisce per essere un business solo per Vaticano e affaristi. Raffaele Carcano ripercorre la storia di questi anni “santi” sul numero 2/23 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Nella chiesa cattolica, i giubilei rappresentano un fenomeno tutto sommato recente: sono stati inventati quando aveva già tredici secoli di storia alle spalle. Non sono quindi esattamente centrali, nel suo ordinamento. Ma lo sono diventati. Qualunque motivo abbia spinto Bonifacio VIII a crearli, tutti i suoi successori hanno voluto svilupparli, soprattutto sotto l’aspetto economico. Tutto bene, finché i soldi provengono dai fedeli (auspicabilmente consapevoli). Molto meno, se a pagarli sono invece le casse pubbliche – con l’apporto determinante dei contribuenti non cattolici.

Sicuramente, tra gli scopi di Bonifacio VIII, c’era il desiderio di accrescere la centralizzazione ecclesiastica su Roma, in un’epoca in cui qualche pretendente alternativo c’era e si sarebbe pure manifestato molto presto (lo schiaffo di Anagni è di tre anni successivo, lo spostamento della Santa sede ad Avignone di nove).

Nel 1300, l’indulgenza plenaria graziosamente concessa ai fedeli condusse legioni di pellegrini nella città eterna, e i successori decisero di massimizzarne l’efficacia riducendo gradualmente la frequenza dei giubilei (da cento a cinquanta anni, poi trentatré e infine venticinque). Erano eventi dai connotati non esclusivamente spirituali: la maggior parte dei pellegrini erano uomini in buona forma fisica, visto il lungo viaggio effettuato, e gli albergatori soddisfacevano le loro esigenze mettendo a disposizione stuoli di prostitute. L’attenzione per l’accoglienza non è una novità, nel mondo cattolico.

Finché rimase in vita lo Stato pontificio, chi pagava le spese e chi incassava gli utili dell’evento coincidevano. In realtà, anche lo Stato italiano non dovette per lungo tempo preoccuparsi della manifestazione. Il giubileo del 1875 non si svolse, perché Pio IX volle ribadire al mondo che si riteneva prigioniero degli usurpatori sabaudi. Il suo successore, Leone XIII, lo recuperò prontamente nel 1886 indicendo un’edizione straordinaria, e da allora quelli straordinari sono di numero identico a quelli ordinari: sembra che ogni motivo sia buono, quasi per qualunque papa, per aumentarne le edizioni – e i conseguenti introiti.

Per esempio, tra il 1983 e il 1984 se ne svolse uno convocato da Giovanni Paolo II. La motivazione ufficiale furono i 1950 anni della morte di Gesù. Più prosaicamente, occorreva rimpinguare velocemente le casse perché tre mesi prima il Banco Ambrosiano era stato posto in liquidazione, coinvolgendo nel crack anche lo Ior guidato da Paul Marcinkus.

Ma venne il giubileo del 2000, e parecchie cose cambiarono. Un numero tondo, i duemila anni dalla nascita di Gesù, un papa famoso viaggiatore: tutto complottava per un’edizione-monstre a livello propagandistico. Inizialmente, qualcuno arrivò a prevedere quasi cinquanta milioni di partecipanti, e il Vaticano almeno trenta. Se si pensa che le edizioni del 1975 e del 1983 videro la partecipazione di circa dieci milioni di persone, si può comprendere quali fossero le aspettative.

Queste stime servirono alla Santa sede per chiedere che la grancassa fosse suonata anche dallo stato: non solo venne creata una struttura mista, Rai Giubileo (diventata poi permanente con il nome di Rai Vaticano), ma fu anche stipulato un protocollo per impedire che il telespettatore dell’emittente pubblica potesse ascoltare qualche voce critica nei confronti dell’avvenimento. Ma il Vaticano non si limitò a questo. Bussò platealmente a soldi e lo stato si mostrò disponibilissimo, cominciando a metterci molto del suo. Ovvero del nostro.

E il nostro stato diede il peggio di sé. Furono stanziati 3.500 miliardi di lire, vale a dire quasi due miliardi di euro. Sotto il Gianicolo, dove si doveva costruire un gigantesco parcheggio a beneficio del Vaticano (ma finanziato per 40 miliardi dallo stato), fu rinvenuta un’antica domus: si andò avanti lo stesso in fretta e furia, con alcuni reperti ritrovati addirittura in discarica.

Il raptus edificatorio diede tantissimo da fare agli ispettori del lavoro, alla guardia di finanza e ai carabinieri ben prima della data d’inizio ufficiale. Ma fu loro impedito di accedere ai cantieri “extraterritoriali” di proprietà vaticana, anche quando i lavori li pagavano i contribuenti italiani.

Quel giubileo fu caratterizzato da diversi momenti memorabili – non necessariamente in senso positivo. Quelli più kitsch furono i vari giubilei di categoria: degli sportivi, degli artisti, degli scienziati, degli arbitri, della moda… e ovviamente anche dei politici (altrettanto ovviamente presenti in massa). Il più imbarazzante fu rappresentato dai quarantamila bambini che, all’inizio di gennaio, si trovarono al gelo di piazza San Pietro, senza nemmeno aver ricevuto i cestini che erano stati loro promessi.

Il più strombazzato fu la Giornata del perdono, passata alla storia come “le scuse del papa”: in realtà Wojtyla si limitò a chiedere perdono a Dio (ma non alle vittime) per i peccati, nemmeno dettagliati, commessi dai figli della Chiesa (ma non dalla Chiesa, che essendo di origine divina non può mai sbagliare). Il più seguito fu la Giornata mondiale della gioventù, frequentata anche da numerosi non cristiani in vena di socializzazione fisica, e che fu seguita da mesi di facezie sul numero di preservativi lasciati dai partecipanti sul prato.

Quel giubileo costituì un punto di svolta decisivo in diversi ambiti. Per l’Uaar costituì il momento del passaggio da realtà di nicchia ad associazione con un respiro nazionale. In febbraio fummo presenti con un partecipato banchetto alle commemorazioni in Campo de’ Fiori dei 400 anni del rogo di Giordano Bruno, e soprattutto sfilammo anche noi al World Gay Pride dell’8 luglio: la nostra ampia delegazione fu accolta dal pubblico presente lungo il percorso con un calore tale da toglierci ogni residuo dubbio sulla necessità dell’esistenza dell’associazione. Lo stesso World Gay Pride, che vide la partecipazione di mezzo milione di persone, rese chiaro come da quel momento in poi i diritti Lgbt+ sarebbero stati al centro del dibattito politico italiano.

Ma quel giubileo ebbe anche durature conseguenze negative. La più importante fu la clericalizzazione del centrosinistra, a quel tempo al governo sia nel paese, sia nella capitale. In risposta alle rimostranze vaticane per aver permesso l’organizzazione di una manifestazione orgogliosamente omosessuale nella città sacra e in un anno santo, il premier Giuliano Amato se ne uscì con un’infelicissima affermazione: «Purtroppo dobbiamo adattarci a una situazione nella quale vi è una Costituzione che ci impone vincoli e costituisce diritti».

Molti dei protagonisti “statali” del giubileo avrebbero fatto una carriera folgorante. Francesco Rutelli, sindaco di Roma e commissario del governo per la manifestazione, l’anno successivo sarà candidato premier dall’Ulivo, personificandone lo slittamento clericale. Luigi Zanda, presidente e amministratore delegato dell’Agenzia romana per il giubileo, entrerà prima nel Cda Rai, sarà poi eletto senatore e ricoprirà infine l’incarico di capogruppo del Pd.

Lorenza Lei, responsabile Rai per l’evento, in odore di Opus Dei, ne diventerà la presidente. Angelo Balducci, provveditore alle opere pubbliche per il Lazio nonché gentiluomo di sua santità e consultore della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ricoprirà la poltrona di presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. E Guido Bertolaso, vicecommissario vicario del giubileo, guiderà per anni la Protezione civile dando vita, sull’esempio dell’anno santo, alla stagione dei “grandi eventi”: molti religiosi, tutti a detrimento delle finanze pubbliche.

Non solo. Le opere non realizzate, secondo l’Aduc, furono addirittura l’85% di quelle previste (la linea C della metropolitana attende ancora oggi di essere completata): un dato deprimente che suscitò l’interessamento della Corte dei conti – che in un caso specifico condannò Balducci. Costui avrebbe terminato la sua carriera con un’ulteriore condanna per corruzione aggravata e la confisca di tredici milioni di euro. Le città e i loro abitanti non hanno mai convenienza nello svolgimento dei “grandi eventi”: tanti faccendieri sì.

Ci fu, è vero, il record di pellegrini cattolici: 25 milioni di visite. Un po’ meno di quanto previsto dalle stime meno rosee, e comunque non tali da giustificare tutta quell’enfasi. Di per sé non è un numero enorme, per il turismo religioso: al Kumbh Mela induista ne partecipano il quadruplo. Soprattutto, ben pochi viaggiatori dormirono negli alberghi privati, accomodandosi invece nelle strutture di proprietà vaticana.

Tra l’altro, una bella fetta si limitò esclusivamente al “mordi e fuggi”: presenze giornaliere che producono più spazzatura che ricchezza (nella città più criticata al mondo per la sporcizia delle strade). Ciliegina sulla torta: negli anni successivi le presenze aumentarono. È evidente che il giubileo, finché è in corso di svolgimento, dissuade i viaggiatori “normali” dal visitare Roma.

Eppure l’andazzo è proseguito. Tra il 2008 e il 2009 Benedetto XVI indisse un anno santo speciale dedicato a san Paolo, che per fortuna passò completamente inosservato. Solo sei anni dopo, però, anche papa Francesco ne volle organizzare uno straordinario in nome della “misericordia”, questa volta per celebrare i cinquant’anni dalla fine del Concilio Vaticano II.

La decisione fu presa soltanto sei mesi prima della data d’inizio, e le autorità italiane furono informate dopo averne dato l’annuncio ufficiale. Ciononostante sia Matteo Renzi, sia Ignazio Marino, premier e sindaco in carica, si rallegrarono per la notizia e aprirono senza discussioni i cordoni della borsa. Ironia della sorte, sette mesi dopo Marino si dovette dimettere dopo essere stato pubblicamente scaricato proprio da Bergoglio.

Pensando che il papa argentino piacesse più del papa polacco, le previsioni si collocarono tra i 33 e i 50 milioni di pellegrini. Il Censis stimò che avrebbero speso otto miliardi di euro – una cifra di poco superiore alle opere pubbliche previste, e che già da sola rende chiaro come il gigantesco investimento statale sia largamente sovradimensionato.

Alla fine furono conclusi soltanto un terzo dei cantieri, la cifra dei partecipanti si fermò a venti milioni, e gli albergatori privati lamentarono nuovamente il mancato aumento delle presenze. Con la classe che lo contraddistingue, il Vaticano scaricò la responsabilità del semi-flop sugli amministratori della città.

Ma nessuno sembra farsene una ragione, e tutto sta continuando esattamente come sempre anche per il giubileo ordinario del 2025. Anche questa volta le istituzioni prevedono «decine di milioni di pellegrini», ma sono totalmente sconosciuti gli elementi che portano a formulare la stima. E non potrebbe essere diversamente: quante decine? Due o nove fa un’enorme differenza.

Dopo un primo stanziamento da parte del governo Draghi, Giorgia Meloni ha “raddoppiato”: la spesa totale preventivata a carico dello stato oltrepassa già ora i due miliardi, e comprende contributi per abbellire gli spazi cultuali e creare strutture per i pellegrini. Due giorni dopo che il numero due del Vaticano Parolin si è lamentato del «ritardo», il nuovo esecutivo ha inoltre approvato un decreto-legge di attuazione del Pnrr che comprende anche alcune «disposizioni per semplificare le procedure di realizzazione delle opere del Giubileo della Chiesa Cattolica 2025».

Sia ben chiaro: le opere pubbliche devono essere realizzate e la cultura deve essere sostenuta – ma nell’interesse dei cittadini, non del più grande e ricco proprietario immobiliare del pianeta.

Nel frattempo, un anno fa è stato già annunciato il giubileo straordinario del 2033, in occasione del bimillenario della morte di Gesù. Il business è periodico quanto il salasso erariale. E nessuno lo mette in discussione. Il dovere di farlo tocca ancora una volta a noi.

Raffaele Carcano

Approfondimenti

  • Aduc
  • Alberto Ronchey, Accadde a Roma nell’anno 2000. I tormenti del giubileo (Garzanti)

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Un commento

GBK

Ieri è stata presentata in pompa magna una speciale redazione della Rai che tratterà il giubileo 2025. Anche se mancano due anni già non stanno nella pelle, peccato che il danno erariale lo pagheremo tutti.
Temo che sarà ancorà più dannoso per i romani, visto il sorriso paonazzo a 32 denti di Gualtieri.

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