Educazione civica – come sfruttare le nuove linee guida

Le nuove linee guida ministeriali per l’educazione civica risentono dell’influenza ideologica dell’attuale governo. Il dirigente scolastico Flavio Filini sul numero 5/2024 di Nessun Dogma. si chiede quali margini di laicità possano comunque offrire. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Con il recente decreto del Mim (Ministero dell’istruzione e del merito) 183 del 7 settembre 2024 sono state emanate le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole del primo e del secondo ciclo.

Il decreto è stato accompagnato da polemiche sulla bozza, da un comunicato stampa inutilmente celebrativo e che forniva poche informazioni utili per comprendere la sostanza del provvedimento, seguiti da un parere negativo del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi). Le polemiche hanno contribuito però ad attirare l’attenzione di molti su un tema spesso colpevolmente trascurato anche da chi nella scuola ha un interesse diretto.

Inizio quindi cercando di riassumere brevemente le vicende relative all’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica nella scuola, a beneficio di chi non ha familiarità con l’argomento.

La base normativa è la legge 92 del 2019, successivamente modificata, che ha introdotto l’insegnamento dell’educazione civica nella scuola come tema trasversale. Alla legge iniziale sono seguite, dopo un tentativo di sperimentazione, le Linee guida emanate con il decreto ministeriale 35 del 22 giugno 2020, rimaste in vigore fino all’anno scolastico 2023/2024 appena concluso.

Le Linee guida del 2020 prevedevano una prima fase che avrebbe dovuto concludersi con l’anno scolastico 2022/2023 con un aggiornamento e un’integrazione delle Linee guida stesse (Decreto ministeriale 35/2020, articolo 4 comma 2: «Il Ministro dell’istruzione definisce tempi, forme e modalità di monitoraggio delle attività svolte dalle istituzioni scolastiche, ai fini della necessaria istruttoria per l’integrazione delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica di cui al comma 3». Comma 3. «Entro l’anno scolastico 2022/2023, il Ministro dell’istruzione integra le Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, definendo i traguardi di sviluppo delle competenze, gli obiettivi specifici di apprendimento e i risultati attesi sulla base delle attività delle istituzioni scolastiche e degli esiti del monitoraggio di cui al comma 2».) La scadenza del 2023 è stata poi prorogata di un anno dal decreto ministeriale 3 agosto 2023, numero 158.

L’attuale ministro ha scelto poi di procedere a una revisione più radicale, anche sul piano terminologico, delle Linee guida. Revisione che non è piaciuta al Cspi.

Per inciso il Cspi, dopo proroghe di alcuni anni è stato recentemente rinnovato sia per la componente elettiva che per la componente di nomina ministeriale e la seduta del 28 agosto scorso, in cui è stato approvato il parere di cui parliamo, è stata l’ultima con i componenti uscenti.

Il nuovo decreto prevede che le Linee guida entrino in vigore già in quest’anno scolastico, ma il testo definitivo è stato reso noto solo il 7 settembre, con le lezioni già iniziate a Bolzano il 5 settembre e con la maggior parte delle altre regioni che hanno fissato l’inizio dell’anno scolastico tra l’11 e il 16 settembre. L’adattamento della programmazione didattica dovrà avvenire quindi, come da deprecabile abitudine italica, a lezioni già iniziate.

Come osserva anche il Cspi nel suo parere, non sono stati diffusi i risultati dei monitoraggi effettuatiì e i risultati dell’attività svolta dal gruppo di esperti e da quella del comitato tecnico-scientifico previsti dal precedente decreto ministeriale, tutti elementi che avrebbero potuto supportare anche le scuole nella loro programmazione. Proprio la necessità di aggiornare il lavoro dei due organismi tecnici è stata portata come motivazione del rinvio di un anno scolastico per l’emanazione delle linee guida dal 2023 al 2024.

Come detto in apertura, molte polemiche sono circolate in rete, partendo dalla bozza sottoposta al Cspi, che ha dato parere negativo all’adozione delle nuove Linee guida, e dal comunicato stampa diffuso dal ministero ma per semplicità riepilogo le osservazioni che non sono state accolte dal ministero per soffermarmi invece sui rischi e le opportunità che queste linee guida presentano per chi vuole rendere più laiche la scuola e la società.

Le osservazioni del Cspi non accolte dal ministro.

  • Una prima richiesta del Cspi è stata quella di limitarsi all’aggiornamento e all’integrazione delle linee guida precedentemente in vigore. Il ministro ha preferito proseguire con una revisione più marcata. I tempi ristretti avrebbero comunque reso difficile l’accoglimento della richiesta. Per gli amanti della dietrologia ricordo che il precedente decreto ministeriale 35/2020 recava la firma della ministra Azzolina, del governo a guida Conte (Conte II).
  • L’educazione civica viene insegnata in maniera trasversale ed è legata a tre nuclei fondamentali, che nelle precedenti linee guida erano denominati «1. Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà; 2. sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio; 3. cittadinanza digitale». Le linee guida invece adesso prevedono: «1. Costituzione, 2. sviluppo economico e solidarietà, 3. cittadinanza digitale». Il Cspi chiedeva di mantenere le dizioni del secondo nucleo, in particolare «il suo aggancio esplicito (come indicato dalla legge numero 92/2019, articolo 3, comma 1, lettera b), e non in una semplice e sintetica nota a piè pagina, ai 17 obiettivi individuati dall’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile». Proseguiva poi il parere dell’organo consultivo: «Nella prospettiva della sostenibilità economica e sociale e della circolarità dell’economia in tale nucleo si può far rientrare la novità legata all’educazione finanziaria e assicurativa e la pianificazione previdenziale, senza necessariamente spingersi su tematiche non contemplate dalla legge numero 92/2019, quali lo sviluppo economico, la valorizzazione del lavoro e dell’iniziativa economica privata, la diffusione della cultura di impresa, la valorizzazione e la tutela del patrimonio privato».
  • Altre osservazioni riguardano la mancanza di riferimento alla relazione sociale tra individuo e collettività; non sarebbe stato effettuato uno specifico approfondimento sull’educazione finanziaria, limitandola a strumento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato, in quanto nella sezione sono individuati tutti i contenuti previsti dalla legge: educazione finanziaria e assicurativa, pianificazione previdenziale, tutela del risparmio, utilizzo delle nuove tecnologie digitali nella gestione del denaro; non mancano poi contestazioni sull’uso esplicito di termini come “Patria” e l’accento sulla conoscenza di simboli e inni nazionali e degli enti locali.

Per le singole osservazioni rimando al parere del Cspi e al decreto ministeriale.

L’impressione generale è che da una parte si siano voluti inserire o sottolineare alcuni temi e termini cari a un certo orientamento politico e dall’altra si sia voluto contestare proprio questa modalità.

Purtroppo, ancora una volta, vediamo all’opera la storica difficoltà dei nostri rappresentanti, che in questo temo riflettano le divisioni dell’elettorato, di elaborare un progetto condiviso di scuola di ampio respiro e che si sviluppi su orizzonti temporali adeguati.

Il rischio maggiore di queste (non nuove) divisioni è che abituino a una visione delle disposizioni come portatrici di valori o ideologie e che quindi vanno sostenute o contrastate sulla base di una visione ideologica e non per la loro reale portata. Abbiamo purtroppo assistito a queste prese di posizione anche in altri momenti che, per i temi che più ci riguardano come associazione, ci hanno costretto a intervenire a difesa di una visione laica e razionale della scuola e di conseguenza della società.

In positivo vale la pena sottolineare che le linee guida lasciano alle scuole e ai singoli docenti, e non potrebbe essere diversamente, amplissimi spazi di adattamento e personalizzazione anche perché si tratta di un insegnamento trasversale che coinvolge tutto il consiglio di classe e la programmazione del collegio dei docenti.

La libertà d’insegnamento rimane, proprio come è stata pensata dai padri costituenti, una garanzia di pluralità di visioni e orientamenti culturali all’interno della scuola italiana.

Che piaccia o meno le linee guida sono solidamente basate sulla Costituzione e su norme di legge.

Il concetto di patria (articoli 52 e 59 Costituzione), per esempio, o la rilevanza della bandiera e dell’inno nazionale (legge 222 del 2012). L’accento posto sulla Costituzione, la bandiera o l’inno nazionale è condiviso peraltro da molti Paesi di forte immigrazione e ci è noto, per esempio, dalla visione di molti film americani.

Similmente, l’inserimento esplicito della formazione finanziaria (articolo 25 della legge 21 del 2024) e la proprietà privata (articolo 42); e si potrebbe continuare.

Purtroppo quello che non è cambiato è il mancato inserimento di insegnanti di materie giuridiche ed economiche almeno in tutte le scuole del secondo ciclo. La maggior parte dei licei non prevede questo tipo di docenti e una materia che si basa pesantemente sullo studio della Costituzione e delle norme viene affidata all’aggiornamento, peraltro non obbligatorio, di esperti di altri campi del sapere. Lo stesso avviene nel primo ciclo (dalla scuola dell’infanzia alle scuole secondarie di I grado).

Forse è una visione influenzata dall’insegnamento per molti anni proprio del diritto e dell’economia, ma il lodevole tentativo di inserire insegnanti specializzati proprio su questi temi almeno alle scuole superiori, naufragato per i soliti motivi di risparmio, dovrebbe riportare al centro della discussione la vecchia questione del perché quando si tratta dell’insegnamento della religione cattolica il problema della mancanza di fondi non si pone mai.

Quali sono gli aspetti positivi che vale la pena di sottolineare e promuovere, secondo una mia visione personale di estrema sintesi, consapevole di tralasciare molti altri aspetti importanti?

  • Nella sezione Principi e fondamenti dell’educazione civica si trova: «[…] va sottolineato il carattere personalistico della nostra Costituzione. Ne discende la necessità di sottolineare la centralità della persona umana, soggetto fondamentale della storia, al cui servizio si pone lo Stato»; e ancora «Da qui anche la funzionalità della società allo sviluppo di ogni individuo (e non viceversa) e il primato dell’essere umano su ogni concezione ideologica».
  • Sempre nella medesima sezione «In questa prospettiva, l’educazione civica favorisce il riconoscimento di valori e comportamenti coerenti con la Costituzione attraverso il dialogo e il rispetto reciproco, volti a incoraggiare un pensiero critico personale, aperto e costruttivo, in un percorso formativo che, coinvolgendo la persona nella sua interezza e unitarietà, inizia dall’infanzia e prosegue lungo tutto l’arco della vita».
  • Nel nucleo Costituzione: «Educazione alla legalità, quindi, significa favorire la consapevolezza della necessità del rispetto delle norme per il benessere di tutti i cittadini. Rientra in questo nucleo anche l’educazione contro ogni forma di discriminazione e contro ogni forma di bullismo intesa come violenza contro la persona».
  • Nella sezione Cittadinanza digitale: «Particolare attenzione potrà essere riposta nell’aiutare gli studenti a valutare criticamente dati e notizie in rete, individuando fonti attendibili e modalità di ricerca adeguate; […]».

Si tratta quindi di uno strumento che, come spesso succede, risente del clima politico del momento e di una certa tendenza trasversale a usare la scuola per fare proclami, ma completa la “cassetta degli attrezzi” a disposizione degli insegnanti, delle famiglie e degli stessi studenti per una formazione più razionale e per discutere di temi che sono la base della convivenza civile.

Flavio Filini

 


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4 commenti

laverdure

L'”Educazione civica “possiamo dividerla in due campi piuttosto diversi :
il primo e’ la conoscenza di entita “oggettive” come la Costituzione,il Codice Civile e Penale,organizzazione e funzionamento di enti governativi e giudiziari,ecc.
Qui non si tratta di “entrare nel merito”di validita ed eventuali difetti delle istituzioni,che sono appunto una realta oggettiva,ma solo di farle conoscere nei dettagli,dato che senza dubbio buona parte della popolazione ne ha una conoscenza che sarebbe eufemistico definire “insufficente”.
L’altro campo di insegnamento dovrebbe essere invece lo “spirito”(chiamiamolo cosi)che dovrebbe possedere una societa moderna,e qui il discorso diventa estremamente “spinoso”,
dato che come le cronache ci mostrano in continuazione,le diverse fazioni politiche mostrano opinioni spesso diametralmente opposte su un’infinita di temi importanti.
Ma qui potremo senz’altro contare sulla mediazione indiscutibile di Santa Madre Chiesa.
O no ?

Diocleziano

La soluzione più razionale (ops… scusa Bergoglio!) sarebbe smantellare l’inutilissima ‘ora di religione’ (visti i risultati non vale la pena dare spiegazioni) e avviare un serio programma di EDUCAZIONE CIVICA fatta di morale laica, filosofia, tutte le scienze utili a promuovere la convivenza su basi etiche. La verginità della Maria lasciamola come trastullo per le bigotte.

laverdure

A proposito del discorso “spinoso” del diverso modo di descrivere le funzioni dei
diversi enti dello Stato da parte delle varie parti politiche,abbiamo qui un piccolo esempio riguardo alle Forze Armate :
https://www.youtube.com/watch?v=dCd8ZsaC8YE
Qui abbiamo un generale che per la prima volta,dopo anni,dopo litanie di “missioni di pace”,”Contingenti di pace” ecc ha spezzato un tabu’ in pubblico pronunciando
la parola “guerra”,sfidando il “politicamente corretto”.
Le reazioni suscitate sicuramente rivaleggiano con le filippiche di Bergoglio su aborto e connessi.
E gli eventuali programmi scolastici di educazione civica susciteranno diatribe analoghe,su questo come su tanti argomenti differenti.

laverdure

@Diocleziano
Sfortunatamente l’ora di religione,eventualmente scacciata dalla porta rischia di rientrare dalla finestra.
Credi che la Curia si rassegnerebbe cosi facimente a rinunciare ad uno strumento di “indottrinamento” forse anche piu’ effcace,in quanto (in apparenza)totalmente laico ?
E che anche dovendo rinunciare stavolta al diritto “ufficiale” della scelta degli insegnanti,non sia in grado spesso di influenzarla ugualmente,ovviamente a favore di personaggi dalle giuste convinzioni ?
Ne’ piu’ ne meno che nel caso dei medici (cosiddetti) obbiettori ?

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