Celebrare un funerale come nessuno comanda

Il funerale laico è un’alternativa a quello religioso nel rispetto della volontà del defunto e dei suoi cari: un’occasione per celebrare la vita senza dogmi, valorizzando dignità e autodeterminazione. La responsabile Cerimonie Uniche Maria Pacini ci racconta una toccante storia sul numero 3/2024 di Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaar, abbonati oppure acquistala in formato digitale.


Davide (nome di fantasia, come tutti gli altri in questo articolo) è un cittadino italiano residente in Lazio, di cui ho raccolto la testimonianza sull’esperienza del funerale laico che lui stesso ha organizzato e realizzato per sua moglie Nora.

Il suo racconto parte da una presa di coscienza forte rispetto all’imprescindibilità della dignità e della bellezza che devono essere riservate alle cerimonie funebri. Esse sono infatti momenti di intenso significato e coinvolgimento che rimarranno impresse per sempre nella memoria di chi rimane.

Tutto parte dal constatare che l’hospice per il quale Nora era in lista di attesa per un letto aveva la camera ardente letteralmente in un garage. Davide e Nora non volevano niente che fosse triste e squallido per terminare il percorso di un essere umano, quel garage però era talmente brutto che a quel punto, dice Davide, sarebbe stato meglio il gabinetto di casa sua. Si vedevano addirittura le tubature degli scarichi. Da qui parte la storia.

Davide e Nora non credono in dio, sono atei, ma le loro famiglie no, anzi, sono molto credenti.

La famiglia di Davide è molto cattolica, lui ha fatto tutti i sacramenti e addirittura il chierichetto. Lo è sua madre, soprattutto, alla quale è mancata solo la discussione della tesi per laurearsi in teologia. In casa le contese su dio e sulla religione non mancavano, ma per quanto fossero accese finivano sempre “a tarallucci e vino”.

Davide ha fatto un percorso personale verso l’ateismo, che si è concluso con la morte della madre, avvenuta dopo un periodo di sofferenza dovuta alla malattia, e Davide ha provato il sollievo di realizzare, per sé, che nessun dio esiste.

Il percorso di ateismo lo ha affrontato anche con quella che è stata la sua ragazza, compagna e poi moglie, Nora, dal cui lato ci sono dei parenti che, come dice Davide, descrivere con “casa e chiesa” non rende abbastanza bene l’idea.

Quando il figlio Federico è nato, entrambi i genitori hanno ricevuto pressioni sul doverlo battezzare. Tutt’oggi non è battezzato ed è l’unico della scuola che frequenta a non avvalersi dell’Irc, mentre alcuni parenti continuano a ricordare a Davide che alla nonna defunta avrebbe fatto tanto piacere vedere il nipote battezzato.

Davide e Nora si sono sposati a giugno del 2022 proprio perché quando sarebbe morta, lei avrebbe voluto che fosse Davide a decidere per lei e non la famiglia di origine. Si sono voluti sposare civilmente alla sola presenza di coloro che erano stati di reale supporto durante la malattia e questo ha escluso i parenti di lei. Da parte delle rispettive famiglie non hanno trovato effettivo aiuto; della famiglia di Nora infatti, durante i due anni e mezzo di malattia, non si è fatto vivo nessuno.

Il loro percorso negli ultimi anni è stato abbastanza articolato: volevano vivere in un Paese scandinavo perché per loro in quei luoghi esistono più opportunità di poter vivere la propria vita come si vuole, si percepisce un generale senso di “vivi e lascia vivere”, che ritenevano sano anche per crescere i loro figli.

Per cui Davide di fatto, supportato dal miglioramento della condizione di Nora, è partito a dicembre per andare a lavorare nel loro Paese desiderato, anche se è tornato subito per le vacanze di Natale. Purtroppo proprio al suo ritorno la moglie è dovuta andare d’urgenza in ospedale e le carte per loro si sono mescolate nuovamente. Questo è stato l’inizio di innumerevoli accessi in pronto soccorso e vari interventi chirurgici.

Ovunque nella struttura privata dove Nora era ricoverata erano appesi crocifissi e immagini sacre. Non proprio il massimo per una struttura ospedaliera che dovrebbe essere un luogo di scienza, ma inizialmente Davide e Nora hanno sorvolato, anche perché si sono sempre sentiti ben accolti. Tuttavia, durante uno dei ricoveri Nora è capitata accanto a una signora musulmana, alla quale è stato concesso di vedere rimossi i simboli cattolici attorno a lei.

Non è rara l’idea che gli atei debbano vedersi imporre i simboli religiosi, da una parte perché è opinione diffusa che se non si crede in nessun dio, si sarà (e si dovrà essere) anche indifferenti ai simboli e ai riti che vengono (puntualmente) imposti (ma è pure vero che spesso non si arriva neppure a comprendere che i simboli religiosi nei luoghi pubblici sono vere e proprie imposizioni); dall’altra perché è ulteriore opinione diffusa che proprio perché si è atei si viva in una condizione di minorità morale e di coscienza, correggibili grazie a riti e simboli religiosi.

A proposito di riti imposti, Davide racconta che un giorno, mentre era insieme a Nora, a letto e sedata in ospedale, entra il prete. Davide mette le cuffiette mentre il sacerdote si reca vicino agli altri pazienti nella stanza per impartire preghiere e benedizioni. A un certo punto è il turno di Nora, il prete si avvicina e Davide toglie le cuffiette. Il prete domanda: «È sua madre, sua nonna?», Davide: «Veramente è mia moglie…», di nuovo il prete: «È sedata? È cosciente? Cos’ha? E per l’estrema unzione???»

Davide risponde che sono atei, non credono in dio, e aggiunge: «Confidiamo nelle persone e nelle loro parole».

Il prete non cogliendo in alcun modo le parole di Davide domanda: «Non posso nemmeno dare una benedizione?», al che Davide deve ripetere, in maniera più decisa: «No, siamo atei».

E a queste parole il prete se ne va.

Senza commentare l’assoluta mancanza di umana comprensione del prete, questo riportato da Davide è solo uno degli innumerevoli episodi in cui preti, frati e suore, pagati dallo Stato come infermieri, girano tra i vari reparti indisturbati (con tutti i rischi sanitari del caso) impartendo, e spesso imponendo, riti e preghiere a chiunque.

In precedenza, quando Davide e Nora hanno appreso che la vita di quest’ultima sarebbe terminata nel breve periodo, insieme hanno iniziato a pianificare il funerale e sempre insieme hanno definito la maggior parte delle cose.

Nora ha voluto la bara senza simboli religiosi e così avrebbe dovuto essere anche la sua camera ardente, inoltre aveva scelto che da morta avrebbe indossato l’abito del matrimonio, che era un vestito a fiorellini comprato su Zalando.

Una volta venuta a mancare la moglie, Davide è entrato con il figlio nella camera ardente e ha trovato un enorme crocifisso dalle sembianze di una spada. Davide ha cercato quindi di sovvertire il significato del simbolo religioso dicendo al figlio: «Vedi quella è una spada, la mamma ha combattuto come re Artù», ma Federico ha chiosato: «Ma no papà è una croce!».

Quando Davide si è rivolto all’agenzia funebre per organizzare il funerale ha chiesto se avessero a disposizione una sala del commiato, ma ha ricevuto una risposta negativa; dall’agenzia gli hanno addirittura confermato il fatto, o per meglio dire, lo scandalo, che in tutto il comune e nelle zone limitrofe non ci fosse alcun luogo pubblico o privato per svolgere funerali non religiosi.

La sala del commiato più vicina era a Roma. Davide è rimasto letteralmente senza parole nell’apprendere la totale assenza di luoghi adibiti a funerali non religiosi, eppure, come anche lui sottolinea, per i matrimoni gli spazi di proprietà del comune vengono non solo concessi, ma addirittura incentivati all’utilizzo.

Questa esperienza ha fatto capire a Davide che in quanto ateo è un cittadino di serie B, anche perché, come anche l’Uaar sottolinea, gli spazi pubblici per i funerali vengono concessi ai vip (Piero Angela, Umberto Eco, Giorgio Napolitano, eccetera) ma non ai comuni cittadini.

Questa ingiustizia subita ha spinto Davide a contattare l’Uaar e far sì che la sua testimonianza venisse raccolta e diffusa: l’alternativa non religiosa ai funerali c’è, è possibile.

Siamo ancora nella fase di doverci inventare molte cose, arrangiarci con quel che (non) c’è, ma Davide spera che grazie alla propria testimonianza le persone possano scoprire che si può scegliere di celebrare i momenti importanti della vita e l’estremo saluto ai propri cari senza dogmi, senza divinità, non necessariamente seguendo una qualsivoglia tradizione o ciò che comandano i parenti.

Per Davide la questione dello spazio per il funerale era cruciale, per cui l’operatore dell’agenzia di pompe funebri ha chiesto a Davide se lui stesso non avesse uno spazio. E allora Davide ha pensato subito al suo giardino: dunque facciamolo in giardino!

Davide si è inventato tutta la cerimonia: la bara è entrata in casa, ha fatto l’ingresso nel giardino ed è stata adagiata a terra per simboleggiare l’ultima passeggiata della moglie, che camminava sempre scalza sull’erba. Un gesto molto importante, perché questa era una cosa che apparteneva profondamente a Nora quando era in vita.

Davide nel suo racconto sottolinea questo aspetto aggiungendo che lui e Nora si misero insieme a luglio del 2000 e i genitori di lui le dettero le chiavi di casa dopo un mese. A quel tempo il giardino era un macello e prima che nascesse il figlio Davide aveva iniziato a sistemarlo, rendendolo un posto che Nora amava molto.

Il suocero di Davide si è opposto alla scelta di far passare il feretro in casa e poi svolgere il funerale in giardino, perché temeva che poi rimanesse lo spiacevole ricordo di una bara nell’ambiente domestico, e forse anche per qualche pensiero superstizioso, da cui non molti sono immuni. Ma Nora, racconta Davide, voleva una cerimonia «senza disturbare nessuno» e perciò lui ha ritenuto fortemente che la casa e il giardino fossero il posto migliore; pertanto, ha tenuto ferma la sua decisione.

Davide e Nora una volta avevano guardato insieme il film I poliziotti di riserva, in cui c’è una scena di un funerale in cui i colleghi si ritrovano alla presenza dei feretri mangiando e bevendo in un’atmosfera conviviale. Da lì è venuto loro in mente di fare un funerale “all’americana” per cui Davide per il commiato di Nora ha ordinato le pizzette, dolci e cose da bere al fornaio vicino.

L’idea originaria era proprio di brindare sulla bara, come avevano visto fare nel film, ma suo suocero non riteneva che si dovesse mangiare e bere con la bara presente, e spostare il rinfresco a dopo la cerimonia è stata una concessione che Davide ha fatto. La convivialità era importante perché Davide voleva un momento per stare insieme con tutti gli amici veri.

Al funerale hanno partecipato anche i compagni di classe di Federico. Non era facile pensare a come un momento così triste come la morte di una mamma potesse essere vissuto dai bambini di otto anni il più serenamente possibile. Ma Davide ha un’idea (geniale aggiungerei): invece dei fiori veri ha scelto di far portare ai partecipanti i fiorellini della Lego. Così gli amici di Federico hanno montato insieme i fiori e li hanno disposti intorno alla bara.

Poi nel pomeriggio solo le persone più care si sono raccolte per leggere delle parole che avevano preparato per Nora e mentre si stava svolgendo questa cerimonia alcuni bambini si sono appoggiati con la schiena alla bara, tanto tranquilli che addirittura una bambina si è alzata spontaneamente perché voleva anche lei dire qualcosa per Nora.

Davide racconta che durante tutta la cerimonia non si sono presentati i parenti bigotti, che invece si erano fatti vedere solo alla camera ardente (quella con il crocifisso-spada). E gli unici che piangevano al funerale sono stati proprio i parenti più lontani, che per tutto il tempo della malattia non sono mai stati in contatto con Davide e la sua famiglia.

Al termine della cerimonia Davide ha portato la bara della moglie in spalla e sono andati al crematorio di Grosseto.

Ora le ceneri di Nora si trovano a casa sua.

Davide aveva spiegato a Federico che la mamma sarebbe «tornata sotto forma di cenere», per cui Federico, per chiarire questa cosa, ha domandato: «Ma tipo la cenere della stufa?», e Davide ha risposto che più o meno sarebbe stato così, per cui avrebbero avuto bisogno di un posto speciale per tenere l’urna che conserva le ceneri della mamma.

Così Federico ha trovato un posto perfetto per l’urna, che è stata circondata di erba finta, sulla quale sono stati posti alcuni delle decine di fiori lego che erano serviti per la cerimonia.

Con il resto Davide sorridendo dice che potrebbe aprire un negozio specializzato in fiori Lego.

La testimonianza di Davide mostra come ci siano ancora molti ostacoli e diritti negati nella vita delle persone atee e agnostiche, ma sottolinea anche quanto sia importante portare avanti con consapevolezza e autodeterminazione i propri valori laici per una società plurale e libera.

A volte Federico dice: «La vita è brutta». Ciò è comprensibile per un bambino di otto anni a cui è morta la mamma e che adesso sta affrontando il lutto insieme a suo papà che gli fornisce tutto il conforto e la consolazione possibili. In più riceve anche un forte incoraggiamento che qui riporto perché penso possa valere per molte persone: «La vita è brutta quando di questa vita non sei il padrone».

Abbiamo un’unica vita, viverla al massimo della nostra libertà, potendo fare scelte secondo quelli che sono i nostri valori e la nostra idea di benessere è ciò che sta alla base della società laica e civile per la quale come Uaar ci battiamo da più di trent’anni.

Maria Pacini

 


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