Dureranno due anni i lavori della prossima assemblea del Sinodo dei vescovi. Nel documento preparatorio spiccano dichiarazioni autoaccusatorie riguardo a crimini inenarrabili. La cui narrazione – obtorto collo? – non può più essere omessa. Agli occhi di qualsiasi persona con senso di giustizia e una minima visione laica del mondo spicca decisamente di più la mancanza di ovvie e credibili contromisure affinché tali crimini cessino.
Leggiamo queste dichiarazioni: «[…] la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno. In particolare non possiamo dimenticare la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate» per i quali «non si chiederà mai abbastanza perdono». La questione del perdono è davvero secondaria, anche in considerazione del fatto che arriva spesso con ritardi che si misurano in decenni o secoli e per casi che sono già venuti alla ribalta e che semplicemente non possono più essere tenuti nascosti.
Se presenti in un atto ufficiale dei vertici di qualsiasi altra organizzazione, a maggior ragione se potente, ricchissima, politicamente influente e destinataria di finanziamenti pubblici per il proprio proselitismo anche nei confronti di minorenni, si pretenderebbe che a tali affermazioni seguissero azioni e impegni concreti. Ma nel documento non ve n’è traccia intelligibile: si parla di ascolto, di camminare insieme, di «immaginare un futuro diverso per la Chiesa e le sue istituzioni», di evangelizzazione. Si potrà obiettare che il contesto è teologico, ma sembra mancare anche il rimando a direttive per affrontare il problema senza la teologia di mezzo.
La questione è semplice e universale: abusi sessuali e tutti i tipi di reato vanno tempestivamente denunciati alle autorità civili. Un’esortazione che dovrebbe essere messa nero su bianco e ribadita senza risparmio. Non deve esistere una giustizia parallela amministrata da quello stato nello stato che è la Chiesa. Non deve dunque esistere un concordato Stato-Chiesa che, tra le altre cose, prevede la “clausola salva-preti”, che così è espressa: «La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici».
Roberto Grendene
“Se presenti in un atto ufficiale dei vertici di qualsiasi altra organizzazione …, si pretenderebbe che a tali affermazioni seguissero azioni e impegni concreti”
No. Si trascinerebbero in tribunale i capi di questa cosca con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, si scioglierebbe tale congrega di criminali e se ne vieterebbe la ricostituzione.
“…la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno.”
Implicitamente hanno già trovato la causa e la soluzione. E’ la mancanza di fede e la corruzione che causa queste cose orribili, quindi più fede ed il problema si risolve.
Se avessero più fede sarebbero più bravi a coprire tutto …..e se i giudici avessero più fede non indagherebbero sulla chiesa …
Sono anni che sull’argomento spendono parole di circostanza, che vendono come risolutivi pseudo-interventi, il tutto per poter continuare a comportarsi come una casta, un mondo a parte con le sue regole ed i suoi privilegi.