Marco Malatesta è un celebrante della rete Cerimonie Uniche che dopo la formazione svolta nel 2021 e l’accreditamento ha celebrato qualche giorno fa la sua prima cerimonia laico-umanista: un commiato.
Dare visibilità a questa testimonianza è stata una scelta voluta al fine di poter diffondere la consapevolezza della rilevanza della celebrazione degli eventi luttuosi in maniera non religiosa e dell’importanza di un’adeguata preparazione del celebrante in questi casi, nei quali il tempo scarseggia e le emozioni risuonano fortemente.
Di seguito il racconto della sua esperienza.
La prima cerimonia in cui ho prestato servizio come celebrante laico è stata un’esperienza impegnativa quanto emozionante. Desidero per questo condividerla con chiunque, in particolare con i miei colleghi, con chi da poco tempo è venuto a conoscenza di questo mondo e soprattutto coi docenti del corso per celebranti a cui ho partecipato nel 2021, che con l’occasione ringrazio calorosamente.
In un pomeriggio di fine dicembre, mentre mi trovo nella casa di riposo in cui lavoro, ricevo un messaggio con la richiesta di preparare il funerale di una persona venuta a mancare improvvisamente. A contattarmi è il figlio, che mi dice che la cerimonia è fissata dopo circa 22 ore.
La conversazione iniziale è breve e posso proseguirla solo verso le 20, dopo aver cenato di fretta in attesa della sua telefonata, come da accordi. Nel frattempo avverto il coordinatore dell’RSA dove lavoro che il giorno dopo, nel pomeriggio, probabilmente non ci sarò. Durante la telefonata con il committente della cerimonia apprendo che anche sua sorella, per il momento non disponibile, vorrà aggiungere qualcosa alle informazioni che devo raccogliere.
Allora, per accelerare i tempi, decidiamo così: gli invierò via email il questionario che mi consentirà di ricostruire la storia e la personalità del padre, in base a cui io redigerò il testo della cerimonia. La risposta tarda ad arrivare. A un mio messaggio risponde che è necessario più tempo del previsto. Così, pur dovendo lavorare il mattino seguente, mi metto ad aspettare, seduto davanti al PC, a occhi chiusi, con una musica rilassante, per sopperire almeno in parte alla privazione del sonno.
Arriva mezzanotte… l’una… l’una e mezzo. Niente. Mi distendo sul letto con lo smartphone vicino all’orecchio per essere sicuro di farmi svegliare dalla notifica… che arriva alle 5.20. Mi alzo, controllo l’email, leggo finalmente le risposte alle mie domande e le uso per elaborare una prima stesura del testo, che finisco di scrivere dopo circa tre ore, alle 8.15. Lo invio al committente affinché lo approvi, eventualmente apportando piccole modifiche.
Veloce, faccio colazione, mi preparo e vado a lavorare. L’email di risposta, in cui il committente invia il testo con alcune modifiche, arriva alle 12.20. So già che, dato il traffico, impiegherò almeno un’ora per raggiungere il luogo della cerimonia, che è fissata per le 16. È bene, normalmente, arrivare un’ora prima, dunque nella fattispecie dovrei partire alle 14 per essere là alle 15. Questo è impossibile: fino ad ora ho potuto dedicare a questa cerimonia ben poco tempo, a parte quello necessario a formulare il testo da pronunciare e rivedere i dettagli fondamentali.
Devo preparare la pur piccola attrezzatura audio, il quaderno ad anelli, col testo che deve avere un adeguato layout per una buona leggibilità, vestirmi e pettinarmi dignitosamente, preparare leggìo, bottiglietta d’acqua, mettere tutto in macchina, fare a voce alta mezza prova. Una prova intera è impossibile: è troppo tardi. Sono le 15 e qualcosa, devo assolutamente partire.
Arrivo alle 16.05 circa. Non sono in ritardo: alcune persone devono ancora arrivare. C’è tempo per presentarmi e parlare con tranquillità col committente e allestire il necessario.
Qualche minuto dopo, d’accordo col committente, invito le persone a prendere posto. La celebrazione procede come speravo. Non consiste semplicemente in un mio monologo: come ho suggerito all’inizio, più di un partecipante interviene aggiungendo i ricordi affiorati lì per lì; inoltre alcuni parenti, alla fine, leggono dei pensieri che avevano preparato in precedenza, contribuendo ad un clima disteso, certo meno austero rispetto ai funerali a cui si è solitamente abituati.
Do le informazioni riguardo al destino della salma del defunto, della sepoltura, che avverrà il giorno dopo. La cerimonia è finita.
Fra le persone presenti riprendono le conversazioni. Anch’io, prima di riporre le cose in macchina, scambio qualche parola. La mia stanchezza è compensata dall’energia dei parenti più stretti della persona che abbiamo appena ricordato e salutato, che manifestano gratitudine e apprezzamento per il mio lavoro.
E nel giorno della vigilia di Natale ricevo sul cellulare questo messaggio:
“Auguri sinceri di buone feste Marco, e grazie ancora per il tuo contributo e aiuto, che ci ha permesso di dare a nostro padre l’ultimo saluto così come ci sarebbe piaciuto, ma che da soli non saremmo riusciti a fare altrettanto bene. La tua presenza e supporto morale ci ha anche confortati per il nostro grande dolore”.
È sicuramente il più bel messaggio che ho ricevuto in tutto l’anno.
Marco Malatesta
Per conoscere il progetto Cerimonie Uniche dell’Uaar: cerimonieuniche.it