Quattro anni fa il presidente argentino Nestor Kirchner onorò un impegno che aveva assunto con il Centro Simon Wiesenthal e aprì gli archivi della Direzione nazionale delle migrazioni. Dalle carte conservate in quell’ufficio di Buenos Aires emersero i nomi dei gerarchi nazisti e croati che l’Argentina, negli anni della presidenza Peron, aveva accolto nel suo territorio. […] Quanto all’assistenza fornita da alcune istituzioni cattoliche, credo che le principali ragioni siano due. In primo luogo esistevano senza dubbio in molti ambienti ecclesiastici, soprattutto nel clero dell’Europa danubiana e balcanica, sacerdoti fortemente anticomunisti per cui il regime nazista del Terzo Reich e quello di Ante Pavelic in Croazia avevano rappresentato una sorta di Vallo Adriano contro la «barbarie bolscevica». Ricordo di avere letto qualche anno fa che il convento tedesco nei pressi di piazza Navona fu per qualche tempo una tappa di passaggio per quanti cercavano di sfuggire alla cattura e riparare al di là dell’Atlantico. In secondo luogo credo che l’aiuto prestato ai fuggiaschi sia stato in molti casi il pagamento di un debito. Chi non ha vissuto quegli anni può difficilmente immaginare gli accorgimenti e i compromessi a cui dovevano ricorrere un parroco o il priore di un convento per proteggere i suoi parrocchiani, ospitare una famiglia ebrea, nascondere i partigiani durante le razzie tedesche e fasciste, ottenere un documento, far passare un camion di viveri destinato alla popolazione. Vi furono molte circostanze in cui l’aiuto determinante venne proprio da un ufficiale tedesco, disposto a chiudere un occhio per ragioni umanitarie o, più semplicemente, per un interessato calcolo di convenienza. Quando capirono che la guerra era perduta, infatti, molti uomini della Wehrmacht e delle SS fecero esattamente ciò che avrebbe fatto in quelle circostanze qualsiasi altro uomo. Cercarono di farsi amiche con qualche importante favore le persone di cui, nel momento della fuga, avrebbero avuto bisogno. E la Chiesa, quando venne il momento, pagò il suo debito. Questa, caro Messina, è la «piccola storia» in cui vivono gli uomini durante momenti di eccezionale pericolo. Quando emettono le loro sentenze, i posteri dovrebbero tenere conto delle attenuanti.
Il testo integrale dell’intervento di Sergio Romano è stato pubblicato sul sito del Corriere della Sera