Non solo clericalate. Seppur spesso impercettibilmente, qualcosa si muove. Con cadenza mensile vogliamo darvi anche qualche notizia positiva: che mostri come, impegnandosi concretamente, sia possibile cambiare in meglio questo Paese.
La buona novella laica del mese di maggio è la partecipazione di più di 300 sindaci da tutta Italia all’evento “La Città per i Diritti”, presso il Teatro Carignano di Torino, per chiedere il riconoscimento dei diritti delle famiglie lgbt. Presenti non solo il primo cittadino di Torino Stefano Lo Russo ma anche Roberto Gualtieri di Roma, Giuseppe Sala di Milano, Gaetano Manfredi di Napoli, Matteo Lepore di Bologna, Dario Nardella di Firenze e Antonio Decaro di Bari, che si erano appellati recentemente al governo. Lo Russo ha chiarito: «la nostra non è una proposta di partito ma degli amministratori locali e siamo convinti che […] tutti i partiti rappresentati in Parlamento potranno farsi carico di quello che emergerà e di una proposta legislativa che riesca ad avere i numeri per poter passare». Per Gualtieri «è maturo il tempo di rimuovere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e dare al Paese una legge chiara per le famiglie omogenitoriali, che garantisca gli stessi diritti che sono riconosciuti in tutta Europa». La mobilitazione è una risposta alla stretta dell’esecutivo Meloni, che ha inviato disposizioni ai prefetti contro le trascrizioni anagrafiche dei figli delle coppie lgbt. Nardella parla di «una battaglia di tutta la società, in cui si misura il livello di civiltà e umanità del nostro Paese».
Ancora una volta un tribunale deve tutelare i diritti delle famiglie lgbt alle prese con le lacune normative. Stavolta quello di Milano autorizza la trascrizione anagrafica dell’atto di nascita di un bambino come figlio di una coppia gay in cui uno dei partner (e padre biologico) era deceduto. Il minore era nato in California nel 2015 ed era stato riconosciuto negli Usa e rischiava, senza più il padre biologico, di essere separato dall’altro genitore. Il ricorrente spiega: «ho potuto ottenere il riconoscimento di padre del mio bambino solo grazie alla morte di mio marito. La tragedia ci ha dato un appiglio legale, visto che per la stepchild adoption serve il consenso del genitore biologico, nel nostro caso ormai impossibile da ottenere».
Gli europarlamentari italiani (tranne quelli di Fratelli d’Italia e Lega, che si sono astenuti) hanno votato a favore delle risoluzioni per chiedere all’Ue di aderire alla Convenzioni di Istanbul contro la violenza sulle donne e le discriminazioni di genere. Pina Picierno (Pd) commentando l’astensione dei colleghi italiani ha attaccato: «La concezione delle donne da parte dei due principali partiti di maggioranza è retriva, incivile e liberticida. [….] con l’astensione i partiti di Meloni e Salvini hanno restituito un’immagine deprimente e indegna dell’Italia e del suo Governo». L’eurodeputato Giuliano Pisapia (Pd) ha auspicato che il governo italiano non si esprima contro o si astenga quando ci sarà il voto degli Stati membri per ratificare l’adesione: la Convenzione infatti non è ancora recepita perché sei Stati non sono a favore (tra cui l’Ungheria). «L’Italia deve assumersi la responsabilità di finalizzare il processo di adesione avviato anni fa ed essere un soggetto attivo nel rinnovato impegno per la tutela dei diritti delle donne», ha rimarcato Pisapia.
Diversi parlamentari hanno denunciato la scelta dell’ambasciata iraniana a Roma di usare quella che sembra una forca per impiccagioni per montare una telecamera, ben visibile dal muro di cinta. Lia Quartapelle, vicepresidente PD in commissione Esteri alla Camera, invita il governo italiano a intervenire. Filippo Sensi, senatore PD, chiede di convocare l’ambasciatore della Repubblica islamica. La deputata Elisabetta Piccolotti ha partecipato il 24 maggio alla manifestazione davanti all’ambasciata promossa dal comitato Donne Vita Libertà e da Amnesty International «contro il regime islamofascista di Teheran che continua a mandare sul patibolo e nelle carceri uomini, giovani donne e ragazze colpevoli solo di chiedere libertà e democrazia in quel Paese». Nicola Fratoianni condanna «l’infamia di agganciare una telecamera di controllo (o meglio di intimidazione) ad una forca». I radicali Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni hanno scritto al ministro degli Esteri Antonio Tajani affinché prenda provvedimenti.
Il consigliere comunale di Torino Silvio Viale (Radicali) ha invitato l’amministrazione a rimuovere il crocifisso posizionato nella Sala Rossa, sede istituzionale. Nella riunione dei capigruppo aperta al pubblico da segnalare il coraggioso intervento di Bruno Segre, ex partigiano ed avvocato di 104 anni invitato da Viale, che ha contestato nel nome della laicità la presenza del simbolo cattolico: «Sono contrario all’affissione del crocifisso in Sala Rossa, come nelle aule scolastiche, negli ospedali e in tribunale. È un privilegio accordato alla religione cattolica come altri iniqui provvedimenti. È necessario rimuoverlo, è un odioso simbolo di potere e sopraffazione di una religione che si ritiene superiore alle altre per via dei suoi privilegi». Viale ha inoltre avviato uno sciopero della fame contro la «decisione unilaterale di alcuni membri del Consiglio comunale di annullare a poche ore dall’avvenimento l’audizione della Curia sulla permanenza in Sala Rossa del crocifisso e più in generale sulla presenza dei simboli religiosi».
Si è costituito alla Camera l’intergruppo parlamentare in materia di salute riproduttiva e interruzione volontaria di gravidanza, promosso dall’Associazione Luca Coscioni. L’intento è promuovere l’applicazione delle parti della legge 194 per la tutela dei diritti e dell’autodeterminazione delle donne. Tra i primi aderenti, Stefania Ascari (M5S), Susanna Camusso (PD), Cecilia D’Elia (PD), Benedetto Della Vedova (Più Europa), Sara Ferrari (PD), Marco Grimaldi (Alleanza Verdi e Sinistra), Riccardo Magi (Più Europa), Celestino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra), Ilenia Malavasi (PD), Emma Pavanelli (M5S), Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi e Sinistra), Lia Quartapelle (PD) Andrea Quartini (M5S), Rachele Scarpa (PD), Luigi Spagnolli (PD), Gilda Sportiello (M5S). Anche il sindaco di Matera Domenico Bennardi ha assicurato che l’amministrazione si è impegnata a tutelare le famiglie lgbt e si è detta pronta a trascrivere gli atti di nascita dei figli delle coppie omogenitoriali, partecipando anche alle mobilitazioni dei sindaci italiani contro le limitazioni del governo. La presa di posizione dopo la bocciatura di una mozione – frutto della mobilitazione “Caro sindaco trascrivi” – che chiedeva al primo cittadino di agire, ritenuta dall’amministrazione tardiva e ridondante.
Al VI Municipio di Roma salta la mozione anti-aborto presentata da esponenti della maggioranza di centrodestra. L’atto aveva come primo firmatario il capogruppo leghista Emanuele Licopodio, personaggio noto negli ambienti locali di estrema destra, ed era infarcito di posizioni integraliste no-choice. Infatti avrebbe impegnato il miniparlamento a chiedere al sindaco di proclamare Roma «città della vita e della famiglia», finanziare le associazioni integraliste no-choice, promuovere anche con la stampa di materiali l’informazione sulle alternative all’aborto. È stato però ritirato: risolutiva è stata l’opposizione delle stesse consigliere di centrodestra. «C’è stata una mancanza di condivisione che ci ha infastidite, è un atto che riguarda le donne e la legge 194, che esiste e va rispettata. La scelta deve rimanere delle donne, sono loro che dovrebbero parlare, argomentare e al limite discutere. Senza contare che in quella mozione c’erano frasi pesanti, troppo forti, che non potevamo condividere», spiega la consigliera leghista e vicepresidente della commissione Pari Opportunità Wanda Raco. Assieme alla presidente della commissione Mariantonietta Lapolla (Lega) prospetta una mozione «a firma di tutte le consigliere donne», comprese quelle di opposizione. Dal canto suo la consigliera PD Fabiana Battistoni si è detta «contenta di questa coalizione fatta da donne di maggioranza e dell’opposizione»: «un segno che la comunità femminile ha dato ai tanti uomini che pensano di poter decidere sul corpo di noi donne». Anche la presidente dell’Assemblea Capitolina Svetlana Celli dal canto suo aveva ribadito il contrasto all’iniziativa integralista al VI Municipio: «Nessun passo indietro e sempre a difesa dei diritti delle donne. Tanti anni di battaglie non possono e non devono essere messi in discussione da provvedimenti assurdi».
Il sindaco di Cropani (CZ) Raffaele Mercurio ha preso posizione, assieme all’amministrazione, contro la lettera di un parroco della zona ai fedeli che esalta la «famiglia tradizionale» e bolla come «grave attentato all’istituzione della famiglia fondata sul matrimonio» il divorzio, le convivenze, le unioni civili, le unioni fra persone dello stesso sesso. L’amministrazione dal canto suo «prende le distanze sul concetto di “famiglia tradizionale” espresso nella suddetta lettera. La famiglia, a prescindere dall’orientamento religioso e sessuale, è la dove esistono sentimenti di pace, amore e onestà».
L’amministrazione comunale di Sulmona (AQ) ha deciso, approvando in commissione Bilancio le tariffe e il regolamento della Tari, di scrivere al vescovo locale per chiedere ai preti di portare i rifiuti delle parrocchie nelle proprie abitazioni per consentirne il corretto smaltimento. I luoghi di culto infatti, essendo esentati dall’Imu e quindi sprovvisti di una posizione Tari, non sono neanche dotati di mastelli in cui conferire i rifiuti da far prelevare dagli operatori ecologici. Senza i mastelli infatti le parrocchie lasciano i rifiuti fuori dalle porte e quei sacchetti non vengono raccolti dalla ditta Cogesa che si occupa dello smaltimento. Già l’anno scorso il Consiglio comunale ha votato un ordine del giorno per concertare con Cogesa «azioni mirate a eliminare il fenomeno, attraverso la segnalazione in tempo reale dei luoghi in cui sistematicamente i rifiuti vengono abbandonati»: provvedimento però rimasto di fatto lettera morta.
Un Istituto comprensivo di Palermo cambia nome: da Vittorio Emanuele III a Margherita Hack. Già due anni fa il sindaco Leoluca Orlando invitò le autorità scolastiche a intitolare l’istituto a un personaggio diverso rispetto al monarca sabaudo firmatario delle leggi razziali. La scelta è ricaduta quindi sull’astrofisica laica. Una nota stonata: la benedizione del prete.
La redazione
Il comune di Parlermo non lo credevo così ardimentoso da intitolare una scuola alla compianta Hack. Complimenti.
La telecamera davanti all’ambasciata iraniana dal quel lato di via Nomentana, non l’ho vista (e comunque già fermandomi qualche secondo i militari mi hanno guardato male). Svoltando nell’altra direzione forse. Però, stando alla stampa locale, sembra che ci fosse da molti anni e che la forma “a forca” fosse una coincidenza.
Chissà quanti altri uomini di chiesa e clericali condividono quanto detto nella lettera dal parroco di Cropani contro “il divorzio, le convivenze, le unioni civili, le unioni fra persone dello stesso sesso e ogni forma di unione illegittima (matrimoni civili ?)”, ma per opportunismo non si espongono.
Trovo, però, ipocrite e false le proteste di chi dice che queste posizioni non c’entrano col cristianesimo (cattolicesimo) e che sono posizioni medioevali. Si inseriscono nel filone di falsificazione propagandistica ed autoassolutoria della storia della chiesa cattolica e del cristianesimo in generale. Questi diritti li abbiamo ottenuti solo di recente, grazie alla secolarizzazione e sempre con l’opposizione della chiesa cattolica e dei clericali: il divorzio è degli anni ’70 ed ancora negli ultimi anni lo contestavano o cercavano di ostacolarlo anche per i non cattolici, mentre le unioni civili sono del 2016 in Italia. E se fosse per la chiesa cattolica non avremmo neanche i matrimoni civili a cui si opponeva ancora duramente poco più di 60 anni fa. Quindi niente di medioevale che appartenga a secoli fa e che, se potesse, la chiesa cattolica negherebbe a tutti ancora oggi.
Visto il finale della lettera del parroco la tirata contro i fedeli serviva a farli sentire in colpa ed elargire più copiosamente per la festa patronale di quanto stessero facendo sotto forma di indulgenze?
«…da parte dei due principali partiti di maggioranza…»
Bisognerebbe smetterla di parlare di ‘partiti di maggioranza’: tra astensione e sbriciolamento
dei partiti raramente la ‘maggioranza’ supera effettivamente il 35 – 40% dei consensi.
Chiamiamola piuttosto ‘maggior minoranza’.
In effetti visto l’elevato astensionismo e che per governare non c’è bisogno di avere il 50 % dei voti, bisognerebbe parlare semplicemente di partiti di governo. L’attuale governo ha ricevuto solo il 30 % dei consensi esplici, sugli altri non si sa, ma di certo c’è una bella fetta espressamente contraria. Chi governa è l’incaricato di amministrare “il condominio” Italia, non il suo proprietario. Trovo quindi molto fastidioso quando dicono che il popolo li ha voluti o che le loro leggi sono volontà del popolo come se fossero dei re del “lo stato sono io”. Così come quando dicono che gli italiani sono cattolici perchè loro lo sono (in questo caso senza neanche aver votato).
La cosa curiosa di quella votazione sulla Convenzione di Istambul è che la relatrice era del partito di destra svedese “I moderati” che governano con la destra in Svezia e che la maggior parte dei popolari ha votato a favore. Evidentemente nei paesi evoluti anche la destra è evoluta sui diritti (o magari ha semplicemente letto e capito la legge e non è pregiudizialmente contro come i due partiti italiani).