In una società sempre più plurale come la nostra, anche le differenze di fede tra i genitori possono acuire i contrasti nell’educazione dei figli. Quando ci si separa, capita spesso che uno dei due decida di imporre ai piccoli riti o forme di istruzione religiosa. Non è raro che ci arrivino storie di bambini battezzati o mandati al catechismo all’insaputa dell’altro. E succede che i tribunali tutelino in maniera preferenziale il cattolicesimo, perché considerano l’educazione religiosa comunque una forma di socializzazione e un veicolo per proporre cultura e principi positivi. Una recente sentenza della Cassazione sul caso di disaccordo tra una cattolica e un testimone di Geova rende ancora una volta evidente il favor religionis anche rispetto agli altri culti.
La Corte ha stabilito che, anche quando c’è l’affido condiviso e a prescindere se si trattava in passato di coniugi o conviventi, al genitore che cambia religione è vietato condurre i figli alle cerimonie di un culto diverso da quello in cui erano stati educati quando la famiglia andava d’accordo. Il caso è quello di una coppia di San Donato Milanese in cui Roberto C., il padre delle minori separatosi dalla compagna dopo anni di convivenza e divenuto testimone di Geova, voleva portare le figlie nella sala del regno che frequenta. In precedenza la coppia aveva educato in senso cattolico le bambine e la madre si era detta contraria alla novità.
Sono intervenuti i servizi sociali e la questione è arrivata in giudizio. Il tribunale dei minori, nel disporre nel gennaio 2011 l’affido condiviso, aveva dato torto all’uomo, ponendo come condizione che le bambine non fossero condotte alle celebrazioni dei testimoni di Geova. Il padre aveva fatto ricorso per far valere la sua libertà religiosa, ma la corte d’appello di Milano lo scorso gennaio aveva confermato la sentenza. Si è arrivati quindi alla recente sentenza della Cassazione. Secondo la suprema Corte le minorenni non sono abbastanza mature per “praticare una scelta confessionale veramente autonoma”, ed è “inopportuno uno stravolgimento del credo religioso” in cui erano state educate. La Cassazione fa riferimento alla Corte d’appello che “lungi dal negare e comprimere il diritto di professare la propria fede religiosa, ha piuttosto adottato le prescrizioni ritenute più idonee per assicurare la corretta formazione psicologica e affettiva delle minori”. Ha quindi confermato che durante feste come Natale, Capodanno, Epifania, Pasqua e nel giorno del compleanno (evento non festeggiato dai testimoni di Geova) le bambine debbano stare con la madre.
In questi scontri a farne le spese sono sempre i bambini. E questa sentenza acuisce le contraddizioni di un sistema giuridico che vorrebbe garantire la libertà di scelta, ma che al tempo stesso sdogana l’indottrinamento. Non solo la religione ha una corsia preferenziale, ma è più uguale delle altre quella in cui sono cresciuti i minori: la sentenza non muove certo nella direzione dell’emancipazione e della libera scelta. Semmai del comunitarismo. Sarebbe bello che fosse presa sul serio l’affermazione secondo cui “le due bambine non hanno la necessaria maturità” per “praticare una scelta confessionale veramente autonoma”. Quantomeno si ammette che una formazione confessionale consapevole è possibile solo da adulti, mentre prima ci si limita a eredita ciò che viene insegnato dalla famiglia e dalla società. Qualunque cosa sia insegnata.
Non è la prima volta che un giudice decide in questo senso. Già nel 2010 il tribunale di Milano aveva dato ragione alla madre di un bambino non battezzato in affido congiunto. La donna lo portava al catechismo e a messa, e secondo il tribunale era giusto così, perché comunque si davano dei “valori” che poi avrebbero permesso in teoria di scegliere o meno una fede. Ancora prima, la Corte Costituzionale con la sentenza 239 del 1984 aveva riconosciuto che l’adesione a una qualsiasi comunità religiosa deve essere basata sulla volontà della persona. Ed è difficile, a nostro avviso, rintracciare tale volontà in un bambino che viene battezzato.
Tutto ciò sembra far pensare che per la legge italiana il bambino cresca meglio se lo si indottrina con il pensiero religioso dominante, perché altrimenti potrebbe avere degli scompensi. L’educazione improntata pedissequamente sulle idee della comunità in cui si è casualmente nati non a caso è fatta propria sia da un nostalgico del pensiero unico come don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, sia da intellettuali come Will Kymlicka, ovvero uno degli alfieri del multiculturalismo che tanti disagi in termine di segregazione e comunitarismo sta creando in paesi come la Gran Bretagna. Sarà, noi pensiamo invece che per un bambino sia molto meglio essere messo a contatto con diverse idee e stimoli, perché sarà più facile per lui sviluppare una coscienza critica e diventare un cittadino aperto e tollerante, perché la società non è affatto da ridursi alla comunità e men che meno a quella di fede. Come già facevamo notare nel 2009 commentando il Libro Verde dell’allora ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, non a caso uno dei più vocianti promotori “laici” del clericalismo in politica, tra le fila del centrodestra. E come sostiene Clemente Garcia Novella, autore di Dio esiste, papà?, libro che cerca di rispondere a queste domande senza considerare i bambini come futuri fedeli da etichettare e indottrinare.
La redazione
chissà se la stessa decisione sarebbe valsa anche nel caso di bambino nato in una coppia atea, successivamente con uno dei (o entrambi i) genitori convertito al cristianesimo… ?
In quel caso, per COERENZA, non dovrebbe essere permesso al genitore cristiano di far fare a suo figlio i riti cattolici…
… per non stravolgere il quadro spirituale impostato inizialmente (definibile con “nessuna religion”)… giusto?
O ancora una volta la visione del mondo atea è “di serie B” e quindi è concesso stuprarla, mentre quella religiosa no?
Cavolo. Ormai è troppo tardi per farlo noi. I figli sono già grandi…
Ah poi un’altra cosa. A che età, legalmente parlando, il bambino è libero di scegliere da solo a quali culti partecipare (e di conseguenza anche di che religione vuole essere)?
Infatti. Se davvero il/la bambino/a non è sufficientemente maturo per compiere una scelta religiosa consapevole, il principio dovrebbe valere per ogni confessione.
Dici che in questo caso si può chiamare in causa la dissonanza cognitiva oppure psicologizzo a sproposito?
😐
@Mosconi
Ci sta tutta. E se questa dissonanza fosse anche “ragionata” sarebbe anche peggio 🙁
E dovrebbe anche essere vietato inculcare idee religiose nei bambini, nonché sottoporli a riti religiosi e iscriverli a questa o a quella chiesa.
In Germania ed Austria i ragazzi possono decidere sulla religione dai 14 anni senza il consenso dei genitori, tra i 12 ed i 14 anni solo col loro consenso.
In Italia solo dai 18 anni (vedi per l’ora di religione), prima ci vuole il consenso dei genitori.
Voler commentare, ma accorgersi che kundalini444 scrive ha scritto esattamente ciò che si pensava…
La redazione giustamente sottolinea: sarebbe bello che fosse presa sul serio l’affermazione secondo cui “le due bambine non hanno la necessaria maturità” per “praticare una scelta confessionale veramente autonoma”.
Mi chiedo e chiedo se l’Uaar non possa mettere in campo un’iniziativa (una lettera aperta alla Cassazione ad esempio) o qualcosa altro che vada nella direzione auspicata.
Mi pare che la Cassazione offra uno spunto da non lasciar cadere per ribadire pubblicamente l’opposizione dell’Uaar ad ogni tipo di indottrinamento infantile.
Non l’ho letto, ma qui è citato un riferimento e uno spunto interessante:
http://www.fallacielogiche.it/index.php?option=com_content&task=view&id=114&Itemid=125
Il bello è che si dà per scontato che le bambine allevate per anni da due genitori conviventi mai sposati “siano state educate nella fede cattolica”…
🙂
L’educazione cattolica imposta per legge.
Chissà perché mi viene da pensare a Edgardo Mortara.
In questo caso il giudice non è che abbia in realtà fatto chissà quale assurdità.
I testimoni di Geova, a essere onesti, non sono una religione, ma un’associazione criminale pura e semplice (basti pensare, tra le tante cose, che preferiscono far morire i propri figli piuttosto che accettare una trasfusione di sangue).
Il giudice ha scelto il male minore.
E visto che nessuno dei due genitori era ateo e che le bambine erano troppo piccole per poter fare una scelta ponderata… da ateo dico: mille volte meglio cattolico che testimone di Geova.
Saluti,
Mauro.
Certo, ma se affermi che un minore in età infantile non sa scegliere, si suppone che neanche l’altro genitore dovrebbe obbligarlo a seguire la propria dottrina. Questa sentenza è quasi un precedente.
Probabilmente in tutta la questione la religione non c’entra una cippa. Il giudice era chiamato a evitare che le bimbe finissero maciullate nel conflitto tra genitori. Ha dunque applicato il principio conservativo del si va avanti come è sempre stato. Lo stesso ragionamento sarebbe valso se il padre si fosse fatto vegano, il che non c’entra con la religione, o avesse scelto che fa bene dormire d’inverno con le finestre spalancate e col riscaldamento spento, il che neppure c’entra con la religione e a patto di avere una trapunta potrebbe pure essere salubre. Commentare le sentenze e trarne conseguenze senza leggerne le motivazioni anche nei minimi dettagli non è serio. Atei o credenti che si sia.
@pmc
1) La religione è la causa stessa della questione giuridica. Se i coniugi fossero stati entrambi atei, non ci sarebbe stata alcuna causa.
2) L’unica continuità tra la sentenza del tribunale di Milano e quella della Corte di Cassazione è che è meglio, per i bambini, seguire la fede maggioritaria. I tribunali della Repubblica promuovono, in tal modo, un’adesione acritica a un pensiero (a quel punto) unico.
3) L’Uaar, che esiste proprio per eliminare situazioni come quella al punto 2), ha pubblicato un commento critico sul suo blog.
4) In seguito al punto 3) l’Uaar ha ricevuto critiche. Non è stupita che accada, è da quando è nata che riceve critiche da chi è favorevole allo status-quo filocattolico.
pmc,
la motivazione verte espressamente sulla religione, o sulla partecipazione a riti religiosi, e non su abitudini alimentari o igieniche.
I giudici d’appello avevano stabilito che «l’età delle figlie non consentisse loro di “praticare una scelta confessionale veramente autonoma” e fosse inopportuno “uno stravolgimento di credo religioso” che non potesse essere elaborato con la necessaria maturità, considerato che le minori “avevano vissuto … in un contesto connotato dal credo religioso cattolico”».
Elaborare un “credo” religioso è un tantino diverso da preferenze molto più misurabili e ovvie. E il divieto riguarda la partecipazione alle Adunanze del regno.
La sentenza della Cassazione è comunque consultabile, se ti interessa: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/content/dam/law24/Gad/Documenti/2013/Ottobre/Corte%20di%20cassazione%20-%20Sezione%20I%20civile%20-%20Sentenza%204%20novembre%202013%20n.%2024683.pdf
@sandra
Grazie, scelta saggia. Dopo di che ognuno si farà un’idea da sé.
@admin
Anche se i coniugi fossero stati entrambi cattolici, buddisti, animisti, new age… non ci sarebbe stata questione.
Ma andiamo più nel dettaglio, che tanto qui non concorderemo mai. Cos’altro avrebbe potuto fare il giudice?
1) passare i figli alla religione del padre. Vantaggi: non si difende una religione dominante, non si aumenta il peso numerico di una religione che attenta al laicismo dello stato con abbondanza di mezzi. Dopotutto i testimoni di Geova contano poco e influenzano ancor meno la politica. Svantaggi: l’educazione delle bambine risulta un po’ erratica e schizofrenica. E la scelta è un po’ arbitraria. Non è detto che le bambine si adattino senza fastidi al cambiamento di abitudini, come dover rinunciare d’un tratto a festeggiare il Natale.
2) sottrarre la materia religiosa alla competenza dei genitori, imponendo il divieto di educarli religiosamente e limitando in maniera molto forte la potestà genitoriale. Vantaggi: c’è qualche chance di applicare una decisione laicista. Svantaggi: si viola l’articolo 30 della costituzione (diritto dei genitori di educare i figli) e pure l’articolo 19 (libertà di professare la propria religione). Il che non è nelle facoltà di un giudice.
3) fare finta di nulla e lasciare che il peso della discussione ricada sulla famiglia. Vantaggi: lo stato non si immischia in scelte religiose. Svantaggi: non si risolve il problema.
Resta poi la quattro, quella presa dal giudice:
Tutelare le bambine imponendo di congelare la situazione a quella a cui erano abituate.
Tu ne hai in mente altre che a me sfuggono?
@pmc
Come è possibile che la religione non c’entri una cippa. Non c’entra come fenomeno scatenante, forse, visto che il problema è il rapporto fra le parti genitoriali, ma sta di fatto che la vicenda è incentrata su di essa. Ora, come citata da Sandra, la corte ha parlato di non sufficiente maturità per una decisione consapevole, visto il contesto in cui avevano vissuto. Ora, viene spontaneo chiedersi: se manca la maturità per decidere di cambiare religione, può esserci maturità per decidere di rimanere in quella d’origine, visto anche per quanto si è stati esposti a esso? Io direi di no. Di fatti, la decisione è stata della corte. Capisco che la stabilità delle bambine fosse al primo posto, ma il principio espresso, lo si voglia o no, si estende a qualsiasi confessione.
@gmd85
Tuttavia mi sembra che tu eluda, seppure inconsapevolmente, la domanda fondamentale: quali alternative vedi? Perché è poi lì il nocciolo. Mi sembra che ti soffermi sulla portata culturale di una sentenza che in realtà di portata culturale ne avrà ben poca (non fa nulla di epocale, tipo legalizzare nozze omo o autorizzare suicidi assistiti). E mi sembra che il nocciolo pratico del problema (evitare discussioni tra genitori in maniera efficiente) è l’unica cosa che conta.
Fossi stato tu il giudice che cosa avresti stabilito?
@pmc
Il problema è a monte. A me non interessa tanto il fatto che si sia privilegiato il contesto cattolico invece di quello TdG, quanto il fatto che sia stata messa in mezzo la non sufficiente maturità per prendere una decisione consapevole. Se le cosse fossero state al contrario, la sentenza sarebbe andata bene lo stesso? Se le bambine fossero state esposte a un contesto TdG invece che a uno cattolico e se fosse stata la madre a volere un cambiamento in materia, come pensi che sarebbe andata la questione? Si sarebbe applicato sempre il principio conservativo? Ripeto, che si voglia salvaguardare la stabilità delle bambine è importante e spero che l’intento primario della corte sia stato quello. Fatto sta, però, che la potestà genitoriale del padre è stata limitata, contravvenendo proprio agli articoli che hai riportato.
Cosa avrei fatto io? Probabilmente avrei fatto lo stesso, viste le attuali condizioni legislative.
Cosa auspicherei? Che i minori, per legge, possano scegliere quale religione seguire (o di non seguirne alcuna) una volta raggiunta un’età sufficiente per decidere consapevolmente, senza essere esposti massivamente a questa o a quell’altra.
@pmc
Mi era sfuggito un punto. Indipendentemente da ciò che era necessario fare, il dubbio che la sentenza getta sul fatto che un minore possa scegliere consapevolmente o no è forte. Cosa o chi garantisce che la scelta del minore in una famiglia monoreligiosa sia consapevole, almeno fino a quando non si è sufficientemente maturi per ragionarci da soli?
@gmd85
Personalmente credo che la sentenza sarebbe stata corretta anche a parti invertite con le bimbe che restano testimoni di Geova.
La “limitazione della potestà” del padre è avvenuta nel momento in cui contrastava con la potestà della madre, era una situazione in cui una delle due doveva soccombere perché non erano compatibili. Non vedo in questo nessun contrasto con la costituzione. Differente sarebbe stato se il giudice avesse annullato la possibilità di scelta a entrambi genitori.
Il problema della scelta consapevole del minore probabilmente va valutato di caso in caso, specificamente. Ma in generale qualsiasi credo dei genitori viene abitualmente trasmesso all’interno dell’educazione. Se una famiglia è di sinistra anziché di destra questo passa ai figli, se parla dialetto in casa anziché italiano, la lingua principale passerà ai figli etc etc. Se una famiglia ha buone maniere a tavola piuttosto che no passa ai figli… Credo che stracciarsi le vesti sulla questione sia un tema di scarso interesse, quantomeno non interessa a me. Poi gli altri vedano.
Ma veniamo a bomba alla cosa che più importa. Dalla tua risposta vedo che nonostante una grande diversità di vedute alla fine ci saremmo trovati molto probabilmente d’accordo sul da farsi. Il che è un fatto che indica il nostro buon senso e la nostra capacità di andare al sodo delle questioni in vista di un fine pratico e tangibile. Penso che sia un punto di incontro serio perché non elude i problemi, ma allo stesso tempo non ci si calcifica. La convivenza pacifica si basa proprio su questo: un minimo di benevolenza nei confronti del prossimo, concretezza e basso tasso ideologico.
@gmd85
Personalmente credo che la sentenza sarebbe stata corretta anche a parti invertite con le bimbe che restano testimoni di Geova.
La “limitazione della potestà” del padre è avvenuta nel momento in cui contrastava con la potestà della madre, era una situazione in cui una delle due doveva soccombere perché non erano compatibili. Non vedo in questo nessun contrasto con la costituzione. Differente sarebbe stato se il giudice avesse annullato la possibilità di scelta a entrambi genitori.
Il problema della scelta consapevole del minore probabilmente va valutato di caso in caso, specificamente. Ma in generale qualsiasi credo dei genitori viene abitualmente trasmesso all’interno dell’educazione. Se una famiglia è di sinistra anziché di destra questo passa ai figli, se parla dialetto in casa anziché italiano, la lingua principale passerà ai figli etc etc. Se una famiglia ha buone maniere a tavola piuttosto che no passa ai figli… Credo che stracciarsi le vesti sulla questione sia un tema di scarso interesse, quantomeno non interessa a me. Poi gli altri vedano.
Ma veniamo a bomba alla cosa che più importa. Dalla tua risposta vedo che nonostante una grande diversità di vedute alla fine ci saremmo trovati molto probabilmente d’accordo sul da farsi. Il che è un fatto che indica il nostro buon senso e la nostra capacità di andare al sodo delle questioni in vista di un fine pratico e tangibile. Penso che sia un punto di incontro serio perché non elude i problemi, ma allo stesso tempo non ci si calcifica. La convivenza pacifica si basa proprio su questo: un minimo di benevolenza nei confronti del prossimo, concretezza e basso tasso ideologico.
@pmc
Personalmente, lo voglio sperare.
Non sono un costituzionalista (però sto per iscrivermi a giurisprudenza come seconda laurea, sperando di trovare un lavoro nel frattempo :mrgreen:), ma il diritto alla libertà religiosa è prima del singolo. Se la religione di uno o dell’altro non costituisce alcuna fonte di danno, non sono del tutto sicuro che far soccombere il diritto di una delle due parti sia esattamente costituzionale. Ora, le bambine erano già educate al cattolicesimo, ma se la situazione avesse visto un’ “esposizione” relativamente simile alle due religioni come avrebbe dovuto agire la corte? Spero, inoltre, che se l’ “esposizione” primaria fosse stata a una “non religione” la decisione sarebbe stata dello stesso tipo di quella motivata nella sentenza.
Scelta consapevole: si, certo, l’educazione è quella che si riceve in famiglia, ma è stato proprio l’approccio della corte a essere generalizzante, anzi, ha quasi messo in luce un’incapacità dovuta ad “assuefazione”. Suppongo che a una certa età, però, una motivazione simile cadrebbe.
Per il resto, che il problema sia quello di tutelare i minori in caso di separazione è chiaro. Poi, ripeto, a monte preferirei che l’accesso all’educazione religiosa avvenisse a un’età più matura.
Quanto desidero che dovessero andare in giudizio un padre ebreo e una madre cattolica per una simile disputa, con il figlio che desiderasse rimanere ateo. Ah, che bella figura di m… da farebbe l’Italia d’avanti al mondo !.
C’è una bella differenza tra essere cattolico e appartenere ad una di queste sette (come i TdG o Scientology), infatti:
1) Si è cattolici per conformismo o per convenienza.
2) Si è cattolici perchè lo vuole lo Stato
3) Si è cattolici perchè comunque appartieni ad un grande gruppo riconosciuto in tutto il mondo;
4) E comunque essere cattolici non costa niente perchè tanto paga lo stato .
Nel caso delle sette invece non si capisce quale sia la molla che spinge verso la loro appartenenza. E comunque per appartenere ad una di queste sette uno deve sborsare bei soldi di tasca propria.
E nonostante che io abbia la certezza assoluta che le religioni sono tutte un imbroglio, devo ammettere che le sette sono molto peggio che della Chiesa.
Almeno se uno è cattolico può anche prendersi una bella raccomandazione per entrare in politica. Con le sette invece uno se lo prende solo nel c@@o.
Beh, certo, del resto la coppia era convivente, e quindi non cattolica. Resta da vedere se le bambine sono battezzate (che è una cosa che alcuni conviventi scelgono). Poi se a scuola frequentano l’irc o no (e sappiamo quanto soprattutto alla scuola dell’infanzia due ore di religione “facoltativa” diventino per molti una scelta obbligata, per inerzia o per ignoranza dell’alternativa). Chiaramente il contesto è “cattolico soft all’italiana”, mentre la conversione e l’ambiente tdg di soft ha poco.
Io non capisco che tipo di attrazione possono avere quelle sette.
Veramente neanch’io…. Ma un’attrazione la esercitano, tanto è vero che i giudici hanno espressamente vietato al padre di portare le figlie al tempio (ma non di parlare loro della sua religione!). Le cerimonie sono fatte per coinvolgere emotivamente, i tdg hanno questi battesimi collettivi, con gente che piange di gioia, un po’ da delirio. Ho appena finito di leggere un libro divulgativo di un neurologo, e ci sono un paio di episodi legati alle esperienze mistiche, o a una religiosità dovuta a quella che veniva definita iper-empatia. Tra qualche anno si saprà di più spero di quanto delle nostre scelte di vita siano il risultato di una certa conformazione cerebrale. Comunque penso che in generale ognuno cerchi la situazione che lo fa sentire meglio, e poi si convinca razionalmente della scelta.
In Italia secondo le statistiche vi sono oltre 200 mila Testimoni di Geova. Quest’anno lo stato italiano ha firmato la convenzione coi Testimoni di Geova che diventano religione riconosciuta e che quindi accedono all’8 per mille.
Questo significa che formalmente per lo stato italiano dovrebbero essere messe alla pari.
Anche la religione cattolica è una setta, solo più numerosa e più forte. Ci sono molti meccanismi simili: cosa sono per esempio l’opus dei e CL? E riguardo alle esperienze mistiche in diversi gruppi cattolici non mi pare che vi siano cose molto diverse.
In Austria i Testimoni di Geova hanno diritto anche all’ora di religione nelle scuole.
Non metterei sullo stesso piano Scientology e Testimoni di Geova. Non mi risultano riconoscimenti ufficiali per i primi.
Nessuna religione vuole la condivisione con altre, tutte temono il confronto: fino a poco fa anche la chiesa cattolica vietava i matrimoni coi protestanti (cioè era d’obbligo la conversione) e ancora oggi pur tollerandoli raccomanda che i figli vengano educati come cattolici.
Le istituzioni non possono arrogarsi il diritto di stabilire che “la religione cattolica è meglio della setta”.
In uno stato laico le religioni, purchè rispettino la legge, sono tutte ugualmente valide.
A quanto pare la sentenza preferisce una ad un’altra non entrando nel merito del culto, ma solamente per conservare uno “status quo” a beneficio della salute mentale dei bambini.
Chiarito questo, direi che il principio di “conservazione dello status quo” mi sta benissimo, da notare che si nasce senza religione, e quindi tali si dovrebbe rimanere fino ai 18 anni, quando poi ognuno sarà libero di sceglierne una.
O nessuna.
Se la motivazione è che i bambini non sono sufficientement maturi per fare una scelta, allora non si capisce perchè li fanno battezzare neonati. Anche i neonati hanno i loro diritti che non devono essere prevaricati neanche dai genitori che non devono scegliere per loro e poichè la questione non riveste necessità nè urgenza, allora nessuno inclusi i genitori dovrebbero prendere una decisione così intima e personale che riguarda la sfera del trascendente di ciascun individuo. Lo potranno fare in età matura se lo riterranno opportuno.
E’ cmq tutta un ipocrisia. Come se scegliere una religione piuttosto che un altra li esentasse dal vivere come cittadini di uno stato democratico e in libertà. Però, per quanto attiene al culto del cannibalismo divino o teofagico, va tutto bene, come se fosse normale uccidere qualcuno già morto per mangiarselo e berne il sangue. Minchia che coerenza sti tribunali. Di queste pratiche sadiche e orgiatiche nessuno ne parla però !
Forse qua, come dicono altri, il giudice, non potendo dire papale papale (termine che ci sta pure bene data la questione) che è meglio per un ragazzino avere in mezzo alle scatole i cattolici che i testimoni di Geova (e io da ateo concordo come altri) , ha applicato il ‘principio conservativo’ , un’ipocrisia (non penso che l’avrebbe mai fatto in situazioni inverse ma si sarebbe inventato un’altra scappatoia per tenere lontano il bambino dai Testimoni di Geova) ma di buon senso.
D’altronde, solo le anime belle non comprendono che dietro le grandi acrobazie del diritto stanno i rapporti di forza, che non vuol dire capacità di menare le mani ma capacità -economiche, numeriche, di diffusione ideologica e dunque di comunicazione- di essere maggioritari nella società.
In questo caso, almeno, rapporti di forza (in cui i cattolici sono capi indiscussi) e buon senso ( buon senso di cui mediamente i cattolici, parlando di comuni cittadini spesso cattolici più per forma e per rito che per adesione piena di fede, sono più dotati dei Tdg) una volta tanto sono finiti per coincidere un po’.
“un’altra scappatoia per tenere lontano il bambino dai Testimoni di Geova”
Infatti questa è anche la mia impressione. La sentenza non vieta infatti al padre di leggere libri tdg o di parlare alle figlie della propria religione, o di presentare loro correligionari in un ambiente non religioso (per es. non ha vietato di andare in giro con le bambine a citofonare…): non sembra che il confronto con l’altra religione sia il problema. Piuttosto come se l’interesse delle bambine, il loro benessere non sia salvaguardato frequentando l’ambiente dei tdg.
Per quanto di “buon senso” mi sembra anche una decisione di non poco peso, da parte dei giudici, dato che come si ricordava più su i tdg sono una religione riconosciuta dallo Stato italiano ai fini della ripartizione 8/mille. Non una setta. Cosa sarebbe successo se il padre fosse diventato neocatecumenale?
E se l’ambiente dei tdg – non il messaggio religioso in sè! – è considerato poco raccomandabile dai giudici, cosa se ne dovrebbe ricavare in termini legali per altri minori, figli di tdg?
Sandra, io credo che proprio la motivazione di mantenere i figli nella religione a cui erano stati abituati sin da piccoli la scappatoia del giudice per tener lontani i TdG senza espressamente nominarli, in modo da schivare i vuoti giuridici e le contraddizioni che tu ben elenchi.
Proprio per quello, dicevo che se la cosa fosse avvenuta a parti avverse (bambini abituati ai TdG e un genitore che diviene cattolico e vuole portare i bambini a messa e catechismo), il giudice avrebbe dato ragione ai cattolici trovando qualche altra scappatoia giuridica e accennavo ai rapporti di forza.
Insomma, mi pare il solito caso di corsia preferenziale cattolica attraverso una scappatoia, ma per una volta tocca dire bene così…in mancanza di meglio.
Lasciando da parte l’aberrazione giuridica di questa sentenza e cercando di trovare l’aspetto positivo della cosa, almeno il ragazzo non andrà in giro a cittofonare.
Ma dico io, i testimoni di G. quando si annoiano escono da casa e si cittofonano da soli ?.
Oppure fanno pratica cercando di convincere il cane ?
E’ vero che è la religione a monte la causa del problema, tuttavia condivido le perplessità di pmc sul fatto che comunque una decisione la si deve pur prendere. In questo caso la corte ha fatto, non so se consapevolmente o meno, il bene delle bambine, nel senso che guardandolo “utilitaristicamente” dal nostro punto di vista meglio lasciarle “cattoliche” le bambine, così che abbiano maggiore probabilità di appartenere, da adulte, alla maggioranza degli italiani che non se ne frega niente della religione rispetto a farle crescere come TDG. Proprio l’altra domenica mattina, io stavo portando la mia famiglia a fare un giro grazie alla bella giornata, e un TDG in giacca e cravatta con il figlio di 10 anni con la cravatta anche lui (!!!) che andavano in giro a evangelizzare. Che crudeltà, povero bambino.
infatti, se crescono cattolici molto probailmente finiranno a bestemmiare davanti alla curia con gli amici.
@firestarter:
Se invece crescono mugugnanti finiranno per mugugnare falsificando i dati di fatto oggettivi su chi cerca (almeno ci prova e magari potrà fallire) di cambiare la situazione in meglio.
DucaLamberti74
Non ho capito che vai cercando, ma se cerchi conforto ti conviene tornare al bar a fare ridere gli altri bimbiminkia
@firestarter:
Tu cerchi conforto nel blog dell’UAAR che non riesci a contrastare mai le mie valide argomentazioni.
Se non accetti nemmeno un po’ di ironia mi spiace per te ma ridere e divertirsi è uno dei piaceri della vita 🙂
Prendi me per esempio…guarda qui ed impara:
—
Va bene firestarter…torno con gli altri miei amici bimbiminkia del M5S ed andiamo a comprare un dividdi` di beppe grillo e poi a postare sui soccial forum del piddi`
—
Vedi è facile … basta un po’ di simpatia 🙂
DucaLamberti74
@firestarter:
Ironia ma anche e soprattutto autoironia (sapersi prendere in giro).
Le mie ultime righe erano un sempio di autoironia 🙂
DucaLamberti74
Ma non ti accorgi dell’ironia insita nella tua pretesa di avanzare “dati di fatto oggettivi”, quando il meglio che sai fare e’ sparare frasi ignoranti e imbarazzanti? Non mi sorprende che ti piacciano tanto i “ce l’ho duro” e i “vaffa tutti”, ma non pretendere che ti si risponda sul serio. E’ come se andassi ad una conferenza di astrofisica avanzando come “dati di fatto oggettivi” gli oroscopi di branko.
@Gianluca
crudeltà? se vuoi rabbrividire davvero, guarda questo piccolo cartone animato per bambini testimoni di Geova…
http://www.youtube.com/watch?v=SUi8FbzJc28
Scusate un attimo, ma mi pare che ci sia un equivoco: per quale motivo “una decisione la si doveva pur prendere”? Non spetta mica al giudice decidere a quale religione debbano appartenere le ragazzine (cosa che sarebbe materialmente impossibile, oltre che inaccettabile eticamente)!… ma solo in che modo debbano essere gestiti tecnicamente i rapporti familiari e le questioni educative dopo la separazione.
E quindi, il giudice poteva benissimo non prendere le parti di nessuna delle due religioni, e lasciare liberi entrambi i genitori di presentare alle figlie il proprio punto di vista, il che avrebbe avuto l’ottimo effetto collaterale di farle crescere nella consapevolezza che esiste il pluralismo, e che ognuno può pensarla come vuole in campo religioso.
Stabilire invece che le figlie possano essere portate alla chiesa della mamma (sempre che la mamma in chiesa ci vada), mentre a quella del babbo no, e che la madre può far frequentare alle figlie eventuali corsi di catechismo e attività comunitarie della sua chiesa, mentre il padre no, mi sembra un’inaccettabile intromissione nel giudizio di valore tra una religione e l’altra, che un magistrato non dovrebbe permettersi.
Facciamo un esempio terra terra: se la coppia fosse sempre stata atea o agnostica, e avesse allevato i figli laicamente, senza battesimo e senza nessuna istruzione religiosa, abituandoli esplicitamente a una visione del mondo senza religione, e poi uno dei due si fosse avvicinato al cattolicesimo dopo la separazione e fosse diventato un devotissimo cattolico osservante, il giudice avrebbe preso la stessa decisione? Ovvero quella di vietare al genitore “diventato cattolico” di educare i figli nella propria nuova fede, per non turbare la loro situazione precedente in cui erano abituati a non essere religiosi?
L.
E’ più o meno il caso di una coppia di amici miei: sempre stato ateo lui, diventata recentemente credente (cattolica) lei. Quest’anno il figlio maggiore ha fatto la prima comunione. La coppia è in forte tensione da diverso tempo. Non so come finirà.
nel senso che guardandolo “utilitaristicamente” dal nostro punto di vista meglio lasciarle “cattoliche” le bambine, così che abbiano maggiore probabilità di appartenere, da adulte, alla maggioranza degli italiani che non se ne frega niente della religione rispetto a farle crescere come TDG.
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Io non vedrei tanto di buon occhio questo dettaglio. Perché la cosiddetta “maggioranza degli italiani ai quali non frega niente della religione cattolica”, in definitiva, sono proprio quelli che continuano caparbiamente a perpetuare tutte le usanze e le abitudini clericali di tale religione, proprio perché non vi sono realmente coinvolti, e perché a loro non costa niente farlo.
Dal punto di vista dell’impatto sociale SUGLI ALTRI, chi è stato allevato nel formalismo vago dei rituali cattolici, vissuti NON come un valore etico sentito, ma come un automatismo sociale che “si fa” anche se non ci è tanto convinti, è molto più dannoso di quelli fortemente convinti, che la vivono come una scelta di vita consapevole.
Avere grandi masse di gente allevata nel cattolicesimo superficiale e fasullo, in cui si è favorevoli ai rituali, ai sacramenti e ai crocifissi solo “perché è tradizione”, e perché comunque non costa nulla (ma col cavolo che si rispettano davvero i precetti della chiesa in quegli ambiti in cui sarebbe impegnativo)… produce esattamente quel genere di persone che poi continueranno a comportarsi così per tutta la vita e anche coi propri figli, e così via all’infinito.
Secondo me il problema è da impostare nettamente in modo diverso, ovvero guardare al benessere mentale dei bambini.
Dunque la domanda è: mediamente, è più salutare per la psiche di un bambino crescere tra TdG (dunque negazione dell’evoluzione, delle trasfusioni, dell’impegno civile e politico, divieto di avere relazioni sentimentali future con un non TdG) o in un ambiente cattolico, solitamente molto più soft?
La massa dei “tiepidi” cattolici dà un grande valore all’aspetto sociale dei riti: la messa è un pretesto, non lo scopo. Ma è questo che piace agli italiani: se si trattasse di provare la propria fede con un comportamento coerente, in chiesa non ci andrebbe più nessuno. Non è per la dottrina che gli italiani finanziano la Chiesa: gli italiani non subiscono affatto la chiesa, e la chiesa non subisce la poca fede: gli italiani vogliono essere cattolici saltuariamente praticanti e sposarsi in chiesa, comunione e cresima ai figli ma a messa dopo le cerimonie non li vedi più, e poi possono sempre ritornarci quando sono anziani. In cambio la Chiesa viene finanziata e bene o male c’è sempre un ricambio che giustifica la propria presenza.
Che un club di persone che si ritrovano alle proprie condizioni e modalità di partecipazione sia più pericoloso per gli altri di un’associazione di fortemente convinti non mi trova d’accordo: in Lombardia generazioni di moderati cattolici (che del resto hanno reso possibile l’approvazione di divorzio e aborto) si sono visti scavalcare in pochi anni di azione di determinati ciellini.
Il Papa: menos mal che hanno messo il bambino lontano dai testicoli di Geova…
Segretario: Sua Santità !
… lontano dai testicoli di Geova … e più vicino ai testicoli dei preti cattolici? 😯
Mi chiedo come sarebbe stata la sentenza se il giudice fosse stato testimone di Geova. 😯
Oppure fare il giudice in Italia è incompatibile con l’essere testimone di Geova? 😯
Oppure fare il giudice in Italia è incompatibile con l’essere testimone di Geova?
Credo che sia incompatibile proprio su iniziativa loro, per motivi legati alla loro fede, non secondo le leggi dello stato. I TdG hanno una serie di divieti ferrei riguardanti la partecipazione alle istituzioni dello stato (ad esempio, non votano, perché la loro religione glielo vieta proprio, e rifiutano di fare il servizio militare, nei paesi in cui è ancora obbligatorio). Quindi non escludo che all’interno della loro chiesa ci sia un divieto del genere anche per la partecipazione ai ranghi della magistratura, ma non ne sono sicura. Di sicuro, lo stato non può impedire a qualcuno di fare il magistrato a causa della propria appartenenza religiosa…
Sapevo dei divieti di votare e di fare il servizio militare anche se obbligatorio, ma non avevo notizie certe del resto, riguardo cui ho lo stesso tuo dubbio.
Dubbio che estendo: “può” un tdG insegnare biologia o geologia senza almeno premettere “Dovrò seguire il programma ministeriale, ma sappiate che la Verità è diversa…”? O sarà obbligato dalla sua religione a cercarsi un altro lavoro?
Pensarte se una fosse TdG e l’altra Pastafariano: il giodice che farebbe?
E come giudicherebbe un giudice testimone di Geova trovandosi di fronte un ateo e un pastafariano? 🙂
Ma dico io, siamo sicuri che questa benedetta bambina subisse un trauma dalla conoscenza di due religioni diverse? Magari invece poteva trarre beneficio intellettuale e apertura mentale. E c’era bisogno di rivolgersi a un giudice? Vergogna.
Probabilmente non sarebbe stata “solo” conoscenza di due religioni diverse, ma anche un dramma interiore: fidarsi della mamma o del papà?