È facile ostentare intransigenza quando non si corre nessun rischio, tanto meglio se ci sono discrete possibilità di successo. È quel genere di intransigenza basata sul consenso, propria dei movimenti politici o religiosi che si trovano in posizione egemone e che traggono forza da una base sociale numericamente significativa. Joseph Ratzinger ne fece sfoggio quando, da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Santa Inquisizione), diramò una nota nella quale si coniava la definizione di “principio etico non negoziabile”, che in pratica altri non era che una sorta di bollino da apporre su tutti quei principi su cui la Chiesa non era disposta a transigere.
Non sono ad esempio negoziabili, per la Chiesa cattolica, il contrasto all’aborto, all’eutanasia, alle famiglie omosessuali e così via, che pure in buona parte del mondo occidentale sono comunemente riconosciuti come diritti civili. Ogni cattolico, ma non solo, è tenuto ad assumere riguardo a questi temi la stessa posizione del magistero ecclesiastico, e anche se poi l’unica maggioranza che lo fa davvero è quella parlamentare, poco importa. Anzi, basta e avanza. Ma sono non negoziabili anche tanti altri principi assolutamente condivisibili, quali la libertà religiosa, la giustizia sociale, la solidarietà e la pace. Dipende poi da come li si mette in pratica, ma è un altro discorso.
Per usare le parole della nota, il cattolico deve «dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale». Almeno laddove ha la possibilità di farlo, andrebbe aggiunto, perché anche se sei il leader dei cattolici, nel momento in cui ti trovi in un Paese dove i tuoi rappresentano qualcosa come l’1% della popolazione (qualcuno direbbe “meno dei panda in Cina”), due conti sei costretto a farteli. Infatti papa Bergoglio se li è fatti e ha ottenuto come risultato che era tutto sommato meglio mostrarsi più accomodante, diciamo pure più sanamente relativista, e lasciare a casa l’intransigenza e la non negoziabilità che in Italia hanno molto più effetto.
Bergoglio ha in buona sostanza fatto quello che probabilmente chiunque altro, in veste diplomatica, avrebbe fatto al suo posto. Diversamente quelle poche centinaia di migliaia di cattolici che oggi vivono in Myanmar avrebbero corso il rischio di finire perseguitati come i rohingya. Tuttavia ciò induce a una riflessione su quanto effettivamente siano barattabili, per la Chiesa cattolica, non tanto i temi sociali come l’aborto e l’eutanasia, ma gli stessi diritti umani. Quei diritti negati ai rohingya, a cominciare da quello di cittadinanza. Suonano quasi beffarde le parole rivolte ai giovani cattolici birmani durante la messa nella cattedrale di Yangon: «non abbiate paura di fare scompiglio». Di certo dovranno stare attenti a non pronunciarla nemmeno la parola “rohingya”, altro che scompiglio. Esattamente come il papa che ne ha parlato solo in un incontro riservato con il generale birmano Min Aung Hlaing, il quale gli avrebbe detto che il governo del Myanmar non discrimina i rohingya. Yangon val bene un silenzio.
Ancora peggio le parole di elogio del papa per il Bangladesh, dove poco prima aveva incontrato i profughi del Myanmar chiedendo loro perdono per l’indifferenza del mondo e dicendo «non voltiamoci dall’altra parte». Nel corso della consueta conferenza stampa sul volo di ritorno ha infatti descritto il Bangladesh come “grande esempio di accoglienza”. Nei confronti dei rohingya sicuramente sì, sono musulmani come la maggioranza dei bengalesi. Se si parla invece di non credenti le cose cambiano di parecchio e il Bangladesh risulta sì grande esempio, ma in senso negativo. Contro i liberi pensatori è in atto da tempo una vera e propria mattanza, tanto che l’Uaar ha organizzato una manifestazione davanti all’ambasciata bengalese e in seguito la Iheu ha scritto una lettera aperta alle autorità per chiedere di porvi fine, piuttosto che assecondare le richieste provenienti dagli integralisti. Ma a quale fervente religioso è mai importato qualcosa di chi una religione non la vuole?
Dunque, alla fine anche il rigido assolutismo religioso, fatto di verità che si vorrebbero incontestabili, finisce per cedere il passo alla ragion di Stato. Non che avessimo dubbi in proposito, la storia è piena di compromessi con i potenti di turno nell’ambito dei quali si barattavano diritti (degli altri) in cambio di potere e denaro, ma se la cosa si ripete oggi fa sicuramente più effetto e conferma che, tutto sommato, non è cambiato poi molto.
Massimo Maiurana
Ciccio primero: Como recordava el mio predecessor por la Chiesa esistono dei principios eticos non negoziables, per el resto…
Segretario: ….c’è mastercard
Ciccio primero: Pezzo de infamones!
Ammettiamo per un momento la buona fede di Papa Francesco (che è diversa dalla Fede!. Ma un ex piemontese di quasi 80 anni dovrebbe aver capito la differenza) . Prioritario secondo me sarebbe andare da Trump e cercare di spiegargli che, dal suo punto di vista, giurare sulla Bibbia non è come giurare su una mazzetta di migliaia di dollari e che il suo Paese è grande perché ha prima sterminato gli abitanti indigeni e dovrebbe almeno ospitare i migranti. Ma forse Francesco deve prima capire che Trump è stato eletto da milioni di persone che la pensano come lui. Good luck.
@Ajmar
“…eletto da milioni di persone che la pensano come lui.”
E che forse la pensano cosi (tra molti altri motivi)anche perche si sono stufati del “buonismo”
per procura (vale a dire a spese degli altri e non di chi lo ostenta)praticato da papi e progressisti vari.
Guarda che gli immigrati non arrivano per buonismo di papi e “progressisti”, ma per ragioni specifiche e per interessi economici.
Gli USA sono uno stato costruito sui migranti, in cui scienziati e tecnici, ma anche tanta manovalanza straniera a basso costo ha contribuito al suo successo. Lo stesso vale per tanti altri stati. E molti dei migranti latino americani se li è attirati sia per avere manovalanza a basso costo da poter sfruttare che per le politiche colonialiste e pauperistiche attuate in sud america. E’ abbastanza curioso osservare in Europa che nazioni che hanno fornito e continuano a fornire un numero elevato di emigranti, non tollerino poi che ne arrivino sul loro territorio. Penso alla Polonia che ha sparso in tutta Europa oltre 2.5 milioni di polacchi, ma è xenofoba ed intollerante verso gli immigrati al suo interno. Ma anche l’Italia che ha mandato milioni di emigranti nel mondo e che ancora oggi vede centinaia di migliaia di italiani andare all’estero, non per colpa degli immigrati, ma per colpa di una classe dirigente ed imprenditoriale che non offre loro opportunità. E che sfrutta molti di quegli immigrati sgraditi con lavoro nero e sottopagato.
La stessa Germania ha detto che nei prossimi anni avrà necessità di milioni di posti di lavoro che dovrà coprire proprio con l’immigrazione. Non credo che la Merkel possa essere definita una progressista, nè che il capitalismo sia progressista e gli immigrati arrivano anche in nazioni dove non ci sono i progressisti.
Anche il papa non è “buonista”, nè progressista, ma in palese conflitto di interessi con gli immigrati. Sta curando i propri interessi politici, economici e sociali.
Per dare credibilità alle parole del Banale sull’accoglienza, dovrebbe lui stesso rendersi credibile facendo qualcosa di concreto sulla limitazione delle nascite, magari cessando la politica del no-anticoncezionali. Finora non ho sentito nessuno proporre di mettere mano al contenimento della crescita incontrollata dei paesi sottosviluppati.
Recentemente su un noto quotidiano l’articolista notava come negli ultimi anni si sia rafforzata
l'”importanza della diplomazia vaticana nel mondo”.
Ora,una cosa ovvia,addirittura lapalissiana,che sembra sfuggire ai piu’,e’ che qualunque diplomazia altro non e’ che latrice di offerte, minacce,pressioni di varia natura,principalmente economica e militare.
Ora mi piacerebbe sapere che genere di offerte o minacce o pressioni sia in grado di offrire il Vaticano,
specialmente quando,come negli ultimi giorni,i paesi a cui sono rivolte comprendono una presenza cristiana ridottissima.
Ricordate la famosa battuta di Stalin sulle “divisioni” del Papa ?
Che all’interno del vaticano non manchino le “divisioni”e’ evidente oggi piu’ che mai,basti
pensare ai “corvi”e alle recenti critiche dei tradizionalisti alle presunte eccessive “aperture” papali,ma non credo che si tratti di divisioni che rafforzino il potere di uno stato.
L’ hai letto su un giornale italiano scommetto …?!
@Gerard
No,caro Gerard,modestamente tanto la considerazione di fondo che la battuta sono mie modeste creazioni.
Del resto dubito che la maggior parte della stampa italiana si permetterebbe simili considerazioni “irrispettose”.
Solo l’elogio alla diplomazia vaticana e al suo “fondamentale contributo” viene dalla
stampa.
No, Laverdure, intendevo :
“Recentemente su un noto quotidiano l’alcolista notava come negli ultimi anni si sia rafforzata l’”importanza della diplomazia vaticana nel mondo”.
Ovviamente ho pensato : soltanto un giornale italiano puo interessarsi a queste cose …
“Non sono ad esempio negoziabili, per la Chiesa cattolica, il contrasto all’aborto, all’eutanasia, alle famiglie omosessuali …..”
Per i primi due elementi (aborto ed eutanasia)la Chiesa ha interessi ben precisi :entrambi contribuiscono a ridurre i numero dei sofferenti in circolazione,la cui assistenza costituisce la principale ragion d’essere della Chiesa stessa(almeno nelle sue dichiarazioni).
Riducendone il numero si riduce di conseguenza la sua possibilita di batter cassa a “fini umanitari”.
L’omosessualita e’ un caso diverso:non credo che i vertici della Curia siano cosi privi di realismo da illudersi che la loro opposizione possa spingere gli omosessuali ad abbandonare i loro comportamenti,e di non vedere che la potenziale massa dei credenti “gay”sarebbe preziosa per
rimpolpare il proprio gregge declinante.
Il loro timore e’ che aperture di questo genere rischino di favorire veri e propri scismi,dato che un gran numero di fedeli integralisti pur di opporvisi appoggerebbero gli elementi piu’conservatori della Curia,come e’ avvenuto in passato (ricordate Lefebvre?).
Ma il giorno che la Curia si convincesse che questo pericolo sia divenuto trascurabile,o che perlomeno l’utile superi il danno,possiamo star certi che le aperture verso le nuove “pecorelle” non mancheranno.
Pecunia non olet.