«Dio esiste. Lo sento dentro di me».
Quante volte, da quante persone abbiamo sentito affermazioni del genere? I credenti sono convinti dell’esistenza di (almeno) una divinità, e la maggioranza di essi, pur non essendo in grado di dimostrarla, imposta la propria vita di conseguenza. Irrazionale? Non troppo ragionevole, forse. Ma, quando lo facciamo notare, ci becchiamo frequentemente l’accusa di essere persone «aride», che si limitano alle evidenze e che non sono in grado di penetrare il significato profondo della vita.
Ci sono però credenti che propongono un punto di vista diverso. C’è infatti chi ammette che la fede è una scelta fondata su giustificazioni «istintive, intuitive e inarticolate». Tuttavia, poiché gli esseri umani sono irrazionali, pensa che anche la scelta atea o agnostica sia a sua volta irrazionale. E sarebbe basata, quasi sempre, su due motivazioni a loro volta intrecciate: la rabbia (contro la religione) e l’ansia, determinata dall’incapacità di condividere dottrine che la maggioranza delle persone ritiene invece vere.
A sostenere queste tesi non è un fedele qualsiasi, ma lo storico del cristianesimo Alec Ryrie. Anglicano praticante, è professore di divinity al Gresham College: un incarico autorevole, di durata triennale, conferitogli dall’autorità politica che amministra la City di Londra.
Qualche tempo fa, Ryrie ha cominciato a provare insoddisfazione per le ‘solite’ storie dell’ateismo: quelle che cominciano con Spinoza, proseguono con gli illuministi e il progresso scientifico, passano per Laplace, Feuerbach e Schopenhauer e terminano con la spiegazione “definitiva” di Darwin. Una ricostruzione, ammette onestamente nelle note, che spesso è però una sorta di caricatura di matrice cristiana limitata (guarda caso) all’anti-cristianesimo intellettuale, che non indaga quindi il pensiero reale delle persone. Ha quindi deciso di scriverne una diversa: una storia «emotiva» del dubbio.
L’impressione, leggendola, è che non si discosti tuttavia granché dalla ricostruzione cristiana standard. Comincia dal duecento, con le illazioni su Federico II e la sua corte, e individua il momento decisivo nella Riforma protestante, che avrebbe «trasformato l’incredulità rabbiosa in un’arma di distruzione teologica di massa, suscitando in tale processo un’incredulità ansiosa mai vista prima di allora». La sua opinione è che i filosofi atei venuti due secoli dopo si sarebbero limitati a rendere l’ateismo «intellettualmente rispettabile», anche se l’assalto alla cristianità sarebbe stato condotto principalmente su principi morali. Una battaglia interna, dunque: quasi che l’ateismo sia una specie di eresia cristiana.
Di prove a sostegno, però, l’autore ne porta poche. Anzi, le stesse testimonianze raccolte sembrano nel solco della tradizionale apologetica cristiana. Cita per esempio il chierico puritano Michael Wigglesworth, che alla fine del seicento invitava a non bombardare gli increduli con argomenti razionali – perché, scriveva, non avrebbero potuto in alcun modo comprenderli. La frequente accusa agli atei di essere «subumani» era, secondo l’autore, un modo per risolvere un puzzle teologico. Ma, viene da replicare, anche un modo per tacitare i propri dubbi.
Come in tante altre storie dell’ateismo, le scelte operate sono discutibili: non cita Vanini, gli enciclopedisti e Marx, e predilige (ovviamente) gli inglesi, ma anche Bakunin e I fratelli Karamazov – un romanzo, che storia non è e non può essere. Peraltro, il libro si chiude cassando gran parte dell’età contemporanea. Curiosamente, anche Ryrie finisce inoltre per assegnare un ruolo centrale al panteista Spinoza («se l’ateismo moderno ha avuto un singolo, riconosciuto fondatore intellettuale», quel fondatore sarebbe lui) e riporta prevalentemente testimonianze di intellettuali: forse ansiosi, forse arrabbiati, ma raramente atei dichiarati. Per certi versi è inevitabile, perché la voce di chi ha affermato a chiare lettere la propria non credenza è stata quasi sempre spenta dai roghi cristiani. La storia la scrivono i vincitori, e l’autore ne è peraltro un degno erede: in un libero mercato religioso, la chiesa anglicana non sarebbe nemmeno nata.
Parafrasandolo, si può invece azzardare che, più che emotiva, la storia dell’ateismo è emozionante. Perché, a differenza delle singole religioni, è sbocciato spontaneamente in tempi e in luoghi diversi. In India e in Cina, tre millenni fa: in Grecia e a Roma, oltre due millenni orsono; persino nel mondo islamico e – benché perseguitato – anche nei lunghi secoli del totalitarismo cristiano. L’ateismo è sempre emerso quando gli è stato possibile emergere, quando cioè si sono raggiunti livelli di istruzione e benessere che hanno permesso di esprimersi in relativa sicurezza.
In Europa è successo soprattutto a partire dalla pace di Vestfalia del 1648, che pose fine alla guerra dei trent’anni: i regnanti pensarono che, anziché combattersi in nome della rispettiva versione del cristianesimo, era decisamente più proficuo subordinarle agli stati. I Paesi Bassi, che di anni di guerra ne avevano alle spalle addirittura ottanta, accolsero perseguitati religiosi provenienti dai luoghi più disparati: sociniani, ebrei, ugonotti… come possiamo sorprenderci che, in una società del genere, pensatori come Grozio, Spinoza, Locke e Bayle, benché (a parole) credenti, abbiano potuto fare affermazioni mai udite prima? Che negli altri paesi si sia attribuito il successo economico olandese anche alla tolleranza? Che dunque non fosse così sbagliato cercare di riprodurla altrove? Che questo processo abbia rapidamente fatto emergere atei conclamati in mezzo continente?
«Se esiste qualcosa, qualcuno l’avrà creato». La mente umana, ci dice la scienza, è portata a vedere rapporti di causa-effetto anche dove non ci sono. L’ateismo è dunque una scelta controintuitiva –come lo sono però anche l’istruzione e la scienza, con cui va spesso a braccetto. Ragioni di massa che hanno portato a numeri di massa: non solo in Europa, ma anche in Estremo oriente (Giappone, Corea del Sud) e in diversi paesi latinoamericani. Persino dove domina l’islam più repressivo si manifestano sempre più frequentemente tanti non credenti. Sì, quella dell’ateismo può essere definita una storia emozionante anche perché ricorda quella umana: è cominciata con le stesse fragili basi, non è priva di lati oscuri, ma ne rispecchia spesso la parte migliore.
Il libro di Ryrie manifesta comunque un’attenzione positiva per gli atei: non li ritiene “diversi” da demonizzare, ma persone simili con cui pensa di avere parecchio in comune. Non soltanto l’irrazionalità, ma anche il possesso di forze morali con una stessa radice: una sorta di religione senza credenze sovrannaturali. Tuttavia, pur se è senz’altro vero che talvolta, nel mondo di cultura protestante, l’ateismo si diluisce in una vaga dimensione etica, è una situazione ben poco generalizzabile.
Da questo punto di vista, è invece più interessante un’altra considerazione sull’umanismo contemporaneo, riportata nel finale del libro: la presa d’atto che molti suoi indicatori etici – l’eguaglianza razziale e di genere, la libertà sessuale, una dottrina forte dei diritti umani individuali, una chiara distinzione tra gli ambiti umani e non umani – non sono condivisi da tutti, sono relativamente recenti, rappresentano una discontinuità con l’etica cristiana e, anzi, possono provocatoriamente essere considerati un’immagine inversa del nazismo. È un paragone che potrà piacere a molti, visto che Hitler è ormai ritenuto la personificazione del male assoluto. Ed è un modo, per Ryrie, per ribadire che la non credenza, oggi, veicola valori diffusi, mentre il cristianesimo, se si lascia sedurre dal nazionalismo autoritario, corre invece il rischio concreto di «ricoprire il ruolo dei bestemmiatori medievali: quello di avvalorare una cultura di maggioranza, offrendole esattamente il tipo di opposizione che desidera».
Ma il mondo cambierà ancora, e non è detto che cambierà in una direzione per noi piacevole. Non solo c’è ancora tanto da fare, ma anche il pericolo di tornare indietro non è scongiurato per sempre. Ed è per questo che è importante impegnarsi per un mondo migliore. Un impegno che, a sua volta, può – perché no? – essere davvero emozionante.
Raffaele Carcano
Da quanto si evince, il personaggio batte molto sulle origini ansiogene e le caratteristiche angosciose o angoscianti che secondo lui starebbero alla base della scelta atea (o agnostica). Ma par di capire che in realtà, condividendo egli tali sensazioni, non fa altro che proiettare ciò che lui stesso immagina siano i motivi, su tutta una categoria di persone alla quale ovviamente non appartiene, e senza portare granché a sostegno di ciò che dice (segnatamente, un romanzo…). Gran bella impresa, non c’è che dire.
Scelta dell’ ateismo… scelta dell’ateismo ? Ma che scelta è? Io non ho scelto di essere ateo, come un gay non sceglie di essere gay . Sara stato l’ateismo a scegliermi forse . Ho capito intorno ai 14 anni l’ irrimediabile inesistenza di Dio e che nonostante i ripetuti sforzi per togliere i dubbi che già dall’ età di 7 anni mi assalivano, dovevo affrontare la realtà : l’ altare, il cielo sono vuoti . E ovvio che preferirei che ci fosse una divinita e una vita dopo la morte ma purtroppo non posso vivere mentendo a me stesso .
No, io non preferirei che esistesse qualcosa di trascendente o un altrove dopo la morte. Sto bene così. In ogni caso, la “scelta” la definisce così il tipo, non certo io, Gerard.
Io non vorrei affatto una divinità dopo la morte, vorrei continuare a fare i cavoli miei. Mi piacerebbe avere una vita lunghissima, quello sì, come quella degli alberi non sarebbe male.
Mafalda…
Un pino Huon di Tasmania per esempio ??? Andrebbe bene ?
Bellissimo albero! Come età potrebbe andare.
Bell’albero, ma tra le conifere di laggiù, niente batte il Kauri della Nuova Zelanda.
Dissection..
E ovvio che non mi rivolgevo a te con ” La scelta ” Queste parole mi irritano quando le leggo ” la scelta atea ” …?!
«Dio esiste. Lo sento dentro di me». Questa frase dovrebbe essere analizzata perché è un sintomo di confusione emozionale, oltre che di scarsa conoscenza anatomica; è un po’ come quelli che sostengono che esistono l’anima o la coscienza, ma non sanno dove. Dove lo senti questo dio? Nella pancia, nella testa, nelle gambe? Ecco, nell’educazione degli adulti mancano un bel po’ di conoscenze sul cervello e sulle emozioni, ci vorrebbe una sorta di maestro Manzi della razionalità. Quanto agli atei non sono né arrabbiati, né ansiosi, personalmente ho abbandonato tante paure e sono molto più felice da quando sono atea; l’ansia mi viene quando vedo le persecuzioni verso i non credenti o quando vedo crescere l’irrazionalita’, la rabbia quando vedo sprecare soldi in favore dei preti. Allo storico inglese consiglio la lettura, o rilettura, dei libri di Dawkins.
Dio esiste. Lo sento grugnire.
Prima o poi nascerà un movimento contro gli insulti ai maiali
Mafalda mi trovi d’accordo, soprattutto contro la vulgata mussulmana per la quale il maiale sarebbe “immondo”. Perché dio si sarebbe disturbato a creare un animale immondo, poi, non provano nemmeno, a spiegarlo…
Dissection
Il maiale animale ” immondo ”
Si, il motivo c’è e tanti anni fa qualcuno me l’ ha spiegato ma era una cosa cosi assurda che non ho nemmeno fatto lo sforzo di ricordarla . Poi, quando la spiegazione non c’è ti rispondono ” Allah sa meglio ” ( Si trova anche nel Corano ) .
«…dio esiste. Lo sento dentro di me…»
E questo sarebbe uno storico del cristianesimo? Possibile che non abbia ancora capito che nessuno diventa cristiano se non è stato manipolato fin dall’infanzia?
Credere per ‘simpatia’, come le vibrazioni di un diapason, o per influsso ambientale non vuol dire aver capito. Infatti sarebbero ‘sapienti’, e non ‘credenti’.
È proprio per quello, Emperor. Non lo capisce perché c’è dentro fino al collo, nonostante si sforzi di fare il “neutrale”.
Postulare l’esistenza di Dio è uno dei tanti prodotti dell’attività (fantasia) del cervello di alcuni esseri umani. Siccome il cervello umano è (solo) l’evoluzione di quello di nostri antenati scimmieschi, questo postulato ha questa origine e questo limite. A quale punto dell’evoluzione sia scattato non è dato sapere: comunque è appena uscito un lavoro (Science 369, 546-550, 31 luglio 2020) col quale, avendo inserito un gene per il cervello umano nel feto del marmoset si sviluppa in questa scimmia un cervello con caratteristiche umane. Per varie ragioni (anche etiche!) non lo si è fatto crescere, ma sarebbe bello vedere come va a finire!
L’alba del pianeta delle scimmie?
Mi pare ovvio concludere che se c’è qualcuno che dopo avere ucciso una persona, come è successo, dichiara di averlo fatto perché glielo suggerivano “delle voci” è perfettamente credibile e da assolvere.
Splendido articolo, Vi faccio i miei complimenti.
Un rammarico :
non sono riuscito a trovare traduzioni in Volgare dei testi di Alec Ryrie.
Vista la mia scarsa dimestichezza con l’ Anglosassone, é un ostacolo non da poco.
Per me l’ansia assale i credenti. Gli atei l’hanno affrontata e “domata”. O almeno la affrontano come adulti e con una certa razionalità.
I creduloni hanno il terrore di togliersi dai piedi dopo la fine della propria vita e sognano un aldilà ultraterreno. Sono in ansia per la morte, per il proprio futuro e per quello dei propri cari. Salute, amore e soldi. Il dio padre che a tutto provvede, promette di prendersi cura degli ansiosi-bambini.
Se non sono questi i sintomi di creduloneria e di infantilismo non so come altro chiamarli.
«…I credenti sono convinti dell’esistenza di (almeno) una divinità, e la maggioranza di essi, pur non essendo in grado di dimostrarla, imposta la propria vita di conseguenza. Irrazionale? Non troppo ragionevole, forse…»
Né irrazionale, né irragionevole, semplicemente il risultato di un condizionamento.
Né più né meno delle papere di Lorenz.
«… il chierico puritano Michael Wigglesworth, che alla fine del seicento invitava a non bombardare gli increduli con argomenti razionali perché, scriveva, non avrebbero potuto in alcun modo comprenderli…»
L’unico argomento razionale portato dal mondo religioso è il famoso ‘rasoio di Occam’ che, peraltro, fa enormi danni proprio nel campo delle fantasie bibliche. A proposito degli argomenti razionali della religione, riporto il pensiero di Nietzsche: “Nessuna religione ha mai contenuto, né direttamente, né come dogma, né come allegoria, una verità.
«…Se esiste qualcosa, qualcuno l’avrà creato…»
Però questo è proprio dei credenti. L’accusa più frequente che veniva rivolta contro gli atei che frequentavano il noto sito dei nostri cuginetti più sfortunati, era quella che noi crediamo che l’universo sia nato dal nulla… non percependo l’assurdo che il loro dio, vagante nel nulla, decide di trarne l’universo!
Il filosofo Feuerbach,tenace critico della religione,affermava che “L’uomo ha creato Dio,non viceversa”.
Un fenomeno che chiamava “alienazione”,dovuto alla consapevolezza della propria impotenza di fronte alla forze naturali,per cui l’uomo si immagina un “protettore” dotato di quei poteri che vorrebbe possedere lui e che sa di non avere.
Basti pensare come l’epidemia di una malattia molto meno pericolosa di quelle che imperversarono nei secoli passati ha sconvolto la nostra esistenza.
Il fatto che tali malattie siano state sconfitte solo grazie a scienza e tecnologia,come pure il confort della vita sia migliorato in maniera un tempo inimmaginabile viene completamente trascurato,perche’ dato per scontato.
E’ un fenomeno innato nell’inconscio collettivo umano,una delle sue manifestazioni la vediamo nell'”amichetto immaginario” che molti bambini si creano per combattere la solitudine.
Una divinita non e’ altro che l'”amichetti immaginario” degli adulti.
Così come crede in Dio, il cattolico crede che esista Satana. Forse non lo sente “dentro di sé”, ma gli crede. La testimonianza più solida della sua esistenza viene direttamente da Gesù, che, tentato dal diavolo, gli disse: ”Vattene, Satana!” (Vangelo di Matteo, 4, 10). Ma il non credente che non crede in Satana, come si chiama e da dove salta fuori? Chiedere a Alec Ryrie.
…… è appena uscito un lavoro (Science 369, 546-550, 31 luglio 2020) col quale, avendo inserito un gene per il cervello umano nel feto del marmoset si sviluppa in questa scimmia un cervello con caratteristiche umane…..
@ Franco Ajmar
A me risulta che diversi studi accademici hanno dimostrato che se le cellule di una regione del cervello umano vengono trapiantate prima di differenziarsi in una regione diversa da un altro animale, adottano caratteristiche che corrispondono alle cellule nella regione ospite piuttosto che a quelle nella loro regione d’origine. Da questo risulta che sono i fattori chimici dell’ambiente locale che alla fine determinano il tipo ultimo di cellula che si esprimerà, e non il contrario….
NB Da notare che quando il cervello non ha risposte a certe domande, soffre, inventa inconsapevolvente delle risposte a volte fantasmatiche, mitiche, irrazionali a l’estremo…
Il cervello non è lì solo per reagire a ciò che sta accadendo nel mondo che ci circonda. Anche isolato, immagina costantemente. L’idea generale è che quando siamo a riposo passiamo da uno stato in cui percepiamo il mondo che ci circonda a uno stato in cui immaginiamo il mondo. Nel cervello nel suo insieme, le aree del “sogno ad occhi aperti” hanno l’attività più frequente e intensa. In breve, il nostro cervello trascorre la maggior parte del tempo a immaginare il mondo.
Nel corso dell’evoluzione, il cervello si è perfezionato, senza fondere completamente gli elementi vecchi e nuovi. Si sono sovrapposti, mantenendo parzialmente la loro autonomia.
Sul divano dello psicoanalista giace non solo un uomo, ma con lui una scimmia, un topo e un coccodrillo. Il funzionamento di questi tre cervelli è in realtà coordinato attraverso molte connessioni, quindi sarebbe troppo facile immaginarli indipendenti. Tuttavia, il loro ruolo nel comportamento rimane, in determinati casi, quello che era nei nostri antichissimi antenati, mammiferi primitivi e persino rettili.
per Pendesini
Nel lavoro citato si parla di un gene specificamente umano che induce espansione della neocortex. Il gene, introdotto in oociti di marmoset con i quali vengono fertilizzate le marmoset, produce nei loro feti un’espansione del cervello di tipo umano. Credo che per generare un concetto come quello dell’esistenza di Dio occorra una rete complessa di molte ma molte cellule nervose, cioè un bel cervellone, forse solo le cellule trapiantate non bastano. A parte gli scherzi, il punto che qui interessa è che postulare l’esistenza di Dio è solo una costruzione del nostro cervello, ma ripercorrendo la sua origine si ridimensionano molte fantasie.
Carissimi,
concordo con Franco Ajmar nel ritenere che una neocortex più estesa non basti a generare l’idea di Dio.
Inoltre, ammesso che la marmosetta possa concepire tale idea, la può condividere con altri? Bisognerebbe che avesse le strutture per il linguaggio.
La produzione dell’idea di esseri (agenti) soprannaturali e potenti è stata resa possibile dall’evoluzione del cervello umano, con importanti contributi delle sue parti filogeneticamente più antiche, come ha esposto Pendessini. A questo proposito segnalo il sito:
unipa.academia.edu/MErnandes
da cui si può scaricare il libro Theism as a Brain Product.
Laverdure ha esposto l’idea di Dio come “amico immaginario” dei bambini: è una tesi sostenuta a suo tempo da Matt Rossano. Si può trovare il suo capitolo nel libro a cura di Voland e Schiefenhovel , The Biological Evolution of Religious Mind and Behavior, gentilmente messo in rete dall’autore di un altro capitolo, Ulrich Frey. Il sito è:
researchgate.net/publication/225951579_Cognitive_Foundation_of_Religiosity
Gérard ha parlato del maiale immondo nel mondo musulmano: Marvin Harris, in Cannibali e Re, ha esposto una ipotesi cultural-materialista dell’origine del maiale immondo nel mondo ebraico. Credo sia utile andare a rivederla. (Per inciso è stata grande l’dea di Paolo di rinunciare a circoncisione e tabù ebraici per i seguaci di Gesù: ha permesso a milioni di uomini che non avrebbero mai rinunciato alle costolette di maiale di aderire alla nuova setta ebraica).
Cordiali saluti.
«Dio esiste. Lo sento dentro di me»
Provate a discutere con una persona che “sente di aver ragione” e vi renderete conto di quanto qualsiasi argomento razionale sia inutile con queste persone, di quanto siano cieche di fronte alla realtà ed alle critiche e inventino scuse. D’altronde è lo stesso meccanismo del confirmation bias che in internet adottano milioni di persone.
Non sanno più cosa inventarsi per difendere le religioni e devono sistematicamente ricorrere alla propaganda e disinformazione.
A me sembra che storicamente le religioni si siano sistematicamente adoperate per obbligarti a sentire come loro volevano, adottando ogni mezzo di coercizione e di indottrinamento, tanto è vero che i risultati sono differenti a seconda della religione dominante nella zona. Fino a pochi decenni fa anche nei paesi più evoluti c’erano religioni di stato ed in molti paesi lo sono ancora oggi e sono sempre state terrorizzate dall’idea del confronto, ancora oggi non gradiscono le critiche ed hanno leggi a loro difesa e bisogno di privilegi. Cioè hanno sistematicamente negato anche la libertà di sentire e sicuramente fino a poco fa hanno apertamente impedito la libertà di scelta ed anche oggi anche nei paesi evoluti cercano di ostacolarla. Certo che usare l’argomento della loro numerosità a difesa, sarebbe come difendere i regimi monarchici o dittatoriali perchè sono stati e lo sono ancora i più diffusi.
Sappiamo bene come sia possibile indurre bisogni e sensazioni a seconda della pubblicità e della propaganda, non a caso insistono molto su questi aspetti.
Sarei curioso di sapere quali sarebbero gli argomenti razionali della religione che gli atei non comprendono. Forse perchè non sono per niente razionali? Non basta affermare che un argomento lo sia. Mi sembrano i classici argomenti dei truffatori che si lamentano nei confronti di chi non si fida di loro e li riconosce come tali.
Tutti coloro che vi fanno credere delle assurdità possono, strumentalizzandovi, farvi commettere delle atrocità. La storia –la vera- è la per ricordarcelo…Ma non è finita ! Basti vedere quello che è successo e succede tuttora nell’islam. Senza dimenticare un certo W.Bush Junior, uno dei più spietati criminali politici che la storia abbia conosciuto ! Ma anche il fatto che emerge una nuova atipica ideologia : quella di Trump che considero uno strano fenomeno psichiatrico !…Va notato che questi « illustri personnaggi » sono stati eletti grazie a religiosi di stampo cristiano, non di certo (salvo qualche possibile eccezione) atei !
Questo è il motivo principale per il quale milito contro le 3 religioni di stampo monoteista, senza dimenticare l’induismo politeista, raramente criticato anche su questo sito…
Le ragioni che inducono a credere nelle favole, o miti sono epistemiche, « prove » sostanzialmente irrazionali che hanno come epicentro la superstizione, o dati fantasmatici disponibili per i soggetti, che vanno chiaramente all’incontro di quello che hanno scelto di credere, prendendo i loro desideri –puramente illusori- per realtà !…. Questo è un tipico –ma non unico- esempio di comportamento irrazionale che ha come causa principale l’auto-illusione e/o l’auto-convinzione senza dimenticare l’ignoranza, sovente totale, in diverse branche scientifiche…
NB Il concetto « dio » (da non confondere con predisposizione) NON è innato, o genotipico come molti credono bensi fenotipico o epifenomenale, cioé acquisito ! Nessuno che io sappia ha potuto dimostrare il contrario…
“…Il concetto « dio » (da non confondere con predisposizione) NON è innato, o genotipico come molti credono bensì fenotipico o epifenomenale, cioè acquisito !…”
Concordo assolutamente. Posso capire che ‘sembri’ innato, ma dopo millenni di condizionamento a senso unico è un po’ difficile distinguere l’innato dalla manipolazione.
La mia opinione è che l’idea di un essere potente sia stato uno stratagemma, fin dai primordi della civilizzazione, da parte del capo-tribù o dello sciamano, per ottenere l’ubbidienza dal popolo: vedi l’episodio di Mosè, che appena si è allontanato i topi han cominciato a ballare, quindi si è inventato un codice – per la verità molto misero: dieci regolette, di cui tre ad personam – facile da ricordare.
Se c’è una cosa certa che nessun uomo, scienziato, filosofo, artista o quant’altro può smentire è che ogni individuo, per lo meno fino ad ora, nasce e poi muore… ma mentre della nascita ovviamente non può avere alcuna consapevolezza, della morte è ben consapevole. E’ banale, lo so, ma come si fa a non tenerlo in considerazione, a rimuoverlo… e direi sopratutto come può farlo proprio il pensiero ateo che ritiene non esista alcuna forma di vita per il singolo dopo la morte? E che, anche se per amor di ipotesi, si ammettesse l’esistenza di un qualche dio da cui tutto avrebbe origine e fine, questo dio… come già diceva, se non proprio in questi termini, l’antico Gorgia… se ne fregherebbe di noi mortali e non avrebbe alcun bisogno di farsi riconoscere da loro.
Ora, si dice, questa consapevolezza per un ateo non comporta un vero problema perchè l’ateo non teme la morte considerandola del tutto naturale, complementare alla vita. O meglio, la teme, ma come teme il dolore e si dà da fare, per quanto possibile, per evitarlo. Ecco, ma se il dolore, fisico e psichico, con l’aiuto della scienza, si può affrontare e progressivamente ridurre , di fronte alla morte non c’è scienza che tenga. Ed è qui – a mio parere – che nascono le religioni, a ‘spiegare’ le quali si può anche trovare la loro ”idea’ nel funzionamento di una qualche sezione del cervello umano (scusate il linguaggio approssimativo), ma la morte e ciò che comporta non credo sia evitabile anche usufruendo di queste conoscenze. Potrà mutare il modo di considerarla, ma sarà sempre un fatto culturale, condizionato a sua volta da quanto le neuroscienze andranno sempre più a fondo nella loro ricerca… ma la selezione naturale perché la specie ‘evolva’ esige che l’individuo in quanto individuo soccomba . E questo vale per l’uomo come per ogni altro essere vivente, ma, per quanto se ne sa, pare che solo l’uomo, a differenza degli altri animali, ne sia consapevole. E già questo è motivo perché le religioni considerino l’uomo, per quanto mortale, un essere superiore, con facoltà che solo un essere superiore gli ha potuto conferire. Inoltre… e credo che non tener conto di questo sia un errore per il pensiero ateo… la consapevolezza della morte cozza con la fisiologica esigenza di evitarla e questa esigenza è connaturata alla condizione umana… e il fatto che le religioni ne ‘approfittino’ per contrabbandare forme d vita alternative, non significa che l’esigenza sia solo un prodotto ‘ideologico’ destinato ad essere superato. Il pensiero ateo, per combattere efficacemente la religione, deve tener conto ciò che ne sta alla base.
…..di fronte alla morte non c’è scienza che tenga….Bruno Gualerzi dixit !
Caro Bruno :
Come già affermato in altre occasioni, la morte, che ci appare così rivoltante, così intollerabile, è vista tramite un’analisi accurata dell’Evoluzione, come una novità, un vantaggio selettivo, una sorta di “progresso”.
La morte degli individui non solo assicura la sostenibilità della specie, ma anche il suo ringiovanimento; non è solo una necessità ma anche –per evidenti motivi- un bene !… Possiamo quindi trovare una giustificazione o significato biologico alla morte (evitando una qualsiasi spiegazione metafisica), altrimenti sarebbe evidentemente da considerarla un puro scandalo…. Quest’ultima frase dimostra quanto sia difficile non confondere la biologia con la moralità.
L’evoluzione e l’immortalità sono due concetti incompatibili. Se gli organismi devono migliorare e rinnovarsi ogni anno, la morte è un fenomeno imperativamente necessario quanto la riproduzione. Guai se non esistesse…..Inoltre, potremmo solamente immaginare la Terra con una superfice limitata, popolata da –diciamo- 80 miliardi di persone ?
NB -Il fatto che la morte sia spesso temuta, come uno spaventapasseri che non osiamo guardare in faccia, è senza dubbio una delle cause della madornale ignoranza della scienza di tutto ciò che la riguarda. Purtroppo…..
Caro pendesini, come giustamente richiami ci siamo già confrontati, non so più da quanto tempo, su tali questioni non trovando mai… sia pure come spero nel reciproco rispetto… un qualche accordo. Non mi resta che ribadire, di fronte alle tue argomentazioni, il mio punto di riferimento.
Mi ritengo ateo e , fermo restando che non esiste – o non dovrebbe esistere – un ateismo ortodosso e uno eretico, uno dei punti fondamentali, assieme ad altri, del mio ateismo (in questo ovviamente condiviso da tutti gli atei) è che per ogni individuo esiste una vita sola, con la quale, lo voglia o no, devo fare i conti. E poichè ‘so’ (l’evoluzione mi ha dato la facoltà di sapere) che questa vita finisce inesorabilmente con la morte non posso non considerare la morte la negazione della vita. Della ‘mia’ vita, e di quelle dei miei simili, per cui non si tratta di questioni metafisiche, ma al contrario, è quanto di più ‘fisico’, di più reale, di più concreto e sempre verificabile, quindi anche più scientifico, possa considerare. Certamente si pone il problema di come gestirla… ma non posso proiettare il problema in una dimensione nella quale io non esisterò più e della quale quindi non avrò alcuna esperienza : a questo ci pensano le religioni, e su questo sopravvivono e prosperano. Non vorrei che, considerando la morte di ogni individuo necessaria all’evoluzione, si faccia diventare questa necessità la ragion d’essere di una sorta di dimensione trascendente accessibile solo con la scienza così come esiste una trascendenza che si ritiene accessibile solo aderendo ad una qualche religione. Che sia un dio a condizionare tutto e tutti o una natura ‘divinizzata’ per un ateo non dovrebbe fare molta differenza. E come più volte ribadito, questo per me non significa denigrare la scienza e le conoscenze che solo la scienza rende possibili, ma, al contrario (come per esempio di fronte all’attuale pandemia), il più efficace strumento per rendere la qualità della vita possibilmente sempre migliore e per questo, nei limiti delle mie possibilità, la sosterrò sempre in quanto mi serve per vivere meglio la mia unica vita mentre la sto vivendo.
Va da sè che questo apre una serie di questioni che riguardano proprio come debba gestire la mia unica vita che non posso non condividere con l’unica vita dei miei simili. Qui posso solo dire che il vero ostacolo per rendere migliore la mia vita proprio in relazione al fatto che la vivo assieme ai miei simili è la cultura religiosa in senso lato, o, se vuoi, un pensiero magico religioso che non è solo prerogativa delle religioni istituzionalizzate, ma di tante ideologie, e a volte, naturalmente contro il suo statuto deontologico, contamina anche la scienza, O meglio, il modo di considerare la scienza.
Con stima
Bruno Gualerzi
Cari Pendesini e Gualerzi
la morte degli esseri viventi è una conseguenza del secondo principio della termodinamica, una cui enunciazione suona come: “ogni marchingegno che trasforma energia da una forma ad un’altra finisce inevitabilmente per rompersi”. Gli esseri viventi sono marchingegni che trasformano una forma di energia (quella dei legami atomici) in un’altra (calore, movimento, reazioni endocellulari) e vanno incontro all’usura, non possono funzionare più (il moto perpetuo non è possibile in Natura) e cioè “muoiono”.
In Natura gli esseri viventi non muoiono generalmente per usura, ma per uccisione da parte di altri esseri viventi. Quando l’Uomo ha preso coscienza che sarebbe morto anche se nessuno intorno a lui lo colpiva o lo uccideva, ha pensato che qualcuno invisibile e potente lo uccidesse.
A quel tempo infatti ignorava il secondo principio della termodinamica.
Le religioni predicano l’esistenza di un mondo (l’aldilà, il paradiso) in cui non vige il suddetto principio della termodinamica: Dio, le anime, i corpi che resusciteranno (avete presente il Giudizio Universale di Michelangelo?) sono dotati di moto perpetuo. Questo contrasto tra la Fisica di questo Universo e la Fisica dell’Universo concepito dalle Religioni di solito non viene evidenziato.
Un’altra riflessione: c’è una molecola che tenta di sfuggire alla morte, Si chiama DNA. Il DNA che si trova nelle nostre cellule è frutto di una serie ininterrotta di riproduzioni che datano dal primo organismo che ha avuto tale molecola. Da circa quattro miliardi, e passa, di anni, fate voi.
Se avete figli continuerà la sua replicazione tramite loro, se non li avete la vostra particolare conformazione di DNA si arresterà, ma il DNA continuerà a replicarsi nei vostri parenti mammiferi, rettili, pesci, pomodori, lattughe ed alghe, etc.
Cordialmente.