A pochi giorni dalla fine della consultazione avviata dal governo Renzi con la piattaforma online “La buona scuola”, l’Uaar invita la cittadinanza a rispondere al questionario predisposto formulando proposte a difesa della scuola pubblica.
Il questionario sembra organizzato in modo che chi lo compila non possa realmente esprimere la propria opinione ma sia spinto ad approvare l’attuale contenuto del piano, denuncia l’Uaar. Le uniche alternative sono le poche caselle in cui è possibile scrivere più o meno liberamente, ma comunque sempre sul tema della domanda a cui fanno riferimento. Domanda che non parla mai di laicità, non nomina mai le scuole paritarie private neanche laddove si parla di risorse, non cita l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) neanche di striscio e non fa neppure un riferimento alle alternative ad esso.
E dire che, come evidenziato dal sondaggio che l’Uaar ha commissionato qualche mese fa alla Doxa, perfino i cattolici non gradiscono l’attuale impostazione dell’Irc, con docenti nominati dai vescovi e pagati da tutti.
L’appello dell’Uaar cade peraltro a pochi giorni dalla notizia che la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera all’erogazione di parte dei 220 milioni di euro ancora mancanti dello stanziamento complessivo alle paritarie per questo anno finanziario.
«Forse — è il commento del segretario dell’Uaar, Raffaele Carcano — è il caso di ricordare al governo Renzi che la buona scuola non può essere che pubblica, laica e basata sul buon uso della ragione e dei fondi».
Un impegno che vede l’Uaar in prima linea come dimostra, per esempio, la Campagna Occhiopermille di quest’anno con la quale l’Uaar ha invitato a fare pressione sul sindaco della propria città affinché presentasse domanda per l’8 per mille statale indicando come progetto da finanziare o un intervento di edilizia scolastica o un intervento per far fronte a calamità naturali.
L’invito è dunque a compilare il questionario o anche solo a inviare un “commento rapido”.
Comunicato stampa Uaar
Ho inviato un commento rapido. La mia età non consente di dare un parere sulla scuola attuale essendo ormai lontani i tempi in cui le mie figlie studiavano. Ho sottolineato la necessità di una scuola laica e pubblica con insegnamento delle religioni come fatto privato in ambito privato e in luoghi opportuni che certo non mancano,ma non a scuola. Ho chiesto uno studio veramente serio della Costituzione e della educazione civica non a carattere confessionale.
Ho aggiunto alcune note sugli istituti a carattere tecnico così come io ho sempre inteso che fossero: maggiore cultura umanistica, meno specializzazione tecnica con corsi di specializzazione di un anno dopo il diploma, esame propedeutico per l’ammissione all’università.
Questa pagliacciata della “consultazione” in merito all’assetto scolastico è solo una squallida truffa: nulla di anche solo vagamente controcorrente che dovesse emergere sarebbe mai preso in considerazione. I giochi sono già decisi a monte.
“Notizia bomba”: gli interventi (ripeto, già decisi) che saranno messi in atto sono sicuramente stati studiati per ottenere l’ennesimo taglio delle spese nel settore pubblico, con ulteriore svilimento del servizio (alla faccia dell’impegno individuale tutt’ora profuso da tanti lavoratori del settore), e la contestuale agevolazione (non solo economica) del settore privato.
Ancora Cassandra all’opera?
Su questo argomento non c’è bisogno di Cassandra. Chi è avvezzo alle tematiche del keynesismo e del liberismo se ne accorge subito. E la seconda impostazione sta prendendo il sopravvento, senza ombra di dubbio.
Ma se le questioni laicità diventassero veramente popolari, soprattutto nella zona di discussione pubblica (che dipende dai “Mi piace” degli utenti) allora la cosa assumerebbe una rilevanza seria. Quindi datevi una mossa a compilare! 🙂
Zona di discussione pubblica:
https://labuonascuola.gov.it/costruiamo-insieme/
Tra l’altro faccio notare che gli insegnanti Irc non svolgono il programma. Per un brevissimo periodo della mia vita ho lavorato in una istituzione ebraica romana e avevo valanghe di telefonate di persone che desideravano un rabbino per riempire unora. Sbagliando due volte perchè confondevano l’ufficio rabbinico con una associazione che niente c’entrava con la religione e poi per l’evidente forzatura al programma assegnatogli che non riguarda le religioni ma la religione cattolica. Anche io non frequento bambini nè adolescenti in misura tale da poter fare una statistica, ma i pochissimi mi dicono che l’ora di religione è una ora di baldoria assoluta se grandi di disegno o giochi per i piccoli.
Confermo che è così fino alle medie inferiori. Per esperienza diretta nei 5 anni di superiori si partiva con lo studio delle altre religioni dal l’animismo, induismo, buddismo e poi i monoteismi Islam, ebraismo, cristianesimo in quest’ordine. L’ultimo anno ci si concentrò sugli aspetti dottrinali e differenze tra confessioni cristiane. Almeno questo fu il programma del mio liceo, fui parecchio ‘sfortunato’ perché l’insegnante era particolarmente solerte in quanto per l’antico testamento usava la versione in ebraico e greco e per il nuovo quella in latino e noi dovevamo usare la versione CEI su cui facevamo una specie di analisi del testo, a volte ci faceva correggere la traduzione con perché lei leggeva dal greco ed ebraico. Tremendo! Sarà per questo eccesso di conoscenza che sono diventato ateo. 😆
Quasi uguale: alle superiori l’Irc era palesemente catechismo ma unicamente della dottrina morale cattolica (malvista da quasi tutti per altro, e faccio notare che ero in una “paritaria”, cioè una scuola di appannaggio per buoni di due terzi di classi sociali tipicamente di destra).
Notare comunque il gesuitismo: parlano delle altre religioni ma dal punto di vista cattolico. Usando le categorie cattoliche in una visione cattolicamente orientata: le altre dottrine sono sempre vaghe e lontane, quasi barbariche. Oppure misteriose ma inesatte. Non è consigliato conoscere le dottrine religiose altrui direttamente e studiarne i testi, così come si fa(ceva) di tutto per non divulgare le dottrine cristiane confutate o dichiarate eretiche [cfr. I Quaderni dal carcere di Gramsci]…
Nella mia esperienza (di insegnante delle superiori) è esattamente il contrario:
semmai è plausibile che alle elementari e alle medie, durante l’ora di IRC, parlino, almeno vagamente, di fondamenti della religione cattolica, di storie del Vangelo e di vite dei santi, se non altro perché sanno che una parte della platea sta contemporaneamente frequentando anche il catechismo e quindi ne ha già sentito parlare altrove.
Ma alle superiori, la cosa si ribalta in maniera clamorosa: data la facoltatività della materia, e la maggior libertà dei ragazzi di scegliere da soli sottraendosi alle preferenze dei genitori, va a finire che l’insegnante di religione deve arrabattarsi per accattivarsi la simpatia dell’utenza, e quindi fa TUTTO tranne che religione… perché, se facesse davvero studiare religione, al suo corso non si iscriverebbe più nessuno.
Per cui, non fa altro che far chiacchierare i ragazzi del più e del meno sui problemi di attualità, sul razzismo, sul bullismo, sulla droga, sull’inquinamento, sul volontariato, sulla crisi economica e sulle insidie di internet; oppure gli fa vedere film (quasi MAI di argomento religioso, ma preferibilmente sugli argomenti di attualità di cui sopra), tenendo sistematicamente occupate le aule video che potrebbero servire a qualcun altro; o magari, nel caso più disperato, cerca di strappare loro qualche confidenza personale, per poi spifferarla al resto del consiglio di classe e farci la figura di “quello che è adatto a capire i problemi dei ragazzi, perché con lui si confidano”.
Praticamente, l’nsegnante di religione fa direttamente attività alternativa 🙂
L.
“Praticamente, l’nsegnante di religione fa direttamente attività alternativa”
Infatti, Lisa, che cosa si potrebbe pensare di un qualsiasi insegnante che NON segue il proprio programma e invece parla d’altro, se non che che andrebbe eliminato? 🙂
Si vede che sono stato proprio sfortunato alle superiori 😆 Mi capitò un’insegnante che era medico con una laurea anche in teologia, e prendeva seriamente la cosa. Preghiere e crocifissi comunque non ci furono imposti, cosa che invece avveniva alle medie inferiori. Alle elementari era ancora più assurdo l’insegnante di italiano ci faceva l’ora di religione cattolica, sempre una scuola statale.
“cerca di strappare loro qualche confidenza personale, per poi spifferarla al resto del consiglio di classe e farci la figura di “quello che è adatto a capire i problemi dei ragazzi, perché con lui si confidano”.”
Direi piuttosto la figura del pettegolo. Nessuno di voi colleghi gli ha mai provato a fargli notare la scorrettezza e/o in classe mettere in guardia i ragazzi dai professori con la vocazione dei portinai?
per Sandra: tu sottovaluti clamorosamente la potenza (distruttiva) della figura scolastica della COLLEGHESSA…
… ovvero dell’insegnante (quasi sempre donna, ma ne esiste anche qualche raro esemplare maschile, ancora più distruttivo della femmina) buonista, mammista, condonista a oltranza, che vive per la missione sacrale di coccolare svenevolmente tutti gli studenti, che deve giustificare tutti, gratificare tutti, regalare voti altissimi a tutti, che vede disagi e problemi dappertutto, e soprattutto dove quelli veri non ci sono… e che le pochissime volte che si trova costretto ad ammannire un’insufficienza si sente atrocemente in colpa come se avesse commesso un crimine.
Questi (INDIPENDENTEMENTE che siano cattolici o no) sono i MASSIMI estimatori dell’insegnante di religione come grimaldello confidenziale… per riuscire a dimostrare che quel ragazzo tanto ‘bbbbuono e tanto sensibbbbole, zb>non è possibile che meriti 4 perchè semplicemente non ha voglia di studiare, ma perché è sopraffatto dalle sofferenze d’amore o dalle delusioni sportive, e quindi bisogna tenerne conto e aiutarlo comunque.
Se in un consiglio di classe te ne trovi due o tre in contemporanea, si sta freschi.
E ripeto, è irrilevante che siano cattolici o no, semplicemente per loro tutto fa brodo per i loro scopi, e allora ben venga anche il collega di religione pettegolo!
Vabbè che nella mia scuola non serve a molto, perché c’è una media di iscritti a religione di non più di tre o quattro per classe, ma l’effetto esiste!
L.
Fare l’insegnante non è un lavoro facile, non va sottovalutato, ogni insufficienza che non derivi da gravi problemi familiari è un fallimento del docente oltre che dell’alunno. Compito del docente è anche saper far piacere la materia che insegna. Fino alle cosiddette scuole dell’obbligo è soprattutto un educatore. Ecco perché classi troppo numerosi e docenti sottopagati non sono il massimo per questo difficile compito. Sprecare i soldi per finanziare il privato peggiora le cose.
…e ti pareva.
Io a queste provocazioni non rispondo più, mi dispiace…
paniscus,
grazie per la descrizione da dietro le quinte. Dalla mia postazione di pubblico direi che le buoniste-amicone corrispondono alle insegnanti meno preparate.
francesco
le insufficienze sono spesso responsabilità dell’alunno. Non parlerei nemmeno di fallimento, che implica la volontà di riuscire, quando questa manca. A livello di scuola dell’obbligo, per mia esperienza, i genitori si fanno sentire ma solo sulla valutazione, non su quanto avviene in classe. Non so se è perché i ragazzi non ne parlano in casa o perché comunque non interessa. In questo clima di indifferenza, e anche di diffidenza reciproca, la scuola ha perso prestigio. Ad alcuni serve per ottenere – stipendio o diploma, e purtroppo tutti gli altri ne fanno le spese.
Poi c’è il problema delle risorse in relazione alla situazione: è ovvio che se si mettono nella stessa classe studenti dalle capacità e dagli interessi estremamente disomogenei, e si mantiene un numero di docenti come se dovessero lavorare su capacità e interessi uguali, le cose non funzionano. In paesi come la Germania i ragazzi sono divisi dopo le elementari. Diversamente la Finlandia, che recluta i suoi insegnanti tra i migliori laureati e che potenzia il numero di insegnanti da assegnare a classi “miste”.
Paniscus
Nessuna provocazione, ma un profondo convincimento. Per questo reputo che i docenti vadano pagati meglio, è un lavoro difficile, ci vogliono classi più piccole, più docenti e meglio pagati e strutture ben tenute. Ogni spreco di risorse ai privati allontana questo obiettivo.
Quoto (e di brutto) Benjamin e gmd85. Il primo perchè la consultazione renziana richiama l’immagine del maquillage ad un defunto (come si usa in America) ed il secondo perchè, dopo la caduta del muro di Berlino (dalla quale emergono ogni giorno ulteriori elementi negativi), al capitalismo non è bastato liberarsi del marxismo ma, poi, non ha accettato più nemmeno il keynesismo. Vuole il liberismo puro e basta. Ecco perchè vengono magnificati certi loschi figuri come gli economisti Von Hayek, Von Mises e Milton Friedman. I quali, a mio modesto avviso, hanno fatto più male all’umanità di Hitler e Stalin, perchè le malefatte di questi ultimi sono riconoscibili come tali.
Quegli economisti sono stati proprio il contrario del Mefistofele goethiano, il quale desiderava il male ma provocava il bene, quelli desideravano il bene (almeno si pensa…) e hanno provocato, e provocheranno, tanto di quel male che non ce lo immaginiamo nemmeno.
L’applicazione persistente (e noncurante delle obiezioni) delle loro teorie ha già provocato la CRONICIZZAZIONE della crisi. Perchè, cari amici, questa crisi durerà per sempre; il sempre umano naturalmente, 20-30 anni, e l’esito saranno lacerazioni devastanti.
Scusate l’OT, ma il post di gmd85, era un invito a cui non potevo resistere.
Saluti. GdL
“Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo”.
(C. Bukowski)
@GdL
Altro che OT, è perfettamente in tema. Ci ritroviamo nella parabola discendente della fase postdemocratica teorizzata da Colin Crouch, in cui l’aziendalizzazione dei servizi e la diminuzione del ruolo dello stato sono elementi caratteristici. Scuola compresa.
Diciamolo in modo più sistematico:
La ripresa del lassaiz faire unito a dottrine minarchiche ha fatto riprendere in forma palese il classico ciclo e riciclo di crisi industriali*, e quindi anche socio-politiche, dimenticate (o di cui si è fatto finta di dimenticare) fin dal primo dopoguerra. Con l’aggravante che il patatrac data la mancanza di controlli o la clerotizzazione dei controlli provoca crisi a catena finanziare-produttiva di diversa natura data la creazione a tavolino di un mercato globale “monocolore” [non mi si venga a dire che il sistema della Cina e dei Brics è alternativo rispetto a quello statunitense…], quindi per definizione incapace di risolvere autonomamente un sistema sostituendone altri.
*Il buon vecchio Marx qui ci da una mano: Sovapproduzione-Sovrappopolazione-sovracconsumo, oggi nella forma (ma sarebbe meglio dire estensione): sovrainvestimento-sovracapacità-sottocunsumo, a cui i classici liberoscambisti rispondono classicamente con un incentivo alla produzione ad usum Delphini, riproducendo il problema.
Molto tecnico, ma si, concordo.
Anche se il mio OT (delle 11,32) non era poi tanto OT, perchè i tagli alla scuola pubblica e le agevolazioni di quella privata, cosa sono, se non un’applicazione dei principi liberistici alla scuola?
Di nuovo. GdL
Ecco come reagisce l’Agesc:
http://www.tuttoscuola.com/portali/paritarie/agesc-su-la-buona-scuola-piu-ombre-che-luci-34574.html
Interessante articolo sull’argomento: http://temi.repubblica.it/micromega-online/scuole-paritarie-uno-scandalo-italiano-latella-%E2%80%9Ccosi-violano-legalita-laicita-e-pluralismo%E2%80%9D/
(O se vogliamo essere fiscali: interessante il contenuto del libro di cui parla l’articolo)
Da notare uno dei commenti: l’Italia si sta sgretolando e questo signore si preoccupa della scuola paritaria
Come se il declino della scuola pubblica non faccia parte di quello sgretolamento…
Stra-straquoto FS mosconi.
Finchè c’era il capitalismo nella versione keynesiana, le crisi periodiche di sovrapproduzione (già individuate prima di Marx) non si vedevano con evidenza perchè lo stato sociale ne attutiva gli effetti e soprattutto salvaguardava le classi intermedie (facendole sopravvivere artificialmente), impedendo il precipitare delle suddette classi nelle 2 classi estreme (capitalisti e proletari). Ma dopo la caduta del muro di Berlino e il disintegrarsi del mondo NON capitalista (non del mondo comunista perchè il c.d. “socialismo reale” dei paesi dell’est, non aveva nulla a che vedere con il sistema prefigurato da Marx), il capitalismo, non avendo più paura che le masse si potessero volgere verso un modo di produzione alternativo (che non c’era più) hanno gettato la maschera e sono tornati alle origini: al lassaiz faire.
Ora le previsioni di Marx sullo sviluppo del modo di produzione capitalistico possono ri-vedersi con evidenza.
Molto vero che la Cina non è assolutamente comunista, come ci vorrebbero far credere i nostri amici cattolici, perchè, essendo il comunismo una dottrina economica, ed essendo l’economia della Cina ultracapitalista, è chiaro che, in realtà, trattasi di uno stato capitalista con una dittatura oligarchica sedicente comunista.
Del resto anche uno sgorbio può dire di essere bello come Markus Schenkenberg: chi glielo impedisce?
Saluti. GdL
“Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi”.
(J. M. Keynes)
E’ stato soprattutto in Europa, ed in modo particolare nelle nazioni confinanti coi paesi dell’est (tipo Germania, Austria e paesi scandinavi) che nel dopoguerra (ed anche prima) si è sviluppato un welfare-state per combattere il comunismo e sottrarne l’attrattiva per la classe operaia. Dopo la caduta del muro, venuto a mancare il timore, con una classe operaia diventata più frammentata e cambiata come tipologia, il capitale si è ripreso ciò che aveva concesso seguendo il modello “vincente” americano che si è cercato di esportare anche negli ex-paesi dell’est e per il mondo. Gli USA sono sempre rimasti iperliberisti.
L’Italia è tra le nazioni europee che spendono meno per l’istruzione (il 4.2 % del PIL nel 2013), cultura e ricerca. Negli ultimi anni ha ridotto i finanziamenti alla scuola dell’ordine di 10 miliardi di €, cioè circa il 20%, nonostante l’aumento delle necessità della scuola.
Ha rispetto alle altre nazioni un numero di laureati basso ed un numero elevato di studenti che abbandona.
E negli ultimi anni è stato avviato un costante piano di delegittimazione/denigrazione della scuola pubblica e degli insegnanti che è tra i meno pagati.
Lamentarsi poi di non avere una buona scuola pubblica è una presa in giro: è così che volevano, hanno sistematicamente lavorato per ottenere questo risultato. E nonostante tutto non è così male grazie all’iniziativa del corpo docente ed alle donazioni “volontarie” dei genitori.
Di contro i finanziamenti alle scuole paritarie sono aumentati, sia quelli statali che quelli di comuni e regioni (si parla anche di 1.5 miliardi di € dati complessivamente alle private che coprono solo il 10% del numero degli studenti, prevalentemente nel settore materna e primario, settore meno costoso e di basso livello).
Nonostante i continui tagli e la diminuzione degli studenti avvalentisi, negli ultimi 10 anni gli insegnanti di religione sono aumentati di circa 2000, cioè quasi il 10% ed anche in futuro è previsto che altre migliaia di insegnanti di religione vengano assunti.
E negli ultimi anni è stato avviato un costante piano di delegittimazione/denigrazione della scuola pubblica e degli insegnanti che è tra i meno pagati.
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Ecco, cominciamo a prendercela anche con chi finge di fare il progressista democratico e laico, e poi contemporaneamente non fa altro che insinuare che qualsiasi risultato scolastico negativo è sempre responsabilità dell’insegnante che “non è abbastanza bravo a motivare” l’utenza…. senza minimanente ipotizzare la possibilità di un contributo di responsabilità da parte di quegli studenti che non hanno nessuna voglia di studiare e di quei genitori che li difendono a oltranza, rivendicando il DIRITTO automatico al successo facile senza nessuno sforzo.
L.
Bisognerebbe meglio identificarli questi finti progressisti, finti democratici finti laici, così sappiamo precisamente con chi prendercela.
“Bisognerebbe meglio identificarli questi finti progressisti, finti democratici finti laici, così sappiamo precisamente con chi prendercela.”
Forse uno l’hai trovato 🙂
Ovviamente senza il ‘finti’ (autoassoluzione, va da sè) ho sempre cercato di essere “progressiste, democratico, laico… e ateo”, non condividendo, proprio per questo, in alcun modo l’analisi di paniscus (la mia, se interessa, la si può trovare nel post del 28 ottobre)… e qualche risultato credo di averlo ottenuto.
(Non volevo intervenire, in quanto, sia per un’analisi della situazione scolastica che per quanto riguarda la figura dell’insegnante, l’avevo fatto appunto di recente… ma i commenti di paniscus mi hanno ‘provocato’. Spero non me ne voglia 🙂 )
Prof. Gualerzi, non creda che mi sia sfuggito il suo commento sulla scuola, e per quel che vale credo che la “scuola dell’obbligo necessiti di quello che sosteneva in quel commento e che ripetevo io in modo sintetico nel mio commento.
Quanto ai finti laici democratici e progressisti, credo che l’utente Paniscus si riferisse a me, probabilmente perché ho sostenuto che un’insufficienza è un fallimento del docente oltre che dell’alunno a meno che non ci siano gravi problemi familiari. Di certo non sostenevo “il successo facile”.
Per quel che può valere il mio parere su questo argomento, ho apprezzato e condiviso molto i tuoi interventi sulla scuola, in particolare queste tue considerazioni sulle responsabilità/colpe sempre e sistematicamente degli insegnanti. Lo stesso succede spesso quando si giudcano i rapporti genitori-figli e si conclude sbrigativamente che se un figlio è “bravo” è stato bravo il genitore così come se è “cattivo” è colpa del genitore.
Non capisco perchè non si riesca ad accettare il concetto che esistano degli studenti incapaci e/o che non hanno nessuna voglia di studiare anche con il migliore professore. Anche quando ho avuto a che fare con i migliori professori non ho mai visto rivoluzioni nei risultati degli studenti.
In campo sportivo è palese che vi siano delle differenze notevoli di doti e che anche il migliore allenatore non potrà mai trasformare un atleta mediocre in un atleta decente, così come gente che non ha nessuna voglia di fare sport non riuscirà ad essere motivata a farlo: perchè questo concetto è così difficile nello studio?
Così come un allenatore, anche un insegnante o una scuola non possono trasformare studenti di serie B in studenti di serie A. Personalmente ritengo che metà degli studenti sarebbe stata da mandare a casa subito ed uno dei motivi per cui non sono mai stato attratto dal fare l’insegnante è stato proprio il problema di doversi interfacciare con questi.
Ovviamente va fatto di tutto perchè gli studenti siano messi nelle migliori condizioni per imparare, ma non si possono fare miracoli e non è neanche conveniente investire in cause perse.
Il sistema scolastico tedesco (ed anche austriaco) prevede percorsi differenti (più facili o più impegnativi) a seconda delle capacità e dell’impegno dello studente e questo sin dalla scuola dell’obbligo. Un insegnante che dovesse seguire gli studenti più scarsi penalizzerebbe automaticamente gli altri, livellando il suo insegnamento. Che ci siano capacità e motivazioni differenti è una realtà con la quale dobbiamo confrontarci.
Però questi tedeschi il vizio di classificare la gente. Sarà un vizio culturale legato al protestantesimo con la dottrina della predestinazione. 😆
Errata
… di classificare la gente non l’hanno ancora perso.
francesco s.
Guarda che è così anche in Austria e l’Austria è sempre stata ultra-cattolica.
Nello sport è prassi normale classificare le persone in base alle capacità e nessuno si scandalizza (vedi serie e categorie), perchè tale concetto non deve essere applicato nello studio? Negli sport tecnici si vede chiaramente che vi sono persone che imparano in fretta ed altre che imparano lentamente e che non riescono ad andare oltre certi livelli pur essendo seguiti dallo stesso allenatore.
Stessa cosa nello studio. Ci sono persone che non sono adatte per studiare, questa è la realtà.
Roberto sono contento che il modello tedesco non sia applicato in Italia, dall’estero dobbiamo copiare solo la voglia di investire di più in istruzione, le classi per idioti e secchioni se le tengano pure. Non stiamo parlando di professionisti dello sport che vanno separati per categorie, al più di amatoriali. La scuola dell’obbligo è soprattutto un momento educativo e mettere insieme persone con capacità diverse fa bene alla socializzazione e anche a migliorare. Io a scuola sono sempre stato parecchio bravo e i professori ci spingevano ad aiutarci a vicenda negli studi, in maniera da migliorare sotto il profilo scolastico e umano. Dopo all’Università è diverso, lì ha senso la selezione, l’obiettivo è diverso. Ripeto insegnare è difficile e non tutti ne sono capaci, fa bene chi non ne è capace a tenersene alla larga.
Tengo a precisare che io NON SONO affatto favorevole al modello tedesco di scuola differenziata “per bravi” e “per somari”. Io sono favorevolissima a una scuola che accoglie tutti (e che anzi incoraggia la mescolanza e la varietà di diversi livelli e diversi stili di vita), e che però, contemporaneamente, VALUTA anche tutti in maniera corretta e onesta.
Non capisco proprio perché, in nome dell’accoglienza di tutti e del rispetto delle diversità di tutti, si debba arrivare a livellare tutti verso il basso, e a certificare falsamente delle competenze non raggiunte. Tutto lì.
Per quanto riguarda il concetto di “scuola dell’obbligo”.
A parte il fatto che io stavo parlando soprattutto delle superiori, che, almeno al di sopra dell’età di 16 anni, NON SONO “scuola dell’obbligo”, ma si presume che siano un percorso che si intraprende per scelta, prendendosene le responsabilità di conseguenza…. ma comunque, anche parlando di fasce di età più basse e di effettiva scuola dell’obbligo, anche lì, non capisco in che modo questo debba essere considerato INCONCILIABILE con una richiesta di impegno serio e una valutazione onesta.
“Obbligo scolastico” non vuol dire che la scuola ha l’obbligo di promuovere e di rilasciare certificazioni a tutti, anche se non hanno imparato niente, solo perché hanno dimostrato di aver fatto la presenza sul banco per un certo numero di anni. E non vuol dire nemmeno che la scuola ha l’obbligo di riuscire (magicamente) a ottenere il “prodotto finito” di sfornare tutti allievi preparatissimi e competentissimi, compresi quelli che non hanno mai voluto saperne di impegnarsi, o quelli che proprio non ce la fanno.
L’ obbligo scolastico, oltretutto ridefinito e rimaneggiato da tutte le concezioni moderne di “patti formativi” e di “corresponsabilità educativa”, vuol dire una cosa ben precisa: che l’impegno è RECIPROCO, ovvero che l’istituzione deve impegnarsi a offrire l’istruzione a tutti e a mettere tutti in condizioni concrete di accedervi, e che l’utente (sia il ragazzino in persona, sia la famiglia) deve impegnarsi a collaborare, mettendoci del suo, rispettando le richieste e dandosi da fare per studiare, anche quando è faticoso, anche quando non è divertente, e anche quando non riesce subito tutto al primo tentativo. Non basta fare la presenza in classe per sostenere di “aver rispettato l’obbligo scolastico”, né tantomeno è sufficiente per rivendicare promozioni e certificazioni garantite.
Se l’impegno non viene rispettato, ossia se il ragazzino non ha nessuna voglia di darsi da fare e magari la famiglia lo avalla e lo difende in questo, stiamo sicuri che nessuno lo butta fuori dalla scuola dell’obbligo (e nemmeno da quella dopo, in realtà… io alle superiori ne ho avuti parecchi, di ragazzi che a 21 anni erano ancora lì senza che nessuno li cacciasse via), ma santa pazienza, si potrà accettare la prospettiva di essere bocciato, o di essere promosso con voti molto bassi?
Francamente, non capisco come si sia arrivati a questa concezione diffusissima secondo cui, se uno ha risultati scolastici scarsi, deve essere per forza un ragazzo svantaggiato che ha dei seri problemi di apprendimento che non sono colpa sua, oppure deve essere la scuola a sentirsi in colpa per non aver fatto abbastanza per motivarlo e interessarlo (e in entrambi i casi, l’UNICA soluzione che viene proposta è quella di esentarlo da tutto quello che non riesce a fare o che non gli piace fare, così il problema non si pone più).
Ma cazzarola, l’abbiamo proprio dimenticato tutti, che “quelli che avevano poca voglia di studiare” ci sono SEMPRE stati, e che la maggior parte di loro, a lungo termine, è riuscita a vivere felice lo stesso?
Se uno ha problemi di apprendimento seri, è giusto che sia aiutato… ma in condizioni NORMALI, perché richiedere alla scuola di abbassare sempre di più il livello dell’insegnamento offerto e dell’impegno richiesto, in maniera che tutti riescano facilmente a raggiungere risultati ottimi (sulla carta) senza nessuna fatica? Ma si pensa davvero che questo faccia del bene ai giovani, o che contribuisca a innalzare il livello di preparazione culturale della società?
boh…
L.
“Non capisco proprio perché, in nome dell’accoglienza di tutti e del rispetto delle diversità di tutti, si debba arrivare a livellare tutti verso il basso, e a certificare falsamente delle competenze non raggiunte. Tutto lì.”
Secondo me proprio perché si è usato lo “stampo” della scuola quando era riservata a pochi, forzandolo sulla scuola per tutti. Difficile insegnare p.e. italiano, quando hai in classe chi legge i classici russi e chi ha difficoltà di base in ortografia, la conseguenza è livellare verso il basso.
Dato che le differenze ci sono, ci sono due strade: dividere i ragazzi per attitudine, che probabilmente è il criterio di maggiore efficienza, consentendo i passaggi tra un percorso e l’altro (la scuola di base non esclude l’università), oppure prendere atto delle differenze e assumere personale docente in proporzione alle necessità.
La Finlandia segue la strada dell’integrazione, con ottimi risultati, ma con costi molto elevati: per i ragazzi con difficoltà di apprendimento, oltre a insegnanti di sostegno dedicati, è previsto anche il cambiamento del curriculum di studi, e una differente valutazione finale.
Si tratta di scegliere un modello di scuola, in funzione delle proprie disponibilità economiche e del tipo di società che si vuole avere, tipo “bravo” operaio vs. “somaro” laureato.
Con la normativa attuale, ogni “insuccesso” scolastico rimane tale solo fintanto che la famiglia non presenta un ricorso. Un ricorso (tra molte virgolette) “ben fatto” si conclude sempre con un (tra altrettante virgolette) “successo”. Ora, dovremmo chiederci: chi ha promulgato quella normativa, che si è stratificata nel corso di decenni? Con quali reali finalità? Quelle finalità son state raggiunte? Non è che anche lo svilimento dei lavoratori della scuola è funzionale a quelle finalità?
N.B. Non sto parlando di “destra” o di “sinistra”, sto parlando di “sopra” e di “sotto”.
per benjamin: francamente, questa non mi risulta: l’ossessione scolastica per la paura dei ricorsi è MOLTO PIU’ una percezione ingannevole sopravvalutata che un fatto reale. Nel resto della pubblica amministrazione, non lo so, ma nella scuola, per quanto riguarda la mia esperienza diretta, gli strilli informali con la minaccia di ricorso sono veramente tanti, ma i ricorsi presentati davvero sono pochissimi, e quelli vinti sono una piccolissima minoranza anche rispetto al totale di quei “pochissimi”.
Anche perché, di gente tanto determinata a spendere un sacco di soldi per procurarsi l’avvocato veramente bravo e garantirsi il “ricorso fatto bene” su basi veramente serie, ce n’è pochissima… nella maggior parte dei casi, quelli che stillano minacce di ricorso sono arrogantelli sprovveduti e ignoranti che non hanno la più pallida idea di cosa sia un ricorso e come funzioni davvero, e che si fanno sostenere da avvocaticchi incompetenti che li mandano allo sbaraglio senza nessuna consulenza professionale robusta.
Per cui, è OVVIO che la stragrande maggioranza dei ricorsi venga respinta…. anzi, per la maggior parte non arrivano nemmeno alla causa, l’analisi preliminare dà direttamente il “non luogo a procedere” (o come si chiama formalmente adesso).
Ma non perché l’avvocato non sia bravo a condurre la causa (e se fosse più bravo invece la vincerebbe), bensì proprio perché la richiesta di ricorso è stata fatta su basi inconsistenti, e l’avvocato semmai ha sbagliato a NON metterlo in chiaro subito, e a consigliare alla famiglia di “provarci lo stesso perché non si sa mai”!
L.
sempre sui ricorsi:
per riassumere in termini semplici, il ricorso non si può fare per una contestazione dei contenuti nel merito, ma solo per un eventuale difetto di FORMA.
Cioè, non è che si possa fare ricorso sulla base del “mi hanno dato 4 ma io pensavo di meritare 6“: si può fare un ricorso SOLO se si dimostra che quel 4 è stato assegnato in modo tecnicamente illegittimo (verbali scritti male, consigli di classe che non erano al completo, mancato rispetto del numero minimo di verifiche da fare durante l’anno, eccetera). In tal caso, il TAR non annulla il giudizio, ma annulla l’atto amministrativo in cui il giudizio è stato assegnato, cioè lo scrutinio, e ordina di ripeterlo, ma non può entrare nel merito della “giustezza” del giudizio stesso. E’ capitato più volte che il TAR ha ordinato di ripetere lo scrutinio, lo scrutinio è stato ripetuto correggendo l’errore di forma, ma la bocciatura è stata confermata lo stesso… perché non era stato quell’errore di forma a causare la bocciatura, e le motivazioni per cui si era deciso di bocciare rimanevano le stesse.
Eppure, continua ad esserci parecchia gente che non ha la più pallida idea di come funzionino questi meccanismi, e che è convinta che il TAR abbia il potere magico di “annullare la bocciatura e trasformarla in promozione” o di “ordinare alla scuola di cambiare i voti”. Ed è chiaro che, se questi fanno ricorso su tali basi, lo perdono subito!
L.
Dai giornali:
“Milano, la Curia ai professori di religione: “Segnalateci tutte le scuole pro-omosessuali”
Ma sono professori o kapò?
Facciamo anche il nome di questo genio: don Rota.
Questa balordaggine mi sa tanto di provocazione per dire ”Noi possiamo!”
Purtroppo le ore di religione sono effettivamente un’opportunità di controllo e di propaganda all’interno delle scuole. Ai miei tempi erano state utilizzate per fare propaganda contro il divorzio, facendoci anche votare, e per terrorizzarci sulla sessualità. L’anno scorso in Austria furono usate per contrastare una raccolta firme ufficiale (petizione al parlamento) contro il concordato.
In quest’ultimo caso per contrastare le aperture nella società.
Ma infatti questo aspetto dell’istituzione dell’IRC è clamorosamente sconosciuto e sottovalutato da tutti, anche dalla quasi totalità dei laici, e di quelli che comunque sarebbero contrari… al massimo, ci si preoccupa della potenzialità di “indottrinamento” direttamente sui ragazzi, potenzialità che a mio avviso è assolutamente NULLA, vista la vacuità e l’inconsistenza assoluta dei contenuti dell’ora di religione.
Il motivo principale per cui OPPORSI all’IRC non è affatto la paura dell’indottrinamento, ma è la contrarietà al fatto che la scuola di stato debba prestarsi a fare da ufficio di collocamento per raccomandati delle curie vescovili che chiaramente vengono piazzati nelle scuole non solo per fare in modo di regalargli uno stipendio a spese dello stato, ma qualche volta anche per “marcare il territorio”, introdurre contatti e attività che non dovrebbero starci, e magari anche monitorare il lavoro altrui…
La famigerata mail dell’ufficio scolastico della diocesi di Milano è stata inviata ai 6mila e più docenti di religione. Nella diocesi ambrosiana ci sono 1900 preti diocesani. Ufficio di collocamento generoso (con i soldi degli altri, ovviamente).
So benissimo che la questione ricorsi riguarda gli aspetti formali. So anche che una legislazione fumosa e contraddittoria rende pressoché impossibile avere la certezza d’essere, formalmente, dalla parte “della ragione”, indipendentemente dalla scrupolosità “compilatoria”. Tra l’altro, è quasi inutile sottolineare che la maggior parte delle energie degli insegnanti dovrebbe essere spesa nell’insegnare, non nello scrivere verbali verbosi (bello il gioco di parole, eh?) per pararsi le spalle. Veniamo spinti giorno per giorno verso il comportamento opposto: formalismi curati oltre la maniacalità (per tutelarsi) e didattica vera penalizzata per ovvia compensazione.
Qui in Francia un rapporto di una senatrice di “sinistra” vuole inserire l’insegnamento della religione nelle scuole per favorire l’integrazione, secondo lei la religione è un ottimo veicolo di integrazione. È la stessa che ha criticato la legge contro il burka.
Ma guarda che non sarebbe mica una novità, eh… è esattamente lo stesso tormentone che in Italia viene rimartellato da anni, con la storia del crocifisso che sarebbe spacciato addirittura come una garanzia di laicità, perché dovrebbe fare da argine contro le velleità prepotenti delle “altre religioni”!
L.
Ma in questo caso alla suddetta senatrice non frega nulla del crocifisso a lei interessa l’insegnamento dell’islam. Mette a pretesto che solo il 30% degli ebrei frequentano le scuole pubbliche e ne deduce che le minoranze vogliono un insegnamento religioso, in realtà un altro 30% va nelle scuole cattoliche dunque il motivo non ha nulla a che vedere con la religione ma perché a forza di lassismo nella scuola pubblica e di livellamento verso il basso (niente voti niente bocciature sono le ultime proposte) la scuola privata si sfrega le mani. Lei sostiene che i musulmani per integrarsi hanno bisogno di più identità religiosa. Utilizza gli ebrei ma non è un esempio valevole perché molti lasciano la scuola pubblca a causa degli insulti antisemiti.
Mais qui est cette folle ????
Da una somiglianza con il dialetto delle mie parti sembra che tu abbia detto:
“Ma questa qui è folle?” o ho preso un granchio? 😆
No, credo che voglia dire “Ma chi cavolo è questa pazza?“, o roba del genere…