Nel nostro pianeta la crescita demografica sta diventando un problema per la sostenibilità. In tutto questo giocano un ruolo importante le religioni, che spingono per il natalismo. E proprio il declino delle religioni potrebbe contribuire a invertire la rotta.
Per esaminare la complessa questione offre spunti utili un’intervista del quotidiano Il Foglio al professor Philip Jenkins, esperto di demografia religiosa e figura di riferimento in ambienti cristiani conservatori. Anche se paradossalmente lo fa da una prospettiva religiosa e di certo non contento degli scenari che si aprono, pur nel suo aplomb e rigore accademico. Si parla del suo ultimo libro Fertility and Faith, in cui snocciola una serie di dati (e preoccupazioni) sulla “rivoluzione demografica” che sta trasformando il panorama religioso mondiale. L’assunto è che “esiste una stretta relazione tra i tassi di fertilità di una comunità e il suo fervore religioso”. Si conferma infatti che nelle società meno condizionate dalla religione le donne tendano a fare meno figli: perché solitamente sono quelle più prospere e in cui anche le donne vedono garantiti diritti e autonomia rispetto ai vincoli familistici e di genere affibbiati dalla religione, nonché opportunità di istruzione e lavoro.
Jenkins nota però che questo fenomeno si sta diffondendo in tutto il mondo, non solo nella “vecchia” Europa. Segno che la secolarizzazione, anche se con fatica e a più velocità, si afferma globalmente. Un processo che dagli anni sessanta è iniziato in Scandinavia e nei Paesi Bassi, per poi allargarsi a quelli tradizionalmente cattolici. Ma più di recente anche in Asia e in Africa e negli Usa (qui in concomitanza con l’emergere dei nones). Un caso paradigmatico è l’Italia, con “un cambiamento demografico estremo in pochissimi anni” proprio nella fase storica in cui vengono introdotte norme laiche come divorzio, contraccezione, aborto. E oggi come oggi, fa notare, anche l’affermazione dei diritti delle persone lgbt è un segnale: i paesi più friendly sono quelli più secolarizzati e meno fertili.
Cosa possono fare i paesi occidentali? Ben poco, sostiene l’intellettuale: i tentativi “sono molto costosi a fronte di scarsi effetti”. Con buona pace di bonus bebè e affini. Giusto le dittature, guarda caso sopprimendo i diritti delle donne, posso avere un certo impatto: “come il regime comunista in Romania”. E l’islam, spesso agitato dagli identitaristi come lo spauracchio che ci sommergerà? È “obsoleto” pensare che l’aumento della popolazione nei paesi in via di sviluppo coincida con quello del “mondo islamico”. C’è “un islam a due livelli”: in diversi paesi stanno infatti drasticamente calando i tassi di fertilità. Un caso da manuale è quello dell’Iran: “sebbene i leader iraniani siano molto fondamentalisti”, le persone governate “stanno diventando molto laiche”. In generale, lo stesso Jenkins stempera i timori: l’islam “non sta crescendo così velocemente come si temeva, e molti musulmani europei sono essi stessi piuttosto laici”. In Russia invece sulla scia del calo demografico seguito alla crisi dell’Urss, visto con preoccupazione non a caso dall’alfiere del confessionalismo ortodosso Vladimir Putin, si prospetta un aumento dei musulmani rispetto alle popolazioni “caucasiche”. Tanto che i musulmani potrebbero avvicinarsi a un terzo della popolazione russa nei prossimi decenni: una situazione più marcata “rispetto a nazioni europee che agonizzano per la minaccia di una ‘islamizzazione'” e che richiederà “un ripensamento profondo delle narrazioni tradizionali sulla storia di quel paese e la sua pretesa di rappresentare uno dei centri storici della cristianità”.
La popolazione invece andrà aumentando sensibilmente nell’Africa subsahariana, area dove non a caso “la lealtà religiosa è molto forte” e la quasi totalità della popolazione si dichiara religiosa. Qui islam e cristianesimo “stanno crescendo insieme, molto rapidamente”. E non mancano gli attriti violenti, ma secondo Jenkins, “il fattore principale è demografico”: come nell’Europa degli anni trenta, se una società è caratterizzata da una percentuale molto alta di giovani, per i movimenti politici estremisti è più facile attirare aderenti con propensioni violente. Un quadro demografico che si secolarizza fa cambiare anche le strategie delle chiese europee, che devono attingere massicciamente alle minoranze: basti dire che già in Italia il 40% del clero è di origine straniera.
Insomma, sembra di capire che l’accelerazione demografica, seppur sostenuta, stia comunque rallentando. Sebbene certe visioni apocalittiche e complottiste paventino un mondo diviso in due, con invasioni di giovani e ferventi estranei pronti a sommergere nativi sempre più vecchi e infiacchiti. Ma il problema vero, per leader “forti” e predicatori di ogni risma, è che l’affermazione dei diritti e della laicità nel mondo porterebbe a generare meno fedeli. Da imbarcare in crociate o jihad.
Valentino Salvatore
Non trattasi di far regredire l’umanità, ma di far sì che gli umani possano godere un tenore di vita relativamente soddisfacente. L’unica soluzione per arrivarci è un tasso di natalità più basso che ci porta a circa 1 miliardo di persone. Supponendo che siamo troppi sulla Terra –e di fatti lo siamo-, il movimento antinatalista incolpa l’umanità di aver degradato il pianeta e di causare sofferenza….La crescita della popolazione ha molte conseguenze catastrofiche per la biosfera, uomo incluso, e necessita una drastica riduzione del tasso di natalità particolarmente per certi paesi sinistrati. Tra chimici, biologi, fisici, astronomi e altri specialisti del clima, alcuni sono entrati a far parte del comitato scientifico dell’organizzazione responsabile della demografia presieduta da Denis Garnier.
Il problema della sovrappopolazione e le sue conseguenze, cioè riscaldamento globale, perdita di biodiversità, approvvigionamento di acqua dolce, deforestazione e problemi alimentari. Sulla base di diversi dati scientifici, i calcoli di Denis Garnier e del suo team stimano che con il nostro stile di vita attuale non potremmo vivere in modo sostenibile oltre 3-4 miliardi di esseri umani. Se seguissimo le idee della comunità antinatalista e all’improvviso smettessimo di avere figli ci sarebbero dei buchi nella piramide delle età e dovremmo sicuramente affrontare grossi problemi economici e di ricambio generazionale. Sarebbe piuttosto brutto. Resta il fatto che le nostre basi economiche devono essere riviste o comunque messe in discussione. Con le attuali economie abbiamo bisogno di sempre più consumatori. E’ quindi necessario un nuovo modello economico da mettere in atto. Non sarà ovvio per certi illuminati, ma di fatto lo è, o cresciamo continuamente … Le ripercussioni disastrose per il pianeta inducono inoltre alcuni scienziati a immaginare scenari di collasso. Ogni essere umano dovrebbe usare le proprie risorse per aiutare coloro che sono già sulla Terra, piuttosto che dare vita a un nuovo essere. Se una persona o coppia desideria un figlio, l’adozione è l’opzione migliore. Dispiaccia a certi illuminati….
Dovrebbe passare l’idea che un uomo vale, come quasi qualunque altra cosa, in base alla legge della domanda e dell’offerta. Questo vale nel lavoro (meno disoccupati), nelle famiglie (più risorse pro capite), nello spazio vitale disponibile, nella necessità di risorse, energia, case e merci varie. E quindi più persone ci sono più saranno l’inquinamento, il degrado idrogeologico, riscaldamento globale, la penuria di materie prime, pressione sulle specie e gli ambienti naturali, più i parassiti sconosciuti che provocano epidemie, eccetera.
I pericoli maggiori nel caso di una, indubbiamente necessaria e sicuramente positiva, drastica riduzione della natalità, sarebbero a mio parere due:
1)Invecchiamento della popolazione. Tuttavia va ricordato che l’anziano di oggi non è l’anziano di 50 o 60 anni fa, è generalmente in condizioni di salute migliori, oltre che generalmente più dinamico ed istruito, tanto che molti geriatri ritengono che si diventi anziani solo dopo i 75 anni e tardo anziani solo dopo gli 85. Si sa che non a tutti garba l’idea di andare sempre più tardi in pensione, ma è sempre preferibile che trovarsi sfollati per qualche disastro ambientale o ammalarsi di cancro per l’inquinamento.
2)Che i fondamentalisti di tutte le religioni continuino a fare figli a go go, fregandosene di tutti gli altri problemi. Probabilmente, in presenza di una politica seria e accorta, resterebbero una minoranza, però potrebbero crescere, educando i figli a modo loro, anche perchè la scuola può fare molto, ma non tutto, e gli insegnanti non sono particolarmente desiderosi di andare a fare compagnia a Samuel Paty.
“Visioni apocalittiche e complottiste”? Chissà se la pensavano così anche i razionalisti di 1700 anni fa, che si sono visti travolgere dall’ondata cristiana. Ci vuole poco a cambiare le cose, basta vedere la Turchia di Erdogan, dove sembrava impossibile un ritorno al passato. Non si può abbassare la guardia, mai.
Con l’eccezione di Israele che ha una consistente comunità di fondamentalisti religiosi, non esiste nessun paese sviluppato con un tasso d fecondità superiore a due. A dimostrazione che il benessere con le sue conseguenze sulla cultura ed i diritti civili non favorisce elevate ed irresponsabili natalità. Non è un caso quindi che elevate natalità sopravvivano in contesti arretrati, come per diverse zone dell’Africa, terre di conquista delle religioni.
Il problema è che il rallentamento sui tassi di fecondità è avvenuto solo negli ultimi due decenni e ci vogliono diversi decenni perchè gli effetti si facciano sentire sulla crescita demografica: per esempio certi paesi africani hanno metà della popolazione con un’età inferiore ai 15 anni ed anche se i tassi di fecondità sono scesi la natalità e la crescita della popolazione sarà ancora consistente (non è un caso che si preveda il raddoppio della popolazione africana nei prossimi 40 anni). La Cina pur con una rigida politica del figlio unico è passata in 40 anni da 800 a quasi 1400 milioni di abitanti e toccherà il picco tra 10/20 anni prima di scendere.
Purtroppo una elevata natalità vanifica gli effetti di una robusta crescita economica e vanifica anche tutti gli interventi di riduzione del nostro impatto sull’ambiente. La cosa curiosa da osservare è che i natalisti confidano proprio nella scienza che normalmente disprezzano per sostenere che il nostro pianetà può sopportare popolazioni ben più elevate. Ma anche credendo all’idea che sia possibile ridurre l’impatto sull’ambiente riguardo alle risorse necessarie e all’inquinamento, resta il problema non risolvibile del sovraffollamento e delle sue conseguenze (come abbiamo ben visto con la presente pandemia che, purtroppo, non sarà l’ultima).