In Nepal oltre 50 dalit, tra i quali diverse donne, sono stati malmenati in modo grave il 17 settembre durante un vero assalto di centinaia di membri delle caste superiori indù a Silgadhi, centro del distretto occidentale di Doti. Molti sono in condizioni “critiche”. I dalit volevano entrare nel tempio di Shaileswori per la funzione religiosa. C’è un accordo tra partiti politici, rappresentanti dei ribelli maoisti e della amministrazione distrettuale e i sacerdoti che consente ai dalit di frequentare il tempio, sotto il controllo della polizia. Le caste superiori non accettano l’accordo e rispondono che sarebbe una “profanazione” del tempio, ma finora non c’erano state violenze. Gli aggressori, urlando slogan contro partiti e giornalisti e a favore del re, hanno anche devastato alcuni vicini uffici di organizzazioni contrarie alla discriminazione tra caste. Presso l’Associazione donne dalit del Nepal sono stati danneggiati i computer e distrutti documenti. Aggrediti e costretti a fuggire anche i giornalisti presenti. Dharma Singh Bishwokarma, coordinatore del Comitato per la lotta unita dei dalit, ha detto ad AsiaNews che il grave incidente poteva essere prevenuto dall’amministrazione distrettuale con l’adozione di “adeguate misure di precauzione”. “Ma l’amministrazione ha assistito senza intervenire mentre c’erano parecchi indizi che le caste superiori indù vogliono impedire con la violenza ai dalit di entrare nel tempio. Queste caste vogliono che il Nepal rimanga un regno indù”. Norbert Rai, attivista cristiano per i diritti umani, ha detto ad AsiaNews che anche se il Parlamento ha dichiarato il Nepal uno Stato laico, “la casta superiore indù non lo accetta e c’è un grande rischio di violenze settarie e di casta se il governo non rimane vigile”. “Ma – aggiunge – dubito che governo e amministrazione siano molto preoccupati dalle violenze contro la casta inferiore, perché la gran parte di loro appartiene alla casta superiore indù e molti sostengono di nascosto la loro casta. Se il governo non tutela gli indù dalit, mi chiedo come possa proteggere le minoranze non indù”. Intanto l’amministrazione distrettuale di Doti ha chiesto la mobilitazione di maggiori forze. Centinaia di dalit, cacciati dalle loro case con la violenza dalle caste superiori, sono stati aiutati a ritornarci. “Ma – avverte Bishwokarma – hanno ancora paura, perché gli aggressori sono ancora liberi e la polizia è riluttante ad arrestarli”.
La vita sociale-Le quattro classi della società
La società indù è tradizionalmente divisa in quattro grandi classi o caste, basati sulle professioni e sul guna da cui sono influenzati:
- Brahmana, sacerdoti ed insegnati (Sattva guna)
- Kshatrya, re, guerrieri ed amministratori (Rajas)
- Vaishya, agricoltori, mercanti, uomini d’affari (Rajas e Tamas)
- Shudra, servitori ed operai (Tamas)
Queste classi sono chiamate varna, ed il sistema sociale è il Varna Vyavastha
In India si ritiene che la società è organizzata secondo l’equilibrio del dharma. Questa organizzazione permette l’armonizzazione dei rapporti tra gli uomini e di definire i doveri che spettano loro. Questa preoccupazione per l’equilibrio ha un’origine dottrinale, perché essa corrisponde, di fatto, al simbolismo dei Guna, o qualità/sapori. Ai tre Guna corrispondono i tre colori che sono ciascuno associato ad una casta.
All’origine, l’indù non nasce in una casta: acquisterà la sua casta in funzione del ruolo e delle responsabilità che sarà condotto a ricoprire. Molti testi mitologici denunciano l’usurpazione del titolo di brahmino da parte di certi personaggi che, sotto la copertura della nascita, approfittano di uno status importante senza compiere i propri doveri.
Non è chiaro se il sistema delle caste sia o meno parte integrante dell’induismo: i testi Shruti ne fanno raramente menzione, il sistema è invece regolato dai testi Smriti. In precedenza, il sistema era basato esclusivamente sulla professione, e vi sono decine di esempi di matrimoni tra differenti varna e di cambi di professione. Più tardi (sembra intorno 900 a.C., ma gli storici avanzano differenti ipotesi), invece, il sistema diventò rigido e basato sullo status acquisito per nascita. Succesivamente, con lo sviluppo di numerose sotto-caste e di una casta di intoccabili (Dalit) al di fuori del Varna Vyavastha, è nato il sistema delle caste così come lo conosciamo oggi. In seguito alle invasioni e alla colonizzazione britannica, la regola si è fatta ancora più stretta a vantaggio delle caste superiori, relegando i shudra alla posizione di dominati. Dopo l’indipendenza del 1947, anche grazie all’opera di Gandhi, vengono emanate molte leggi per sradicare il sistema delle caste, ma ancora oggi esistono diversi pregiudizi, soprattutto nei confronti degli “intoccabili”.
Questo sistema, che sembra arcaico, è tuttavia pur sempre simile a quello in vigore nelle società occidentali: in genere, sono pochi gli uomini di umile estrazione che riescono ad arrivare ai piani alti della società. In Occidente, tuttavia, l’organizzazione sociale non è dogmatica, ma pratica, e il suo sentimento di incomprensione si spiega per la sua assimilazione all’antico sistema feudale europeo. Si ignora spesso che questo sistema, che si ritrova anche nel regno animale, come nelle formiche, e nell’organizzazione della famiglia, è evolutivo e che si adatta di fatto all’evoluzione sociale: che il sistema sia aristocratico, teocratico, proletario o borghese si ritrova una gerarchia simile che le crisi e le fratture sociali illustrano.
La suddivisione in caste hindu è stata presa da Wikipedia
“Dalit” è il termine che si è recentemente affermato come denominazione politicamente corretta per indicare coloro che, all’interno del sistema delle caste, occupano la posizione più bassa e miserabile. Si tratta di una porzione consistente della popolazione dell’Asia meridionale (solo in India sono circa 160 milioni di persone).
In Europa i dalit sono generalmente noti come intoccabili (o anche paria, fuoricasta, harijan). L”intoccabilità’ è quella pratica, inerente all’impianto castale, che considera altamente contaminanti per i membri delle caste superiori i rapporti con i soggetti segnati da un’impurità permanente. In particolare è vietato ogni, pur lieve, contatto fisico (anche se frequenti sono poi gli abusi sessuali a scapito di donne intoccabili), la commensalità, l’usufruire di stesse fonti di acqua (come pozzi, rubinetti e fontane pubbliche), l’accesso ai templi e la partecipazione alle cerimonie religiose.