Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Ringraziamo in anticipo chi ci segnalerà eventuali “perle”.
La clericalata della settimana è della Rai che
si caratterizza per la programmazione spiccatamente clericale, come evidenziato da un recente rapporto di Critica Liberale
La televisione pubblica garantisce uno spazio enorme al cattolicesimo, sebbene la società sia più secolarizzata, con un tripudio di fiction celebrative di figure religiose, la presenza costante di soggetti confessionali in programmi di informazione e attualità e lo spazio privilegiato dato sui telegiornali a dichiarazioni di esponenti della Chiesa, in particolare papa Bergoglio. Lo conferma, dati alla mano, il rapporto pubblicato sulla rivista Critica Liberale. Già nel 2014 l’UAAR aveva segnalato all’Agcom la mancanza di equilibrio dei palinsesti Rai.
A seguire gli altri episodi raccolti questa settimana.
Il consiglio comunale di Flero (BS) ha approvato una delibera, la cui bozza è stata diffusa dal locale comitato clericale “Difendiamo i nostri figli”, per negare il patrocinio al gay pride e vietare l’affissione dei manifesti delle associazioni promotrici.
Il Ministero dell’Istruzione ha dedicato per la prima volta un evento nazionale a don Lorenzo Milani. La ministra Valeria Fedeli ha indirizzato una circolare a tutte le scuole per invitare docenti e studenti a rileggere l’opera del priore di Barbiana e a seguire la diretta dell’appuntamento, trasmesso via streaming dalla Rai. La ministra ha voluto fortemente l’evento, affermando che “la sua figura e la sua lezione sono ancora oggi uno straordinario strumento per educatrici ed educatori”.
La redazione
“Il Ministero dell’Istruzione ha dedicato per la prima volta un evento nazionale a don Lorenzo Milani…”
Toh, e pensare che, come insegnate, ho sempre invitato i miei colleghi a leggere la famosa (almeno allora, anni ’60 – 70′) ‘Lettera da una professoressa’ e a trarne insegnamento… e adesso che una ministra (non mi importa di come la pensi personalmente) propone di farla circolare per le scuole, mi trovo questa iniziativa inserita dalla redazione tra le clericalate! Evidentemente devo rivedere molte cose circa la mia esperienza scolastica, sia da scolaro che da insegnante…
Solo due annotazioni:
a – ‘La lettera ad una professoressa’ ha contribuito più di tanto altro a superare una ‘scuola di classe’ che – credetemi – era ancora fortemente presente nell’istituzione scolastica;
b – Il fatto che don Milani fosse un prete – tra l’altro spedito a Barbiana come punizione – non mi pare debba sminuire la sua opera.
Mi pare che tu abbia ragione.
Ma il problema di don Milani a mio avviso sta nel fatto che se è giusto imparare a compilare un bollettino di c/c postale, è giusto che prima si impari bene a leggere e scrivere. Mi pare giusto che la cultura umanistica sia disponibile per tutti e non mi sembra che don Milani pensasse a ciò perché è proprio quella cultura che può fregare il suo entourage. E la cultura deve essere come l’aria che si respira; cioè: pura e presente sempre comunque e dovunque: solo così si può invitare la gente, il popolo, a sentirne la necessità e ad apprezzarla. Qui da me non c’è nemmeno un teatro! In campagna la cultura è cosa inimmaginabile. Ciò può farlo solo uno Stato che abbia il senso della comunità. Lo Stato borghese aborre l’articolo 3 della nostra Costirtuzione.
Il problema è il come viene presentato e strutturato l’evento e dell’uso che se ne fa. Dei tre giornalisti uno era di Avvenire che ha parlato vagamente che alcuni non l’avevano compreso ai tempi (senza dire ovviamente chi), cioè mi sembra la classica rivisitazione di personaggi per farsi pubblicità nascondendo il passato. Se Avvenire è entusiasta dell’evento, qualche dubbio dovrebbe esserci ….E viste le varie uscite della ministra ci dovrebbe essere anche qualche dubbio sul perchè utilizzi don Milani e sul come. Il valore di un testo dipende dal contesto in cui viene inserito e dalle spiegazioni che se ne danno.
@ Roberto V
“La ministra ha voluto fortemente l’evento, affermando che “la sua figura e la sua lezione sono ancora oggi uno straordinario strumento per educatrici ed educatori”
Io a questo mi riferivo e condividevo. Non so se hai letto la ‘Lettera a una professoressa’, un testo che, a mio parere, alla scuola italiana farebbe ancora soltanto bene. Una scuola che – parlo per esperienza diretta – magari l’ha elogiata (anche perchè allora era di moda), di fatto però si è ben guardata, da parte della maggioranza dei suoi componenti, dal tenerne veramente conto. La sua strumentalizzazione – che giustamente richiami cogliendone il carattere – non ne inficerebbe l’importanza qualora effettivamente potesse circolare nella scuola. Dipende dal come verrebbe proposta agli studenti. E se mai è su questo che nutro molti dubbi…
In ogni caso presentarlo come una ‘clericalata’, senza accennare ai contenuti, non mi è sembrato corretto.
Gualerzi
Ne avevo letto delle parti allora, anni ’70, e ho ridato una rapida occhiata perché ricordavo ben poco. Era l’epoca dei preti operai e delle lotte di classe.
La scuola italiana era una scuola di classe (ma c’era la DC al potere da decenni). Io ero uno dei pochi figli di operai che hanno studiato al liceo e che addirittura sono arrivati a laurearsi (anni ’80) con grossi sacrifici e solo perché capaci e con voglia di studiare. Effettivamente al liceo scientifico, qui a Milano, i miei compagni erano tutti o figli di papà o piccolo borghesi, scarse capacità e scarsa voglia di studiare, eppure li portavano fino in fondo e poi proseguivano a spinte anche all’università perché dovevano avere il pezzo di carta. Anche al Politecnico di Milano la situazione era analoga e ho avuto contatti con la Bocconi a fine anni ’80, lì la situazione era ancora peggiore. Oggi la situazione è un po’ cambiata, ma presenta sempre barriere economiche e non di merito. Non mi pare che questo governo abbia fatta qualcosa per facilitare l’accesso a chi economicamente è più disagiato. Dubito che la lettura del testo sia proposta in questo senso. E per il momento ai miei figli a scuola non è stato segnalato niente, neanche come lettura per le vacanze.
“Già nel 2014 l’Uaar aveva segnalato all’Agcom la mancanza di equilibrio nei palinsesti Rai”: e mi pare di ricordare che l’Agcom avesse risposto, anche con una certa protervia, che andasse bene così. Non so se e come l’Uaar avrebbe potuto/dovuto portare avanti un dibattito sul tema in modo da far emergere l’incongruenza, certo è che essendo gente abituata a pensare che sia giusto così, in un eventuale confronto saremmo sempre visti come dalla parte del torto di default.
…La televisione pubblica garantisce uno spazio enorme al cattolicesimo…
E posso garantirvi che non ho visto qualcosa di paragonabile nei paesi dove o ho vissuto ( Francia Germania ) oppure dei quali guardavo i programmi ( Belgio e Lussemburgo, visto la prossimita delle loro frontiere dove sono nato e cresciuto…) . E il motivo per il quale che da anni, non ho piu guardato i programmi RAI …A questo punto, e visto che la televisione di stato ha perso la sua vocazione educativa da anni, sarebbe più opportuno privatizzarla…
Ma il problema non è solo la RAI, anche media set ed altri. Passare in 5 anni da 57 fiction a 901 fiction all’anno è un bel cambiamento, che non ha giustificazioni nell’interesse delle persone. E sempre con personaggi positivi, mai con protagonisti suore tipo le Magdalene o preti pedofli, affaristi, truffatori, li sentiresti se venissero fatte proposte del genere. Il rapporto annuale di critica liberale, valdesi e CGIL lo testimonia da anni. Il peggioramento è in tutti i settori, nei telegiornali o programmi di approfondimento la chiesa cattolica occupa in pratica il 100 % degli spazi religiosi, poi c’è la trasversalità in tutti i programmi, più difficile da monitorare.