Tatami di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi è il film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia insignito quest’anno del Premio Brian, assegnato fin dal 2006 dall’Uaar e ufficialmente riconosciuto dalla Mostra.
La pellicola racconta le vicende di Leila, campionessa iraniana di judo, che durante i campionati mondiali riceve un ultimatum da parte della Repubblica Islamica: fingere un infortunio e perdere, così da evitare di essere bollata come traditrice dello Stato. Mentre la propria libertà e quella della sua famiglia sono in gioco, Leila deve scegliere se obbedire al regime degli ayatollah o continuare a combattere per l’oro.
La giuria dell’Uaar ha scelto la pellicola Tatami per le seguenti motivazioni: «Gli eventi politici dell’ultimo anno hanno ricordato al mondo quanto affermare la propria individualità sotto un sanguinario regime clericale come quello degli ayatollah iraniani possa costare caro. Il film rappresenta in maniera essenziale ed efficace la forza di volontà della protagonista nell’accettare questa sfida laica, portandola nell’arena internazionale di un mondiale di judo».
Il Premio Brian, dal nome del film satirico dei Monty Python Brian di Nazareth, viene conferito ogni anno dall’Uaar alla pellicola che meglio evidenzia ed esalta «i valori del laicismo, cioè la razionalità, il rispetto dei diritti umani, la democrazia, il pluralismo, la valorizzazione delle individualità, le libertà di coscienza, di espressione e di ricerca, il principio di pari opportunità nelle istituzioni pubbliche per tutti i cittadini, senza le frequenti distinzioni basate sul sesso, sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale, sulle concezioni filosofiche o religiose».
Vincitori delle passate edizioni del Premio Brian sono stati: nel 2022 Il signore delle formiche di Gianni Amelio; nel 2021 L’événement di Audrey Diwan; nel 2020 Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić; nel 2019 The perfect candidate di Haifaa Al Mansour; nel 2018 Sulla mia pelle di Alessio Cremonini; nel 2017 Les bienheureux di Sofia Djama; nel 2016 La ragazza nel mondo di Marco Danieli; nel 2015 Spotlight di Tom McCarthy; nel 2014 Mita Tova di Tal Granit e Sharon Maymon; nel 2013, Philomena di Stephen Frears; nel 2012, Bella addormentata di Marco Bellocchio; nel 2011, Le Idi di Marzo di George Clooney; nel 2010, I baci mai dati di Roberta Torre; nel 2009, Lourdes di Jessica Hausner; nel 2008, Khastegi di Barman Motamedian; nel 2007, Le ragioni dell’aragosta di Sabina Guzzanti; nel 2006, Azul oscuro casi negro di Daniel Sanchez Arevalo.
La giuria di quest’anno è composta da Paolo Ferrarini (presidente), Enrica Berselli, Glauco Almonte, Maria Teresa Crisigiovanni, Vittorio Dello Iacovo, Micaela Grosso, Emanuele Paolo Albera, Irene Tartaglia.
Comunicato stampa
Ma questi ayatollah l’avevano autorizzata a partecipare ai Mondiali di judo? Ma non è che lo judo si possa praticare in Iran purchè le vesti non siano strappabili?
Sarebbe uno spoiler, non ce lo diranno mai. Ma poi, perché “lo” judo? È”il”judo.
“È”il”judo.”
Esatto. “Lo” judo è sbagliato.
Per ritornare al tema “Iran,” non c’è dubbio: ancora un paio di generazioni e la teocrazia crollerà.
Due generazioni? Fuss’a Maronn (cit. milanese…).
Mixtec,
il problema è nato in un secondo momento, cioè quando hanno capito che la loro atleta avrebbe dovuto lottare con una israeliana. Probabilmente non avrebbero obiettato se l’avversaria fosse stata una cattolica. Vuoi mettere la soddisfazione di superare una infedele?
Ci vuole un bel coraggio a fare dei film del genere da parte di iraniani con israeliani, visto ciò che è successo alla ministra libica che si è incontrata con l’omologo israeliano. Si sa che i fondamentalisti non gradiscono e non perdonano, mentre la cultura è, per fortuna, sempre più evoluta di loro (come spesso gli stessi popoli).
In passato lo sport è stato utilizzato per fini politici, ma evitare lo scontro mi sembra una dimostrazione di vigliaccheria. Neanche Hitler aveva evitato gli scontri sportivi anche se non aveva gradito la sconfitta da parte di Owens del campione tedesco di salto in lungo. Ed anche USA e URSS si sono scontrati duramente nel basket o nell’Hockey su ghiaccio. Mentre il ping pong servì alla distensione tra USA e Cina 50 anni fa.
Erano più saggi i Greci che si scontravano nello sport sospendendo le guerre e le rivalità, o anche popoli che hanno affidato l’esito di guerre a scontri tra i loro eroi o affidato al giudizio di dio l’esito di duelli sportivi. E se il loro atleta vince possono utilizzarlo per la loro propaganda politica/religiosa e sostenere che dio è dalla loro parte (non si fidano della superiorità del loro dio ?). E se perde possono sempre oscurare la cosa in patria o fare del vittimismo e complottismo o giustiziare l’atleta come traditore come fece Saddam Hussein in Irak.
“…popoli che hanno affidato l’esito di guerre a scontri tra i loro eroi…”
Per esempio il match Davide v. Golia, che se il campione non ce l’hai,
il nemico te lo inventi esagerato. 😛
Mi ricordo che diversi anni fa in Francia, una partita di calcio amatoriale che avrebbe dovuto oppore da una parte una squadra composta in maggior parte da emigrati ( o discendenti di emigrati ) musulmani e dall’ altra parte francesi dove c’ era una parte che rivendicava la sua differenza sul piano sessualità fu annullata all’ ultimo momento dopo il rifiuto di una delle due squadre di non gioccare con l’ avversario per motivi religiosi .
“dall’ altra parte francesi ”
Francesi in che senso? Come Platini, Alesi, Michelin o Buonaparte?
l Francesi sono quelli che si sentono come tali .
Il mio paese di origine la Francia ( i miei nonni paterni erano tedeschi emigrati in Francia ) ha accolto da più di 150 anni millioni di persone venuti da diversi angoli del mondo : italiani poveri ma anche fuggiaschi dal fascismo , spagnoli poveri ma anche fuggiaschi repubblicani, polacchi, armeni ( un millione ca ) ebrei ( da paesi dove c’ erano pogromi ) portoghesi etc etc .
E andato relativamente bene perchè in quel epoca, chi venivano in Francia era assimilato . Pure i nordafricano all’ epoca, si assimilavano, tenendosi a casa senza problemi la loro religione . La praticavano fra di loro invitando spesso vicini di altre religioni quando c’erano feste loro . E reciprocamente .
Quelli che chiamo francesi di origine sono quelli che si sono assimilati con i francesi già presenti quando sono emigrati ( I miei nonni di origine tedesca hanno avuto un figlio – mio zio – morto sul fronte contro le truppe tedesche ) Ma nessuno ormai da ca 50 anni non si assimila più ! Emigrare è un atto importante che non significa soltanto cambiare paese . Un bambino nato in Francia o Italia non studiera a scuola la storia del paese asiatico ma quella della Francia o dell’ Italia . Quando invece si cambia paese e si vuole conservare il passato nazionale, i suoi costumi, le suoi leggi, non si emigra : si colonizza ! Quelli della squadra di musulmani o discendenti di tali forse probabilmente avevano la cittadinanza francese ma non non erano francesi di cuore .