Il tema dell’heritage e del ritorno alle «origini», dopo l’esilio e la schiavitù oltreoceano, è una delle costanti dell’immaginario afroamericano. Un esilio – con il suo carico di cattività e sofferenza – che vide nell’esodo e nella diaspora ebraici motivi di identificazione da parte afroamericana, con una conseguente appropriazione e rivisitazione di credo e icone ebraiche. E persino di esodi di comunità nere verso Israele, come quello, negli anni ’60, degli African Hebrew Israelites. E proprio intorno al tema delle «Diaspore africane» è stato organizzato di recente un convegno promosso dalle università israeliane e al quale ha preso parte Ahmadiel Ben Yehuda (intervistato in questa stessa pagina), portavoce degli African Hebrew Israelites. Attorno alle immagini centrali dell’esodo dalla schiavitù e della libertà in una propria terra, fin dall’800 è andato delineandosi il variegato universo spirituale afroamericano del Black Judaism. L’adesione afroamericana all’ebraismo – avvenuta in modi non conformi alla conversione e alle pratiche religiose ufficiali – va ricondotta al fatto che una parte della comunità nera vide nel cristianesimo il credo della schiavitù e dei suoi masters. E, come tale, venne talora sostituito con altre fedi che sembravano più lontane da quelle implicazioni, più appropriate o indipendenti. A queste esigenze può essere ricondotto anche il caso, successivo e ben più noto, dell’Islam afroamericano. […] Gli African Hebrew Israelites hanno sempre ritenuta legittima la propria residenza in Israele, in qualità di «veri» discendenti delle tribù d’Israele e quindi pienamente ebrei. Ma le autorità israeliane non si mostrarono dello stesso avviso e i componenti del gruppo non hanno mai potuto avvalersi della legge israeliana del «Ritorno», poiché non potevano fare appello né a una madre ebrea né a una conversione formale all’ebraismo. Dopo molte difficoltà, tappe e negoziazioni, solo nel 2004 la comunità degli African Hebrews Israelites ha ottenuto dal governo israeliano la piena legittimità per vivere stabilmente in «Terra Santa». Ma a loro non è riconosciuto uno status interno al popolo ebraico, ma è semplicemente concesso il permesso di vivere e lavorare nel paese […] La presenza più che trentennale della comunità degli African Hebrew Israelites in Israele – via Liberia – non costituisce solo una curiosità, ma rimanda a molti dei nodi che, su vari fronti, hanno segnato il Novecento: l’esperienza coloniale, la lotta per l’autodeterminazione, l’olocausto e la questione palestinese, l’uso politico del religioso, la richiesta di riparazioni e riconciliazioni, il concetto di diaspora come simbolo del fine Novecento. Ma la storia degli African Hebrew Israelites ripropone, in altra veste, temi cruciali anche per l’Italia di oggi, come quello delle migrazioni transcontinentali e dell’accesso alla cittadinanza.
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