In questi ultimi anni i governi — di Mario Monti prima, di Enrico Letta poi — hanno avviato timide iniziative per utilizzare in maniera più onesta la quota statale dell’otto per mille. L’Uaar non ha mancato di spronare le istituzioni, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di questi fondi per fronteggiare le calamità naturali (come in Sardegna) Qualche risultato c’è stato: un nuovo regolamento che consentità di destinare quote anche per il riassesto della scuola pubblica, fondi utilizzati per le carceri e la prevenzione degli incendi, il risanamento del debito e le calamità naturali.
A qualcuno tuttavia non piace. Già la scorsa estate il deputato Giulio Marcon (Sel) aveva lanciato l’allarme contro il “saccheggio” dell’otto per mille statale, usato dall’esecutivo come cassa cui attingere per coprire provvedimenti di tutt’altra natura e i buchi di bilancio. Ora anche Paolo Fantauzzi su L’Espresso parla di “truffa” dell’otto per mille allo Stato e ricorda come la legge sulla destinazione della quota statale sia stata disattesa.
I fatti. Lo scorso dicembre il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanni Legnini scriveva alla presidente della Camera Laura Boldrini segnalando che la quota 2010 dell’otto per mille statale ammonta a 169.889.025 euro, decurtata però in maniera pesante per le “riduzioni previste da specifiche norme”, cioè da leggi ancora in vigore, che hanno vanificato il nuovo regolamento per la quota dell’otto per mille a diretta gestione statale entrato in vigore il primo gennaio. Tanto che solo 404.771 euro erano rimasti a disposizione per finanziare quattro iniziative “ritenute di priorità alta”.
Come spiega sempre Marcon sull’Huffington Post, la commissione Bilancio della Camera ha votato a fine gennaio lo schema di decreto della Presidenza del consiglio per la destinazione dei fondi otto per mille di propria pertinenza. Dove su 936 progetti presentati hanno avuto il contributo soltanto quattro. Il resto è stato usato per assicurare la copertura finanziaria a misure di tutt’altro genere. “Una presa in giro”, aggiunge, perché i cittadini versano questi soldi allo Stato per l’assistenza ai rifugiati, il contrasto alla fame nel mondo, la salvaguardia dei beni culturali.
Il governo rende noto che per l’anno 2010 il 45% dei contribuenti ha espresso la scelta per la destinazione dell’otto per mille. Di questi, il 13,74% allo Stato, l’82,01% alla Chiesa cattolica, il 3,08% alla Chiesa valdese e il resto tra le altre confessioni ammesse. Si nota un lieve calo della percentuale alla Chiesa rispetto agli ultimi anni, con crescita per Stato e valdesi. Alla Chiesa è arrivato più di un miliardo di euro, mentre allo Stato spettano i 169 mila euro di cui si è già parlato. Tra le novità va ricordato che dal periodo d’imposta 2012 saranno considerate tra le scelte in sede di dichiarazione dei redditi anche l’Unione cristiana evangelica battista, la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale, la Chiesa apostolica in Italia, l’Unione Buddhista Italiana e l’Unione Induista Italiana.
La quota statale del gettito ha visto diverse riduzioni di rilievo, dovute a leggi ancora in vigore. Cinque milioni per il fondo speciale di previdenza per i dipendenti delle aziende aeree. Altri 64 milioni per la flotta aerea della Protezione civile per la prevenzione degli incendi, 85,5 milioni a riduzione del disavanzo pubblico. Spiccano poi 13 milioni per la legge di bilancio 2013 e altri 10 milioni per il decreto sul rilancio economico.
Si scopre tra l’altro che i 404 mila euro rimasti e destinati a finanziare quattro iniziative nei paesi in via di sviluppo sono finiti comunque anche a onlus confessionali. Due su quattro delle associazioni sono dichiaratamente cattoliche, hanno fatto domanda alla commissione del governo ottenendo finanziamenti con l’otto per mille dello Stato anche se già rientrano nella ripartizione del cinque per mille. Sono sì progetti di “indubbia valenza sociale”, ma “selezionati apparentemente in base a criteri soggettivi” su 936 dichiarati ammissibili, scrive il settimanale. Curioso come la Chiesa cattolica si faccia pubblicità per l’otto per mille enfatizzando il proprio impegno nel terzo mondo, destini a tal fine solo una parte minoritaria delle somme incassate, ma riesca poi a utilizzare a tal fine anche i fondi di pertinenza statale. Anche grazie a una lobby che spinge in questa direzione.
Nel frattempo la presidenza del Consiglio ha risposto all’Uaar, che l’aveva spronata a utilizzare l’otto per mille statale per fronteggiare l’alluvione in Sardegna (e le tante altre catastrofi naturali che periodicamente si abbattono sul nostro paese). Il responsabile del dipartimento per il coordinamento amministrativo, Anna Gargano, ha ribadito che “le attuali disposizioni già prevedono che le somme siano destinate” a tali fini. Vero. Ma ciò che chiedevamo era che il governo promuovesse tale destinazione: siamo convinti che molti contribuenti vorrebbero aiutare la ricostruzione dei territori colpiti piuttosto che finanziare (per esempio) la costruzione di nuove chiese o l’attività dei tribunali ecclesiastici.
Prendiamo dunque atto che manca la volontà politica di fare reale concorrenza alla Chiesa cattolica tra i contribuenti. Il contribuente non sa come verranno impiegati i suoi soldi: lo Stato non glielo dice, la Chiesa trasmette messaggi distorti. Il problema sta nel manico: una legge così non ha alcuna ragion d’essere. Ci sembra assurdo che i fondi per la fame nel mondo o per le calamità naturali arrivino da “sondaggi” fatti in sede di dichiarazione dei redditi, quando dovrebbero essere razionalmente stanziati nel bilancio generale. La strada è lunga: gli impieghi statali non sono più illegittimi come in passato, ma resta ancora notevole la decurtazione operata dalle necessità di bilancio. Solo continuando a informare i cittadini (come fa l’Uaar con la campagna Occhiopermille) e a spronare le istituzioni si potrà quantomeno rimediare a questo vizio d’origine.
La redazione