Non solo clericalate. Seppur spesso impercettibilmente, qualcosa si muove. Con cadenza mensile vogliamo darvi anche qualche notizia positiva: che mostri come, impegnandosi concretamente, sia possibile cambiare in meglio questo Paese.
La buona novella laica del mese è la sentenza della Cassazione che ha stabilito che la Chiesa cattolica deve pagare la tassa rifiuti per gli immobili non destinati al culto. Oggetto del contendere tra Ama, la municipalizzata romana della nettezza urbana, e il Pontificio istituto biblico una somma relativa alla Tari arrivata ormai a 1,2 milioni di euro. Inizialmente il ricorso presso la Commissione tributaria dell’istituzione vaticana, che invocava l’articolo 16 dei Patti Lateranensi per godere dell’esenzione, era stato respinto; il successivo appello aveva dato ragione alla Chiesa. Ma la VI sezione civile della Suprema Corte ha chiarito che l’esenzione concordataria vale “esclusivamente per le imposte che gravano sui redditi degli immobili in questione”: dato che l’edificio non è un luogo di culto, il servizio di raccolta rifiuti va pagato. Un ulteriore colpo ai privilegi fiscali di cui gode la Chiesa cattolica.
Altra sentenza importante è quella della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una presunta vittima di stupro. Si contesta un pronunciamento della Corte d’appello di Firenze del 2008, contenente “passaggi che non hanno rispettato la sua vita privata e intima”, “commenti ingiustificati”, “linguaggio e argomenti che veicolano i pregiudizi sul ruolo delle donne che esistono nella società italiana”. Anche se non si va a sindacare sul processo, che ha visto infine assolti gli accusati, è rimarchevole la contestazione degli stereotipi sessisti usati nel pronunciamento.
Nella scuola resiste ancora un canale privilegiato a favore dell’insegnamento della religione cattolica. Ma grazie a una recente vittoria legale dell’Uaar al Tar del Lazio il Ministero dell’Istruzione dovrà anticipare e formalizzare la procedura da seguire affinché le scuole garantiscano, già dal primo giorno dell’anno scolastico 2021/22, le alternative all’IRC (insegnamento alternativo, studio individuale o assistito, uscita da scuola).
Per una volta la giustizia italiana non sembra così cedevole all’autorità del Vaticano. Il tribunale di Roma ha reintegrato un cantore del coro della Cappella Sistina. Era stato licenziato dalle autorità vaticane durante il lockdown del 2020 per la pandemia di coronavirus, probabilmente nell’ambito dei tagli alle spese disposti da papa Francesco. La scuola di musica lo aveva congedato senza tanti complimenti invocando la giusta causa perché si sarebbe assentato per giorni senza spiegazioni, sebbene avesse esibito il certificato medico. Ha quindi dovuto riassumere l’artista e versare un’indennità di dieci mensilità.
Il disegno di legge promosso da Alessandro Zan contro l’omotransfobia e le discriminazioni sta incontrando un forte ostruzionismo del centrodestra, che rischia di far naufragare la riforma. Contro questi ripetuti tentativi si stanno però attivando diversi esponenti politici. L’ultima trovata del presidente della commissione Giustizia Andrea Ostellari (Lega) è di convocare ben 170 audizioni così da allungare di mesi i tempi previsti per la discussione.
Alessandro Zan, il deputato Pd che ha firmato la riforma, parla senza mezzi termini di “chiaro segnale di forzatura democratica”: “sottrarre alla discussione l’aula del Senato significa far venir meno il principio democratico di rappresentanza”.
La senatrice M5S Alessandra Maiorino ricorda su Facebook che l’Italia “è un paese laico e democratico” e che nelle audizioni ci sono soprattutto “organizzazioni religiose o sedicenti tali”: “Ora basta. Andiamo in aula con l’art. 77”, ovvero con la disposizione del regolamento del Senato per chiedere l’esame di una disegno di legge direttamente in aula. Ha anche denunciato “la sfrontatezza” di definire “dimostrazione di apertura al dialogo del centrodestra” la richiesta di 170 audizioni rispetto alle 225 previste inizialmente.
Per la senatrice Anna Rossomando (Partito Democratico), vicepresidente del Senato e nella commissione Giustizia, è “inaccettabile”: “non si può impedire di portare un provvedimento in aula. Ci batteremo perché il Parlamento possa discutere”, afferma denunciando il “picchettaggio della commissione fatto dal presidente”. Rossomando ha anche contestato la discussione congiunta del ddl Zan con un “testo abrogrativo” di fatto, firmato da Licia Ronzulli (Forza Italia) e il leghista Matteo Salvini.
Il senatore Pd Franco Mirabelli, capogruppo in commissione Giustizia, ha denunciato che la mossa “ha come unica finalità quella di affossare la legge”. Dal canto suo la senatrice dem Monica Cirinnà ha fatto notare che la commissione non è “casa Ostellari” e spronato: “andiamo presto in aula senza relatore con dichiarazione d’urgenza”. Anche la deputata Pd Laura Boldrini, già presidente della Camera, parla di “puro boicottaggio” e auspica l’accordo dei gruppi favorevoli per portare in aula la riforma.
Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (M5S), in occasione della giornata internazionale contro l’omotransfobia, ha spronato in un tweet per uno “scatto di civiltà”: “basta tentennamenti sul ddl Zan”.
La società civile si mobilita per sostenere la riforma Zan. Alla partecipata manifestazione di Milano che ha visto migliaia di persone ha aderito anche Elio Vito, deputato di Forza Italia, nonostante la posizione contraria del partito: si è detto “sorpreso soprattutto che il Parlamento stia perdendo tanto tempo per approvare una legge giusta, scontata”. Anche la senatrice Alessandra Maiorino, sul palco, ha contestato l’alternativa malamente presentata in Parlamento dalla Lega come “abominio giuridico”.
Il Comune di Bari ha presentato all’Unar (Ufficio nazionale andiscriminazioni razziali) la richiesta per aprire il primo centro antidiscriminazioni verso le persone lgbt. Lo ha annunciato l’assessora al Welfare Francesca Bottalico. Il Movimento 5 Stelle ha presentato un ordine del giorno, sostenuto anche dal Pd, respinto però dalla maggioranza del Consiglio comunale di Genova.
Da notare che l’opinione pubblica italiana è tendenzialmente aperta al provvedimento. Secondo un sondaggio di BiDiMedia la maggioranza vuole l’approvazione della legge contro le discriminazioni. Con lo scorrere delle settimane si assiste a una spiccata polarizzazione: i favorevoli salgono dal 56% al 60% ma anche i contrari (dal 26% al 29%), con assottigliamento degli indecisi. Sul fronte elettorale, i più favorevoli sono gli elettori di centrosinistra (Pd e Leu), liberali (Iv, +Europa, Azione) e Movimento 5 Stelle. Nel mezzo i sostenitori di Forza Italia. Mentre i votanti di Lega e Fratelli d’Italia sono decisamente più ostili.
Nonostante ciò, la disinformazione verso la riforma passa anche attraverso i media, persino quelli pubblici. Come un servizio della trasmissione Anni 20 su Rai 2, programma condotto da Francesca Parisella, che alimentava il complottismo verso il ddl Zan e ha suscitato le reazioni di alcuni politici. La deputata Pd Lia Quartapelle in un tweet: “Mi è sembrato incredibile trovare tanta propaganda e superficialità in un servizio della TV pubblica”. L’ex parlamentare Pd Anna Paola Concia, intervenuta durante la trasmissione, si era detta “schifata”. Dal canto suo Alessandro Zan ha promesso una interrogazione urgente per il servizio “semplicemente vergognoso”: “un mix di fake news e disinformazione intollerabile per il servizio pubblico”.
Arrivano anche le parole autorevoli del capo dello Stato contro l’odio verso le persone lgbt. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, in un messaggio ha tenuto a “ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza”: “le attitudini personali e l’orientamento sessuale nonn possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana”.
L’aspro dibattito sul ddl Zan ha aperto un vaso di Pandora di dichiarazioni integraliste e complottiste e commenti di odio, cui però rispondono alcune forze politiche. Il comitato Possibile “Massimo Max Fanelli” di Senigallia (AN) ha contestato il farneticante post sui social del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Marcello Liverani, secondo cui la “prossima mossa del neoliberismo” se passa il ddl Zan “sarà quella di farvi accoppiare pure con gli animali”. Possibile ha chiesto le dimissioni di Liverani e una presa di posizione del sindaco Massimo Olivetti e della sua maggioranza.
Se le derive anti-aborto tengono spesso banco, non mancano posizioni alternative. I consiglieri del centrosinistra di Udine hanno preso le distanze da Giovanni Govetto (Forza Italia), consigliere di maggioranza noto per posizioni integraliste e clericali (nonché ostili ai non credenti), che aveva strumentalizzato una recente mozione votata all’unanimità dal Consiglio comunale. L’iniziativa era infatti a sostegno della pallavolista Lara Lugli, oggetto di discriminazione lavorativa perché incinta, e per la tutela delle esigenze delle donne con figli. Ma Govetto l’aveva usata per la sua crociata no-choice contro l’autodeterminazione femminile in tema di aborto. “La mozione di sentimenti approvata nulla ha a che vedere con il Govetto-pensiero”, che “svilisce e strumentalizza l’ingiustizia subita dalla pallavolista”: “questo è ciò che abbiamo unanimemente votato, non il maldestro tentativo di Govetto di calpestare i diritti delle donne”, hanno ricordato i rappresentanti di minoranza.
Le imbarazzanti dichiarazioni del coordinatore FI Antonio Tajani sul ruolo della donna e delle famiglie senza figli hanno suscitato le reazioni di diversi esponenti politici. Lucia Azzolina, deputata pentastellata, si è chiesta: “quindi una coppia che non può o non vuole avere figli non è una famiglia?”, contestando la deriva “iper reazionaria e tradizionalista”. Anche il deputato dem Filippo Sensi ha espresso incredulità.
La campagna “Libera di abortire” lanciata dai Radicali, cui ha aderito tra gli altri anche l’Uaar, è stata sostenuta dai Giovani Democratici Abruzzo e Milano.
La redazione
Le buone novelle laiche sono numerose. Forse dovrebbero diventare bisettimanali.