[…] Andreatta non si arrabbiava, non attaccava, non imprecava: dava l’impressione, con il suo volto bonaccione e sereno, di voler sorvolare. Era questo che irritava i suoi avversari. Non stava mai fermo, neanche quando era seduto. Ha collaborato con le massime autorità politiche del Paese. Non si può fare la storia di Aldo Moro prescindendo da Andreatta. Non contrapponeva tecnici a politici. Con l’Arel, che lui ha voluto e che era la mia sede di lavoro quando fui al Senato dal 1976 al 1979, ha inteso integrare tecnica e politica. Non solo per rendere la politica più efficace, ma anche per rendere meno difficile la moralità nella politica. Ai primi di agosto del 1979 mi telefona Andreatta. Pandolfi stava preparando il governo con cui sarebbe iniziata la settima legislatura. Mi anticipò la proposta di assumere il ministero delle Partecipazioni statali. Avevo lasciato l’attività parlamentare perché non condividevo alcune direttive della segretaria Dc. Finii però per accettare. Quando si farà, senza intenti propagandistici, la storia politica del nostro Paese, tra i grandi ministri del Tesoro (il Tesoro nel passato era fuso con le Finanze) – da Quintino Sella a De Stefani a Einaudi a Pella – si dovrà includere Nino Andreatta. Nella difesa del rigore morale, Andreatta, non ha avuto riguardi per alcun potente.
Quel memorabile discorso alla Camera
Una delle più brutte pagine della nostra storia sono le vicende legate agli scandali finanziari. È in questo contesto che emerge l’intelligenza e il rigore morale di Nino Andreatta, allora ministro del Tesoro. In un memorabile intervento alla Camera, Nino Andreatta chiese alla Chiesa e allo stesso Pontefice di riconoscere le colpe dello Ior e di correre ai ripari. Andreatta pagò questo atto di lealtà agli interessi della Repubblica con una lunga emarginazione. Ma il suo ruolo politico riprese con il tentativo di ridare al Paese un governo stabile che tenesse viva l’immagine dell’Italia nell’Occidente. Ancora una volta ci siamo trovati insieme. In questi anni, impegnato nel mondo della banca e della finanza, ho sofferto la tragica sorte di Andreatta al quale la Provvidenza ha concesso la gioia di una famiglia unita, di una moglie, Giana, che ha vissuto tutte le vicende di Nino nella gioia e nelle sofferenze diventate drammatiche per il mistero del male che è la controfaccia del mistero di Dio. In silenzio.
Il testo integrale dell’articolo di Siro Lombardini è stato pubblicato sul sito de La Stampa
Non voglio dire che quando ero piu’ giovane i politici fossero piu’ presentabili; mi contenterei che Fassino potesse reggere il confronto.
tratta dalla recente intervista di Minoli
dichiarazione del buon Fassino sui diktat della cei ai parlamentari cattolici.
“Il documento della Cei contiene molte cose interessanti, ma su questo punto sta al di là del giusto”.
il buon Fassino è più cauto persino dei vecchi notabili democristiani
il buon Fassino è un indegno leccaculo