Raffaele Carcano*
Superate la vostra naturale ritrosia, e visitate il sito del giornale dei vescovi Avvenire: non mordono, e parlano di ateismo più frequentemente del vostro quotidiano preferito. Sulla home page potreste trovare un vistoso banner che invita a consultare il dossier L’azzardo non è un gioco. Cliccandoci sopra, si accede a una dozzina di articoli pubblicati dal giornale nell’arco di un mese. Potrete notare che i relativi titoli non hanno alcun legame con la religione.
Il motore di ricerca interno del sito lascia parecchio a desiderare, ma gli smanettoni (diffusissimi tra i non credenti) non avranno difficoltà a individuare il comunicato stampa emesso in occasione dell’ultima riunione del consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, dal titolo Dare sbocco all’occupazione e rilanciare la speranza. Un’esigenza non solo sempiterna, ma anche e soprattutto secolare. Chi sosterrebbe il contrario, durante una fase economica così negativa?
Compulsando ancora il motore di ricerca interno, troverete anche un articolo del due marzo che dà grande risalto alla “Giornata europea per le domeniche libere dal lavoro”, promossa dall’European sunday alliance. Domenica al lavoro: l’Europa si mobilita; è il titolo, «Oggi non fare shopping! La domenica non ha prezzo» lo slogan della manifestazione ripreso in apertura.
Per chi non lo sapesse, l’European Sunday alliance è una organizzazione mista Chiese-sindacati, una sorta di “santa alleanza” promossa in nome del riposo domenicale. È apertamente appoggiata dalla Commissione degli episcopati cattolici dell’Unione europea e anche la Cgil italiana, insieme al sindacato comunista francese, ne sono membri a pieno titolo. Fianco a fianco a uno dei leader pro-life polacchi, l’europarlamentare conservatore Konrad Szymanski.
Una prossimità che si è ripetuta anche domenica primo aprile, ed è stata tutt’altro che un pesce: sindacalisti Cgil sono infatti andati a volantinare davanti alle chiese a difesa dell’articolo 18. Senza peraltro suscitare particolare empatia nei fedeli, stando alle immagini disponibili. Esponenti della stessa Cgil si sono espressi contro il gioco d’azzardo, chiedendo «azioni concrete di prevenzione» quali l’abolizione della pubblicità in materia, «una vera e propria tassa occulta a danno dei più deboli, che lo Stato riesce a rendere volontaria pubblicizzando senza remora i vari giochi e le loro modalità».
Come giudicare queste convergenze? Che la Cgil abbia tutto l’interesse ad ampliare il consenso intorno a certe tematiche mi sembra pacifico. Ma anche le gerarchie ecclesiastiche hanno intensificato il tentativo di accreditarsi “laicamente” quali autorevoli interlocutrici sui temi socialmente sensibili. I vertici della Chiesa sanno riscrivere il proprio vocabolario, quando è il caso, e riverniciarlo di contenuti secolari. Si pensi al concetto di «sana laicità» di cui si sono fatti alfieri. È un tentativo di rendersi credibili presentandosi come i veri interpreti, e da sempre, delle esigenze di secolarità, contro i perfidi «laicisti» che, da sempre, ne darebbero invece una definizione sbagliata. Un tentativo che sta andando in porto, quantomeno in Italia. I politici hanno già ratificato e fatto propria la revisione orwelliana, e tra non molto anche i dizionari cominceranno a riscrivere le voci “laicità” e “laicismo” prendendo atto del cambiamento e, nello stesso tempo, contribuendo ulteriormente a promuoverlo.
È solo grattando la patina laica che viene fuori il sostrato clericale. Così come la «sana laicità», una volta esaminata in dettaglio, si rivela la richiesta di conservare e perfino ampliare i privilegi di cui già dispone, così anche l’analisi dell‘improvviso estendersi degli interessi cattolici nel sociale cattolica porta facilmente alla luce la sua radice profondamente religiosa. Il dossier di Avvenire ha infatti preso il via immediatamente dopo un pesante attacco al gioco d’azzardo promosso dall’editore del quotidiano, il cardinale Angelo Bagnasco. Basta rileggerselo, per scoprire che era finalizzato alla richiesta che l’intera società debba soddisfare «la ricerca di Dio, della verità e della bellezza spirituale», e debba quindi «diventare educativa». Sotto la guida, ovviamente, della Chiesa «madre e maestra».
Allo stesso modo, il riferimento all’occupazione nel titolo del comunicato stampa è solo uno specchietto per le allodole, o meglio ancora per piccioni: i vaticanisti in servizio permanente. Il tema del lavoro vi aveva infatti meritato soltanto due brevi accenni. La crisi economica ha rappresentato piuttosto l’opportunità per formulare una critica feroce all’«utilitarismo» e all’«individualismo esasperato», e per ribadire che è soprattutto l’azione solidale della Chiesa a far fronte all’emergenza. E che «la carità è generata dalla fede». Di quanto sia munificamente generata dalle casse pubbliche non c’è invece traccia, nel comunicato.
La religione è ovviamente il motore anche dell’impegno cattolico contro la domenica al lavoro. «La domenica è giorno di Dio e della comunità», ha sostenuto Benedetto XVI. Si noti come la comunità venga dopo Dio. “Caldamente” invitata a seguirne le direttive.
Non è una novità. Se (non poi molti) decenni fa le gerarchie ecclesiastiche tuonavano contro le osterie aperte di domenica, oggi il bersaglio sono i centri commerciali. La sensazione che a essere presa di mira, sempre e ovunque, sia ogni forma di concorrenza ritenuta sleale è assai forte. Non si comprende infatti per quali altre ragioni si dovrebbe impedire a una commessa di lavorare la domenica, e lo si dovrebbe invece consentire a un sacerdote. Sarebbe interessante sapere se il “no” cattolico al lavoro domenicale si estende anche agli autisti e alle guide che conducono i pellegrini a San Pietro. Oppure ai dipendenti dei tanti negozi di proprietà ecclesiastica che intorno alla basilica vendono paccottiglia di basso livello, o a quelli dei limitrofi ristoranti acchiappaturisti che a prezzi carissimi servono pietanze di ancor più basso livello. Ancor più interessante sarebbe conoscere se il Vaticano impone nei contratti la chiusura domenicale, quando loca edifici a destinazione commerciale.
Situazione non molto diversa per quanto riguarda il lavoro. Nell’Europa unanimemente cristiana dei secoli passati la vita era durissima: per abolire la servitù della gleba si è dovuto attendere l’Ottocento. E ci sono voluti i sindacati progressisti, frutto di un’ideologia non cristiana che – stando al cardinal Bagnasco – farebbe perdere la «dignità umana», a fargliela per contro avere ai lavoratori. In Vaticano sono stati i primi a portare a 67 anni l’età per la pensione, e sono note le condizioni di scarsa regolamentazione di insegnanti e sacrestani. Curioso poi che la guerra al gioco d’azzardo sia stata scatenata da chi, sull’azzardo più grande – l’esistenza di Dio – prospera da millenni. La scommessa di Pascal è stata inventata da un credente, non certo da un incredulo.
Lasciamo pure le incoerenze dottrinali ai cattolici. Liberi tutti di crederci, non è questo il problema. Il problema è che specifiche prese di posizioni dei vertici della Chiesa romana generano reazioni pavlovianamente clericali nella stragrande maggioranza della classe dirigente italiana.
A cominciare ovviamente da chi deve il proprio posto soprattutto al Vaticano. Il ministro della salute Balduzzi, per esempio, solerte interprete delle preoccupazioni d’Oltretevere per il crescere della cosiddetta ludopatia. O il ministro della cooperazione Riccardi: che non ha alcuna competenza sulla materia ma, essendo stato fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è abituato a imitare le gerarchie ecclesiastiche, discettando su ogni questione. C’è da sorprendersi se, immediatamente dopo la prolusione di Bagnasco, parlamentari Pdl, Terzo Polo e Pdl si sono affrettati a presentare proposte di legge per vietare la propaganda pubblicitaria del gioco d’azzardo? Anche contro le domeniche al lavoro i nostri onorevoli parlamentari stanno marciando compatti. Guidati dal ciellino Farina, già agente Betulla, che ha preannunciato il suo voto con toni apocalittici: «La domenica non si tocca. È un’invenzione di Dio». Anche Farina lo è. E si vede.
Si sente spesso parlare di altruismo, e quasi sempre lo si abbina all’azione sociale della Chiesa. Tecnicamente, l’altruismo è il desiderio di aiutare gli altri, e la prosocialità è il compiere azioni di cui beneficiano gli altri. La Chiesa tende sempre più spesso a compiere esclusivamente azioni di cui beneficia soprattutto la Chiesa stessa. Se si studiano alla radice i suoi comportamenti, non riesce mai ad apparire disinteressata. Eppure l’immagine che passa sui mezzi d’informazione è un’altra. I capi della Chiesa hanno capito che bisogno presentarsi come altruisti. E in tanti abboccano alla distorsione mediatica. La convenienza ad averli dalla propria parte farà il resto.
Ho volutamente presentato tre temi (il gioco d’azzardo, l’occupazione, il riposo settimanale) in cui molti non credenti la pensano allo stesso modo dei leader cattolici, tanto da valutare positivamente gli interventi. Ma ricordiamoci anche quegli ambiti in cui analoghi interventi non sono graditi. E sono tanti, dall’aborto al fine vita, dalla ricerca al riconoscimento delle coppie di fatto…. con argomentazioni rivestite anche in questi casi da coperte pseudo-secolari. «I bambini hanno bisogno di avere un padre e di una madre!»: tranne gli orfani, ovviamente.
È difficile far capire che un atteggiamento laico va chiesto sempre e ovunque, anche quando l’attivismo politico della Chiesa è apprezzato. Ma una sfida ancor più grande è riuscire a trasformare l’arena pubblica in uno spazio di discussione realmente aperto a tutti, e in cui le rispettive argomentazioni non siano truccate con un pesante make-up retorico, ma siano esposte in maniera trasparente. E soprattutto razionale. È pronto homo sapiens per realizzare questa impresa? E sono pronti i laici a farsene carico per primi?
* Studioso della religione e dell’incredulità, curatore di Le voci della laicità, coautore di Uscire dal gregge, autore di Liberi di non credere, segretario UAAR.
Ma non è assolutamente una caratteristica italiana il fatto che la sinistra “laica” si allei con la chiesa cattolica su temi come il lavoro domenicale o l’immigrazione. Per molti non credenti sono molto più importanti i temi che riguardano l’economia e la difesa degli immigrati piuttosto che i diritti delle donne, dei gay o degli atei, che vengono giudicati come “secondari”.
Ottimo come sempre l’intervento di Carcano. Confrontate questa prosa semplice, chiara, comprensibile con un qualsiasi discorsetto di Peppino: io non ci capisco mai niente. Certo, le mie lacune culturali, però …
La Chiesa interviene ormai in ogni questione di rilievo (praticamente su tutto), ma stranamente tace sulle cose di sua più stretta competenza: la resurrezione dei corpi, la vita eterna, il rapporto del Figlio con il Padre e con lo Spirito santo ecc. ecc. Su queste cose silenzio assoluto. E si capisce: non interessano più nessuno. La gente ha bisogno di soldi e lavoro e vorrebbe star un po’ bene in questi pochi anni che ci è dato vivere sotto il sole, la valle di lacrime può piacere solo ai masochisti (ce ne sono, ce ne sono ancora purtroppo).
Intanto ieri le “più alte cariche dello Stato” – come si usa dire in Italia (all’estero espressioni simili non ci usano) – a parer mio i massimi tromboni dello Stato (presidente della repubblica, presidenti di camera e senato) – hanno fatto gli auguri a Peppino esaltandone l’alto magistero e il suo ruolo insostituibile. D’accordo, espressioni di circostanza da non pesare col bilancino. Però questo leccaggio da parte di ex comunisti, ex fascisti e opportunisti è davvero vomitevole. Fini vive anche in peccato mortale perché ha cambiato letto …
Una analisi interessantissima perché moderna che più moderna non si può, la quale conferma come la religione non si impose, né si impone, per necessità degli uomini quanto, soprattutto, perché essa è un sistema di idee e di azioni assai flessibile, anche comodo a livello personale per ogni e qualunque comportamento, quindi capace di giustificare e di adattarsi, e da qui nascono le sue ipocrisie nella Storia, a qualunque situazione sociale nella quale si ponga.Essa conferma le affermazioni di Pepe Rodriguez: (Pepe Rodríguez Dio è nato donna)
E poiché loro, da buoni preti, non lavoravano ma controllavano, per giustificare la necessità del duro lavoro sono stati costretti ad inserire nelle loro sacre scritture il necessario lavoro come punizione per un peccato commesso; scritture che di sacro nulla hanno essendo umane, troppo umane, come direbbe il folle baffone. Nel tempo i padroni, costrettivi?, aggiungeranno la fola della nobiltà che dal lavoro deriverebbe: ma quelli che effettivamente lavoravano e lavorano sono sempre e solo quelli delle classi subalterne senza ricavarne un granché se non, oggi, un modesto salario alla loro schiavitù come ha ben dimostrato il grande barbone.
(Pepe Rodríguez Dio è nato donna)
Scusate ma è saltato il passo di Pepe R.
Il problema non è che la Chiesa interviene su temi sociali (anzi se veramente fosse attiva sarebbe anche un bene) ma che questo suo intervento in molti casi è solamente di facciata.
Riporto un esempio significativo.
Nella provincia di Vibo Valentia (la più povera d’Italia), in un territorio ad alta presenza di ‘ndrangheta, l’Ordine dei Cappuccini ha chiesto 600.000 € per cedere al Comune di Nicotera (le cui casse languono) un Convento disabitato.
Qualche particolare: il Convento è disabitato da decenni, i Cappuccini non hanno nessun documento che provi la proprietà dell’immobile, il Comune si è impegnato a realizzare nel convento un centro per anziani, la comunità nicoterese ha nel tempo contribuito alla costruzione e ristrutturazione dell’immobile raccogliendo offerte e – ciliegina finale – i Cappuccini hanno triplicato nel giro di pochi anni la loro richiesta (qualche anno fa chiedevano “appena” 200.000 €).
Insomma i Cappuccini – se non ricevono l’obolo – preferiscono che il centro per anziani non si realizzi e che il Convento resti disabitato ed in rovina. Quindi sarebbe questa l’altruismo della Chiesa?
Purtroppo questa notizia meriterebbe molto più spazio ma – come molte vicende che riguardano il sud – c’è sempre un grande disinteresse.
Chè schifo!. Immobiliaristi spietati, altro che spirituali. Stupida la gente che li frequenta pure.
La domenica non si tocca? Ma per favore. Se un lavoratore non vuole lavorare la domenica ed i festivi semplicemente non sottoscriverà contratti che lo prevedano.
Ho lavorato per 4 anni e passa su turni 6 giorni di lavoro + 2 di riposo, dove i risposi coincidevano coi weekend una volta ogni morte di papa e non sono morto.
Anche adesso ho reperibilità 24/7 via black barry e telelavoro dovendo lavorare con l’estero dove risposi e festività cadono in maniera differente. Lavoro una domenica o una festività? Si certo mi pagano di più questa disponibilità, visto che faccio quello che gli altri non hanno voglia di fare.
Poi c’è chi si lamenta di non fare carriera….
“Poi c’è chi si lamenta di non fare carriera….”
E’ vero, è che in Italia non c’è voglia di laurà.
Cosi dicevano anche a dirigenti agli operai che la facevano lunga per l’amianto.
Ci manca lo spirito alacre e sbarazzino dei Mc Donalds.
A scanso d’equivoci , anch’io penso che in una società come la nostra il rispetto delle festività tradizionali non possa essere esteso a tutti i lavoratori.
I motivi sono molto semplici, mica ci vuole un sociologo.
A parte i servizi essenziali (ordine pubblico, trasprti, sanità, ecc..) l’industria dello spettacolo e dello spendispandi lavora a pieno ritmo proprio durante le festività, quando le scuole sono chiuse e la maggior parte dei lavoratori è in libera uscita.
Guarda nessuno ti obbliga a firmare un contratto che preveda turni, reperibilità o lavoro festivo. Certo non aspettarti di fare la stessa carriera di si sbatte più di te.
E si in italia c’è molta, molta poca voglia di lavorare e non c’è etica del lavoro. La maggioranza ritiene di dover ricevere una standing ovation per il solo fatto di presentarsi al lavoro e fare il minimo indispensabile. Anche i sindacati tutelano l’anzianità e non il merito.
Per farti un esempio concreto se io ho due dipendenti:
– uno è in azienda dai 6 anni facendo il minimo (o anche meno) per dire di avere lavorato. Frequenti assenze, tentativi di incolpare i colleghi di propri errori, ecc.
– uno è in azienda da due anni ma si fà un chiulo a capanna. Lavora da dio e spesso da più di quano sarebbe contrattualmente richiesto.
Se l’azienda và in crisi ed è costretta a licenziare, ringraziando i sindacati, sarò costretta a linceziare la seconda persona malgrado sia molto, molto più meritevole della prima.
L’Italia è l’unico paese dove si vedono sentenze DELIRANTI che costringono al reintegro di dipendenti che passano tutto il giorno su siti porno perchè usare i log server delle connessioni (dal pc aziendale!) è una violazione della privacy!! Dove se i dipendenti rubano in azienda non puoi videosorvegliare le postazioni di lavoro! Non parliamo poi del fatto che se un dipendente non aggredisce fisicamente un collega o non danneggia i mezzi aziendali di fronte a testimoni, non hai nessun modo di ottenre la giusta causa. Un dipendente può fare niente per tutto il giorno, usare i mezzi aziendali per fini propri, non presentarsi al lavoro (basta una mail mandata il giorno stesso per avvertire che non si viene per non ricadere nell’assenza ingiustificata), ecc il tutto senza che dall’altra parte ci si possa tutelare.
Si è passati, per assurdo, da un ingiusto strapotere contrattuale delle aziende all’estremo opposto… un azienda eviterà di assumenre a tempo indeterminato per via dell’ineliminabilità dei fancaxxisti. Tutto a scapito dei Lavoratori seri.
Perchè alla fin fine il dipendente che fà il suo lavoro bene e con passione se la prende in quel posto visto che la legge non prevede alcun beneficio per un buon lavoro svolto e nessun sindacato se lo fila di striscio.
io sono turnista e sono 24 anni che lavoro di sabato e domenica quasi sempre, e a natale, pasqua, capodanno e quant’altro….
valah che non sono ancora morta… 😀
Ecco un esempio – benissimo illusrtrato in questo articolo – del camaleontismo della chiesa, ciò che le permette, anche nei momenti più difficili della sua storia di istituzione ‘temporale’, di rimanere a galla. Tiene sempre aperto uno spiraglio attraverso il quale ‘dimostrare’ come non sia per niente insensibile ai tempi – fossero pure i tempi della modernità – e come sappia cogliere i cambiamenti irreversibili… naturalmente quando ormai, appunto, sono irreversibili. Il tutto mantenendo sempre saldamente un piede nella tradizione in modo da presentarsi alla bisogna come la custode insostituibile dei grandi valori eterni, assoluti, sfruttando così le inevitabili contraddizioni (come in questa fase di crisi economica) che sempre accompagnano le vicende umane. Insomma il solito gioco delle parti resole possibile dalla sua doppia natura di istituzione temporale e spirituale. Ciò che è proprio di ogni religione formalizzata e istituzionalizzata, ma che nella chiesa cattolica raggiunge, se così si può dire, la perfezione… certamente – ad esempio in Italia – per la connivenza del potere politico… ma fondamentalmente perchè non esiste altra istituzione religiosa in grado come la ccar di rivendicare l’universalità del suo messaggio e nello stesso tempo, la propria autonomia politica. Giocando, per questo secondo aspetto, sul concetto di laicità, inventandosi magari la ‘laicità buona’, dove sono uniti esemplarmente sia l’aspetto mondano (la laicità) che quello spirituale (la ‘bontà’); ciò che, paradossalmente ma non tanto, diventa più difficile per i regimii integralisti, islam in testa, da cui il loro ricorso alla repressione violenta.
Ribadisco questo punto perchè… intanto sono sempre del parere che (naturalmente al di là delle intenzioni e comunque meritoriamente in quella fase storica) il giovane stato italiano abbia reso alla chiesa cattolica il più grande servizio liberandola dall’impaccio di un stato pontificio ormai marcescente ridando così forza alla sua dimensione spirituale e universale, permettendole però nello stesso tempo di conservare la sua autonomia politica… ma perchè spesso – anche in questo blog – si ritiene che la chiesa debba essere colpita soprattutto nel suo potere temporale, che poi è anche (e certamente per tanti aspetti soprattutto) potere economico, senza tener conto che il suo potere politico-economico si regge su un potere ‘spirituale’ (leggi: potere sulle coscienze), che nessun altra istituzione storica può vantare in questa misura.
Non si tiene in sostanza nel dovuto conto del micidiale circolo vizioso (per le lei virtuoso) costituito dal suo rimando continuo, per così dire, tra cielo e terra, tra storia ed eternità, per cui… almeno fino ad ora (ma temo che il gioco – soprattutto in presenza di una crisi strutturale della società ‘moderna’ come l’attuale – le possa riuscire ancora)… riesce sempre a tirarsi fuori dai momenti più critici.
Buone osservazioni, però vorrei aggiungere un barlume di speranza in questa notte che sembra senza fine, nonostante tutto la chiesa non riesce a tenere le pecore nel gregge, nemmeno negli Stati Uniti, nemmeno in paesi come la Germania dove è istituzionalizzata basta pensare alla Kirchesteuer.
Credo comunque che alla fine tutto questo attivismo possa solo allungare l’agonia prima della dipartita, ma nulla più.
Ottimo articolo, sarebbe da scrivere però qualcosa anche sui cosiddetti preti di strada.
Sul loro ruolo, si fa per dire, “contro”, che recitano per il vasto e distratto pubblico.
Una recita che alla fine torna a favore della ccar ma non certo di chi in strada ci vive sul serio.
Ho sempre pensato anch’io che i “buoni” preti provocano il danno maggiore giacché danno lustro a un’organizzazione come la ccar.
La settimana scorsa ho visto sul tg2 un servizio che intervistava dei ragazzi universitari che si erano iscritti per lavorare di domenica a un supermercato. Secondo il servizio, gli iscritti alle liste di attesa erano 9.000 in tutta Italia. Stranamente non c’erano i soliti commenti dei giornalisti ma guarda caso, gli intervistati non erano molto felici di questa scelta obbligata dalla necessità di arrotondare per via del carovita.
http://www.corriere.it/economia/12_aprile_15/pam-studenti-supernercato_b07bab14-8704-11e1-9381-31bd76a34bd1.shtml
La verità è che i giovani hanno sempre meno voglia di passare la famosa “domenica in famiglia”. Ci sono cose molto più interessanti di dover riunirsi per compromesso sociale coi parenti e tirar fuori quasi in modo forzato dei temi di conversazione, magari con la nonna o con lo zio che con la tua vita non c’entra nulla. La Chiesa lo sa benissimo, così come sà anche che i ragazzi sono sempre più svegli e si accorgono senza neanche aiuto della grande bugia. La domenica è l’ultima speranza clericale per indottrinare una società irrimediabilmente spinta dalla vita e dalla conoscenza verso il laicismo.
Se però non c’è un giorno libero uguale per tutti (tranne lavori indispensabili) la socialità viene spezzata, non ci si può mai vedere con familiari, parenti o amici perchè quando è libero l’uno lavora l’altro.
A me di per se non importa nulla che quel giorno sia la domenica, potrebbe essere anche il mercoledì, però dovrebbe essere lo stesso per (tendenzialmente) tutti.
E’ molto semplice, chi vuole vedere qualcuno e considera il rapporto importante allora il tempo se lo fa, come per altro per tutte le altre cose che si fanno oltre il lavoro e le necessità di base. Io trovo assurdo e inumano il dover fare tutti insieme le vacanze, le ferie e la spesa, con tutti i sacrifici che questo comporta, dall’aumento del costo dei servizi e beni di consumo, al danno ecologico e l’impossibilità di trovare posto e offerta. Se tu sei italiano avrai presente l’immagine delle autostrade degli anni 60-70 con 40 gradi di temperatura tutti fermi in coda. Bene, dopo 40 anni nulla è cambiato, tranne l’aria condizionata sulla macchina. Dei prezzi alle stelle come conseguenza della speculazione che ne deriva non ci rendiamo conto perchè siamo abituati.
Nel mio paese (anche esso maledettamente “cattolico”) in certe città non esiste l’orario classico di lavoro, ci sono attività aperte 24 ore, puoi andare al cinema o mangiarti una cena completa anche alle 4 del mattino se vuoi. Ti posso assicurare che l’amicizia si coltiva anche e il mondo è molto più vivibile.
Which.
Certo: se non si investe sui mezzi pubblici (che, al contrario, la Trojka impone di svendere) e non si fanno leggi serie sulla circolazione delle automobili e a favore del territorio, il problema si darà sempre.
L’uomo è un animale da branco e ama spostarsi in gruppi, più o meno grandi ma in gruppi in particolare tra i giovani, tantopiù tra i giovani anche quando sposati spesso non sentono più nella coppia l’unico ritrovo ma giustamente le coppie e le famiglie amano muoversi insieme e, dove hanno le possibilità economiche, spostarsi sul territorio anche per un giorno o due.
Sugli aumenti di prezzo dici una certa verità, ma questo è un sintomo della totale deregulation del mercato che abbiamo oggi, dove nonostante l’impoverimento generale, il grande capitale non vuole diminuire il suo saggio di profitto, mantenendo il vecchio assunto di ‘privatizzare gli utili e socializzare le perdite’, per cui curare questo problema limitando i consumi (perchè una certa scelta sul proprio tempo di consumo è un accelerazione del consumo) anche dove ancora potrebbero darsi, non mi pare un grande soluzione.
Esistono già molte categorie che lavorano nei festivi (servizi, turismo, ristorazione-alberghi), per cui mantenere un po’ di vacanza di massa credo che sia non nocivo forse anche un po’ utile.
Come sappiamo chi soffre è più propenso ad avvicinarsi alla chiesa.
Tanti a causa della crisi hanno perso il lavoro e tanti altri non riescono a trovarlo, la chiesa non deve far altro che dare false speranze a costoro per avvicinarseli.
Ovviamente false perché la chiesa non ha nessuna volontà di far trovare lavoro, se soffri sei una preda facile, se poi il lavoro te lo trovano ti perdono.
Le esternazioni “sociali” della chiesa mi lasciano piuttosto freddo. Niente di nuovo dai rispetto alla Rerum Novarum.
E’ dal tempo di San Paolo che il cuore delle Chiesa batte per i ricchi.
Tramontato il feudalesimo, le varie confessioni religiose si sono ben presto adattate al capitalismo, rifiutando, semmai, altri effetti delle rivoluzioni borghesi.
I partiti e i movimenti di ispirazione marxista e anarchica sono diventati fin dall’inizio il nemico mortale non solo della chiesa cattolica, ma di tutte le religioni.*
Per un maomettano praticante un comunista è un qualcosa di inconcepibile, anzi è carne da macello da trattare secondo i sistemi della macelleria islamica.
I cristiani sono apparentemente appena un po’ più civili, ma in caso di “serra serra “sarebbero pronti a gettare la maschera e rivelare la loro pravissima indole.
*: La storia sembrerebbe anche dire che i “comunisti” sono pure i mortali nemici di se stessi, ma qui si va off topic. 🙂
“niente di nuovo dai tempi della Rerum Novarum”. Son sempre più vec 🙁
Complimenti, Raffaele, per la lucida analisi…e per il coraggio; ho provocato a cliccare ma per adesso non ce la faccio; temo di aver bisogno di una preparazione spirituale…Per il resto ben sappiamo come la chiesa abbia sempre agito (cito a braccio da A. Foa, Le radici meticce) con un continuo riassorbimento e mescolamento, prendendo ovunque, nei campi del sapere e nei modi dell’agire sociale, gli strumenti atti al prosieguo e al mantenimento della propria affermazione
Amici atei, continuiamo pure ad augurare lunga vita a B16 in quanto “il miglior nemico di quella chiesa che lui stesso amministra”… ma intanto – complice l’esplosione delle contraddizioni della secolarizzazione, ancora a mio parere ben lontna da una vera emancipazione dal pensiero magico-religioso e troppo appiattita sui ‘valori’ di una società tesa non tanto al progresso quanto ad uno sviluppo selvaggio – ecco che il rigurgito reazionario dell’attuale papa trova i referenti, non solo nella classe poltica italiana, ma in una popolazione frastornata da una crisi che – soprattutto per i giovani – si presenta sempre più strutturale.
Se lasciamo alla chiesa il monopolio della critica alla modernità…ovviamente non tanto per condannarla quanto per liberarla dagli ancora troppi vincoli fideistici… il disegno restauratore di questo papa può rivelarsi più lungimirante di quanto si creda, fidando noi troppo su una disaffezione alla religione che non significa affatto superamento della mentalità religiosa. Siamo, nella sostanza, più minoranza… certo più consapevole e agguerrita di un tempo… di quanto si creda. E quando esplodono certe contraddizioni, non credo che la maggioranza senta più il richiamo della modernità (di questa modernità) che quello della tradizione..
(Chiedo scusa per questo commento che doveva riferirisi al post relativo agli auguri rivolti al papa (ah, la vecchiaia!)… ma dopo tutto penso possa non essere del tutto OT anche qui.)
io sono pienamente d’accordo con Senjen… a questa santa alleanza domenicale composta da pappolici e sindacati, si risponde con argomentazioni economiche.
se c’è bisogno di lavorare la domenica e sei disponibile, maggiorazione consistente della paga e spiraglio di carriera per il futuro.
se c’è bisogno di lavorare la domenica e non ti rendi disponibile perché senti l’impellente bisogno di andare ad ascoltare le ciance di qualche gonnellone, liberissimo di farlo, in compenso ti si chiude lo spiraglio di carriera e quando l’inflazione si mangerà i tuoi scatti d’anzianità, pota… forse capirai che non si mangia con le quisquilie accattoliche 😀
E se io volessi la domenica libera non per ascoltare i preti ma per vedere familiari, parenti e amici?
Non si vive per lavorare, si lavora per vivere.
sbaglio o qua si parla della difesa della domenica festiva DA PARTE DELLA CHIESA?
Lei Carcano vorrebbe una chiesa rintanata nelle sacrestie a ripetre giaculatorie invece la chiesa deve stare col popolo ed in mezzo ad esso, pensiamo ai cappelani militari soldati tra i soldati oppure ai cappelani delle carceri inmezzo a quella parte di popolo che sono i malfattori.
Il sacerdote la domenica non lavora ma presta un sevizio, in merito alle aperture domenicali in luighi non turistici dei negozi non crede che non sia necessario?
Ma quanto era alto il seggiolone dove di mettevano da piccolo?
Scusa “ti mettevano”.
Non che fosse proprio necessario, ma un commento come questo di Enrico concorre pur sempre, nel suo piccolo, ad avvalorare le considerazioni di Carcano.
Quindi secondo lei Gualerzi un scerote non può criticare l’apertura domenicale dei supermercati?
ma va, libera concorrenza tra mercanti
Enrico,
secondo te un bottegaio non potrebbe criticare l’apertura domenicale delle chiese?
Quale motivazione logica giustificherebbe la chiusura dei negozi in un dato giorno?
Potrebbe essere un giorno a caso durante la settimana, perché proprio la domenica?
Trovi una ragione che non sia la superstizione?
Un bottegaio può criticare le chiese aperte la domenica.
Giorno di riposo.
Convenzione e poi perchè fare settimane di 7 giorni.
*Kaworu
Guardi che per andare a messa non è obbligatorio pagare se compro in un negozio si.
te si che capisci tutto al volo.
@ Enrico
” Guardi che per andare a messa non è obbligatorio pagare se compro in un negozio si.”
Hahahahaha, lei sta dicendo che la chiesa fa concorrenza sleale nel commercio.
Hahahahaha !
Allora se le negozi e chiese devono essere chiuse la domenica anche i circoli UAAR siano chiusi la domenica li è obbligatorio pagare per essere soci nella chiesa basta essere battezzati.
sei passato al più puro e sgrammaticato delirio, in assenza di argomenti?
Legga bene.
si, ho letto.
la punteggiatura non l’hai trovata in 3×2 al discount, ieri?
No.
si vede, ecco perchè manca.
“Guarda nessuno ti obbliga a firmare un contratto che preveda turni, reperibilità o lavoro festivo. Certo non aspettarti di fare la stessa carriera di si sbatte più di te.
E si in italia c’è molta, molta poca voglia di lavorare e non c’è etica del lavoro. La maggioranza ritiene di dover ricevere una standing ovation per il solo fatto di presentarsi al lavoro e fare il minimo indispensabile. Anche i sindacati tutelano l’anzianità e non il merito.
Per farti un esempio concreto se io ho due dipendenti:
– uno è in azienda dai 6 anni facendo il minimo (o anche meno) per dire di avere lavorato. Frequenti assenze, tentativi di incolpare i colleghi di propri errori, ecc.
– uno è in azienda da due anni ma si fà un chiulo a capanna. Lavora da dio e spesso da più di quano sarebbe contrattualmente richiesto.
Se l’azienda và in crisi ed è costretta a licenziare, ringraziando i sindacati, sarò costretta a linceziare la seconda persona malgrado sia molto, molto più meritevole della prima.
L’Italia è l’unico paese dove si vedono sentenze DELIRANTI che costringono al reintegro di dipendenti che passano tutto il giorno su siti porno perchè usare i log server delle connessioni (dal pc aziendale!) è una violazione della privacy!! Dove se i dipendenti rubano in azienda non puoi videosorvegliare le postazioni di lavoro! Non parliamo poi del fatto che se un dipendente non aggredisce fisicamente un collega o non danneggia i mezzi aziendali di fronte a testimoni, non hai nessun modo di ottenre la giusta causa. Un dipendente può fare niente per tutto il giorno, usare i mezzi aziendali per fini propri, non presentarsi al lavoro (basta una mail mandata il giorno stesso per avvertire che non si viene per non ricadere nell’assenza ingiustificata), ecc il tutto senza che dall’altra parte ci si possa tutelare.
Si è passati, per assurdo, da un ingiusto strapotere contrattuale delle aziende all’estremo opposto… un azienda eviterà di assumenre a tempo indeterminato per via dell’ineliminabilità dei fancaxxisti. Tutto a scapito dei Lavoratori seri.
Perchè alla fin fine il dipendente che fà il suo lavoro bene e con passione se la prende in quel posto visto che la legge non prevede alcun beneficio per un buon lavoro svolto e nessun sindacato se lo fila di striscio.”
Sciur padrun da li béli braghi bianchi
Va là , l’avevo capito che sei un padroncino, tu e le tue idee originalissime idee da maggioranza silenziosa (silenziosa si fa per dire):-).
Il paese che tu descrivi è un paese immaginario , da farsa del Bagaglino, che non è mai esistito, nè tanto meno esiste adesso, nell’epoca dei coccoricò e dei contratti di un giorno.
Per quel po’ di diritti che sono riusciti ad ottenere e che adesso vogliono loro togliere, i lavoratori hanno letteralmente buttato il sangue, ma a te fa comodo focalizzarti sui casi di scarso rendimento e indolenza,
elevandoli a norma e dando ad intendere che non siano sanzionabili.
Chi di noi non ha conosciuto almeno un impiegato neghittoso e strafottente, ma non tutti ne traggono le tipiche conclusioni qualunquiste..
Forse non te ne accorgi, ma con i tuoi esempi non fai che delineare un “paron” occhiuto e alla ricerca di un qualsiasi pretesto per buttare fuori chi gli sta sulle balle(per esempio la putea che non gliel’ha data), pretesto che nelle aziende con meno di 15 dipendenti non è nemmeno necessario.
Mai sentito parlare di Bossing?
Come dicevo, scrivere che in Italia non si possono licenziare gli incompetenti e i lavativi significa spararla grossa.Semplicemente tocca ad un ‘autorità giudiziaria stabilire se sussiste la giusta causa per il licenziamento ed è un luogo comune “padronale” che la magistratura del lavoro dia automaticamente ragione ai lavoratori.
Si è chiuso da poco il processo di primo grado per le vittime dell’Eternit (2190 morti,) con la condanna a 16 anni per i proprietari dell’azienda incriminata(ma non faranno un giorno di gabbio, sta’ tranquillo).
Nemmeno tutti questi morti sono stati costretti a fare un lavoro che li metteva a contatto con sostanze nocive.
Stesso discorso per le vittime della “Mortedison”.
E quindi nell’Italia del 2012 vige lo strapotere contrattuale dei lavoratori, dici tu.
Niente niente “Lui” ha ragione quando dice che in Italia comandano da 60 anni i comunisti e non ce ne siamo accorti?
E poi mi andate a criticare chi sostiene che circa 2.000 anni fa un tizio passeggiava sulle acque, non essendo nemmeno pescatore. 🙂 !
I baciapile adorano la Santa Croce e Mammona; voi solo Mammona.
Aggiungo al quadro le quasi quotidiane morti sul lavoro anche in aziende piccole e meno note, dove il risparmio sul lavoro diventa risparmio sulla sicurezza.
Difficile dire che sia privilegiato chi, andando a lavorare, corre sulla propria vita rischi molto più alti della media o dei rischi intrinseci al tipo di lavoro.
Non metto link di riferimento, perchè la notizia è talmente diffusa che ognuno può fare una semplice ricerca in proposito.
Visto che qua piace molto la logica del mercato pongo una criticità basata proprio sulla stessa logica di mercato, senza alcuna verve polemica rispetto alle mie idee non molto benevole sul liberismo odierno, ma solo per capire come si ha in mente la gestione del consumo, che è inscindibile dalla produzione in un discorso di mercato.
Posta l’ovvia impossibilità per alcune categorie lavorative (trasporti, ospedali, polizia) di fare festa in un unico giorno, il ragionamento verte sui lavoratori dello spettacolo, della ristorazione e del turismo che lavorano bene molto solo se le festività vengono raggruppate e non atomizzate.
Se io faccio festa oggi, i miei amici dopodomani, i miei parenti un giorno uno e un giorno l’altro, diventa molto difficile organizzare gite anche di un giorno o giornate al ristorante o per andare allo stadio, al teatro o dove pare a me.
Questo porterebbe ad una penalizzazione enorme degli introiti di queste categorie visto che molti, non avendo il proprio gruppo di amici, ed essendo più o meno da soli, rimarrebbero molto più probabilmente a casa.
Ora, sinceramente, in un momento in cui di moneta ne circola già poca, limitare e svilire quel minimo di circolazione per mantenere la produzione per sette giorni su sette in un’epoca in cui non è così necessario lo sforzo industriale (o tantomeno edile) mi pare un po’ un nonsenso anche a livello di mercato globale, posta anche l’illusorietà di ritornare ad esportare attraverso l’abbattimento dei diritti e del costo del lavoro, quando esiste un decremento di esportazioni anche in Cina, che come compressione dei diritti e dei salari è il non plus ultra.
L’Italia aveva l’eccellenza del manufatto (il Made in Italy) che la precarizzazione del lavoro e dunque la scarsa acquisizione di esperienza delle maestranze rende sempre meno eccellente, mentre ha ancora un eccezionale paesaggio e ottime risorse turistiche e di qualità della ristorazione, e se comprimiamo anche quelle non facendole lavorare difficilmente si può pensare che l’economia non stagni.
Raggruppare le feste ove ci sia la possibilità significa cercare di incrementare i consumi e la circolazione monetaria.
A me sembra che, anche quando molti atei laicisti possono concordare con la CCAR, le motivazioni sono completamente diverse.
Ad esempio sul riposo domenicale le motivazioni della CCAR non hanno nulla a che fare con i diritti dei lavoratori, si tratta solo di garantire che la gente abbia tempo per andare a messa.
Non scoraggiatevi, anche gli stupidi si estinguono.