Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il volume è La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi, di Telmo Pievani. Recensione a cura di Stefano Marullo.
La redazione
Una nuova recensione è stata pubblicata nella sezione Libri del sito UAAR. Il volume è La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi, di Telmo Pievani. Recensione a cura di Stefano Marullo.
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@ Diocleziano. A proposito di una vecchia polemica. Ho apprezzato la recensione del dott. Marullo, che si dimostra evidentemente “uno del mestiere”, pur ritenendo arbitraria la sua conclusione, ma non ho potuto non notare che in circa quaranta righe di righe ha infilato almeno una quindicina tra citazioni e termini tipici del linguaggio “alto” della saggistica per “addetti ai lavori” o quasi: docent – disamina – retropensiero – genìe – funzione euristica – aulico – Gould – Leopardi – Latouche – Rosenkranz – Tom Petty – Armageddon – resettarsi – Rees – redde rationem – Sartre. Non ci sono Bonaventura con Barbariccia e la Fata Turchina come nelle mie esternazioni, ma sono chiamati all’appello due comici ( Douglas Adams e Paolo Villaggio, quest’ultimo resosi immortale per la battuta “La corazzata Potiomkin è una ca..ta pazzesca!”).
Conclusione personale: o i troll sono esclusi ( e allora vanno bannati inesorabilmente, come in certi siti cattolici – così si dice ) oppure sono ammessi per svariati motivi ( nel caso migliore fare da sponda per gli scambi dialettici, in quello peggiore servire da occasione per espressioni di compatimento e/o di ilarità ). Se ammessi, perché meravigliarsi tanto per uno stile argomentativo analogo a quello di uno dei maggiorenti UAAR? Non è forse il caso di considerare che argomenti esistenzialmente importanti fino a toccare il tragico, come in questo caso, richiedono argomentazioni articolate, con il supporto degli “autori” importanti, mentre il ricorso a “una battuta e una legnata” è alquanto squalificante?
Tenga presente che molto spesso citazioni fatte nel sito UAAR sono state per me punto di partenza per utili confronti e successive ricerche.
Spero che lei mi mandi una cartolina dalla villetta di Spalato, quella costruita in economia.
Florenskij lei confonde spesso estetica con etica. E scambia i gusti (personalissimi) del sottoscritto come evangelo dell’UAAR. In UAAR peraltro io non sono per nulla un maggiorente non avendo una carica elettiva se non un modesto, sia pur dignitoso, incarico all’interno di un Attivo di Circolo veneto come socio militante, dove è capitato di trovarmi in minoranza (che cosa terribile la democrazia!). Per soddisfare la sua curiosità, vorrei dirle anche che nelle mia posta elettronica non ricevo solo lettere di ammiratori/trici ma anche lettere di (legittime) critiche, anche da parte di atei-agnostici.
Continui a scrivere come e quanto vuole, accetti le critiche e ne faccia tesoro come provo a fare io. Mi pare peraltro che le apostrofi e le rampogne le sa rifilare anche lei.
@Flo’
Una cosa è fare appello all’autorità di una persona a prescindere, un’altra è citarla nel suo contesto con il suo significato. Parimenti ti sfugge che la comicità ha sempre avuto valenza critico-filosofica, che non è mai stata intesa come una cosa fine a sé stessa (anche la volgarità dell’antica satira greco-latina era un modo per far saltare gli schemi…).
Ecco: proprio le cose che ti si è sempre criticato con molte motivazioni di fare, ma che tu pervicacemente non fai.
Caro Florenskij, Stefano Marullo scrive i suoi pippotti negli appositi spazi (recensioni, ultimissime etc) in modo che se uno vuole li evita. Scrivere certi pippotti come fa lei nei commenti è vietato dal regolamento, ma la redazione è bonaria e lascia correre.
@ FS Mosconi. Errare ( anche nel senso di “andare a casaccio”, “andar per rane” ) humanum est; però bisogna considerare la possibilità che un collegamento appaia “fuori contesto” per difetto di informazione di chi legge. Ad esempio: collegare Darwin con l’economia politica del tempo a qualcuno potrebbe sembrare arbitrario, mentre non lo è affatto. Io potrei collegare la circolazione dell’elettricità in un circuito, la circolazione monetaria, la circolazione del sangue, la circolazione di un’energia ( la “grazia” ) nel concetto cattolico della “comunione dei santi”. E’ un modo di pensare “per analogia”, tipico del Barocco ( che non era affatto irrazionale ), come in modo dilagante in Shakespeare. Dice qualcosa l’espressione “preziosissimo sangue”, a prima vista stucchevolmente devozionale e obsoleta al massimo grado? Christopher Wren, l’architetto che progettò il nuovo piano urbanistico per Londra dopo il grande incendio del 16.. era… un medico. Che c’entra? C’entra il concetto di “circolazione del sangue” come modello della “circolazione stradale”. Sull’evoluzione degli “stili di pensiero” nei secoli della modernità Michel Foucault “Le parole e le cose”. Spesso i concetti teologici appaiono “fuffa” perchè sfuggono le analogie che dovrebbero evidenziare strutture “sistemiche”, mentre l'”uomo della strada” considera certi argomenti dal punto di vista “atomistico” e “riduzionistico”: si prendono i singoli pezzi ma non si vede la figura globale del puzzle ( e si rifiuta di farlo ). In ogni caso rimane il dovere di proporzionare il proprio dire allo stile di pensiero dell’uditorio, come da lei suggerito.
Quanto alla considerazione del valore della comicità, posso dire che si tratta di argomento da me ben conosciuto, al punto tale da farmi trovare fortissime analogie tra gli schemi mentali di Paolo Villaggio
( Leone d’Oro alla carriera ) e di Luigi Pirandello ( autore del saggio “L’umorismo” e premio Nobel – meritatissimo ): ateissimi e propensi al “grottesco” l’uno e l’altro. Se la comicità ha un lato serio e intellettualmente stimolante, perchè non devono averlo la fiaba
( con tanto di Fata Turchina – alias Madonnina protettrice ) e il racconto in genere, compreso quello a strisce, con rime o con fumetti?
@ S. Marullo. Per “maggiorente” intendevo una persona dotata delle informazioni, dell’apparato concettuale e delle capacità argomentative che gli consentirebbero di porsi come dirigente e rappresentante ufficiale ai più alti livelli, anche se rimane in panchina.
Per me lei rappresenta una fonte di notevoli indicazioni, specialmente in campo biblico; e questa non è una “captatio benevolentiae”.
Apostrofi e rampogne. Recentissimamente sono stato definito, in compagnia di Giuseppe ( che non conosco ) “squallido” e meritevole
di essere “preso a calci nelle palle”; tempo fa sono stato invitato a “inginocchiarmi davanti a un cesso”; accenno appena all’insinuazione di “pagato”.
Saprei benissimo rispondere battutaccia per battutaccia ( forse alcune POCHE volte me ne sono scappate ), però solitamente me ne astengo: anzitutto per non abbassare i toni in modo avvilente; in secondo luogo perchè so di essere solo un ospite, riconoscendo che comunque nel sito UAAR vengono introdotti i “massimi problemi” a livello di filosofia, scienza, teologia, storia della società, diritto e giustiza, il che non avviene nei siti cattolici, per lo più monocordi. Peccato che questi problemi “massimi” troppo spesso, dopo essere stati introdotti, dai più vengano dati per liquidati con un sarcasmo, una battutaccia, una frase cattiva, talora con un insulto, sia pur generico e non individuale.
Passi la seconda parte. Ma la prima -_-
Passi la seconda parte. Ma la prima .
Non posso fare altro che concordare,un benvenuto
(senza ironia ) al novello Florenskij, ora possiamo
scambiarci le opinioni, per una ricerca comune.
Un’analogia intesa a quanto pare surclassa in senso ciò che essa stessa vuol definire. Che sarebbe come dire che quando Platone e vari mitemi parlano di “farina del mondo” macinata dal Cielo NON presuppongano che sia data per scontata l’esistenza di più anime i grado di scindersi in individui (concetto che appare anche presso gli ebrei, cfr. Ginzberg, Le Leggende degli Ebrei vol. I) bensì che l’umanità sia DAVVERO grano e che gli eventi catastrofici che avvengono tra le divine entità riguardino DAVVERO la terra.
Ciò detto, mi par che tu abbia preso un abbaglio: il Barocco è diretto erede dell’anti-classicismo ed ergo apertamente irrazionale. La ricerca dell’assurdo tramite analogia ardite è volutamente esagerata.
Il religiosissimo Cartesio e Bacone ti stanno davvero antipatici vero? O forse la tua insofferenza è più antica: Galileo? O quel povero Occam?
Ad ogni modo non vedo il problema: se una affermazione non è coerente con le sue singole parti non può certo esserla nel complesso. Popperianamente parlando.
Perciò: se tu sostieni l’esistenza di un mondo giusto, perché creato da un dio di questa fattura, ma nel contempo ingiusto perché un singolo insignificante elemento è stato posto dal medesimo dio in luogo di non poter far altro che peccare, e per ciò corrompere il mondo, e ciò nonostante sostenere che sempre quella medesima divinità sia e sia stata nel contempo estremamente pia e misericordiosa, anche solo per essersi incarnata e sacrificata senza apparente motivo, dacché onnipotente e quindi non bisognosa di mezzi, per un’umanità non colpevole in primissima persona, e ciò nonostante continuare a dire che il quadro nel complesso funziona… che dire? Per me il problema è solo tuo.
Distingui: le fiabe sono spessissimo residui mitologici giustificati da un apparente intendo morale (che però il più delle volte si rivela un pretesto per l’esistenza della stessa), perciò difficilmente assimilabile ad un discorso aperto. Più prosaicamente è pane per i filologi e gli studiosi: non un’autorità. Per il resto si vede che sei rimasto nei vecchi schemi anteguerra: mai letto Maus?
@ PS Il nucleo vero della comicità è l’arguzia, vale a dire la capacità “geniale”di presentare in modo subitaneo e sorprendente collegamenti impensabili dall’uditore medio, ma assolutamente congruenti. Nella comicità c’è sempre un moto di abbassamento o di “presa in giro” di qualcuno; la volgarità può starci, ma solo come elemento accessorio: quando è eccessiva, lo sgradevole smorza l’arguzia, se c’è. Idem per il malanimo e la “cattiveria” in senso forte. Esempio massimo di arguto “signorile”: Giannelli del “Corriere della Sera”. Il massimo in UAAR: Francesco, caustico ma con netta prevalenza del’arguzia, appunto spesso geniale.
Battuta ultracaustica ma super di Galantara (inizio ‘900 ): “Noi cattolici rifiutiamo la cremazione dei cadaveri perchè le persone le bruciamo vive”.
Arbitrario: più corretto darebbe il “dire-non-dire” che presuppone la conoscenza da parte dell’uditorio dell’argomento anche solo in chiave polemica. Non c’è una creazione dal nulla di idee come ti sei ostinato fin qui a dichiarare per quanto riguarda il tuo concetto di carisma-“genio”, c’è solo una certa furbizia nel capire qual’è “l’aria” e agire di conseguenza nel modo meno ovvio possibile.
I giochini semantici e le analogie funzionano unicamente da espediente.
P.S.: al solito sei OT.
Ma l’argomento della discussione non era forse: “Nuova recensione del libro di Telmo Pievani – La fine del mondo”, oppure confondo?????
@ Vittorio
Hai ragione, ma oggi la moderazione si era presa una pausa. Invitiamo tutti ad attenervi al tema, grazie…
@ FS Mosconi. Non ho capito il suo concetto del dire-non dire. Intendeva forse riferirsi all’allusione, alla macchietta, alla parodia? Per il resto, inutile prolungare rimanendo in OT. Le indico su Wikipedia le voci “Concettismo”, “Agudeza y ingenio”, “Emanuele Tesauro – Il cannocchiale aristotelico, o sia idea dell’arguta et ingeniosa elocutione”.
Il Barocco APERTAMENTE IRRAZIONALE? Al contrario IPER-RAZIONALE. Lei forse confonde, pensando a tendenze alla Salvador Dalì ( figure che si sciolgono come burro: io le detesto ). Le curve, le ellissi , le volute, le espansioni a raggiera dell’architettura barocca seguono leggi rigorosamente matematiche. Lei crede che Bernini abbia disegnato a casaccio i contorni di piazza san Pietro? E le sezioni delle cupole delle mille chiese barocche ? Blaise Pascal, uno dei più importanti scrittori religiosi del ‘600 ( autore degli immortali “Pensieri”, quello che alla fine della vita dichiarò di credere al “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, al Dio di Gesù Cristo e non al Dio dei filosofi e dei dotti” ) fu un geniale matematico, costruttore della prima calcolatrice ( meccanica, a ruote dentate ), studioso della pressione dell’aria e teorico delle curve “coniche” ( significativo dell’età barocca; per di più consapevole del problema di microcosmo e macrocosmo). Pensatore barocco è anche il grandissimo e superenciclopedico Leibniz, co-scopritore del calcolo differenziale, sfottuto da Voltaire per il suo concetto de “Il migliore dei mondi possibili” ( in ogni caso, un tentativo di razionalizzazione ).
Per il resto, barocca in sé è la forma dei vegetali e di molti animali. La inviterei a cercare su Wikipedia le fotografie di Karl Blossfeldt ( particolari ingranditi di piante ) e poi potrà discutere se il Barocco è un che di accidentale e irrazionale in natura. Barocche a loro modo
( esempio eccezionale di concettismo ) sono anche le tematiche ispiratrici dei celeberrimi disegni di Cornelis Escher ( pure su Wikipedia ). Sull’intreccio letteratura-pensiero scientifico nel ‘600 gli studi di Ezio Raimondi.
Animali “barocchi”: possono bastare pappagallo e pavone. ( ops,dimenticavo, tra piante e frutti quelle grasse e in modo vistosissimo l’ananas ).
Se non ho capito male, lei considera il reperimento delle analogie più che altro un gioco bizzarro e arbitrario della fantasia. Discussione troppo lunga e in OT; però posso dire che parecchi studiosi considerano la preponderanza assoluta del riduzionismo, che privilegia troppo gli elementi come isolati, una grave carenza dell’approccio scientifico contemporaneo, diciamo un aspetto della difficoltà a sviluppare uno stile di pensiero “sistemico” in parecchi argomenti essenziali. Non so se sbaglio, ma credo che le teorie di Prygogine sulle fluttuazioni abbiano a che fare con la tumultuosità del Barocco.
Discorso sulla metafora e sulla similitudine: è chiaro che si finisce nella teologia mistica ( “Io SONO la vite, voi SIETE i tralci”;”Prendete e mangiate: questo E’ il mio corpo… ” ). E’Si tratta di un argomento che per me è ancora “sub judice”, avendo implicazioni molto profonde; però la invito a guardare il quadro di Magritte in cui è rappresentata una pipa con sotto la scritta “questa non è una pipa”. E’ una pipa o non è una pipa? E il fossile di un pesce, in cui i tessuti organici sono stati sostituiti da minerali, è o non è un pesce? La forma è la stessa, la sostanza un’altra… Per il resto, credo che molte, moltissime analogie rivelino non orpelli e aspetti marginali, ma strutture essenziali ed oggettive degli enti messi in relazione.
Odio Bacone? Perché mai? E’ un profeta della TECNOLOGIA, come il suo omonimo francescano medievale Ruggero Bacone: termine che indica lo sviluppo della tecnica non più a casaccio o per intuito, ma sulla base della “stoffa” del mondo in quanto retta dal LOGOS: un che di razionale e insieme mistico ( come in Einstein, che NON era teista ). Quanto alla tecnologia “baconiana” in sé, non è tutto oro quello che luccica: mi riferisco al problema dell'”apprendista stregone”, preconizzato già in età classica dal mito di Icaro.
Odio Occam? Ma se Umberto Eco, l’uomo che ne ha rilanciato la fama con “Il nome della rosa”
ha appena pubblicato un grosso volume di scritti sull’estetica medievale, basata sull’idea della bellezza come OGGETTIVA, in quanto promanante da Dio, mediante l’effusione di luce dall’alto e la proiezione di modelli geometrico-matematici?
Odio Cartesio? Ma se concepì perfino una cosmologia basata sui VORTICI ( dunque tendenzialmente barocca )? Peraltro bruttina la storia del gatto buttato dalla finestra a dimostrazione della sua teoria degli animali come macchine insensibili.
Odio Galileo? Ma se il ( povero ) prof. Zichichi lo chiama “Divin uomo” in quanto matematico-geometra di matrice platonica?
Non in OT è piuttosto il discorso centrale del prof. Pievani, come da recensione del dott. Marullo:
negazione assoluta delle CAUSE FINALI come ENTITA’ OGGETTIVE E OPERANTI ( tutto dato per liquidato, anzi sepolto con “pietra tombale” ) e conseguenze in campo filosofico, ideologico e antropologico.
Senonché siamo al solito discorso delle concezioni che, buttate fuori dalla porta, rientrano dalla finestra ( o dal buco della serratura ).
“… le ecatombi sempre ci sono state e sempre ci saranno PERCHE’ UNA NUOVA VITA ABBIA INIZIO”; “… una civiltà tramontata PER DARE VITA A UNA NUOVA ERA lasciando il posto a nuove genie e dinastie”.
Non credo di sbagliare se affermo che qui ci troviamo davanti a due proposizioni FINALI, una esplicita, l’altra implicita ( il primo”perché” non è causale ).
Il prof. Pievani ( o il dott. Marullo come suo interprete ) conoscono benissimo l’obiezione e salta fuori subito la contromossa che dovrebbe liquidarla: “Purché il parallelismo sia visto IN FUNZIONE MERAMENTE EURISTICA E DESCRITTIVA. Se si tratta di un espediente retorico, strano che la divulgazione scientifica anche ad alto livello ( perfino il prof. Pievani nella prefazione al libro di Sean Carroll sull'”Evo-devo” ) non riesca a liberarsi una buona volta del suo uso sistematico.
Invece il problema delle cause finali si pone oggettivamente, se è vero che negli organismi l’invecchiamento non è un incidente casuale, ma un processo predeterminato e, almeno per ora, assolutamente ineluttabile, presumibilmente con la logica del “fare posto” a forme rinnovate e anche migliorate, più atte allo spenceriano “struggle for life”.
Il prof. Pievani ha ben presente il tutto, tant’è vero che ha cercato di offrire una risposta nel volume “Nati per credere”, in cui sostiene che la propensione alle spiegazioni con “cause finali” è un retaggio dell’uomo preistorico, una specie di “peccato originale” della mente che ci portiamo indietro di millenni ( fino a quando ce lo terremo? ). Da notare che in un commento sul “Corriere della Sera” al recente libro di Vittorio Messori ( “Bernadette non ci ha ingannati” ) ha presentato come esempio di fallacia nell’uso delle cause finali la spiegazione arcaica dei fulmini come lanciati dagli dei: un gioco piuttosto facile. Ben più difficile sarebbe stato per lui porre ad esempio strutture ipersofisticate come quelle dei pesci elettrici o il sistema radar dei pipistrelli, roba da Politecnico, se non da MIT (Wikipedia ).
Anch’io metto le mani avanti di fronte alle prevedibilissime obiezioni su buchi, squarci e conflitti all’interno del “Disegno intelligente”: sono propenso a credere a diversi “disegni intelligenti” in concorrenza tra loro e procedenti per prove e tentativi. “Finalistica” non è solo l’azione che va a colpo sicuro, ma anche quella che va a tentoni, pur avendo una rappresentazione della meta, anche solo approssimativa. Qui però siamo nella zona delle speculazioni gnostiche sulla “caduta” dal pleroma divino, credo ben note al dott. Marullo.
Altra cosa è la questione di Leopardi – Monod sulle istanze laico-umanistiche di pace, giustizia e benessere generalizzate e perfino pretese in una situazione che per l’umanità è quella dello “zingaro dell’universo”.
@ Florenskij
Sul cosiddetto finalismo:
“Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà sempre infelice di necessità. Non il genere umano solamente ma tutti gli animali. Non gli animali soltanto, ma tutti gli altri esseri al loro modo. Non gl’individui, ma le specie, i generi, i regni,i globi, i sistemi, i mondi. Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pure quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno. Là quella rosa è offesa dal sole, che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassisce. Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, nella sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce miele non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone, virtuose api senza indicibili tormenti di quelle fibre delicatissime, senza strage spietata di teneri fiorellini. Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nella scorza e cruciato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quello è offeso nel tronco, o nelle radici; quell’altro ha più foglie secche; quest’altro è roso, morsicato nei fiori; quello trafitto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo caldo, questa troppo fresco; troppa luce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L’una patisce incomodo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l’altra non trova dove appoggiarsi, o si affatica e stenta per arrivarvi. In tutto il giardino tu non trovi una pianticella sola in istato di sanità perfetta. Qua un ramicello è rotto o dal vento o dal suo proprio peso; là un zeffiretto va stracciando un fiore, vola con un brano, un filamento, una foglia, una parte viva di questa o quella pianta, staccata e strappata via. Intanto tu strazi le erbe co’ tuoi passi: le stritoli, le ammacchi, ne spremi il sangue, le rompi, le uccidi. Quella donzelletta sensibile e gentile, va dolcemente sterpando e infrangendo steli. Il giardiniere va saggiamente troncando, tagliando membra sensibili, colle unghie, col ferro.” “Certamente queste piante vivono; alcune perché le loro infermità non sono mortali, altre perché ancora con malattie mortali, le piante, e gli animali altresì, possono durare a vivere qualche poco di tempo. Lo spettacolo di tanta copia di vita all’entrare in questo giardino ci rallegra l’anima, e di qui è che questo ci pare essere un soggiorno di gioia. Ma in verità questa vita è trista e infelice, ogni giardino è quasi un vasto ospitale (luogo ben più deplorabile che un cemeterio), e se questi esseri sentono o, vogliamo dire, sentissero, certo è che il non essere sarebbe per loro assai meglio che l’essere.”
(dallo Zibaldone di Giacomo Leopardi, filosofo)
@ S. Marullo e volenterosi un po’ masochisti.
Mi spiace che lei abbia dovuto impiegare tanto tempo per riportare il brano di Leopardi: per me da moltissimi anni si tratta di UN TESTO CAPITALE., che mette in crisi troppo facili teodicee, come del resto tutto Leopardi, grandissimo pensatore oltre che grandissimo poeta. Trovo il suo PESSIMISMO COSMICO un punto di partenza imprescindibile, mentre giudico il PESSIMISMO STORICO portato all’estremo, come causa unica del male degli uomini, non solo intellettualmente limitativo, ma anche foriero di pericolosissime semplificazioni ideologiche: l’ideologia e l'”ethos” del mio avversario sono mostruosi, per cui lo devo eliminare se voglio creare il paradiso in terra: lo faccio fuori e arriva l’età dell’oro.
Tuttavia il discorso non si ferma qui. Leopardi è anche un cantore della BELLEZZA, edll’ARMONIA DELLA NATURA secondo la tradizione della lirica greco-mediterranea ( ha accenti simili a quelli delle canzoni napoletane ). Per cui credo inevitabile arrivare a una riflessione sull’AMBIVALENZA DEL FENOMENO “VITA”, in una dialettica di tipo eracliteo. Il mondo è insieme GIUNGLA E GIARDINO, CAOS e COSMOS, in modo apparentemente inestricabile. Da qui esiti di vario tipo: dall’ingenuità da prato inglese degli animalisti estremi al sadismo, al moralismo-immoralismo tribale di tipo nazista.
Dal punto di vista filosofico-religioso potrebbe sembrare giustificata una concezione di tipo manicheo ( o marcionita ), ma per me qui interviene una riflessione decisiva: il bene di per sé può esistere non contraddittoriamente senza male, il male non può esistere di per sé, ma come parassita del bene, come sua corruzione, Non esiste la carie in sé, esiste solo la carie in quanto intacca il dente sano. Quindi primato ontologico-axiologico dell’Essere come Pienezza sul Non-Essere e sul Meno-Essere. ( Per questi argomenti ci possiamo spupazzare con testi come “Della cosa ultima” di Massimo Cacciari, che non è credente ma lavora su categorie ontologiche-teologiche e tiene a discostarsi dal troppo diffuso ateismo volgare e dozzinale, da cui separa assolutamente Nietzsche ).
Lei sa che si pongono due modelli fondamentali di metafisica, nel senso lato di “concezione generale dell’universo”: una DALL’ALTO, per cui esiste una Pienezza, un Pleroma originario di essere-forma-informazione ( buono, bello, vero, una specie di “sole metafisico” ) che si depotenzia in parte o in tutto, con la caduta di “frammenti” che tendono poi a ricongiungersi e a risalire ( exitus – reditus ); una DAL BASSO, per cui la materia ( non dico inerte, ma “abbastanza semplice” ) si organizza, articola e complessifica fino a generare la vita. Se il processo è casuale e del tutto aleatorio, non si vede per quale motivo la GIUSTIZIA debba essere sentita interiormente come un’istanza mistica: GIUSTO, anche nel senso della meccanica, è ciò che si inserisce in una forma o in un’intelaiatura che la precede, secondo un principio di ORDINE. Il che è ricollegabile all’osservazione di Monod per cui nell’età “scientista” contemporanea si sono presentate ideologie apparentemente atee, ma in realtà cripto-provvodenzialistiche e cripto-teologiche; è come se DI FATTO, anche i più robusti ideologi nichilisti avvertissero una spinta dal basso o un richiamo dall’alto verso “magnifiche sorti e progressive”. Quanto al prof. Pievani, credo che la “pressione selettiva” si risolva in un eufemismo per evitare il concetto latente di “evoluzione come direzionata da una volontà di progresso”.
Lo si saràcapito da un pezzo, ma lo ripeto: sono portato a ipotizzare che il “peccato originale” della teologia cristiana sia una catastrofe non solo antropologica, ma anche cosmica ( la maledizione della terra ). Nelle Scritture gli accenni sono pochi, ma ci sono: in san Paolo il concetto di universo “sottoposto alla vanità” che “soffre le doglie del parto” in attesa della liberazione ( cito a braccio ); l’intero mondo sottoposto al dominio di Satana ( Vangelo di Giovanni ). Se la teologia dei primi secoli ha dovuto confrontarsi con le correnti gnostiche, vuol dire che la problematica era molto consistente ( Marcione e il Dio creatore “malvagio” contrapposto al Dio salvatore; Agostino e il M;anicheismo ).
Un dato interessante è che Hans Jonas, studioso della problematica di Dio dopo Auschwitz, oltreché di etica globalista, riteneva che il pensiero di Heidegger, strabordante nel ‘900, fosse una riedizione delle istanze gnostiche: l’esistenza umana come effetto di una caduta. Su questo perfino una novella di Pirandello:”Ciaula scopre la luna”.
Personalmente sono convinto che il tema del “male nella natura”che lei ha esemplificato con la citazione di Leopardi sia stato “glissato” e nient’affatto preso di petto dalla teologia cattolica. Comunque sono in attesa di capire se e quanto sono ortodosso oppure eretico.
Chiedo scusa a chi ha avuto la pazienza di leggermi: ho ritenuto che il dott. Marullo sia in grado di capirmi, anche senza condividere le mie idee e le mie istanze di ricerca.
Caro Florenskij, c’è parecchia materia prima da riempire intere enciclopedie, ma temo annoieremmo quanti navigano in un sito ateo-agnostico. Mi limito ad un paio di considerazioni. Il discorso sul primato ontologico del Bene rispetto al Male tipicamente agostineo è viziato ab origine dalla circostanza che essi sono in rapporto all’imperativo che, assiologicamente, li ordina. Parimenti lei, in linea con una certa tradizione filosofica e religiosa stabilisce che il non-Essere non è mentre l’Essere “è”. Eppure altre tradizioni, sia filosofiche che mistiche, hanno argomenti altrettanto convincenti per stabilire che è il Nulla a fondare l’essere. La dottrina del peccato originale, risolve molte cose, e bisognava inventarla: emula di quello gnosticismo che trova tracce in Paolo (come più tardi negli scritti giovannei)? Ipotesi interessante. Il rapporto tra la liberazione storica e la liberazione cosmica è presente nell’ultimo Boff (Leonardo) e nella sua insistenza sulla “cura della terra”, a proposito di etica globalista. La prospettiva di una redenzione universale fa ricadere unicamente nell’uomo la responsabilità di quella libertà che (per dirla gnosticamente) ci ha fatto cadere nella storia. E se andassimo ancora più a ritroso? Philipp Mainlaender vede in Dio la prima traccia del cupio dissolvi che contamina ogni universo. Visione non meno suggestiva.
C’è una terza via che husserlianamente potremmo chiamare dell’epoché. La Natura non è né buona né cattiva, perchè è esistita prima della specie umana e potrebbe continuare ad esistere anche senza di noi. Finalismi e teleologia sono figli del nostro egocentrismo. C’è un’eccedenza tipica della nostra specie che ci fa “pensare” oltre gli scopi contingenti. Ma su questo può dire meglio Pendesini.
Il cammino dell’eresia è irto di ostacoli ma è un’avventura avvincente. I grandi sistemi di pensiero sono cresciuti attraverso di essa. Una verità statica e sempiterna prima che arrogante è anche un po’ noiosa
Secondo me, il problema non è tanto annoiare i lettori, atei o agnostici che siano, quanto quello di continuare a discutere (e qui intenderei generalizzare: non si tratta di critica particolare ai due “contendenti dialettici” qui sopra, ma di considerazione troppo spesso tralasciata) di ontologia e, peggio ancora, finalismo. Concetti tanto accademici quanto inutili.
La scienza, unico metodo universale e riconosciuto di conoscenza, prescinde completamente sia dall’una che dall’altro. Così come non ha senso chiedersi (e discutere) dell’Essenza dell’Essere, non ha senso domandarsi (e filosofare) sulle Qualità Teologiche del Finalismo. L’una è una costruzione fittizia e incorporea basata sull’utilizzo inappropriato di una copula logica come il verbo “essere”, mentre l’altro contraddice le basi logiche dell’epistemologia della scienza. Ambedue sono “catastrofi” logiche.
Non ha assolutamente senso chiedersi quale sia l’essenza ultima, che so io, dell’acqua (o dell’umanità), e neppure quale sia il suo scopo o fine ultimo. L’acqua possiede una sua definizione ed ha un certo comportamento, e questi concetti da soli risultano essere sia necessari che sufficienti. Fine della questione, purtroppo, o, per fortuna.
La molecola di acqua è definita come H2O, dove ossigeno e idrogeno sono legati a circa 104 gradi, e la qual cosa le conferisce una certa polarità elettrica e certe caratteristiche sia liquide che solide eccetera eccetera…..
@Flo’
Sarò breve:
L’utilizzare concetti matematici in architettura non implica che lo scopo e le forme finali siano o rientrino in uno schema razionale. Per dire: anche Dalì conosceva la prospettiva: questo rende il significato dei suoi quadri più razionali?
Ciò detto anche la seconda risposta cade. Ancor più che dimostra di non aver per niente compreso il concetto di metalinguaggio, o che l’ontologia ha senso solo in un sistema linguistico concernente il verbo essere: quel tipo di opera è a metà fra una sfida e un gioco intellettuale, parlandoci pane al pane, nulla più.
E il fatto che Eco l’abbia pubblicato esponendo il pensiero medievale dell’epoca giustificherebbe che egli stesso sarebbe dello stesso avviso perché…
E se anche Eco fosse dello stesso avviso questo lo renderebbe più vero perché…
Sempre lì cade. E non impara mai.
Una causa ea ipsa è un’astrazione, non può essere di conseguenza anche un’entità esterna al pensiero. Ti contraddici da solo.
Di più: perché presupporre una causa presume che si abbia anche solo un estremo per determinarla, sempre non sia semplicemente un’umanizzazione istintiva. Pura pareidolia. Il che è molto più probabile.
Giochetto linguistico: si sarebbe potuto scrivere “le ecatombi sempre ci sono state perché è necessario che lo spazio abitabile ritorni pressoché totale, condizione necessaria per dare la possibilità ad altre specie… una civiltà tramontata può dare vita a una nuova era”.
Altro argomento fallacie: dai per scontato che sicché per noi umani sia sofisticato (secondo quale criterio?) allora debba essere sofisticato anche per tutto il resto dell’universo.
Le obiezioni sono semplici:
Prevedere un fine presuppone che con esso stesso si sappia prevedere gli esiti dello stesso fenomeno. Così non è mai stato dimostrato degli stessi sostenitori di tali idee.
Prevedere un fine presuppone l’esistenza di uno che lo abbia. Giustificare che esista un fine perché c’è un essere superiore e che esista un essere superiore perché esista un fine è una petizione di principio.
Ponendo per buona la tua congettura la prima cosa che salta all’occhio è l’assoluta inesistenza di onnipotenza e onniscienza di ogni singola intelligenza presa ad esame, come puoi determinare quale sia il vero dio? Di più, perché nulla vieta di sostenere che tali intelligenze siano sottoposte anch’esse ad un fato. E idem il creatore di questo fato superire. E così all’infinito. L’ipotesi diventa così ancor più irragionevole.
P.S.: e meno male che dicevi d’aver smesso coi pistolotti.
……“L’Homo sapiens, erede fortunato, quanto casuale, di passate catastrofi (senza le quali non sarebbe mai apparso sulla terra) si caratterizza per un’esemplare stupidità che potrebbe portarlo a distruggere “il libro della vita prima di averlo letto”…….
Sacrosanto !
L’estinzione dell’umanità, se avrà luogo, (escludendo qualsiasi tipo di catastrofe naturale) non sarà dovuta al suo fallimento, ma bensi al suo successo ! Qualunque sia stata la causa precisa dell’estinzione dei nostri predecessori, è più che probabilmente legata principalmente ad una forma di eliminazione via la selezione naturale. Nel nostro caso, l’estinzione sarebbe dovuta ad un diverso motivo: un SUCCESSO ECCESSIVO. Gran parte dei nostri problemi dobbiamo attribuirla ai nostri geni. Infatti pur essendo un prodotto della selezione naturale, siamo “vittime” di una -diciamo- stranezza (epi)genetica la quale ci ha dato abbastanza intelligenza e abilità per conquistare il mondo, ma non abbastanza saggezza per gestire i frutti delle nostre vittorie.
P.S. Personalmente non direi « la fine del mondo », sotto un profilo scientifico non ha nessun senso. Ma sicuramente la fine della specie umana, su questo non sembra ci siano dubbi ; se non cambiamo radicalmente il nostro comportamento -particolarmente triviale e irrazionale- sara solo una questione di, nei migliori dei casi, qualche secolo…Spero solo di sbagliarmi !
“Qualunque sia stata la causa precisa dell’estinzione dei nostri predecessori, è più che probabilmente legata principalmente ad una forma di eliminazione via la selezione naturale. Nel nostro caso, l’estinzione sarebbe dovuta ad un diverso motivo: un SUCCESSO ECCESSIVO”
Non sono d’accordo: il motivo potrebbe essere proprio lo stesso.
Nonostante la “vulgata” spenceriana e hobbesiana sostenga che la selezione naturale favorisca gli esemplari più “competitivi” nella lotta per la vita, lo scienziato e filosofo Kropotkin (e con lui di recente ha concordato anche Gould) ha indicato come la solidarietà e il mutuo appoggio siano evolutivamente di gran lunga più vincenti della competizione.
Se l’umanità commetterà davvero un suicidio ecologico, distruggendo i presupposti ambientali che la mantengono in vita, ciò avverrà solo perché essa avrà fatto prevalere la competizione sulla collaborazione e la solidarietà (sia tra umani sia con gli altri viventi) dimostrandosi così inadatta a sopravvivere sul lungo periodo.
@Ferrer
Puoi ovviamente non essere d’accordo, in tal caso significa che mi sono sbagliato (o più esattamente ci siamo sbagliati, poiché non sono il solo ad avere questa visione del futuro) il che mi da un certo sollievo…..
–Mi sia concesso aggiungere che il caso gioca un ruolo molto importante nella definizione, in ultima analisi, di una società. (Questo è l’argomento delle “Memetica” che studia la teoria dell’evoluzione in ambito culturale). Il caso propone e la selezione naturale conserva le culture i cui obiettivi sono efficaci, O.K , ma NON i più nobili o i più rispettosi della Natura, e neanche i più vivibili ! Questi obiettivi potrebbero causare la nostra perdita individuale e/o collettiva….Ma come sappiamo, è molto difficile -se non utopico- predire il futuro….Ripeto, spero solo di sbagliarmi !
P.S. A differenza del resto del mondo animale, non siamo più necessariamente dei “giocattoli” della selezione naturale cieca e irresponsabile. Ma siamo attualmente, in una certa misura, i “padroni” del nostro destino -e non solo- ! -Bien à toi
@ alessandro pedesini
Ovviamente riportavo solo un’opinione (mia e di altri pensatori).
Da quanto scrivi, mi sembra che in realtà diciamo la stessa cosa, solo prendiamo in considerazione durate temporali diverse: tu dici che una società non rispettosa della Natura e poco vivibile può essere “vincente” rispetto la selezione naturale, io ti rispondo che ciò è possibile ma solo nel breve periodo (che in termini naturali e storici può essere anche qualche secolo), nel lungo periodo una società così costituita si troverà a fronteggiare contraddizioni insanabili e dovrà o modificare radicalmente il proprio assetto o essere spazzata via dalla stessa selazione naturale perché diventata ormai inadatta.
Il modo di produzione capitalistico non ha più un futuro davanti a sé, dato che ormai è evidente a chiunque abbia un po’ di buonsenso e non si lasci infinocchiare dai pii sermoncini degli economisti, i frati predicatori del nostro tempo, che la crescita economica si è ormai irreversibilmente bloccata davanti agli stessi limiti fisici della civiltà industriale. Del resto, la finanziarizzazione dell’economia e la conseguente dittatura dei banchieri non sono altro che epifenomeni di questa crisi. Ma la fine del modo di produzione capitalistico implica necessariamente anche il tramonto della nostra civiltà occidentale. Vediamo di farcene una ragione.
Karol Wojtyla, che detestava il capitalismo con tutto il suo materialismo economico ancora più dello stesso comunismo, leggeva nella fine imminente della nostra civiltà un’attualizzazione dell’Apocalisse di Giovanni. E Luther Blissett non ha avuto tutti i torti nel sottolineare questo tratto del magistero wojtyliano.
Non ho letto il libro di Pievani e non posso farne una critica onesta. Ho letto però con interesse la recensione che ne ha scritto Stefano: forse mi sbaglierò, ma nelle sue parole mi sembra di scorgere una certa ironia goethiana, diciamo pure una discreta dose di scetticismo. Ad ogni buon conto, chiedo scusa a Stefano, se la mia “esegesi” è un po’ troppo libera e poco aderente al testo.
E di Florenskij e di tutto il suo estetismo che devo dire? Ah, quanto sarebbe stato meglio, per lui e per tutti noi, se al liceo non avesse mai preso quella cotta terribile per la sua prof di storia dell’arte! La quale, tra l’altro, pare che fosse addirittura amica della Rossanda – ma lo sa almeno, il nostro Flo’, che quest’ultima è stata, ed è tuttora, una comunista di quelle toste, e non la collaboratrice di don Giussani?
@ Florenskij
Forse sarebbe opportuno non tirare in ballo la gnosi (Valentino, Basilide, Marcione ecc), dato che questo è uno dei problemi più incasinati di tutta la storia delle religioni. Spiace doverlo scrivere, ma mi permetto di farle osservare che la sua “forma mentis” è quella tipica di un valentiniano e non di un cristiano – ci manca solo che lei nei suoi interventi si metta a parlare di Abisso, Silenzio, Intelletto, Verità e la prima tetractys del pleroma è completa.
Lei considera Leopardi un grandissimo pensatore. Nientemeno! Uno come il nostro bravo conte marchigiano, la cui preparazione era essenzialmente filologica e bordeggiava il semianalfabetismo in campo filosofico e scientifico, sarebbe stato un grandissimo pensatore! Non so proprio che dirle. No, anzi, una cosa da dirle ce l’avrei: io non posso amare Manzoni, dal momento che era un giansenista e soprattutto dette voce poetica a quel grosso equivoco che fu il cattolicesimo liberale italiano dell’Ottocento; ciò nondimeno ritengo che una sola pagina dell’Adelchi o della Colonna Infame o degli stessi Promessi Sposi abbia molto più “spessore filosofico” della Ginestra e di tutte le Operette Morali messe insieme. Ma evidentemente lei ed io la pensiamo in modo diverso. A proposito, il suo confessore è a conoscenza di codesta sua predilezione per Leopardi? E quante migliaia di Pater, Ave e Gloria le rifila ogni volta come penitenza?
Il pessimismo cosmico di Leopardi sarebbe piaciuto immensamente a Valentino e a Basilide, e probabilmente anche allo stesso Origene. Meno ad Agostino. Di sicuro non sarebbe piaciuto per niente a Paolo. Uno dei dogmi più importanti del cristianesimo, attinente alla stessa mediazione universale del Verbo e riportato nel simbolo niceno-costantinopolitano, dichiara in modo esplicito che tutto è stato creato per mezzo di lui, cioè per mezzo del Verbo. Dato che lei è un credente ed in quanto tale viene a controbattere a tutti gli ateacci di questo blog, crede che il pessimismo cosmico leopardiano sia compatibile fino in fondo con il dogma cristiano? Io ci rifletterei bene sopra.
@ giordanobruno
Mi sorprende che un goethiano come te possa disprezzare Leopardi, che passato alla storia come pessimista “cosmico” sapeva essere caustico, arguto e la sua filosofia (ma fu anche, non dimentichiamolo, drammaturgo, filologo, linguista e aveva una buona preparazione teologica) universalmente apprezzata (mi risulta che ci siano settimane “leopardiane” anche in Giappone) e determinante per molti pensatori dopo di lui. De gustibus, certo, ma come italiano non mi vergogno certo di lui, come di Dante, Leonardo o Caravaggio. Non ne abbiamo moltissimi da esibire.
@ stefano marullo
Caro Stefano, sulla qualità poetica dell’opera leopardiana non mi pronuncio affatto, dal momento che io non sono un fine esteta come Florenskij (diaciamo pure che di letteratura e di arte in generale non ci capisco una beata mazza). Quello che mi ha lasciato di stucco è l’affermazione di Florenskij, secondo la quale il figlio del conte Monaldo sarebbe stato un grandissimo pensatore, quando tutti sanno benissimo che egli era solo un filologo. Esattamente come Miguel de Unamuno e Friedrich Nietzsche. Ora, se un filologo tesse le lodi del cardinale Angelo Mai per la scoperta di alcuni frammenti del “De Re Publica” di Cicerone, niente da eccepire – ma se poi questo filologo, dopo aver letto un po’ di Condillac, La Mettrie, Holbach ed altri sensisti variamente assortiti del suo tempo, pretende di avere compreso tutto della filosofia moderna e si atteggia a novello Lucrezio, qualche perplessità mi viene. A te no? Non guasta poi ricordare che il grande Goethe ammirava moltissimo Manzoni, mentre non mi risulta che si sia mai interessato al recanatese.
Ma c’è dell’altro. Florenskij è uno degli apologeti ufficiali del pensiero cattolico in questo blog. Nessuno gliene fa una colpa, sia ben chiaro. Ma dovrebbe attenersi maggiormente a quelli che sono i veri principi della dottrina cristiana. Se si mette a fare il “traduttore” dei frammenti di Valentino e di Basilide, come dobbiamo regolarci?
Il pensiero florenskijano francamente lo trovo molto più vicino a Henri Bergson e alla sua “Evoluzione creatrice” che agli gnostici. Florenskij ha però sicuramente una sensibilità di tipo gnostico, il mysterium iniquitatis, è fonte di scandalo per la sua fede: non ne trae però conseguenze di tipo etico rimandando al credo quia absurdum.
Mi scuso con il professore per l’esegesi (non autorizzata).
Quanto a Leopardi, è stato un veicolo formidabile dei grandi classici (Lucrezio in primis). Senza di lui, capiremmo molto meno Nietzsche e Schopenauer (aggiungo, Philipp Mainlaender, che di Leopardi fu vorace lettore ed estimatore)
@ stefano marullo
Caro Stefano, appena avrò un po’ di tempo a disposizione, dovrò proprio scriverti un’altra e-mail su Nietzsche ed il nichilismo borghese del Novecento. È un discorsetto che prima o poi dovremo affrontare. Nel frattempo ti mando un caro saluto.
@ giordanobruno
Con piacere, ma prima dammi il tempo di leggere le cose arretrate che mi invii.
E, solo per farti arrabbiare, ricorda che le rivoluzioni sono tutte “borghesi” 🙂