Bruno Gualerzi*
Esistono persone cosiddette carismatiche che sembrano avere il potere di rendere efficace tutto ciò che dicono o fanno perché, detto o fatto da loro, assume un significato che nessun altro – pur dicendo o facendo le stesse cose! – è in grado di rendere altrettanto efficacemente. E questo è un dato, si afferma, sempre verificabile nel passato come nel presente.
Ma che ‘dato’ è? Dato da chi? Per chi? E cosa è dato?
Una prima considerazione. L’uomo carismatico è tale perché viene riconosciuto come tale da chi ne avverte il bisogno, ne sente l’esigenza, e quindi lo cerca, lo attende… e l’uomo riconosciuto dotato di carisma è tale proprio perché è colui che risponde a questa attesa, che soddisfa questa esigenza. Ma allora, domanda: è l’uomo carismatico che incarna le attese, o è l’attesa che ‘produce’ l’uomo carismatico?
Si può rispondere che questo non ha importanza perché ciò che importa è l’incontro tra l’attesa e la risposta all’attesa, cosa possibile in ogni caso perché compare l’uomo dotato di carisma, di contro a tutti gli altri uomini che invece, non avendo carisma, non possono rendere possibile questo incontro.
Ciò allora suggerisce un’altra domanda. Non potrebbe essere che l’uomo che si rivela dotato di carisma sia proprio colui che, non attendendo niente, si rende disponibile ad essere l’atteso, mentre tutti gli altri che sono in attesa si autoeliminano come il possibile atteso?
Sì, ma è proprio questa ‘disponibilità’ che lo rende in qualche modo unico, speciale, in una parola carismatico. Solo lui è in grado di esprimere con le sue parole, con i suoi atti, quella forza, quella determinazione, che gli altri, i più, hanno esaurito – nel senso di averle tutte riposte – nell’attesa. Chi ‘attende’ sospende in un certo senso tutte le proprie facoltà, si proietta totalmente al di fuori di sé, non ascolta più se stesso, aspetta solo indicazioni, aiuti, rinforzi dall’esterno; chi ‘non’ attende, lo può perché probabilmente ha ascoltato solo se stesso, non tanto come interiorità, come luogo da sondare per ritrovarsi, ma un se stesso tutto risolto, che non richiede né domande né risposte, o che comunque trova una risposta che, per problematica sia stata la domanda, lo convince, lo soddisfa, lo esalta. Da qui la sua forza, il suo carisma.
Ma se proviamo a spostare l’attenzione su ‘cosa’ è oggetto di attesa, di ricerca, di esigenza, e che si ritiene di trovare nell’uomo carismatico, la questione potrebbe essere vista sotto una luce diversa. Cos’è infatti che veramente si attende? In realtà ‘non si sa’: l’attesa, la vera attesa, l’attesa esistenziale, consiste soprattutto nell’attendere di sapere cosa veramente si sta attendendo. Se così non fosse, se invece lo si sapesse, non lo si aspetterebbe in questa sorta di sospensione delle proprie facoltà: ci si metterebbe alla ricerca in proprio, con le proprie risorse, con la determinazione comunque legata al sapere ciò che si vuole; e sarebbe solo una questione di maggiore o minore disponibilità di mezzi da adeguare ai fini, da prendere dove sono, in noi o in altri, ma senza deleghe, senza attese. Quando invece così non è, è perché in realtà si sta cercando qualcosa, o qualcuno, che dia un senso al proprio cercare, cioè poi alla propria esistenza. C’è l’esigenza di qualcosa che si va cercando, ma lo si ricerca proprio perché non si sa di cosa si tratti, per cui non si potrà mai sapere quando lo si incontra… o almeno non si potrebbe, perché si è, ci si trova, nella condizione di non saperlo mai. Anche se lo si vorrebbe con tutto se stessi…
Ed è qui che può prendere forma l’uomo carismatico. E’ qui che si può ritenere avvenga l’incontro, e che avvenga sotto forma di ‘illuminazione’, di rivelazione. Rivelazione che consiste nel sentir affermare, o nel veder compiere… cosa? Ecco il punto: ciò che in realtà era già dentro ognuno di noi e che si scopre di sapere da sempre (che in realtà ‘si desidera’ da sempre), ma che nessuno ci aveva aiutato a riconoscere, a identificare. Per cui l’uomo carismatico viene ad essere colui – anzi, Colui – che si ritiene permetta finalmente, se lo si segue, di afferrare ciò che si andava cercando senza sapere bene cosa fosse, e diventa quell’essere straordinario che opera la cosa ritenuta più straordinaria: fa ritrovare, o trovare per la prima volta, se stessi. Lo fa sulla base della convinzione (illuminazione, rivelazione… in realtà illusione) che lui sappia ciò che vuole, che sappia cosa si deve fare.
Ecco, ma se così si ritiene che avvenga, viene allora da riprendere la considerazione iniziale, anche se un po’ modificata, e decisamente ormai domanda retorica: l’uomo carismatico, esiste per se stesso, o siamo noi che lo facciamo esistere? L’atteso, il ‘messia’, chi è, cos’è, se non la nostra esigenza/desiderio di sapere chi siamo e perché? E se qualcuno – per una qualche ragione del tutto imponderabile, ma comunque non certo perché ha ciò che noi non abbiamo e che andiamo cercando dal momento che è dentro di noi – ci si para di fronte come uno specchio, e quindi ci permette di vedere noi stessi, non è che in realtà sia solo una proiezione di noi stessi?
D’accordo, ma la partita è tutt’altro che chiusa (e l’uomo carismatico tutt’altro che liquidato) perché… si riconosca pure che l’altro siamo solo noi stessi riflessi… ma perché questo riconoscimento avvenga, occorre lo ‘specchio’, occorre cioè qualcosa o qualcuno che abbia questo ‘potere riflettente’ – dono divino o di natura che sia – cui si dà, appunto, il nome di carisma.
Invece è proprio qui che sta il rischio dell’abbaglio maggiore, del circolo vizioso nel momento del maggiore contorcimento, che poi è il momento di massima alienazione. Proiettiamo noi stessi al di fuori di noi e poi ci mettiamo in ascolto, quasi in adorazione, di questo noi stessi come se fosse un altro… perché in effetti è ‘un altro’, cui deleghiamo forza e potere perché lui ha prestigio, ascendente, fascino, insomma carisma. Ma ciò non è altro che il meccanismo psicologico che – come il pensiero ‘materialista’ ha sempre denunciato… per abbandonare però la denuncia appena si esce dall’ambito propriamente teologico – sta alla base di ogni ricorso alla trascendenza. Quando il carisma di un nostro simile si rivela troppo inadeguato per le nostre esigenze – di fatto senza limiti – proiettiamo noi stessi ‘aldilà’ di questa dimensione che sta così stretta al nostro desiderio e così contrassegnata invece dalle nostre paure… cioè proiettiamo noi stessi, appunto, nella trascendenza, un luogo al riparo da troppo facili smascheramenti, e dove il collocare noi stessi può attenuare gran parte delle nostre angosce esistenziali. Ma il primo passo per questo approdo illusorio è il credito dato all’uomo carismatico. Non importa se viene prima l’alienazione in dio o nell’uomo carismatico: il meccanismo è lo stesso, anche se deve passare comunque attraverso qualche ‘profeta’. In questo senso si parla di ‘primo passo’, cioè tale in ordine di importanza… Comunque di ‘verifica’.
Ultima considerazione. Ultima e decisiva. Lui, l’uomo carismatico, sia pure per evocazione, esiste? O meglio, sa di esistere? Se lo sapesse nei termini descritti e quindi si studiasse di calarsi nel ruolo che gli viene assegnato, non lo sarebbe più, perderebbe il suo carisma. Perché il carismatico deve solo ‘essere per gli altri’ (uno specchio, appunto), tutto proiettato all’esterno; i problemi che il suo ego gli pone non devono trasparire se non come risolti perché qualora trasparisse che sta ancora riflettendo, che sta ancora cercando, non sarebbe più ‘utilizzabile’ dagli altri, passerebbe pure lui dalla parte di chi aspetta di sapere cosa veramente deve fare. Quindi colui che riceve da noi la delega per risolvere parte, o anche tutti, i nostri problemi perché gli riconosciamo i poteri (il carisma) per farlo, se davvero sentisse questa responsabilità, svaporerebbe da quel fantasma evocato che è… e resterebbe solo la possibilità, tutt’altro che teorica (chi ha fatto più danni nella storia dell’umanità, chi ha provocato più lutti, di certi ‘uomini della provvidenza’?) che invece il fantasma si materializzi come puro uomo di potere.
Un potere che gli avremmo dato noi, e che è della stessa natura che si ritiene sia il potere di cui dispone la divinità: un potere ‘disumano’ (che non riguarda l’uomo) che consegniamo senza contropartita nelle sue mani. Perché questo può diventare l’uomo carismatico: il rappresentante in terra del potere divino… cioè poi l’unica ‘divinità’ concretamente esistente. E potere che potrà esercitare in modo ‘disumano’, cioè sfruttando un’umanità alienata.
PS: Questo non significa naturalmente che non si debbano riconoscere doti fuori del comune in persone che inducono a credere in loro, nelle loro capacità, ad ammirarli e seguirli per le qualità superiori di cui sono portatori. L’importante è che tutto ciò avvenga senza alienare se stessi, senza che scatti il meccanismo della proiezione per cui ci si mette completamente nelle loro mani. Li si può ammirare, giustamente, li si può seguire, se ne possono utilizzare gli insegnamenti, si possono fare nostri i loro progetti e collaborare per realizzarli… ma – consapevoli di certi meccanismi – si deve sempre tenere sotto controllo sia se stessi che loro.
Perché non diventino indispensabili.
* Già insegnante di storia e filosofia nei licei, è ora in pensione. Nel 2010 è uscito il suo libro Ateismo o barbarie? (autoanalisi di un’ossessione)
Forse un po’ ridondante e ripetitivo, ma é un pensiero interessante.
Pensiero molto interessante, da me in gran parte condiviso.
Riguardo la forma mi sembra sia stato scritto un po’ di fretta perché è ripetitivo nel ribadire lo stesso concetto.
“Riguardo la forma mi sembra sia stato scritto un po’ di fretta perché è ripetitivo nel ribadire lo stesso concetto”
Più che scritto in fretta è il tentativo, sicuramente poco riuscito, di trascrivere un testo più ampio pensato in forma dialogica.
Chiedo scusa, sperando comunque che passi qualcosa del contenuto.
Gli stessi (una volta tanto condivisibili) concetti si possono scrivere in meno di 10 righe.
Sul concetto 1+1=2 un “filosofo in libris” ci scriverebbe 200 tomi enciclopedici. Ripetendo all’infinito le stesse cose con parole diverse e facendo addormentare (schiattare) anche i sassi per sfinimento prolisso e logorroico. Solo così si sentirebbe realizzato.
Figuratevi che l’intero pensiero di Kant (che NON era un professorucolo di liceucolo) potrebbe essere condensato in 4 paginette. Non a caso il grande filosofo naturale Odifreddi sostiene che studiare l’opera omnia di Kant sia da masochisti. O da cretini.
Insomma, gira e gira, ancora una volta mi hai dato del cretino, sia pure usando Odifreddi. Se questo ti fa star bene, continua pure.
Ps. Hai detto che gli stessi concetti si possono scrivere in 10 righe. Non lo nego affatto (tante volte, come del resto anche qui, ho fatto autocritica in merito), però, per un minimo di correttezza – dopo aver vomitato le tue offese – potevi pure scriverle tu queste 10 righe. Visto che – bontà tua – condividi i concetti.
Io non ne faccio tanto una questione di forma del testo, ne faccio una considerazione di sostanza del contenuto. Personalmente diffido delle persone ritenute “carismatiche”, o che si ritengonotali. Per quel po’ di etimologia che so, credo che il termine “carisma”, derivi da “crisma”, ovvero unzione nel senso biblico o religioso, che vorrebbe essere attribuito a persona investita da una specie di “spirito santo” o tocco divino. Interpretazione che per un laico, o non credente, di per sè dovrebbe suscitare qualche sano dubbio.
Io preferisco pensare che ci sono certamente persone dotate di fascino o attrattiva, fisica e/o intellettuale, superiori a quelle di altre, come ci sono persone fisicamente più “belle” o piacenti, o dotate di attitudini particolari per la musica, o la pittura o per la matematica, chi per lo studio e chi per lo sport. Per chi è credente, ogni persona dovrebbe essere considerata carismatica, o dono di dio, indipendentemente da quel che sa fare. Per chi credente non è basta una sana ammirazione e stima, o quantomeno rispetto per chi sa affascinare per meriti particolari, naturali o acquisiti. Senza abbandonarsi a fughe fantasiose nel potere divino o in sudditanze psicologiche . In fondo mi pare si possa condividere il PS finale di Gualerzi.
Cara Cassandra, anche tu puoi essere carismatica, non devi fare molta fatica, io ho fatto diversi esperimenti con consenzienti maggiorenni, senza toccarli, non c’è bisogno di metere le mani addosso alla gente.
A Spello, dai frati capuccini, fui ospite per tre giorni; un quasi frate mi venne a chiedere: ma Gesù chiama davvero al sacerdozio? Benedici la mia scelta! Io risposi, ascolta, chinati che ti benedico! e lui obbedì! Il giorno dopo mi venne a salutare e mi disse: non hai avuto bisogno di mettere in bocca a gesù cose che solo lui doveva dirmi, per questo ho riflettuto sulla tua discrezione e rispetto, mi ritiro dal seminario e rimango laico, torno a casa a lavorare.
I frati alla fine non erano proprio felici di avermi li, loro lo volevano convincere a rimanere ma ignoravano che una persona è felice e solo se serenamente sceglie la strada giusta per se stesa ed èpronta ad assumersene la responsabilità fino in fondo.
Vedete, nel mio atteggiamento carismatico ho semplicemente assecondato la sua fede, non l’ho illusa e neppure le ho tolto la parola, a me premeva che lui prendesse la decisione liberamente credendo in ciò che faceva di suo, non ispirato da voci o indotto da intermediari.
Oggi, cara Cassandra ci sono troppi credenti che mettono in bocca a dio e a gesù e alla madonna parole derivate da interpretazioni dogmatico teologiche da parte delle autorità religiose, o soggettive autoconvintesi e molto relative, perchè ogni cerdente mette in bocca a dio quel cavolo che vuole fargli dire per esteriorizzare la propria fede.
Vi sono credenti di molte religioni nel mondo, e allora risulta che a ste dio fan dire dogmaticamente quello che la propria religione impone e il suo esatto contrario da parte di altre religioni che fan dire a dio cose diverse e così diventa una babele se ci si mettono anche i fedeli a far dire a dio quel che frulla loro nella testa.
Condivido,ma aggiungerei qualcos’altro:nella nostra epoca i mass media,stampa,TV,internet,hanno raggiunto un potere enorme di condizionamento delle masse,e sono in grado di dare un contributo fondamentale al successo di un personaggio,
anche indipendentemente dal suo carisma personale,sfruttando quel meraviglioso fenomeno che e’ il conformismo.
Molta gente se sente ripetere a sufficenza che tizio e’ un genio,un santo,un grande statista,
un attore eccelso ecc finisce automaticamente per crederci anche senza sapere
assolutamente nulla del personaggio,a parte il suo viso.
Basti pensare al successo immenso di Woytila ,a cui i mass media contribuirono come mai prima in passato.
Ma l’esempio piu’ eclatante e’ per me il “Divo” Giulio,che il servilismo dei nostri organo di informazione ha traformato probabilmente nel politico piu’ popolare degli ultimi
decenni malgrado le sue doti carismatiche naturali mediocri :basti pensare alle sue innumerevoli battute scadenti se non di pessimo gusto,all’assoluta mancaza di efficace
contradittorio nelle interviste,alla sue doti recitative a meta’ tra uno spaventapasseri e un palo della luce !
Non a caso un giornalista francese,all’uscita del film a lui dedicato ha affermato :”Da noi
un politico simile non potrebbe esistere !”
Parole sante !
Io li ho conosciuti di persona nelle mie indagine passate, Padre Tardif, Milingo, Dario Betancour, don Serafino Falvo, Gianni Varini, Giacinto Bertoldi, i veggenti di Mediugorie, i pentecostali; essi riempiono solo gli spazi lasciati vuoti dalla teologia, la quale, in quanto emozioni, è sotto lo zero assoluto di almeno 40°, insomma, lo sapete, studiare teologia non è del popolino ma per coloro che ambiziosi vogliono comandarlo e approfittarsene.
Personalmente due di questi che ho elencato si sono rivolti, dietro le quinte, a delle cartomandi e chiromanti per conoscere alcune tecniche esoteriche, a Chiari (BS) c’è un prete che parla di magia e pratica la magia, la mia amica se ne è andata via da lui perchè sospettava che la sua aria carismatica dipendesse da qualcos’altro di non cattolico.
Lo stesso Gianni varini, veggente ormai defunto, che affermava di vedere la madonna, si intratteneva con una chiromante da cui imparava dei trucchetti. Lo stesso Pincherle in uno dei suoi libri parla di Mosè come di uno che era esperto di esoterismo egizio e giocherellava con l’arca simulando la voce di dio.
Molti di questi carismatici cattolici e pentecostali nascondono la propria incompetenza e devono rivolgersi e si sono rivolti a studi teosofici e archeosofici, ad operatori dell’occulto ecc….ecc… Eh si..perchè se non lo sapete, ilmovimento carismatico nasce prima tra i protestanti e poi arriva tra i cattolici negli anni “70, io ho studiati questi movimenti, si basano anche su alcune tecniche in origine buddiste o anche sciamaniche in un remoto passato, dette “oracoli”, in cui il carismatico entra in trance e farfuglia la parola di dio, negli Atti delgi Apostoli vi sono molti esmpi di questi incontri esotericdi tra Saulo e Barnaba, ove la voce carismatica li indica come evangelizatori che devono andare qui e là, come a comando della voce.
Prendete i gitani, perchè si chimano così? Qualche anno fa hanno scoperto un antico insediamento ebraico risalente al 1200 a.C circa, e questi ebrei si facevano chiamare Gypsies, da cui gitani. Si racconta in alcune testimonianze islamiche che fu il Kashmire il luogo dove scorreva latte e miele e non la terra di Canaan, dove invece gli altri ebrei si prostituirono agli dei dei popoli cananei. Mosè non fu castigato, si diresse appositamente nel Kashmire con la mappa delle carovane datagli dal suo suocero Ietro, sacerdote shivaista del tempio madianita, infatti l’immaigne delle fiammelle nella prima pentecoste degli ebrei derivano dalle fiammelle poste sulla ruota scivaista, fiammelle che poi vengono riprese dai cristiani nella loro pentecoste.
Perchè vi dico questo? Perchè l’antica tecnica carismatica risalente ai Gypsies prevede sia la tradizione circense, retaggio gitano assieme alla cartomanzia e chiromanzia, arti esoteriche di ancora più antica radice induista, i riti mantra, i riti shivaisti per diventare un fachiro, i riti del sacrificio degli animali e uomini, degli aruspici e auguri, tutti riti che vennero anche usati da alcune frange teosofiche e archeosofiche, madame Blavatsky per esempio, di cui Krisnamurti e Yogananda Paramahamsa sopettavano moltissimo.
La magia del fascino carismatico unito ad una conoscenza della psicologia umana ed insieme inducendo suggestioni e autosuggestioni che mettono in campo emozioni e senzazioni che oggi chiamiamo disturbi psichici da parte di chi abusa della credulità popolare e di quella verso cristo, la madonna, gli angeli.
Un giorno volli provare un esperimeto carismatico con una persona che accettava consenziente e amggiorenne, recitai a memoria con le mani alzate alcuni passi di Saulo di Tarso quando parlava di spirito santo, questa persona che credeva moltissimo, cadde in trance senza che io la toccassi, la stessa cosa la vidi fare da p. Tardif, oggi defunto, lui neppure le tocacva le persone e queste asserivano di essere guarite, ma non si è certi da cosa erano affette, tanto che molti di questi miracolati non sono mai stato riconosciuti dal vaticano.
Non è difficile essere carismatici, neppure più difficile di quello che ha fatto Garlaschelli ricreando la sindone, si deve solo assecondare la fede altrui e suggestionarla, oggi, a mio parere, è molto facile che il CICAP riproduca in una persona una trance carismatica da cui poi la fedele si sveglierà asserendo di aver visto qualcosa e sentito qualcosa di paradisiaco.
caro Bruno non potevi essere più chiaro di così
“Un potere che gli avremmo dato noi, e che è della stessa natura che si ritiene sia il potere di cui dispone la divinità: un potere ‘disumano’ (che non riguarda l’uomo) che consegniamo senza contropartita nelle sue mani. Perché questo può diventare l’uomo carismatico: il rappresentante in terra del potere divino… cioè poi l’unica ‘divinità’ concretamente esistente. E potere che potrà esercitare in modo ‘disumano’, cioè sfruttando un’umanità alienata.”
A Calcinate (BG) nel “93 ero al museo africano dei passionisti e c’era don Serafino Falvo, prete eseorcista che io conobbi personalmente, io allora ero vicino ad un uomo con disturbi psico-somatici, insomma, si grattava sempre la schiena e il collo perchè diceva che i suoi parenti gli avevano fatto la fattura ed era venuto da don Serafino per esserne liberato. Procedetti all’ipnosi con il suo permesso e scopri che non c’era alcuna fattura, erano disturbi del sistema nervovo periferico, gli chiesi: Chi sono io? mi rispose: tu non sei nessuno! stessa frase di Polifemno ad Ulisse, ma che non mi ha impedito di sapere come il sistema nervoso periferico era stato danneggiato. gli dissi al 3 ti sveglierai e così fu, ma non provai nemmeno ad indurre una guarigione dal punto di vista psicologico, il danno era fisico, comunque reale e solo un medico poteva intervenire in tal senso.
Purtroppo non così fecero i carismatici che conosco io, quelli hanno tentato con il crocifisso di estragli il diavolo, nonostamte io avessi detto loro che c’era un danno fisico cronico e non demoniaco, alché li strigliai non poco e poi me ne andai, troppo arroganti e presuntuosi.
Ho fatto ancora delle ipnosi con altre persone consenzienti ma solo per vedere se il loro disturbo era psicologico o fisico, nella maggior parte dei casi è psicologico, lo devo dire, fisico solo raramente e comunque con l’ipsosi non puoi far miracoli, uno che è in carrozzella è difficile che si alzi e rimanga alzato anche dopo l’ipnosi, ti cadrebbe subito seduto e dubito persino di quei pochi miracolati a Lourdes che non sono mai stati fatti esaminare da altri scienziati.
Nemmeno Sai Baba ha permesso al CICAP di esaminare come facesse a materializzare le cose.
Piuttosto che questi carismstici cristiani preferisco vedermi uno spettacolo di tutto ripetto di David Koperfield,li si che si vede il talento e la professionalità, altro che i buchi neri delle mani di padre pio, dove non puoi vedere oltre l’orizzonte degli eventi, cioè, totale tabù per i credenti.
Ottimo spunto per molte riflessioni.
“Proiettiamo noi stessi al di fuori di noi e poi ci mettiamo in ascolto, quasi in adorazione, di questo noi stessi come se fosse un altro…”. Ricordo che un mio compagno di liceo disse, ironicamente, di un altro: “Non sa quello che pensa finchè non sente quello che dice” 🙂
Riguardo all’aspettare l’uomo carismatico, non posso che ricordarmi la canzone esistenzialista di Claudio Lolli,
“ASPETTANDO GODOT”:
“Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot,
dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d’aprile non so,
mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però
invece di succhiare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia,
in quei luoghi azzurri di cieli e acquiloni,
nei giorni sereni che non rivedrò
io stavo già aspettando Godot.
L’adolescenza mi strappò di là,
e mi portò ad un angolo grigio,
dove fra tanti libri però,
invece di leggere io aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini,
gli amici e le donne vedevo vicini,
io mi mangiavo le mani però,
non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l’uomo obbedisce,
così sposai la prima che incontrai,
ma anche la notte di nozze però,
non feci altro che aspettare Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò,
piccolo e tondo urlava ogni sera,
ma invece di farlo giocare un po’,
io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò,
e dopo il secondo un altro però,
per esser del tutto sincero dirò,
che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot,
ho sepolto mio padre aspettando Godot,
ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa,
ed ho perso la moglie acquistando in età,
i miei figli son grandi e lontani però,
io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settantanni,
solo e malato in mezzo a una strada,
dopo tanta vita più pazienza non ho,
non voglio più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna,
c’è un pozzo laggiù che specchia la luna,
è buio profondo e mi ci butterò,
senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti,
ho il viso sudato e le mani tremanti,
e la prima volta che sto per agire,
senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l’abitudine di tutta una vita,
ha fatto si che ancora una volta,
per un minuto io mi sia girato,
a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita,
l’oblio mi ha coperto di luce infinita,
e ho capito che non si può,
coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot,
per tutti i miei giorni aspettando Godot,
e ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte,
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.
ho incominciato a vivere forte,
proprio andando incontro alla morte.”
Dell’attesa dell'”arrivo dell’Altro”, di colui che è supposto sapere qualcosa di noi, che è supposto sapere in generale, parla anche Jaqcques Lacan. In qualche modo, il soggetto si aspetta che sia “l’Altro” a dire al soggetto cosa essere o cosa è. In un certo senso, un tale atteggiamento del soggetto è una sorta di infantilismo derivante dalla mancanza di un “padre”, padre che non è stato introiettato sufficientemente o che aveva trascurato il soggetto nell’infanzia di questo.
In effetti, se trasponiamo il concetto dall’ambito psicologico a quello sociologico, corrisponde all’attesa del “messia”.
Invece, il proiettare su un Altro esterno (supposto esistere) le proprie istanze mentali (desideri, sentimenti, idee, visione del mondo, intenzioni, ecc.) e poi dire agli altri “Lui lo vuole” è il classico modo per illudersi, ma soprattutto illudere gli altri, dell’esistenza di un dio, e di essere, colui che parla, il suo profeta: e il soggetto può diventare “carismatico”.
Sempre secondo alcuni psicanalisti, certi tipi di maschi “psicotici” sarebbero “carismatici” verso taluni tipi di donne “isteriche”, costituendo i due una “coppia patologica” piuttosto comune: lui delirante e sentenzioso e pieno di sè, lei alla ricerca di qualcuno che la “riconosca come donna di valore (cioè come donna del tipo “io valgo!!!”)” e per il quale lei sarebbe disposta anche all’eccesso, a seguirlo fin dove per altri non andrebbe, spesso mettendosi nei guai. Ricorda “l’uomo che non deve chiedere mai”. E ricorda certi drammi di donne che non riescono a lasciare il “loro uomo” prepotente e violento ma che le “desidera”, perchè proprio in quel desiderio lei vede riconosciuto il suo “valore”.
Ripeto: siamo nell’ambito della patologia; però il concetto fa pensare anche alle “mistiche” che nelle loro “estasi mistiche” si sentono “amate da Dio” ed hanno talune sensazioni mentali e fisiche, e talvolta atteggiamenti corporei, paragonabili a quelle/i dell’orgasmo sessuale.