Il presidente del consiglio Mario Monti ha parlato recentemente di insostenibilità del Sistema sanitario nazionale per i bilanci pubblici. E ha prospettato per il futuro l’individuazione di “modelli innovativi di finanziamento e organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie”. Divampate le polemiche, soprattutto da parte di sindacati e operatori del settore, ha corretto il tiro. Monti ci ha tenuto ad assicurare che non intende smantellare la sanità pubblica con le privatizzazioni, perché questa è “garanzia effettiva dell’uguaglianza dei cittadini”.
Ma tra le proteste di partiti e sindacati non ci risulta alcuno che abbia ricordato quanto, nella sanità, sia pervasivo il sistema della sussidiarietà malata orientata in senso cattolico. Nessuno si è soffermato sulle norme medievali che prevedono la presenza di assistenti religiosi cattolici pagati dalle Aziende sanitarie locali, con luoghi di culto, uffici, appartamenti a loro disposizione. Lo facciamo noi, perché si tratta di una spesa consistente soprattutto in un momento di crisi e nel quale si chiedono grossi sacrifici ai cittadini.
La nostra rivista L’Ateo affronta la questione da tempo. In particolare, un articolo del compianto Marco Accorti metteva in luce un anno fa i “casti costi” dell’assistenza spirituale negli ospedali. In tutta Italia ospedali e Asl assumono direttamente sacerdoti o stipulano convenzioni con le diocesi, per garantirsi la presenza di preti in corsia. Oltre ai casi di invadenza clericale che ci vengono segnalati negli ospedali, soprattutto verso persone ammalate e in difficoltà, è importante anche la questione dei costi.
È emerso che in Emilia Romagna e Toscana per il solo 2010 si sono spesi — rispettivamente — più di due milioni di euro. Poco meno per il Veneto. Solo per la provincia di Trento si parla di almeno 300mila euro. In Puglia, dall’aprile del 2006 alla fine del 2008, la Regione ha sborsato 73mila euro a testa per due sacerdoti. Si stima che per i sacerdoti assistenti spirituali le aziende sanitarie spendano in media ogni anno circa 3 milioni di euro per la Lombardia, 7,5 milioni per la Sicilia e 5 milioni per il Lazio.
Sulla base di intese tra vescovi locali e regioni, viene garantito un tot di preti per un certo numero di posti letto, senza considerare le effettive esigenze dei degenti. L’incidenza totale sulle casse pubbliche è stimata dall’associazione in almeno 27 milioni di euro. A carico del SSN e delle ASL ricadono anche le spese di mantenimento di cappelle, sacrestie e uffici.
È opportuno far notare che i religiosi cattolici in giro per gli ospedali non fanno volontariato gratuito, ma sono dipendenti pubblici stipendiati con fondi pubblici. E lo sperpero prosegue anche nei nuovi ospedali. Tra gli ultimi casi c’è quello di Cona (provincia di Ferrara) dove l’Uaar è stata invitata assieme a sedici confessioni religiose di minoranza a gestire a proprie spese una “sala del conforto”. Nome e regolamento sono in corso di definizione e sorprende positivamente l’intenzione di non discriminare i non cattolici e l’ascolto di organizzazioni che li rappresentano. Ma la Chiesa cattolica rimane largamente privilegiata e sussidiata: la cappella costruita a fianco della sala laica è enorme e i due spazi sono separati dall’appartamento del ministro di culto cattolico. Il quale con tutta probabilità percepisce lo stipendio da infermiere. E questo è solo un piccolo caso indicativo, tra tantissimi altri.
Il tema dei costi affrontati per gli assistenti spirituali si lega a quello dei fondi pubblici dirottati verso la sanità cattolica. Un altro drenaggio di denaro che rende ancor meno sostenibili i costi di quella pubblica: nonostante questa rimanga la reale garanzia — come riconosciuto anche da Monti — per i pieni diritti del cittadino. E anche a garanzia di laicità, anche al netto delle storture esistenti pure nel pubblico (come la presenza massiccia di medici obiettori). Basti pensare ad esempio alla possibilità di accedere alla contraccezione d’emergenza, all’interruzione della gravidanza, alla diagnosi preimpianto per gli embrioni (che, sebbene vietata dalla legge 40, è stata in seguito autorizzata da diversi tribunali), o anche alla possibilità di interrompere le cure e per tematiche annesse al fine-vita. Tutte cose che sarebbe ben difficile ottenere in strutture orientate religiosamente, perché in contrasto con la dottrina della Chiesa cattolica. Ma lo Stato e gli enti locali pare preferiscano spendere per ministri e luoghi di culto o per la sanità privata, piuttosto che per medici, personale esperto, infermieri e attrezzature nel pubblico. Sebbene ci siano degli sprechi nella sanità e le migliorie siano auspicabili, il discorso è simile a quello fatto per le scuola scuola pubblica.
L’Uaar ha stimato prudenzialmente la quantità di denaro pubblico che finisce alle cliniche cattoliche ad almeno 167 milioni di euro l’anno, nell’inchiesta I Costi della Chiesa. Ma Curzio Maltese ha parlato di convenzioni pubbliche che ammontano ad una cifra complessiva di un miliardo di euro. Un fiume di denaro che favorisce il gigantismo e discutibili intrecci con le istituzioni, nonché scandali e mancanza di trasparenza. Tutto a danno dello Stato e dei cittadini. A dimostrarlo casi come quello del San Raffaele di Milano, creatura di don Luigi Verzè e con forti agganci con faccendieri e lobbisti ciellini, a rischio crac per un buco di un miliardo di euro. Nonostante i munifici contributi ricevuti dalla Regione Lombardia governata da Roberto Formigoni, esponente di Comunione e liberazione. Stanno venendo a galla, tra l’altro, le modalità poco trasparenti e la scarsità di controlli con cui per anni sono stati assegnati i fondi al San Raffaele.
Un altro caso rilevante è quello dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata a Roma, dove proprio in questi giorni il personale sta protestando per un blocco degli stipendi che si protrae da parecchi mesi. Il buco dell’Idi è stimato in circa 800 milioni di euro. Nel contempo uno degli esponenti della congregazione che gestisce il nosocomio, padre Franco Decaminada, risulta indagato per appropriazione indebita e si sarebbe segnalato per entrature e pressioni anche politiche. Tanto da spingere a favore dell’ex ministro Ferruccio Fazio affinché venisse scelto come commissario degli ospedali in crisi. Ma la classe politica non desiste e le regalie a favore della sanità cattolica continuano. Tra le ultime, basti ricordare i 5 milioni di euro elargiti da un’ormai dimissionaria Renata Polverini a favore dell’ospedale (extraterritoriale e vaticano) del Bambin Gesù a Roma.
Il primo intervento per rendere il SSN sostenibile dovrebbe essere quello di recuperare risorse eliminando anche una discriminazione sulla pelle dei pazienti: lasciare che gli assistenti religiosi cattolici facciano volontariato al pari di altre organizzazioni e senza corsie preferenziali, senza alcuno stipendio pubblico e senza luoghi esclusivi pagati dai contribuenti. E quindi ridurre i fondi che finiscono agli ospedali cattolici per dare una boccata d’ossigeno al sistema sanitario pubblico, visto che ne ha disperato bisogno.
L’associazione
pregheremo papa giovanni,martini, teresa di calcutta o pio pio. magari dalle “primarie” qualche spicciolo x il ssn vien fuori
Ricordo ancora una settimana fa quando sono stato ricoverato che ho dovuto sorbirmi un’intero Rosario in corsia in un reparto di Neurologia senza alcun rispetto per il necessario riposo per i pazienti, ed ero anche bloccato a letto. Vanno proprio dove le persone sono bloccate per marcare il territorio e pensare che queste scempiaggini le potrebbero fare nella cappella dell’ospedale (ovviamente pagata da noi) senza disturbare i pazienti.
La mia amica che lavora al san Camillo (ospedale laico un tempo dedicato a Nathan e successivamente, quando i lavori furono conclusi, intitolato da Mussolini a san Camillo del Lellis) per l’appunto primaria del day hospital di neurologia, mi dice che ormai i preti sono assai timorosi per le tante proteste dei pazienti e si recano dal malato solo su richiesta. come è giusto. Invece mia zia è stata per un periodo in rianimazione al Fatebenefratelli (ospedale relgioso dove tra l’altro è stata curata benissimo) e il prete con saio svolazzante entrava e usciva dalal rianimazione. Noi uentravamo uno per volta con ascherina, soprascarpe e disinfettati con un gel fuori dalla stanza , mentre lui andava e veniva. So per certo che mia cugina non ha chiesto interventi di benedizione mentre la zia era intbata e sedata, ma lui le lasciava dei santini. Ora vorrei sapere da voi se questa partica è solo degli ospedali religiosi (
Grazie,
La Mia esperienza è avvenuta in un Ospedale Pubblico, Ospedali Riuniti di Foggia e aggiungo che ci sono croci e foto di Padre Pio in ogni stanza (ma personalmente quelle non mi hanno dato fastidio).
Quello che dà più fastidio sono le pratiche religione non richieste (il rosario ad esempio).
No. Io mi sono trovato di persona in un episodio simile. Una zelante e pia volontaria andava distribuendo santini, seriamente convinta di essere d’aiuto. Io ero in sala d’aspetto mentre mio padre faceva un’ecografia e non le ho dato retta. Ma c’erano degenti e parenti e se avessero potuto mazziarla, l’avrebbero fatto.
Ah, la struttura non è religiosa.
si tiziana al fatebenefratelli,entranno pure suore con le ostie consacrate,e quando ci sono stato mi son ritrovato 3 suore svollazanti,di una molto comprensiva,altre dileguate per altri..cmq,io credo che per me sarebbe tutto regolare per chi nè fa un scelta totale propio nel ambito del assistenza hai malati(cioè vivi propio nel ospedale e assisti una cappella ecc),ma preti che vanno e vengono,per rotaggio burocratico,dovrebbe essere la curia ho chichèssia a pagare tutto,sopra al fatebenefratelli invece cè gia la chiesa che sostiene le spese delle suore,con lasciti ed ecc….
No, purtroppo. Nell’ospedale pubblico dove ho partorito, il mio compagno lo facevano stare col contagocce (teoricamente il padre può restare tutto il giorno, ma soprattutto al mattino con l’avvicendarsi di visite, terapie, pulizie, carrelli, beghe varie era tutto un vai e vieni, visto che lo facevano uscire anche quando c’era da cambiare una flebo). Il pretonzo invece gironzolava tranquillamente senza che nessuno l’avesse richiesto anche se stavamo con le tette al vento ad allattare, e chiedeva ‘Serve qualcosa?’ alla seconda mattinata così gli ho risposto ‘Sì, potrebbe prestare la tonaca al mio compagno che è là fuori, così entra anche lui quando vuole e nessuno gli dice nulla?’.
L’esorcismo è una pratica erogata dal SSN ? Qualcosa di gratis lo fanno.
Gratis non fa niente a nessuno!
Si dice che neanche il pastore tedesco meni la coda per niente…
La curia di Milano ha istituito proprio in questi giorni un numero telefonico per far fronte alla grande richiesta di esorcismi! Se chiami, senz’altro potranno risolvere il tuo quesito…. 😉 😉
E quindi ridurre i fondi che finiscono agli ospedali cattolici per dare una boccata d’ossigeno al sistema sanitario pubblico, visto che ne ha disperato bisogno.
Come se negli ospedali cattolici non curaressero” tutti” allo stesso modo, spesso anche meglio di altres trutture.
Dati a sostegno, mai, eh?
La logica per cui un ospedale religioso dovrebbe ricevere più fondi e uno non religioso no sarebbe…
Quindi, dato che la sanità in Lombardia funziona meglio che in Sicilia, diamo denaro alla Lombardia e chi se ne frega della Sicilia.
In effetti non è la stessa cosa: gli ospedali dei preti non funzionano affatto meglio degli altri, non foss’altro perché non tutte le prestazioni sono offerte.
…infatti si vede il recente caso in Irlanda.
Un ospedale per quanto mi riguarda può anche essere buddhista, basta che segua metodi scientifici anziché appellarsi a chissà quale credenza strampalata e campata per aria.
” Lo facciamo noi, perché si tratta di una spesa consistente soprattutto in un momento di crisi …”
Non siamo stati gli unici a segnalarlo:
http://www.repubblica.it/scuola/2012/11/30/news/imu_bagnasco_grave_se_scuole_cattoliche_dovessero_chiudere-47766127/?ref=HREC1-3
Strano ma l’articolo è stato cambiato, all’inizio parlava anche dei “contributi” per la sanità. Sarà stata la mano divina ad intervenire.
Sono d’accordo con l’Uaar, questo personale religioso cattolico anziano non è nemmeno coordinato con i reparti dell’ospedale dove sta a gironzolare perso tra i pazienti, e nemmeno qualificato, ma solo iscritto dalla diocesi e mandato a reddito statale senza alcun merito né motivo, eccetto quello di peggiorare le condizioni dei malati e degli ospedaleri, complicando ed intralciando le operazioni.
Il problema è che questi non si rendono nemmeno conto di essere di intralcio e peggiorare il servizio sanitario ospedaliero.
Casomai le stato dovrebbe pagare gli infermieri professionali laureati giovani che vengono lasciati a spasso!
E’ incredibile.
Schifosi vermi. Io lo chiamerei per benedire un aborto terapeutico.
La cosa più paradossale è che alla fine i “religiosi di corsia” alla fine sono loro stessi, a causa della strana situazione nella quale si trovano, a voler diventare medici e basta: quando c’è da fare l’estrema unzione sono visti come corvi del malaugurio o sciamani dalla nulla autorità morale (nel senso che sono come tutti gli altri), e quello è una delle pochissime cose per cui sono chiamati comunemente.* 😐 😐 😐
La naturale deduzione di tutto ciò è che la loro è solo una presenza di numero, solo per far credere a chi di dovere che le istanze dei Porporati sono ancora di estremo peso nella società civile quando ovviamente così non è. Un po’ come colla storia del numero delle parrocchie.
*Fonti: Quel che resta dei cattolici M. Marzano
Posso immaginare la scenetta dei malati che vedono passare il prete che da l’estrema unzione.
Come scongiuro, i malati si fanno una mega grattata di palle generale perchè come dicono due vecchi proverbi latini:
“grattatio pallorum, fugatio malorum”
e anche
“ad omnia pericula tasta testicula”.
Be’, Marzano ha portato proprio come controprova un degente che nel letto, alla vista della tonaca nera nelle immediate vicinanza subito “messo le mani avanti” indicando che “non di me si tratta” bensì di quell’altro vicino.
Per non parlare degli episodi dei preti costretti a fare l’estrema unzione in modo scaramantico (direi superstizioso) alla porta del morituro per non turbarlo.
Secondo me se aboliscono questo privilegio fanno un favore ai diretti interessati. E non mi riferisco ai pazienti (che potrebbero comunque farlo chiamare indipendentemente).
😉
La mia opinione è che ad essere “medievale” non sia la presenza della Chiesa, né la sua assenza, ma la mancanza di spirito di collaborazione da entrambe le parti. Il giorno in cui religiosi e atei riconosceranno ciascuno l’importante ruolo dell’altra parte, coglieranno ciascuno il positivo dell’altra parte e riconosceranno ciascuno i propri eccessi recedendo da essi, ed entreranno un un concreto spirito di collaborazione, allora saremo usciti dal medioevo. Ma adesso, da entrambe le parti, pur essendoci esperienze molto positive e persone illuminate, vedo prevalere molta distanza da tutto ciò.
Fatico a collegare queste dichiarazioni di intenti con il modo in cui le istituzioni di una società devono funzionare.
Io non fatico.
Ci mancherebbe anche. Il punto è che o comunichi con gli altri usando categorie condivise e comprensibili a terzi o tanto vale che tieni i tuoi ermetismi per te.
Noto che nel tuo intervento delle 17:42 traspare finalmente quello che intendevi esprimere.
@john
E ciò giustificherebbe il pagamento pubblico di un’unica confessione su tutte perché… ?
Assolutamente non ho voluto dire questo. Quali mie parole hanno lasciato intendere ciò? Nella situazione che io vedo come obiettivo, la chesa non deve assolutamente privilegiata rispetto alle realtà non-religiose.
@john
Ecco, sono d’accordo.
Il punto è che l’articolo non è di questo che tratta: mi pare che la cosa sia più che evidente.
Beh, invece sì: nell’articolo si parla di eliminazione di finanziamenti pubblici agli esponenti della chiesa nelle strutture sanitarie. Secondo me invece tali finanziamenti devono restare, ma devono esservene di analoghi per atei e agnostici.
La mia considerazione comunque riguardava il passo dell’articolo in cui si considerava “medievale” la presenza di assistenti religiosi. Secondo me non è così: è medievale l’assenza di assistenti atei accanto ad essi.
Posso con cordare anche su questo. Ma se di volontariato si deve trattare, niente finanziamenti. Oppure, per tutti, lo stretto necessario e con controlli rigidissimi. Concordi?
@john
Mi scuso se eventualmente l’obiezione di sopra non era in forma esplicita.
La riscrivo in sommi capi:
1) C’è la crisi economica
2) Sia col sistema di adesso sia eventualmente colla tua proposta si spenderebbero soldi per un servizio in più che altrimenti potrebbe essere richiesto non a spese dello stato (cioè chiamando gli officianti come esterni)
3) Posta questa possibilità, non sarebbe più logica farla diventare norma visto che farebbe risparmiare soldi e manterrebbe equidistante lo Stato da ogni confessione o dalla non-confessione (laicità)?
@gmd85
Ecco, lo sapevo che qualcuno veniva a riassumere la mia posizione meglio di me.
Accidenti alla mia logorrea. 🙂 😉
😛
@ John
“Secondo me invece tali finanziamenti devono restare, ma devono esservene di analoghi per atei e agnostici”
Se si ritiene opportuna assistenza psicologica si finanzi quella, ricorrendo a personale specializzato.
Se si tratta di altro, che sia atea, buddista o cattolica, lo Stato non deve entrarci per niente, intendo come finanziamenti.
Le rispettive organizzazioni, se vogliono offrirla, la paghino.
@john
Va bene, posso concordare con il tuo pensiero. Però, mi chiedo, a parità di fondi, di personale, di competenza di quest’ultimo, cosa giustifica la presenza di una struttura ospedaliera religiosa?
In un ‘ottica atea non la giustifica proprio niente. Nell’ottica del credente la giustificano molti fattori abbastanza ovvi. Siccome vi sono sia atei che credenti, per questi ultimi è giustificata. Certamente non obbligherei gli atei ad andare a messa nella cappella dell’ospedale o a confessarsi ogni due ore.
Vedi, è questo il problema. Non è che devono esistere strutture ospedaliere atee. Devono esistere strutture ospedaliere e basta. Se il credente ha bisogno di supporto religioso è più che giusto che lo riceva, nessuno glielo vuole negare. E se tu non obbligheresti un ateo d andarsi a confessare, io mi assicurerei che l’assistenza religiosa per chi la chiede ci sia. Dubito, però, che serva una struttura intera per fornire questo supporto. Quindi, la domanda rimane. Se le prestazioni sanitarie sono tutte allo stesso livello, non ha senso crearne di religiose. E mi riferisco a qualsiasi tipo di religione.
Sì, ma sta assistenza religiosa non può essere a carico della collettività. Visto che i preti sono tanto pii, che vadano a turno volontari a portare sostegno ai malati cattolici che li voglio (perché non tutti i cattolici vogliono la cornacchia nera che gli svolazza attorno al capezzale).
l’assistenza morale laica o religiosa è giusto che ci possa essere, ma a titolo di volontariato, senza sussidi pubblici
i soldi pubblici potrebbero essere impiegati al più per psicologi, ovviamente non connotati
Roberto,
Premetto che questo dell’assistenza ospedaliera è un tema su cui credo di avere molti punti di contatto con voi. Ciò su cui non concordo, tuttavia, è l’aspirazione ad un’assoluta asetticità di tutto ciò che è finanziato con denaro pubblico. Quasi che chiunque svolga un ruolo finanziato pubblicamente debba stare in un acrobatico equilibrio fra che lo tenga distante da qualunque minimo segnale di appartenenza religiosa.
Io in questo ho una visione più pragmatica, per due motivi.
Il primo è che credo che l’asetticismo perfetto sia impossibile, salvo avere del personale-robot… ma non è questo il punto che reputo più importante, bensì il secondo punto:
penso che in un Paese in cui una larga parte della popolazione segua una determinata religione non sia drammatico se una parte del finanziamento pubblico vada ad operatori della di tale confessione.
Purché ciò avvenga senza eccessi, e di eccessi in Italia ce ne sono assai, a partire dall’ingiusto meccanismo di ripartizione del gettito dell’otto per mille.
La differenza fra me e voi è che io condanno gli eccessi e le sperequazioni; voi condannate l’esistenza in re ipsa di finanziamenti pubblici ad attività con connotazione religiosa.
Non riesco a condividere questa vostra posizione, neanche immedesimandomi in un ateo; oppure, neanche immedesimandomi in me stesso in un Paese di un’altra religione-credenza. Sono certo per esempio che in un Paese con forte presenza buddista accetterei tranquillamente finanziamenti pubblici alle organizzazioni buddiste, pur non facendone minimamente parte.
Però, come sempre, per quanto io sia convinto delle mie idee, il mio è solo un punto di vista.
Mi viene un dubbio… si può dire “asetticismo”?
@ John
“in un Paese in cui una larga parte della popolazione segua una determinata religione”
Recenti sondaggi (Isopublic- Gallup) riportano che in Italia il 71% della popolazione è favorevole all’eutanasia: risiamo al solito problema di chi sia cattolico e che vuol dire seguire….
La mia opinione è che atei e credenti duri e puri siano una minoranza e che il resto della popolazione non sia né carne né pesce, ma è rivendicata nel numero dei credenti per elementi del tutto formali e superficiali.
@john,
se passa l’idea che è giusto che lo stato finanzi la presenza di esponenti religiosi negli ospedali (e, per estensione, finanzi tutto ciò che è religioso) riconoscendo quindi un valore in tale presenza. non può che farlo in maniera “laicista”, il che significherebbe garantire ad esempio che ogni religione abbia almeno un rappresentante sempre presente. Peraltro, a prescindere dal fatto che esista o meno un accordo con cui lo stato italiano riconosce tale religione e permetta di accedere alla spartizione dell’8 x mille: è ad esempio il caso dei musulmani.
E quindi cattolici, ebrei, musulmanu, buddisti, tutte le infinite denominazioni cristiane. E i pastafariani no ? E i satanisti ?
E non si tratterebbe poi solo di finanziamenti, ma si dovrebbe parlare di spazi, permessi di accesso, ornamenti, simboli.
Naturalmente ciò dovrebbe poi accadere anche per le strutture non statali, sicuramente per quelle convenzionate o che ricevono sussidi/finanziamenti, ma anche per le altre altrimenti dovremmo poi parlare di discriminazione.
E cos’è poi una religione ? Se una persona è superstiziosa (non faccio battute), allora dovremmo garantirle anche a tutti questi trattamenti a base di scongiuri, e appendere in sala operatoria tutta una bella serie di portafortuna.
Non sarebbe implementabile, nemmeno se ci fossero i soldi.
Dato poi che i soldi non ci sono nemmeno per i servizi base, in un momento in cui si stanno tagliando i posti letto, mi spiace tanto ma queste spese (che oggi sono peraltro a favore di una sol parte) lo stato non se le può più permettere.
Fermo restando che, come detto da tanti altri, nessuno vuol vietare il conforto relkigioso. Ma volontario, e comunque rispettando i regolamenti ospedalieri, come ad esempio gli orari di visita. E un po’ di educazione verso il vicino di letto.
@John
Non si chiede un’impostazione asettica (però, si dice asetticità :-P), si chiedono equità e imparzialità. E il tuo esempio con la maggioranza buddista (per quanto, dubito che religioni come il buddismo portino gli indivudui a sentire bisogno della presenza costante di monaci in corsia) riporta a un’impostazione che equa non è. Non critichiamo la fattispecie in re ipsa. Critichiamo una situazione de facto, uno status quo consolidato. Tra l’altro, non è neanche detto che ogni cattolico voglia il prete a fracassargli i maroni, eh.
@ John
io vorrei che i funzionari pubblici, dal custode al cimitero al primo ministro, non abbiano connotazioni ideologiche quando vestono tali panni (nella loro vita privata ovviamente siano liberi di fare ciò che vogliono)
bisogni relativi alla religione in un ospedale dovrebbero essere trattati come mille altri tipi di bisogni che un ricoverato potrebbe avere, ad esempio giocare a scacchi o cantare (entrambe attività dignitosissime e comunque l’importanza è soggettiva)
troverei difficile pensare che lo stato finanzi il ministro di culto, il maestro di scacchi, il direttore del coro e mille altri “esperti” e mille altre organizzazioni di appartenenza: è pragmaticamente impossibile
proprio per un principio pragmatico, è molto meglio e molto più efficace avere organizzazioni che si autofinanziano, mentre lo stato offre il servizio essenziale (conforto psicologico) ma anche spazi e altri servizi alle organizzazioni (una sala comune, a tutti la possibilità di organizzare eventi, ecc.)
L’ospedale di Cona citato nell’articolo ha allestito proprio una (piccola) sala del genere, a disposizione dell’Uaar e di numerose confessioni di minoranza.
Per la Chiesa cattolica ha invece realizzato una cappella grande il quadruplo e l’appartamento del parroco, oltre a erogare ogni mese lo stipendio al parroco (di fatto ci sarà un infermiere in meno in quell’ospedale)
Leggo che rilevi anche tu l’enorme ingiustizia di tale sistema
Non capisco però perché proponi di finanziare comunque l’organizzazione che, essendo maggioritaria, ha anche più possibilità di autofinanziarsi (e di acquisire potere e condizionamento sociale)
Mi permetto un’ultima replica alle vostre obiezioni, peraltro interessanti e in parte certamente fondate (soprattutto sull’inesistenza del sostantivo “asetticismo”; no, scherzo)
1) Stefano: sul fatto che la gran parte della popolazione sia “né carne né pesce” ti do in parte ragione, però è vero che al di fuori delle due cerchie minoritarie degli “atei puri” e “cattolici puri”, una gran parte delle persone esprime comunque un senso di appartenenza, seppur meno convinto, ad una delle due, e io ne terrei conto.
2) Moltostanco: hai ragione sul fatto che, applicando in modo estremo il mio pensiero, lo stato dovrebbe finanziare pastafariani , animisti nonché ovviamente gli adepti del reverendo Moon. Io stesso l’ho pensato dopo i miei primi commenti. Il mio pensiero quindi ora è questo: non di deve perseguire né un’asetticità spinta, né un egualitarismo spinto: entrambi sono frutto di un ragionamento (secondo me) astratto. Occorre tener conto delle presenze più importanti e rilevanti nel territorio, e fra queste c’è la chiesa cattolica e non c’è il pastafarianesimo, né il rastafaianesimo, né la setta del reverendo Moon. Può esserci in una certa misura il buddismo (la scelta sulle giuste proporzioni va rimessa in parte alla statistica e in parte alla politica). Ricordatevi però sempre che secondo me, rispetto allo stato attuale i finanziamento alla chiesa vanno senza dubbio ridimensionati molto.
3) FSMosconi (nell’altro sotto-thread): il discorso “crisi economica” mi sembra in qualche modo esterno alla discussione. Non mi sembra che scopo dell’Uaar sia individiduare le linee guida per la migliore attuazione della spending review. La crisi economica può certamente comportare un ridimensionamento dei finanziamenti alla chiesa, ma secondo me non il loro annullamento, anche perché la chiesa, per altro verso, realmente contribuisce in modo gratuito, attraverso forme di volontariato, a colmare dei “vuoti” a cui il sistema pubblico non sopperisce (come fanno anche organizzazioni laiche, intendiamoci). Quindi direi che il discorso sulla “spending review” e sulla crisi ha a che vedere solo con il “quantum” ed è una questione tecnica che esula da quel versante dell’argomento che invece è collegato alla mission dell’Uaar, secondo me.
4) gmd85: mi viene praticamente da dire che sono d’accordo con te (almeno con le tue affermazioni delle 11:12). Sul modificare lo status quo sono d’accordo, ho detto ripetutamente che secondo me la chiesa è eccessivamente privilegiata e ciò danneggia, dal mio punto di vista, la chiesa stessa. E sono d’accordo sul fatto che anche un cattolico può non volere un determinato sacerdote, o, in alcuni specifici momenti, proprio nessun sacerdote.
Ovviamente da tutti gli altri commenti miei e tuoi emerge che il nostro pensiero si differenzia sul come cambiare lo status quo, ma su questo si è fatta già ottimamente chiarezza.
5) rgrendene: hai (legittimamente) una posizione verso uno stato iper-minimalista. Secondo me è eccessiva. Ma torneremmo sulla vexata quaestio della preferenza fra stato minimal e stato del benessere (che è anche lo stato che finanzia l’iniziativa privata), su cui non aggiungerei nulla a ciò che molti autori hanno egregiamente espresso.
E, secondo punto ho già detto sopra che la mia posizione
a) non vuole che lo stato finanzi “tutti” in un atteggiamento egualitaristico spinto e astratto (però penso che le scuole di scacchi se vogliono possano avere qualche finanziamento pubblico).
b) non voglio che lo stato finanzi la chiesa nel modo esagerato e sproporzionato in cui lo fa adesso. Ricordiamo che lo Stato dà molto alla chiesa (ora troppo), ma che la chiesa dà molto allo stato (si pensi alle case-famiglia); su questo punto secondo me l’uaar tende a sottovalutare.
c) la chiesa non è sempre ricca. ci sono più casi di situazioni di povertà all’interno della chiesa che mi sembra vi siano meno presenti. Per esempio, conosco esperienze di case-famiglia per minori, gestite da persone molto competenti con personale specializzato, che davvero non ce la farebbero senza i finanziamenti pubblici e anche così sono in difficoltà.
Ma se, a seconda del reddito, chi può si pagasse l’assistenza religiosa, come si pagasse, se preferisce o in aggiunta a questa, qualsiasi altro servizio esterno alla cura medica che l’ospedale deve garantire; mentre per redditi bassi lo Stato avesse un budget che ognuno, tra i redditi bassi ricoverati, potesse usare per ciò che considera meglio (dalla religione, ad altre attività che hanno un costo), vi pare questa un’ipotesi peregrina? A me a naso no, anche se non ho molto riflettuto sui pro e i contro dunque scrivo di getto chiedendo un parere a chi desideri.
Ovvio che si parla in linea puramente teorica, senza tener conto del problema che in Italia molti redditi bassi in realtà sono evasori ricchi, o a vari problemi che possono sorgere; d’altronde questi sono problemi atavici dell’Italia (e non solo) che si ritroverebbero in ogni scelta proposta, per cui invito a rimanere solo sul teorico.
@john
Sarà, fatto sta che stiamo pur sempre parlando di soldi pubblici utilizzati per promuovere un’unica confessione.
E visto che proprio tu hai citato il volontariato io non posso che seguirti: che lo facciano, ma non coi soldi dello Stato. D’altronde se si fa volontariato coi soldi altrui non si può proprio dire che sia volontariato in piena regola.
@Ermete
E se tali attività fossero semplicemente azioni di volontariato senza spese per lo Stato? Non ti par più semplice?
@ Mosconi
Una premessa teorica per capirci.
Io tendenzialmente sono contrario al ricorrere in maniera estesa e sistematica; capisco se lo fa un religioso per motivi suoi di coscienza e dovere di credente o se un ateo lo fa per filantropia e coscienza, ma penso che il volontariato in quanto sia sottrazione di reddito a chi garantisce un servizio e, dunque, una sottrazione di posti di lavoro retribuiti perchè tanto c’è il volontario che lo fa, per cui a me implementare un ulteriore sottrazione di reddito ai cittadini non convince.
C’è poi, o almeno così a naso mi pare esserci, un problema pratico: sarebbero in moltissimi ad avvalersi di conforti religiosi o di qualsiasi altro tipo, e non credo che sia possibile approntare un sufficiente volontariato per due motivi: a) ci vorrebbe un numero enorme di volontari che non so se ci siano b) se non ci sono si costringerebbero i volontari a turni di lavoro peggiori di quelli che spetterebbero ad una persona pagata, cosa che mi pare un controsenso del controsenso.
Mi scusi per i refusi, FSMosconi, ma sto scrivendo da un telefono in un ambiente rumoroso.
Nella prima riga, dopo ‘sistematica’ c’è ‘al volontariato’.
Nella terza è ‘il volontariato in quanto tale’.
Mi scuso ancora: non volevo mancarLe di rispetto con una scrittura sciatta, ma questo è il mezzo che ho ora!
Spero di non aver omesso correzioni di ulteriori refusi e spero, nel caso avessi omesso, che si capisca lo stesso.
@Ermete
Non so se mi sono espresso male io o sei tu che non hai capito che mi riferivo ad un volontariato non pubblico.
Vale a dire: X organizzazione, pagata dai suoi stessi adepti, ottiene il permesso per andare negli ospedali per assistere i suoi.
Tutto questo senza spillare un soldo dalle pubbliche casse.
Non è che se vai in un ospedale o fai il medico od il volontario pagato dall’ospedale. Fai il medico. Punto. Il volontario è esterno.
“se non ci sono si costringerebbero i volontari a turni di lavoro peggiori di quelli che spetterebbero ad una persona pagata, cosa che mi pare un controsenso del controsenso.”
Con tutto il rispetto, ma in famiglia ho una zia che fa volontariato per i Paesi in via di sviluppo: viaggia spesso in Medioriente, gli è anche capitato di rischiare la vita e non si è mai lamentata perché lo fa volontariamente, cioè i soldi (che comunque ottiene dall’organizzazione: in qualche modo deve pur campare) vanno in secondo piano.
E tu mi vieni a parlare di turni pazzeschi come se il fondamento del volontariato fossero i soldi e non l’azione volontaria… ?!?!
@Ermete
E poi toglimi un dubbio perché qui: “per cui a me implementare un ulteriore sottrazione di reddito ai cittadini non convince” parli come se TUTTI i cittadini richiedessero unicamente il prete (cattolico?) mentre qui: “ci vorrebbe un numero enorme di volontari che non so se ci siano” ammetti che quegli stessi cittadini non sono interessati de facto a farsi preti od a fare comunque volontariato di matrice religiosa?
Inoltre non ho capito la logica secondo cui lo Stato dovrebbe spendere di più (perché quegli stessi servizi comprenderebbero anche le cappelle e gli studi) rispetto all’alternativa secondo cui quello direttamente non spende, o se spende – se così vogliamo pagare il finanziamento dei singoli adepti delle loro confessioni – lo fa in maniera palesemente minore.
@John
Sul modus operandi si può discutere. Credo che orientamento che sia il più equo sia una scelta ovvia. Ora, poste le basi su cui concordiamo, non restano molte alternative.
@ Mosconi.
Sì, ora ho capito. In quel senso, le organizzazioni religiose possono certamente gestire i loro budget, derivati dai vari otto per mille o altro, e organizzare, per così dire, pacchetti sconto o assistenza gratuita per i loro adepti o quello che vogliono loro come in ogni società di mercato pensando alle strategie di marketing secondo loro più consono (spero non si offenda nessuno se lo chiamo così, ma giacchè si parla di soldi, mi pare il miglior modo di semplificare).
Sul resto, forse non mi sono spiegato ma parlo di volontariato in senso lato, anzi principalmente di laici.
Ovvero, un clown che allieta i ragazzini dell’ospedale, oppure una persona che assiste gli anziani dovrebbe essere retribuita, mentre il volontario, facendolo gratis, di fatto permette allo Stato o ad altri enti di non pagare lavoratori, oltre a fornire un servizio gratis lui stesso. In questo senso parlo di sottrazione di reddito.
Non capisco che c’entrino dunque le cappelle: quelle, essendo l’assistenza ospedaliera per i credenti da loro pagata (e per i meno abbienti pagata da un fondo che loro possono gestire come vogliono e dunque chi pagherebbe la cappella lo farebbe volontariamente) sarà, secondo la mia visione anche utopica, problema delle varie chiese o moschee o chissà che altro, trovare convenzione con i loro credenti.
Ora, detto tutto questo e con tanto rispetto per sua zia, non capisco cosa ci sia di strano nel pensare che gestire qualsiasi tipo di assistenza ospedaliera per i volontari, se essi sono pochi, farebbe fare loro un sacco di ore non pagate mentre si potrebbero pagare dei lavoratori per farlo.
Che poi anche qua mi riferisco più che altro ai laici, visto che essi devono anche lavorare mentre il prete no e dunque potrebbe passarci molto più tempo.
Spero ora di essermi fatto capire: il mio cruccio in questo senso erano molto più i volontari laici, e soprattutto atei o comunque gente che non ha strutture economicamente forti dietro, che i preti come, non so perchè, a Lei è sembrato che mi riferissi.
@john
ulteriore riflessione: in temi come questo, lo stato non può permettersi di fare delle preferenze, altrimenti questo attteggiamento giustificherebbe, per estensione, quelle che molti cattolici chiamano discriminazioni verso di loro da parte dei paesi islamici.
No, non c’è soluzione corretta se non di essere terzi, da parte dello stato, rispetto a qualunque scelta religiosa. Non è asetticità, si chiamo stato laico.
@ermete,
Questo del conforto religioso non è un “problema” che lo stato deve risolvere. E’ un “problema” dei singoli e delle loro chiese/comunità/….
@ Moltostanco
Perfettamente d’accordo con Lei: è un problema dei singoli e delle comunità religiose, e approfitto per dire, a scanso di equivoci, che, quando prima mi riferivo all’8×1000, lo facevo in senso puramente realista per non finire nella fantapolitica, perchè personalmente sono per l’abolizione di questo meccanismo.
Se vede il mio primo commento dico questo, poi integrato dalle riflessioni di Mosconi e del signor Grendene (che ho lett poco sopra, ho detto che sono contrario al volontariato in senso generale, e , in riferimento a Grendene, sono sempre stato attento a specificare che l’assistenza doveva essere non solo religiosa (e, in questo insieme, non certo solo cattolica) ma del tipo richiesto dal paziente. Si è poi riflettuto un po’ sul volontariato, ma anche qua esclusivamente in senso generale ed economico.
L’eccezione, e qui arriviamo, sorge nel caso in cui ci siano cittadini a basso reddito che in ospedale richiedono assistenza (religiosa, psicologica, musicale o qualsiasi altra) e che sarebbero discriminati rispetto ai ricchi in un momento difficile e di importanza sociale, e sarebbe un problema ancor maggiore per gli atei a basso reddito e che non hanno strutture economiche forti di riferimento.
Essendo, per i motivi sopra detti, poco incline all’uso massiccio del volontariato, mi è venuta l’idea di un minimo contributo sociale per i cittadini malati e poveri e che non hanno strutture religiose forti alle spalle che possano garantirli, dunque in particolare atei e agnostici (oltre che, chessò, animisti africani o credenti della santeria o qualsiasi altro culto a pochi soldi); fondo, ovviamente, non da usare solo per l’assistenza religiosa, ma per qualsiasi tipo di assistenza, nei limiti del possibile e della legge, l’avente diritto all’esonero prediliga.
Spero in questo modo di aver chiarito meglio il mio pensiero.
@Ermete
Ma allora è un vizio!
E temo di non essere più io quello che non si fa capire.
Quello che intendevo è:
-Associazione volontaria
-Volontario
-Associazione volontaria stipula patto con Stato
-Associazione volontaria paga i suoi volontari, e ripeto paga i suoi volontari, con i soldi della stessa offerti dai suoi iscritti
-Se volontariato è volontariato i soldi non dovrebbero essere problema visto che il fare volontariato presuppone anzitutto la volontà
-Lo Stato non spende, ed eventualmente può riguadagnare i soldi con tassa per l’iscrizione albo associazioni che hanno stipulato patto etc.
Spero non ci siano più qui pro quo visto che ora ho dovuto esplicitare anche l’ovvio. Spero…
@moltostanco
Quoto anche la punteggiatura.
Guardi, Mosconi, semplicemente stiamo partendo da punti di visuale diversa e parlando di due cose diverse: io mi metto da quella dei lavoratori, perchè secondo me lo Stato può trovare soldi tassando grandi patrimoni (compresa la CCAR), attaccando seriamente l’evasione fiscale, e in molti altri modi; non dico nemmeno che uno che si sente di fare il volontario non debba farlo.
Dico che, stando dal punto di vista dei lavoratori, il volontariato fa certamente risparmiare lo Stato, ma lasciando molte persone disoccupate, perchè se di una mansione se ne occupa un volontario, lo Stato non ha bisogno di assumere lavoratori pagati per quella stessa mansione; siccome la crisi sta sottraendo già reddito agli italiani, implementare da parte dello Stato (per risparmiare esso) il volontariato significa sottrarre ulteriore reddito (a quello che sta facendo già la crisi; in questo senso era l’ ‘ulteriore’ del primo intervento) a persone che, se non ci fosse il ricorso al volontariato, avrebbero posti di lavoro pagati anzichè essere disoccupati.
Altrimenti io ho capito quel che Lei dice (e in parte lo condivido), ma semplicemente stiamo parlando di cose diverse: a me, di fronte all’impoverimento di moltissimi in favore di pochissimi, come vuole anche il governo del nostro Stato, non importa molto di far risparmiare lo Stato, nè posso pensare, stante quanto detto, di voler implementare il volontariato per assecondare le volontà altruiste di alcuni….mi interessa più possibile che meno famiglie povere possibile facciano fatica ad arrivare a fine mese.
@ Mosconi
Sull’associazione volontaria che paga i suoi volontari (ma se sono pagati come dipendenti sono più volontari? Glielo chiedo perchè non so bene come funzioni il volontariato, penso che la paga sia un rimborso o poco più) coi soldi degli iscritti, va benissimo: è sempre un modo per far pagare l’assistenza al singolo, ove può permetterselo. Sulle forme per farLo poi ci potrebbe studiare chi è addetto ai lavori.
Ma rimane inevaso il problema di chi, molti, comincia a non poter permettersi di iscriversi ad associazioni, allora, o ci deve pensare l’associazione stessa se ha soldi in abbondanza (esempio la CCAR) o lo Stato, se ancora esiste lo stato sociale, quindi il nucleo del problema rimane e siamo daccapo: finanziamento del singolo per l’assistenza e appoggio sociale a chi non può permetterselo, come per ogni stato sociale decente.
Sul resto, glieLa metto anche più semplice.
Lo Stato deve garantire dei servizi. Ci sono dei volontari che li fanno con piacere.
Lo Stato è contento perchè risparmia e il volontario è contento con la sua coscienza.
Chi è scontento in tutta questa felicità diffusa?
Il disoccupato che, se non ci fosse l’uso del volontariato, potrebbe avere un posto di lavoro pagato.
Sul perchè non vedo così centrale il problema del risparmio dello Stato ho detto, ho detto anche che la mia priorità è di non vedere persone e famiglie continuare a impoverirsi a beneficio di pochissimi, e a casa mia il modo più dignitoso e certo di trarre reddito è avere un lavoro.
Per cui forse potremmo esserci capiti…
@Ermete
“Dico che, stando dal punto di vista dei lavoratori, il volontariato fa certamente risparmiare lo Stato, ma lasciando molte persone disoccupate, perchè se di una mansione se ne occupa un volontario, lo Stato non ha bisogno di assumere lavoratori pagati per quella stessa mansione”
Stai divagando:
Pagati dallo Stato o pagati dalle loro stesse organizzazioni sempre pagati sono.
Ergo, nel caso di abusi hanno gli stessi diritti di chiunque altro.
Ergo non c’è una sostanziale differenza sempre tu non dubiti di concorrenze sleali da parte delle ONG (religiose?).
Inoltre ripeto: essendo volontariato parlare di soldi come fosse il fine e non il mezzo del volontario è fuorviante.
E ciò mi fa davvero pensare che per lavoratore tu intenda l’organizzazione che dovrebbe occuparsene.
“siccome la crisi sta sottraendo già reddito agli italiani, implementare da parte dello Stato (per risparmiare esso) il volontariato significa sottrarre ulteriore reddito (a quello che sta facendo già la crisi; in questo senso era l’ ‘ulteriore’ del primo intervento) a persone che, se non ci fosse il ricorso al volontariato, avrebbero posti di lavoro pagati anzichè essere disoccupati.”
Sai che non esistono solo le ONG religiose, visto che qui stiamo parlando di fatto di quelle essendo il “volontariato” cattolico più privilegiato degli altri?
Sai che stai addossando allo Stato i problemi (ipotetici) delle singole ONG?
“mi interessa più possibile che meno famiglie povere possibile facciano fatica ad arrivare a fine mese.”
Quanto è difficile da capire che nel volontariato non si esclude un secondo lavoro (magari presso la stessa organizzazione)? Quanto è difficile capire che nel volontariato i soldi sono un mezzo e non un fine?
Quanto è difficile capire che la ricollocazione sarebbe d’obbligo nel caso di questa ipotetica riforma?
@ Mosconi.
Molte delle sue perplessità credo che siano contenute nel mio intervento di chiarimento, uscito quasi in contemporanea a questo suo.
So bene che esistano ONG non cattoliche, non capisco da quale parte deduca che io stia dicendo ciò, e convengo chiaramente con Lei che tutto ciò che è cattolico in Italia è privilegiato, dunque anche il volontariato.
Se il volontario è regolarmente stipendiato e trattato giuridicamente come un lavoratore sinceramente non so perchè si debba chiamarlo volontario e non lavoratore, e glieLo ho chiesto non essendo ferrato sui dettagli di questo.
Per il resto.
Io personalmente, in una situazione di impoverimento del genere, penso più a quelli per cui il denaro è un fine: ovvero chi non arriva a fine mese, poi chi vuole rendersi volontariamente utile può comunque organizzarsi.
Non capisco poi perchè mi insista sui preti e i privilegi dei cattolici ecc ecc…io non ho mai difeso la necessità e il ruolo dei cattolici nell’assistenza, forse mi confonde con qualchedun altro.
@Ermete
“Se il volontario è regolarmente stipendiato e trattato giuridicamente come un lavoratore sinceramente non so perchè si debba chiamarlo volontario e non lavoratore”
Perché il fine non è quello del lavoro magari?
Perché non tutti i lavori (come può essere quello di amministratore di una ONG) hanno fini sociali?
Non saprei: lei che dice?
“Io personalmente, in una situazione di impoverimento del genere, penso più a quelli per cui il denaro è un fine: ovvero chi non arriva a fine mese, poi chi vuole rendersi volontariamente utile può comunque organizzarsi.”
Appunto: chi vuole rendersi volontariamente utile può comunque organizzarsi. Questo è il punto: oltre la ricollocazione e tutte le minime garanzie che dovrebbe fare lo Stato? Prendersi carico dei problemi delle organizzazioni private che subentrerebbero al suo posto su questo punto?
Inoltre ti rendo noto che finora le Curie mandano preti ergo altrimenti già stipendiati da quelle. Non volontari.
Con questo sistema per paradosso si troverebbe più “impiego” che senza.
“Non capisco poi perchè mi insista sui preti e i privilegi dei cattolici ecc ecc…io non ho mai difeso la necessità e il ruolo dei cattolici nell’assistenza, forse mi confonde con qualchedun altro.”
Ok, a questo punto ci fai:
1) L’articolo parla del volontariato cattolico privilegiato formato da soli religiosi
2) John sostiene che la tesi dell’articolo non sia fattibile
3) Si ribatte con una proposta dettagliata nei limiti del possibile riguardante la situazione descritta nel punto 1
4) Si discute con te che controbatti per John
5) Sostieni che non intendevi ribattere al punto 1
5) Il punto 5 è in contraddizione col punto 2 in quanto il p. 4 dipende necessariamente dal p. 2 ergo dal p. 1.
@Ermete
Te la butto giù brutale:
L’assistenza religiosa non è un servizio di cui lo Stato dovrebbe occuparsi. Punto.
Se lo Stato è laico significa che è equidistante, essendo equidistante non può permettersi di mettere mano nelle azioni delle singole ONG religiose facenti capo ad organizzazioni religiose: al contrario si potrebbe quasi parlare di cesaropapismo.
Non so se hai in mente: Libera> Chiesa IN >Libero Stato?…
*Libera Chiesa IN Libero Stato*
*Il punto 4 è in contraddizione col punto 2 in quanto il p. 4 dipende necessariamente dal p. 2 ergo dal p. 1.*
E io sono d’accordo.
Il problema rimane un altro: dove il singolo non riesce a pagarsi l’assistenza (religiosa o di altro tipo) per motivi economici, in questo caso, e solo in questo caso, va aiutato.
Ma non per favorire l’assistenza religiosa o di qualsiasi altro tipo, ma perchè sennò finirebbe che il ricco può permettersi ciò che il povero non può.
E, se nel caso della ricca CCAR e dei cattolici, può essere l’organizzazione stessa a provvedere a chi non può (se chi non può è cattolico), nel caso in chi non può non è cattolico e non ha economicamente robuste associazioni, ha diritto in ogni modo a poter accedere all’assistenza come un ricco, visto che, secondo me, si tratta di un caso in cui è giusto che ci sia lo stato sociale, visto che si parla di assistenze, religiose o laiche che siano, che possono comunque sollevare l’animo di un malato e non accontentare un capriccio.
Se si conviene su questo, poi ognuno può pensare tattiche di aiuto alle fasce più deboli che siano migliori di quella mia di una sorta di fondo sociale, anche semplicistica se vogliamo, ma in tutto questo non capisco perchè Lei mi rimanda a Cavour e mi tratta come uno che in qualche modo abbia detto che lo Stato deve pagare l’assistenza religiosa (cosa diversa dal garantire un servizio importante a chi, e solo a chi, non può permetterselo, sia che si parli di religioni che di non religioni ed avendo concordato con Lei sull’ingiustizia del privilegio cattolico).
Se in qualche parte dei miei interventi trova un’affermazione in questo senso ambigua sono pronto a correggerla, ma vorrei sapere cosa glieLo fa pensare.
Ho appena letto l’altro Suo intervento che mi era sfuggito.
Guardi che, di qualsiasi cosa parli l’articolo, io mi sono inserito nella discussione che c’era in questo singolo thread,facendo una proposta che mi pareva totalmente neutra rispetto ai vantaggi religiosi, argomento di cui vari discutevano rispetto alle considerazioni di John.
Lei mi ha chiesto perchè non era secondo me più semplice il ricorso al volontariato e io Le ho detto la mia su quello. Il resto deriva dalle malcomprensioni che su questo sono sorte, principalmente tra me e Lei.
Può rileggersi la fila dei commenti se la successione non Le pare così.
Ah, ha scritto diversi interventi insieme e me li sto vedendo tutti.
Se Lei mi dice che un volontario ha di diverso dal normale lavoratore solo il nome e il fine morale ma ha eguali trattamenti economici e giuridici cambia tutto, nel senso che avremmo già l’impiego di forza lavoro sol solo nome diverso (sulla finzlità sociale, secondo la Costituzione ogni lavoro ha finalità sociale, se non sbaglio).
Spero che me Lo dica essendo informato a dovere e non buttandola là (io ho chiesto se sa quale è la differenza), perchè, sinceramente, a me a naso sembra molto difficile che la differenza sia solo di quel tipo, visto che le tipologie giuridiche di solito si organizzano su criteri diversi che dall’interesse personale al denaro del soggetto. Comunque, non sono informato e facciamo che sia come dice Lei.
@Ermete
Essia, prendo atto di non aver colto immediatamente che la sua proposta era di maggior peso dell’obiezione.
Non posso invece non notare che se si inserisce in una discussione si prendono buone le premesse per forza di cosa. Ora, avendo obbiettato (sebbene la proposta fosse di maggior peso all’obiezione) a me concorderà che non potevo non pensare che stesse per la controparte. A fronte del Topic Tertium non Datur.
Ma ora controbattiamo alla proposta: sono d’accordo a metà.
Voglio dire che ritengo ovvio che sono le Organizzazioni a dover far in modo che i propri possano garantirsi questi servizi, se lo richiedono.
D’altra parte se passa l’idea che lo Stato debba garantire a monte tale somma passerebbe l’idea che appunto lo Stato (anche a chi non vuole) incentiva tale pratica – nobile quanto si vuole, per carità – e ciò non è propriamente laico in quanto non propriamente equidistante (perché appunto ci sono i religiosi e gli atei che potrebbero non richiederla).
Sul volontariato in sé in effetti ho fatto confusione fra volontari in sé e retribuiti che li aiutano. Non che nella situazione attuale ci sia differenza rispetto al “volontariato” privilegiato: difatti i preti, che io sappia, sarebbero pagati comunque.
Ciò detto, mi basterebbe semplicemente che lo Stato stipulasse eventuali patti sicché si abbia quel minimo sindacale di controlli e sulle retribuzioni le singole organizzazioni si mettano d’accordo con loro stesse: non è problema dello Stato.
@ Mosconi
Non si preoccupi per gli equivoci: sono cose che capitano a tutti nelle discussioni, tanto più se non ci si può guardare in faccia e ci si può affidare solo alla parola scritta!
Sul resto, io dico che lo Stato dovrebbe sostenere solo chi non può permettersi di pagare di tasca sua, cosa che non è un incentivo religioso (varrebbe, come detto, peraltro, anche e più per chi non ha alle spalle il colosso economico CCAR) ma che è un principio dello stato sociale.
Dipende tutto da una cosa: se si considera questo (questo nel senso dell’assistenza non solo religiosa) un bisogno fondamentale e dunque che vada coperto dallo stato sociale, o meno , problema certamente di difficile soluzione.
Grazie delle delucidazioni sul volontariato.
@Ermete
L’assistenza medica esiste già.
O almeno dovrebbe: mettiamo a posto il welfare.
Come? Tra le altre cose togliamo il privilegio di questi assistenti religiosi e li mettiamo come volontariato (che è un di più, non a caso è volontario).
Nessuno si lamenterà e lo Stato non spenderà un centesimo se non per stipulare un accordo con le ONG (in cui anzi ci guadagnerebbe).
Perché ti ricordo che è di assistenza religiosa che si parla, non di assistenza in generale.
@ Mosconi
Io mi ricollego al discorso del signor Grendene, che reputo molto interessante.
Mettiamola così: un religioso può trarre grande conforto dall’assistenza religiosa, io potrei trovarlo facendo solfeggio, altri malati svolgendo piccoli corsi di teatro, altri avendo il clown.
Sono tutti conforti non medici ma che possono far molto bene all’animo di un malato.
Se chi ha i soldi può pagarselo, chi ha a che fare con la CCAR può essere copero da essa, come la si mette con un malato povero che vorrebbe frequentare un corso di teatro o avere un clown o altro ma non può permetterselo?
Va bene ricorrere al volontariato anche se, come Le ho detto non sono molto amante di queste soluzione per le motivazioni sopra espresse, ma se i casi fossero troppi, e con la crisi che incalza potrà succedere adesso se già non succede ora, come fare a garantire queste persone che non sono gaqrantite e non possono permetterselo?
‘coperto’ non ‘copero’.
@Ermete
Guarda che in una ONG di volontariato non ci sono solo i volontari.
Come ho ricordato ci sono anche quelli che aiutano i volontari e che vengono retribuiti.
Poi è ovvio che per fare volontariato c’è bisogno di un corso (in genere pagato dalla stessa ONG), ma questi sono problemi di chi fa volontariato. I quali spesso hanno già un lavoro – a parte i casi come quello di mia zia che lavorando, mi sembra, per l’ONU è retribuita: ma perché è internazionale -.
Per il resto: le obiezioni quelle rimangono, più una:
1) le ONG non sono lo Stato, lo Stato non è una ONG. Il problema è delle ONG non dello Stato.
2) Il degente se vuole un volontario non paga, perché come è volontario il volontario così la sua assistenza.
3) Si sta parlando unicamente dei privilegi della Chiesa.
Sul punto 3) non La capisco, nel senso che il discorso ha preso più generali e non mi sembra off topic estendere un discorso.
Sul resto, rimangono le mie obiezioni sul volontariato.
Se il volontario è perfettamente equiparato ad un lavoratore, è solo questione di nome e allora non avrei niente da dire.
Se non lo è, io preferisco sempre, per i motivi su cui non ritorno ora visto che sono stati espressi in lungo e in largo, posti di lavoro con le garanzie le retribuzioni giuste, che sia il datore di lavoro lo Stato o altro ente (ong, cooperative sociali, aziende) in questo senso mi pare ininfluente.
@Ermete
A questo punto scusami, eh: ma va’ da un giudice a farti spiegare la differenza tra volontario, lavoratore ed assistente-volontario retribuito!…
Non capisco perché bisogni andare OT, e rimarco: OT, qui quando se ne ha la possibilità.
Guardi, Mosconi, chiudiamola qua, visto che personalmente io sono sempre per il lavoro classico, retribuito e garantito per i motivi già detti, ed è inutile farla lunga, visto che la mia è una scelta di campo a tutela del lavoro tradizionale (in quanto pagato decentemente e decentemente tutelato), che non ha bisogno di grandi spiegazioni sulle differenze tra i volontariati: se già Lei mi dice che ci sono delle differenze, è proprio una conferma della mia personalissima opinione.
Per il resto, a me sembra che anche Lei, quando mi chiese, dopo il mio primo intervento, se non fosse più facile ricorrere al volontariato, abbia di fatto accettato l’OT, nel momento in cui il sottoscritto era già entrato in una discussione generale sul volontariato, dunque già OT. Mi pare dunque strano che rifugga ora l’OT.
Oppure devo dedurre (tertium non datur) di non essermi spiegato bene io, o che Lei non abbia letto bene il mio primo intervento, cosa altrettanto possibile. In entrambi i casi, che mi sia spiegato male io o che abbia letto con poca attenzione Lei, è anche spiegato l’equivoco precedente.
L’assistenza religiosa secondo Garibaldi, (quanto ci manca!):
«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico. In conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragioni oggi, non voglio accettare in nessun tempo il ministro odioso, disprezzevole e scellerato d’un prete che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare. E che solo in istato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada» (testamento politico del 1871, p. 390).
w GARIBALDI
Garibaldi….basta evocare il nome per capire lo spessore. Tra lui Cavour e Mazzini c’era in comune il fatto che non si sopportassero a vicenda. Citarlo come esempio vuol dire essere a corto di argomenti seri.
Irrilevante.
Negli ospedali pubblici ci sono preti stipendiati dalla sanità pubblica per fare il prete, mentre tirano la cinghia su medici ed infermieri per curare i malati (per ottenere una visita specialistica occorrono mesi). Che schifo!
Beh, dal loro punto di vista ti fanno un favore perché arrivi prima al creatore 🙂
esatto: che schifo
Un ateo sul letto di morte in ospedale : infermiera, voglio un preteeeeee !!!
Infermiera : spiacenti, ma é proprio lei che li ha buttati fuori.
Nah, non sei portato.
Su questo hai ragione e non voglio essere presuntuoso.
Se vuole un prete, non è un ateo.
@giuseppe
Guarda, basterebbe che nel caso in questione lo dicesse ai parenti di chiamarlo.
La questione riguarda il finanziamento PUBBLICO ad UN’UNICA confessione quando basterebbe appunto del semplice volontariato.
Poi, se tali ovvietà ti sfuggono non è un mio problema.
Ex-ateo sul punto di morte: Guardi che non l’ho buttato io fuori, ma se ne andato lui perchè doveva fare il suo lavoro gratis.
Infermiera: Az!
E’ giusto seguire le belle notizie fino in fondo: la popolare blogger americana, Leah Libresco, ha ricevuto il battesimo domenica 18 novembre, entrando così ufficialmente nella Chiesa cattolica.
Filosofa laureata a Yale e collaboratrice dell’Huffington Post, la sua storia ha scosso la blogsfera quest’estate, in quanto fino a poche settimane prima la Libresco era una militante atea, star del “Patheos Atheist Portal” e proprio da questo blog ha annunciato la sua conversione e quindi il suo trasferimento su “Patheos Catholic channel”.
Che con la notizia in questione c’entra…?
giuseppe caro ragazzo,giusto per capire vorrei sapere se tu
diffendi la chiesa come istituzione oppure difendi
il principio di religiosità, ammesso che tu possa
capire la diffrenza tra religione e religiosità.
Cosa difendo dovresti capirlo da solo. Pare che sia tu a non capire la differenza.
giuseppe difende quello che crede essere il suo clan. Fine dei suoi ragionamenti.
ha ricevuto il battesimo domenica 18 novembre…..
ma se si battezza uno, nessuno e centomila per te che cambia ?
@Murdega
Lascia stare. Tutta fatica sprecata.
OK, una blogger è andata fuori di testa, e allora?
Allora ne avete tanti che vanno fuori di testa; i giornali sono pieni di conversioni che vengono proprio dal vostro mondo.
O_o
Miii, pieni proprio.
In ogni caso, sono le rarità che fanno notizia.
giuseppe,
ma che giornale leggi tu ? a parte il giornaletto parrocchiale o quello della CEI intendo.
mi immagino le prime pagine e le edizioni speciali …..
@giuseppe
E con ciò?…
E con cio’ ? Fai la stessa domanda a tutti quelli che si sbattezzano e che voi pubblicizzate con tanta enfasi.
@giuseppe
Si pubblicizza lo sbattezzo, non gli sbattezzati. O meglio: si rende noto che nel momento in cui qualcuno non si riconosce più nel cattolicesimo ha la possibilità di uscirne senza problemi.
Di contro questo sbandierare la conversione di questo o quel tizio, più che convincere alla conversione pare promuovere invece le vicende personali di questo o quello. Come dire: si usa la tattica di Scientology.
Per meglio dire: non ho mai letto di conversioni di gente poco in vista negli ultimi tempi, e ciò dovrebbe far insospettire te prima di tutto.
Infine anche se fosse non mi par che un singolo umo in vista possa riportare indietro l’escalation di secolarizzazione degli ultimi tempi, già in piena ascesa durante l’ultimo pontificato.
….sarà un caso ? Pare che la storia si ripeta spesso.
@ giuseppe
Quindi puoi rilassarti, aspettare con tanta speranza, pregare intensamente e lasciarci in pace. Sempre tu creda a quel che dici….
Nel frattempo, se vuoi distrarti puoi dare un’occhiata ai siti di Loftus e di Barker che da predicatori sono diventati atei…
Sarà un caso? Pare che la storia si ripeta spesso.
giuseppe, sei un tonto.
(sì, bisogna arrivare a questo livello per parlare con ‘sta gente)
@giuseppe
Allora concorderai che la Nuova Evangelizzazione sia al più pleonastica, pletorica. Lo dici tu alla CEI?
Ah Giuseppe, ma toglici una curiosità.
Si può sapere quanto ti pagano per venire qui a sbomballarci i maroni?
Ribadisco, chi vuol proporre il suo prodotto lo DEVE fare a sue spese e senza importunare il prossimo. Questa degli assistenti spirituali e’ un’altra sconceria dell’Italia.