Raffaele Carcano*
Il card. Gianfranco Ravasi, numero uno della cultura vaticana, intervistato da Avvenire è tornato l’altro ieri a parlare del suo “Cortile dei gentili”. Ancora una volta ci ha voluto ricordare che, almeno per il momento, preferisce tenere da parte quello che definisce “ateismo nazional-popolare”, che identifica in autori quali Michel Onfray, Piergiorgio Odifreddi, Paolo Flores d’Arcais. Ma ha precisato che ha continua a fare altrettanto anche con quello “devoto”, secondo lui troppo politicizzato. E ci si può chiedere se è vero, visto che i già invitati Giuliano Amato e Massimo Cacciari hanno, a mio parere, tutte le caratteristiche per rientrare a pieno titolo nella categoria.
Ravasi ha però anche sostenuto che “atei” è ormai categoria “obsoleta” e “desueta”. Meglio “umanisti”, ci fa sapere. Avrebbe convenuto il nuovo conio con un filosofo messicano e con una psicanalista di origine bulgara.
Che “ateo” sia una categoria fuori moda è una vecchia storiella, ormai antiquata anche in Vaticano. L’aveva già sostenuto il cardinale Paul Poupard, predecessore di Ravasi alla guida del Pontificio Consiglio della Cultura. Vent’anni fa, intervistato da Repubblica, sostenne che i non credenti non volevano più essere chiamati “non credenti”, e men che meno “atei”. Glielo avevano chiesto anche a Mosca, “poco tempo prima della caduta dell’impero sovietico”.
Purtroppo per Poupard e Ravasi, i sondaggi realizzati pressoché ovunque nel mondo mostrano come il numero di persone che si autodefiniscono “atee” sia in costante aumento. In una estesa inchiesta realizzata negli Stati Uniti nel 2008, l’American Religious Identification Survey, tale circostanza è stata addirittura sottolineata nel report conclusivo (“The historic reluctance of Americans to self-identify in this manner or use these terms seems to have diminished”). Ricordo a Ravasi (gentilmente, ça va sans dire) che quelle stesse ricerche che rifiuta di citare mostrano anche che, lungi dall’essere “nazional-qualcosa”, gli atei sono molto più cosmopoliti e molto meno nazionalisti o localisti dei credenti.
Il cardinale ha invece ragione su un punto: l’ateismo è senz’altro “popolare”. E lo sarà sempre di più, se per capire le ragioni della sua crescente diffusione i vertici del Vaticano continueranno ad affidarsi a commenti salottieri.
* Studioso della religione e dell’incredulità, curatore di Le voci della laicità, coautore di Uscire dal gregge, autore di Liberi di non credere, segretario UAAR.
Umanisti? Sta bene. Chi è ateo, non mettendo al centro dei suoi valori dio, verosimilmente ci mette l’uomo.
Vuol forse dire che per il cardinale i suoi fratelli non sono poi così importanti? Che la chiesa non interpreta una filosofia Umanista? Sta bene, viva la Verità che tanto tempo ha impiegato per emergere.
Attenzione, gli umanisti ‘storici’ erano tutto fuorchè atei! La centralità dell’uomo di cui parlano è dovuta al fatto che dio ha creato gli uomini ‘a sua immagine e somiglianza’ ed è per questo che stanno ‘al centro della creazione’. Che poi proprio questa centralità abbia portato a riqualificare l’uomo in quanto tale, a mio parere non fa dell’umanesimo in alcun modo un sinonimo di ateismo. Un umanista può naturalmente essere ateo, ma non per il solo fatto di essere umanista.
Certo che fa parecchio pensare la circostanza che un filosofo messicano e uno psicanalista bulgaro habbiano convenuto sul nuovo conio…
@ Raffaele Carcano. Ravasi ha sostanzialmente ragione, e direi su tutta la linea.
Si tratta di un particolare secondario ma va detto: il neo-cardimale incarna il tipo del “professore gentiluomo” di gran classe, pur nella “sostenutezza” non particolarmente simpatica del suo atteggiarsi. Oltrepassando il dato della sua strepitosa
( ripeto, strepitosa ) cultura letteraria ( ma di notte quanto tempo impiega a leggere anzichè dormire ? ) va detto che la distinzione fra “ateo” e “umanista” come concetti presi isolatamente risulta significativa.
Per affermarlo mi riferisco alle pagine conclusive del libro “Il caso e la necessità” del citatissimo biologo Jacques Monod, ateo professo anche se non particolarmente felice del suo ateismo.
Dopo aver escluso l’azione nel processo evolutivo di qualsiasi elemento finalistico ( alla greca “teleologico” ) trae le conclusioni filosofico – esistenziali di questa posizione scientifica che ritiene “tristemente oggettiva”: l’uomo, nato e sviluppatosi su un infimo granellino di materia disperso nell’immensità del cosmo, deve considerarsi lo “zingaro dell’universo”: nessuna garanzia sussiste della indefettibilità della sua civiltà, vale a dire della sopravvivenza a qualche catastrofe planetari, oppure da essa stessa innescata. Si tratta in sostanza dello stesso “motivo” affrontato dallo scrittore di fantascienza e divulgatore scientifico Isaac Asimov in “Catastrofi a scelta”, in cui presenta il “ventaglio” delle possibili cause di una futura distruzione della specie umana e della stessa vita sulla terra, ad esempio l’impatto di un grande meteorite ( è la spiegazione della scomparsa dei dinosauri che alcuni propongono ).
Nella sua lucidità sconsolata Monod osserva che il campo della politica mondiale è dominato non solo da forze religiose, ma da ideologie autodichiarantesi atee e basate sulla oggettività scientifica, ma che a ben vedere rappresentano forme di finalismo (teleologismo ) provvidenzialistico, quello che prospetta “immancabili destini”( come nel caso del Comunismo ) guidati non più da Dio, ma da una qualche entità detta “Storia” oppure “Progresso” ). Secondo il biologo francese, essendo il mondo dominato dal caso e solo dal caso, insieme con la cieca necessità, in nessun modo è prospettabile una forza che conduca sicuramente l’umanità verso mete di progresso universale, sia pure attraverso spinte e controspinte dialettiche.
In sostanza i vari tipi di progressismo sarebbero forme religiose mascherate, che esplicitamente o implicitamente si credono condotte con sicurezza da un qualche “sole dell’avvenire”, anche se per vie tortuose e perfino violente.
Questa è a mio parere la contraddizione di fondo che inficia il discorso del “nuovo ateismo”: una visione del mondo autodichiarantesi basata sulla scienza, e solo sulla scienza, che dichiara l’evoluzione mossa fa forze agenti in modo cieco e violento, posta in continuità ( ? ) con una concezione “progressista” e “umanista” nel senso rinascimentale, per cui in un prossimo futuro esisterà ( anzi DEVE esistere ), se non proprio un paradiso terrestre, un mondo nettamente migliore dell’attuale. Con questa prospettiva si salda una concezione sostanzialista della giustizia, pur nella negazione formale dell’esistenza di un “diritto naturale”. Rassumo, ripetendo un discorso già fatto: essendo il mondo biologico composto di soli elementi materiali ( fisico-chimici ) non si vede perchè atti di violenza dovrebbero essere considerati “giusti” o “ingiusti”: un coltello piantato in una schiena che altro è se non un aggregato di atomi di ferro che entra nell’insieme dei composti chimici costituenti il corpo di un individuo umano? E il dolore da lui provato non si riduce forse a una serie di scariche nervose?
E’ quest’ultimo il discorso condotto ( spesso in modo sotterraneo ) dall’ala estrema del movimento illuminista fin dal ‘700, che trovò l’espressione più consapevolmente esplicita e proterva nelle famigerate opere del Marchese De Sade: se godo nel torturare un altro ( un’altra ) perchè dovrei vietarmelo, avendone la possibilità? In termini di violenza psicologica, anzichè fisica, si esprime Choderlos De Laclos in “Les liasons dangereuses” ( “Le relazioni pericolose” ), di cui esise una recente edizione cinematografica con John Malkovic, Michelle Pfeiffer, Glenn Close e Uma Thurman.
L’ideologia illuminista nella sua versione esplictamente atea,
( peraltro disconosciuta da personaggi anche di spicco come Voltaire ) pretendeva di saldate una visione della natura come teatro di conflitto perenne e violento con un’dea della giustiza irenica: come dire ( esempio già fatto ) di vedere il mondo come un vascello soggeto a violente scosse a cause dei marosi e pretendere che un servizio di calici di cristallo posti su un tavolo, fissato o meno al pavimento, si mantenga intatto o semi-intatto, scandalizzandosi se qualcuno istituisce o mantiene una disposizione dei calici diversa da quella prospettata come “giusta” ( ad esemipio a scacchiera su base quadrata o a esagoni ).
Di questa gravissima contraddizione si accorgono normalmente pochi spiriti pensosi come Giacomo Leopardi ( da leggere a questo proposito l’amara – virulenta “Palinodia al Marchese Gino Capponi” in cui si irridono i progressisti seduti al caffè, ordinatori di gelati e con la bocca piena dell’ultima parola à la pasge del progressismo liberale o liberaldemocratico o cattolico – liberale con aperture progressiste – i ridicoli “nuovi credenti” ).
Di fatto la massa dei semicolti e degli incolti preferisce deviare l’angoscia ingenerata da una problematica così grave dando addosso a un “supercattivo” dal movimento tentacolare a cui in stile manicheo si attribuiscono tutti i mali ( è la funzione di “‘o malamente” nella sceneggiata napoletana ). Ieri la causa di tutti i mali era il Capitalismo ( lo “Stato capitalista delle multinazionali ), assecondato dal clericalismo di destra; oggi, venuta meno con la “Caduta del Muro” la mistica dell’anticapitalismo, ci si getta sul Clericalismo, specie in versione cattolica, drenunciandone non solo le gherminelle, le magagne e i delitti veri e non disconoscibili, ma cercandone per ogni dove, magari con la lente di ingrandimento, e gonfiando ogni elemento di negatività per farlo assurgere a manifestazione pressochè demoniaca; questo proprio quando in Occidente la presa sulla società del Cristianesimo sembra ridursi a poca poca, quesi ad enclaves o a riserve indiane. C’è da chiedersi quale Grande Nemico si troveranno i “nuovi atei” nell’ipotesi ( pregustata con gioia maligna ) che i Cristiani si riducessero allo stato catacombale, vale a dire a “quattro amici al bar”.
E’ questo l’ateismo “nazional – popolare” con cui Ravasi non vede possibiltà di dialogo, perchè vive in larghissima misura di parassitaria demonizzazione oltremisura del Cristianesimo come “religione organizzata”.
Peer quanto riguarda gli atei “devoti”, bisogna dostinguere due gruppi principali. Anzitutto ci sono quelli che, pur non credendo alla verità dei dogmi cattolici, riconoscono miolto importante o addirittura fondamentale la funzione della religione ai fini dell’ordine sociale ( il plebeo che crede all’Inferno per i ladri e al paradiso per i rassegnati è un plebeo che non ruba ): è il caso di molti fra i sostenitori della Restaurazione nel primo Ottocento: il signor conte, come don Rodrigo, non crede in Cristo, nella Madonna, nella vita d’oltretomba ( nel foro interiore è un “libertino” ) ma ritiene opportuno rispettare il clero ( magari parlandone male con gli amici fidati ), farsi vedere qualche volta a messa dai servi e dai paesani, mandare i propri figli a scuola nei collegi dei preti. E’ anche il caso degli aderenti all'”Action Francaise”, guidata da Charles Maurras, Esteriormente estimatore del Cattolicesimo come “forza d’ordine” ma interiormente ateo. Per evitare quersta commistione equivoca, squalificante e a lungo termine pericolosa il Papa Pio XI arrivò alla condanna di Maurras.
In secondo luogo troviamo le personalità che, dopo lungh esperienze o letture vaste e “importanti”, sentono il bisogno interiore di credere, ma non ci riescono, o non ci riescono completamente, a causa dei dubbi intellettuali o “dubbi di fede”, incentrati prevalentemente sulla teodicea ( “Si Deus est, unde malum?”), naturali per uno spirito colto, che li trattengono alle soglie della conversione: è il caso di Oriana Fallaci, seguita nel suo ultimo tempo da mons. Fisichella, alla quale appariva difficilissimo conciliare l’idea di un Dio buono con la visione della violenza non solo nel mondo umano, ma anche in quello naturale, con la generalizzazione della predazione.
C’è poi, credo, un altro dubbio, rappresentato da Massimo Cacciari, di atei interessati ( intellettualmente ) alla religione per la convinzione che la metafisica, la filosofia teoretica, quella morale e anche l’estetica “laiche” si siano formate in strettissima, anzi inestricabile connessione con la problematica religiosa e con la teologia: per cui non è possibile essere filosofi profondi se non si conosce e rispetta la teologia “razionale”.
L’ultima novità è il tentativo dei leaders nuovoatei di trasformare il negativo-privativo ( ciò che esiste per sottrazione ) in positivo: un non essere in essere tale da creare identità e da servire da bandiera di battaglia. Sul piano psicologico questo tentativo si traduce, negli incolti e nei semicolti ( i più supponenti perchè illusi di “sapere” anzichè di “non sapere” ) un atteggiamento cattivo, con espressioni esterne verificabili sotto forma di sarcasmo amaro e continuato, crassa ignoranza e forzatura dei fatti storici e delle realtà sociali relativi al Cristianesimo e alla Chiesa Cattolica, virulenza spesso stomachevole per la sua scorrettezza, volgarità e mancanza di autentica “umanità”; l’atteggiamento di chi rifiuta di concedere al suo “feroce e corrotto avversario” la sia pur minima quota di buona volontà e di purezza di intenti, facendo eccezione solo per i pochi ( ssimi ) ingenui – illusi, usati come “specchietti per le allodole”.
Evidentemente il card. Ravasi ritiene possibile e proficuo rivolgersi nel suo “cortile” a quanti sentono il bisogno di credere ma non vi riesco per difficoltà intellettuali da loro ritenute insuperabili, ma che si lascerebbero volentieri alle spalle se qualcuno, conosciuto appunto nel “cortile” desse loro spiegazioni veramente convincenti per uno spirito educato al pensiero critico.
@ Flo’
” Oltrepassando il dato della sua strepitosa ( ripeto, strepitosa ) cultura letteraria ( ma di notte quanto tempo impiega a leggere anzichè dormire ? )”
Scommetto che qualsiasi persona con un po’ di curiosità, 1/10 del tempo libero e dello stipendio di Ravasi potrebbe leggere molto di più. Per quanto riguarda il suo prelato, stia sicuro che al sonno non toglie 1 minuto, vorremmo tutti vivere dall’aria fritta (ma l’onestà e la dignità a volte superano certi desideri) e avere i privilegi che ha questo tuttologo del niente.
Florenskij, attento,
Non è mica una idea peculiare di Monod il voler escludere ogni finalismo dalla Natura: si tratta del postulato base di tutta la scienza. Tutta quanta.
La scienza, intesa come insieme di teorie scientifiche, e solo quello, si deve basare sulla sperimentazione. Si parte dalla scienza empirica, quindi, per poter in seguito scrivere una teoria generale che comprenda i risultati degli esperimenti singolari. Galileo e company insegnano. Cioè, si passa da un insieme di asserzioni singolari ad una asserzione universale. Questo passaggio, cruciale, implicherebbe una buona dose di induzione, la quale, come sappiamo, non è affidabile perchè logicamente incorretta. Ci si basa quindi su fantasia e immaginazione, intuito.
Poichè la teoria scientifica, come asserzione universale, deve servire a fare previsioni deduttive, deve essere corroborata da verifiche sperimentali. Se anche una sola verifica contraddice (falsifica) la teoria, quest’ultima risulta incorretta e va rivista. La falsificazione infatti risulta essere l’unico criterio possibile logico per stabilire se una toeira è scientifica oppure no.
Ora, dovrebbe essere ormai ovvio che una epistemologia del genere non può affatto funzionare se si ammette una qualche esistenza di finalità, di volontà esterna, nel fenomeno singolare sperimentato. Questo finalismo intrinseco andrebbe ad inquinare, magari in modo drastico, la stesura della teoria scientifica che dovesse comprendere proprio questo fenomeno,insieme a tutti gli altri. Ecco perchè, in poche parole riassuntive, la scienza deve escludere ogni volontà finalistica. Un miracolo, se anche esistesse, non sarebbe analizzabile dalla scienza.
Ma, attenzione, così come la scienza deve escludere ogni finalismo impostato da un essere “superiore”, deve anche escludere ogni finalismo impostato da una volontà qualunque, per esempio umana. Se io voglio “guidare” un fenomeno singolare, questo fenomeno singolare non sarà più confrontabile con altri fenomeni singolari analoghi (dove non c’è finalismo), e una teoria scientifica universale che li raccolga tutti non avrà senso. In parole povere, dove c’è soggettività, non può esserci scienza (intesa, ripeto, come insieme di teorie scientifiche).
Ecco perchè, Florenskij, ancora una volta, non ci siamo. Nessuna fede politica, o religiosa, perchè di fede si tratta, è analizzabile dalla scienza, così come non lo sono morale ed etica, in quanto costruzioni finalistiche. Non è affatto vero, come dice lei, che l’ateismo o il comunismo siano scientifici, ma mentre il comunismo pretendeva di esserlo, l’ateismo (nazionalpopolaresocialista o checacchioditevoi) non pretende affatto di esserlo: l’ateismo è semplicemente una posizione filosofica, ergo, tutt’altro che scienza (non è una teoria -o insieme di teorie- scientifiche), e come tale non deve essere soggetta a critiche relative alle supposte “scienze”, che in realtà, scienze non sono affatto. Morale ed etica non sono scienza, ma non pretendono affatto di esserlo, come invece dite voi, Ravasi e lei. Se pretendessero di esserlo (e qualche ateo probabilmente lo pretende, ma si sbaglia di grosso), allora voi due avreste ragione, ma non è così, ed avete torto completo.
Glielo avevo già detto qualche thread prima (dovrei spiegarlo anche a Ravasi adesso?!?): per favore non parli di scienza a sproposito.
@ Florenskij
“Evidentemente il card. Ravasi ritiene possibile e proficuo rivolgersi nel suo “cortile” a quanti sentono il bisogno di credere ma non vi riesco per difficoltà intellettuali da loro ritenute insuperabili, ma che si lascerebbero volentieri alle spalle se qualcuno, conosciuto appunto nel “cortile” desse loro spiegazioni veramente convincenti per uno spirito educato al pensiero critico.”
Non è che affermando questo tu gli stia facendo un gran servizio… e in ogni caso non fai che legittimare tutte le critiche e accuse che gli vengono rivolte. Una, fondamentale: per Ravasi sono degni di considerazione solo atei che anelano alla Verità, ma non hanno ancora trovato chi – ovviamente invece in possesso della Verità – dia loro una mano, li aiuti a superare le resistenze dovute, dovute… diciamo a tante cose, che conosce ovviamente solo chi possiede la Verità. A costoro apre le porte del ‘cortile’, non rendendosi nemmeno conto che la sua è un’operazione ben poco evangelica dal momento che tiene fuori tutti quegli atei che evidentemente ritiene impermeabili – per limiti culturali, per rozzessa intellettuale e tanto altro che naturalmente solo lui (solo tu… che, detto per inciso, senza ironia, secondo me ne sai molto più di lui) – al Verbo, e che, molto poco evangelicamente, appunto, lascia al loro destino di dannati. Insomma, interpretando forse un pò troppo alla lettera la parabola del Buon Pastore, per riportare all’ovile la pecorella smarrita lascia incustodito il resto del gregge che diventa così pasto per i lupi (che tu elenchi puntigliosamente).
Comunque, tutto ciò, all’interno della chiesa, potrebbe essere solo una divisione dei compiti, una parcellizzazione del lavoro molto funzionale che solo quello sprovveduto di Marx aveva pensato portasse all’alienazione… e così mi limiterò solo ad avanzare a te, a lui, ai vari Cacciari una proposta. Parlo del sostituire… così, solo per un momento, per provare… il vostro punto di vista (“Dio ha creato l’uomo”) che immagino funzioni da chiave per tutte le analisi riguardanti la condizione umana, con l’altro punto di vista, che dovrebbe (dico non a caso dovrebbe) caratterizzare ogni ateismo – vetero, neo, prossimo futuro che sia – e cioè che “è stato l’uomo a creare dio”… rispondendo con questa operazione ad un’esigenza reale come esigenza, ma di cui, proprio per questo, non è facile avere consapevolezza. Per cui spesso dio, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra
Ecco, provate a immaginare quali scenari, da questo punto di vista, si sono aperti e si possono sempre aprire, all’interno dei quali tutte le vostre analisi finirebbero per rappresentare solo una parodia della condizione umana. Questo sì che sarebbe da parte vostra un vero atto di umiltà.
@ Florenskij
Che c’entra il finalismo nell’evoluzione con l’attività guidata da scopi degli esseri umani?
NIENTE.
A che pro l’intervento di Florenskij? Cavoli a merenda. E neanche buoni.
L’ennesima prova che Florenskij usa il martello non solo per piantare i chiodi ma anche per avvitare e farsi la barba. Con i risultati facilmente immaginabili.
E allora? Siamo nel 2012.
Tutte le associazioni atee si fregiano del titolo di umaniste, nel senso che rivendicano la cultura dell’uomo rispetto alla visione centrista e teologale delle chiese, mi pare.
Cmque, mi sembra che le necessità pratiche (intendo cibo/sonno) delle persone, di cui scarsissime associazioni umaniste si occupano contro il copyright di quelle religiose, siano the ultimate word sull’argomento.
Non si può fare umanesimo senza considerare gli aspetti pratici. Odifreddi è fantastico, ma il comparto humanitarian direi lascia parecchio a desiderare.
Florenskji, pensi che qualcuno sano di mente sopra i 3 periodi ti legga? Il tuo praticamente è trollaggio…abbi l’intelligenza di ammetterlo. Comunque, vox populi :))))….
Mah…
i fondamentalisti cristiani americani chiamano gli atei e laicisti “secular humanist”, storcendo subito dopo la bocca in una smorfia di disgusto. Ravasi ha forse pensato di essere più conciso, eliminando il “secular”, che moltissimi in Italia non capirebbero.
Ci chiamino come vogliono. Importante è non essere polli per il loro cortile! In qualsiasi modo ci appellino questi presunti sapienti credenti non possono mai ammettere che un ateo per il fatto che si definisce tale sia oggettivamente senza dio. Importante, ripeto, è essere uomini. Diversi dai polli devoti del parasacro cortile.
Ravasi, vuole anche dirci come vogliamo definirci? Deve per forza “definirci”? lo sostanza di fatto è che siamo tanta gente che pensa che le religioni siano solo favole e che dovreste andare a lavorare.
@wichgood. Che cosa ha letto di Ravasi per impancarsi a giudice così severo e inflessibile? Mi illumini su ciò! Dica quali sono per lei le opere ravasiane più improponibili !
Comunque mirabile la sua precisione e pregnanza concettuale nel cogliere l’essenza del mio interevento. Che ne dicono i suoi amici del Bar Sport?
@ R. Grendene. Dimenticavo. In base alla logica naturalistico.scientista-darwnista i viventi si presentano con forme e strutture diverse e variabili, più o meno adattate all’ambiente e in un certo senso tutte legittimate ad esistere purchè si trovino la “nicchia” adatta. Perchè secondo gli aderenti UAAR il modello democratico è l’UNICO proponibile, mentre potrebbero funzionare in certe circostanze regimi classisti, oligarchici o manarchici, come negli alveari ( o come ne “il mondo nuovo” di Huxley”) ? Si rifiuta il tipo UNICO di matrimonio-famiglia come imposizione contraria alla varietà della natura; perchè allora non lo stesso con l’UNICO tipo di modello politico-ideologico?
@ Stefano, Ferrero. Fascistello dixit. Eja. eja, trullallà.
@wichgood. Che cosa ha letto di Ravasi per impancarsi a giudice così severo e inflessibile? Mi illumini su ciò! Dica quali sono per lei le opere ravasiane più improponibili !
Comunque mirabile la sua precisione e pregnanza concettuale nel cogliere l’essenza del mio interevento. Che ne dicono i suoi amici del Bar Sport?
@ R. Grendene. Dimenticavo. In base alla logica naturalistico.scientista-darwnista i viventi si presentano con forme e strutture diverse e variabili, più o meno adattate all’ambiente e in un certo senso tutte legittimate ad esistere purchè si trovino la “nicchia” adatta. Perchè secondo gli aderenti UAAR il modello democratico è l’UNICO proponibile, mentre potrebbero funzionare in certe circostanze regimi classisti, oligarchici o manarchici, come negli alveari ( o come ne “il mondo nuovo” di Huxley”) ? Si rifiuta il tipo UNICO di matrimonio-famiglia come imposizione contraria alla varietà della natura; perchè allora non lo stesso con l’UNICO tipo di modello politico-ideologico?
@ Stefano, Ferrer. Fascistello dixit. Eja. eja, trullallà.
@ Florenskij
In che caso le ipotesi che lei propone – incuranti di ogni critica – debbono potersi scartare? Mai? Sono vere per definizione?
Vuole rispondere a questa domanda? In mancanza non è credibile. E non è creduto.
Per lo stesso motivo per cui non ritiene credibili altre idee che abbiano PRETESE, anche se diverse dalle sue. Una pretesa è immune da critica. Non accetta prove contro.
Quindi lasci da parte lo spirito critico, lei non sa cosa sia.
E non può permettersi di saperlo.
O al massimo lo ha a sovranità limitata, molto limitata.
“potrebbero funzionare in certe circostanze regimi classisti, oligarchici o monarchici”
In quali casi e perché?
In base a quali valori criticherebbe il sistema delle caste?
In base a quali valori il suo sistema monarchico preferito sfrutta la democrazia per far spazio ai suoi fini?
O le dittature per il medesimo scopo?
Vuole che le espliciti le premesse che si vergogna di esporre?
UN sistema monarchico – sappiamo quale – è migliore di tutti gli altri possibili e sopra ognuno. E non si discute.
Ma in pubblico se ne vergogna e deve trovare scuse politicamente corrette. Come Ravasi.
Poi, che c’entra il darwinismo con l’organizzazione sociale? Chi volesse trarre conclusioni dal primo per decidere sulla seconda semplicemente sbaglia.
Anche lei e lo fa a sommo scopo.
E continua a pensare che argomentazioni fallaci possano aver sostanza? Nessuna.
Florenskij, fa battute sul Bar Sport: quelle possono essere approssimative ma sincere. Le sue neanche sincere.
@ Florenskij
@ Stefano, Ferrer. Fascistello dixit. Eja. eja, trullallà.
Certo Florenskij, miserrimo trucco per non prendere in considerazione le critiche e prendersi il lusso di ripetere immutati i suoi mantra. Inutili.
@ Giorgio Pozzo. Nel suo intervento ha ribadito il concetto di inammissibilità di ogni finalismo nella natura. Io non sono d’accordo, per considerazioni che ritengo oggettive, a prescindere dal mio essere o non essere cristiano e cattolico. Il problema è un altro. Monod afferma che la mancanza di finalismo, di cui è convinto non meno di lei, crea nell’uomo una situazione di malessere e al limite di angoscia che influisce sull’individuo e sull’intera società. Prevengo la critica di chi affermerà di essere un “ateo felice e contento”. Direi che la situazione dell’uomo, anche il più appagato, ha sempre sullo sfondo la consapevolezza di un pericolo. Ad esempio, chi guida la macchina può essere apparentemente spensierato, ma in lui si annida la consapevolezza di un possibile incidente. Nella filosofia contemporanea, soprattutto in Heidegger, si è affermata appunto la ditinzione fra il sentimento di paura, che compare davanti a un pericolo determinato, conosciuto, preveduto, e quello di angoscia, il disagio, talora nevrotico, per la possibilità che possa succedere un qualsiasi evento negativo. Un sentimento del genere si riscontra certamente nei racconti di Dino Buzzati, ad esempio nel famoso “Sette piani” e probabilmente nel mite e autoironico Giorgio Gaber. L’idea di passaggio a una vita futura costituisce per il credente autentico una fonte di consolazione e una spinta a continuare in una vita di donazione agli altri. In questo momento ho presente il caso di una signora, vedova e sola in casa, per cui la religione è motivo di conforto: la vecchiaia come un ritorno allo stato fetale per poi rinascere in pienezza dall’altra parte, in un mondo migliore. Monod ( e con lui altri atei illustri come Pirandello ) condividono questa angoscia per la fine di tutto; del Nobel siciliano basta leggere il “Colloquio con la madre”, ormai defunta, dunque irrciperabile al rapporto. Unas situazione emotiva del genere si può trovare anche nel celebre film di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello spazio”, la terra come un’astronave circondata da un vuoto misterioso, di cui si ignora la provenienza, non si conosce il futuro stato finale, che può essere distrutta da un indidentre, da un meteorite oppure da uno dei mo stri che si annidano nell’interno. E’ questo che Monod intende dicendo che l’uomo è “lo zingaro dell’Universo”.
Lei non mi ha affatto risposto sulla questione cruciale: le conseguenze della mancanza di finalismo sul piano filosofico e psicologico – esistenziale e l’inevitabile configurarsi delle ideologie progressiste come religioni mascherate, in cui il finalismo, gettato fuori dallaporta, rientra dal buco della serratura. Rifletta bene sulla “pressione selettiva”: lo le sembra di leggere, tra le righe, che si tratta di una entità in una specie di misterioso finalismo?
@ Florenskij
“Nel suo intervento ha ribadito il concetto di inammissibilità di ogni finalismo nella natura. Io non sono d’accordo, per considerazioni che ritengo oggettive, a prescindere dal mio essere o non essere cristiano e cattolico”
E quali sarebbero le finalità oggettive della natura, di grazia?
Che c’entra la mancanza di finalismo nella natura con la capacità del sistema congnitivo di essere controllato da scopi? Niente.
” Direi che la situazione dell’uomo, anche il più appagato, ha sempre sullo sfondo la consapevolezza di un pericolo. Ad esempio, chi guida la macchina può essere apparentemente spensierato, ma in lui si annida la consapevolezza di un possibile incidente. Nella filosofia contemporanea, soprattutto in Heidegger, si è affermata appunto la ditinzione fra il sentimento di paura, che compare davanti a un pericolo determinato, conosciuto, preveduto, e quello di angoscia, il disagio, talora nevrotico, per la possibilità che possa succedere un qualsiasi evento negativo”
E allora Florenskij, allora?
“L’idea di passaggio a una vita futura costituisce per il credente autentico una fonte di consolazione”
Ma è vero? E’ plausibile? Lei sta affermando da quando è presente su questo sito che siccome ha paura della morte ALLORA un sistema che promette di risolvere il suo problema è VERO. Il che è una stupidaggine grande come una casa. Non solo, ritiene che questa idea, illusoria perché non provata e non provabile, costituisca soluzione migliore di accettare la realtà per come è.
Si illude che l’illusione sia migliore delll’accettazione.
E rifiuta categoricamente di rispondere alla domanda in che caso non è vero. Che cosa si deve dare affinché non sia vero. Non può, deve essere vero.
Ma in fin dei conti non ne è convinto sino in fondo, non sarebbe qui a tentare di estorcere conferme riproponendo immutati concetti che sono stati criticati, non alla luce di opposte pretese ma di fatti e conoscenze attendibili. E soprattutto della ragione.
“la religione è motivo di conforto”
Sarà per lei, per me è corruzione della ricerca del vero. Una delle attività più nobili dell’essere umano. E lo dimostra il suo atteggiamento, come più volte rilevato.
“angoscia per la fine del tutto”
Ogni atto durante la vita finisce, fino ad arrivare alla fine degli atti. Che nulla toglie al piacere di averli fatti. Lei ha il terrore della precarietà. Quindi della ricerca della verità, che può essere sconvolgente. Lei ha la sua. Data. Prefabbricata. E guai a chi la tocca. Si può solo giustificarla, cercando di rintuzzare le critiche. Cercando….
“e conseguenze della mancanza di finalismo sul piano filosofico e psicologico”
Chi le ha mai detto che dal punto di vista psicologico non esiste finalismo?
Lo scopo è uno stato desiderato diverso da quello attuale. Il comportamento è attivato dalla discrepanza e cessa quando il sistema valuta coincidenti (o vicini) i due stati. Lei letteralmente non sa di cosa parla. Anche questo le è stato detto, nel corso di ANNI ormai.
“Rifletta bene sulla “pressione selettiva”: lo le sembra di leggere, tra le righe, che si tratta di una entità in una specie di misterioso finalismo?”
Assolutamente no, è semplicemente un fatto: dati certi vincoli ambientali certi individui – con certe caratteristiche – si adattano meglio e si riproducono di più.
Lei scambia costantemente la descrizione di un fatto con la sua spiegazione.
La natura non ha uno stato desiderato. Non ha desiderato l’estinzione della maggior parte delle specie che è comparsa su questo pianeta. L’introduzione di una finalità crea per lei problemi insolubili. Con soluzioni grottesche. Non c’è alcun finalismo. La natura è come è. Muta in base all’interazione di tutte le sue componenti. Alcune mutazioni ne favoriscono altre e ne sfavoriscono altre ancora.
Anche questo lo ripetiamo da anni. Lei insiste perché il finalismo ci DEVE essere, ne va della sua assicurazione contro la precarietà e la morte.
@ B. Gualerzi. Stavolta mi sembra davvero che in lei prevalga una certa faziosità, tale da annebbiarle il giudizio ( non la cortesia, che non manca mai ). Faccia una campionatura degli interventi presenti su questo blog ogni giorno. Quanti manifestano per il Cattolicesimo disprezzo e ripugnanza, sulla base di una ignoranza pressochè totale della teologia, della filosofia cristiana, della storia della Chiesa, della vita dei santi, della mistica e via dicendo? Si può dialogare con chi ti insulta preventivamente, parlando di “credini” (questo da parte di un alto dirigente UAAR, uso alle odifreddure con la stessa frequenza con cui il signore d’Arcore si dà all’arte della barzelletta da bar )? E qui non si usano termini come “cattopiteco”, non si ingiuria la Chiesa come mostro indegno e puzzolente, non si usa ogni occasione per mettere in burletta il papa come nazista, goffo “tetesko ti Cermania” ( scioccamente e arbitrariamente ), vecchietto con il cervello in acqua? Non si considerano bufale e imbrogli tutti indistintamente i personaggi coinvolti in fenomeni mistici, come padre Pio e i veggenti di Medjugorie?
Lei mi fa un fervorino finale, invitandomi a pormi come problema il concetto di Feuerbach. Mi disistima tanto da pensare che io non l’abbia fatto? Se lo vuole sapere, lo faccio da quando avevo quindici anni perchè, mi creda, il cervello all’ammasso non l’ho dato mai e, pur conoscedo la dolcezza meravigliosa ( sì, uso questi termini e non me ne vergogno affatto ) della religione nell’età infantile, non sarei rimasto religioso se non avessi esaminato, una per una tuttre le obiezioni poste dal fronte agnostico – ateo – anticlericale. Tutto questo ha comportato un impegno di ferro nello studio, con nottate sui libri, viaggi in biblioteca ( anzi nelle biblioteche, perchè sono iscritto a sei, con uno stazionamento di libri in prestito in media di trentadue volumi per volta ). E poi crede proprio che sia tanto “credino” da basare i miei progetti di vita e l’educazione delle mie figlie, da introdurre nella vita sociale, sulla base di idee che non fossero più che solide nella mia mente, oltre che nel mio cuore?
Io sono pieno di rispetto nei suoi confronti, per la correttezza dell’espressione e l’impegno nel pensiero, ma le chiedo: come fa a giudicare il Cristianesimo confessando di avere una conoscenza vaghissima della Bibbia? Ha mai pensato di studiare le vite dei santi e i fenomeni mistici ( che sono presenti e verificabili ora in diverse persone viventi in “stato teopatico”)?
Crede proprio che non abbia letto, che so io, il “Dizionario filosofico “dell’irridente – sardonico Voltaire “L’avvenire di un’illusione” di Freud ? Che non abbia cercato di approfondire il perchè ( se c’era ) di certe posizioni dettate dalla gerarchia sull’etica, confrontandomi con i “contro” fino a leggere la biografia del pansessualista Wilhelm Reich? Sa quante biografie di Marx ho letto (quello di “la religione è l’oppio dei popoli” )? Almeno tre, perfino quello della moglie, Jenny von Westphalen, più queslla di Engels.
Crede che abbia “assaggiato” gli orrendi scritti del Merchese De Sade, ateo estremo, perchè incline al gusto delle porcherie?
E lei, mi dica, ha letto come si deve le “Confessioni” di sant’Agostino con la sua tormentata autobiografia interiori ? Ha mai considerato, accantonando per un poco Feuerbach, la frase di Agostino “FECISTI NOS AD TE, ET INQUIETUM EST COR NOSTRUM DONEC REQUIESCAT IN TE”? ( “Ci hai fatto per Te ( o Signorie ) e il nostro cuore è inquieto finchè non riposi in te” ) ?
E poi, chi le dice che un bisogno rappresenti una vacua proiezione? Dunque l’immagine del panino farcito sognata dall’affamato è solo una “proiezione” generata da uno stomaco malato
“De hocs atis”.> Sero che lei abbia capito.
@ Florenskij
Devo darti ragione sul ‘fervorino’ finale… ma sono rimasto contagiato dai predicozzi di moda in questi giorni. Me ne scuso.
Non ho mai messo in dubbio che tu (ormai sono partito col ‘tu’, ma sono sicuro che non ti formalizzerai) conosca molto meglio di me, non solo la bibbia, ma tutta quanta (o quasi) la letteratura, diciamo genericamente critica, nei confronti del cristianesimo e della religione in generale… ma a volte può essere proprio questo accumulo di esperienze altrui che rischia di porre in secondo piano l’attenzione per la propria di esperienze. Quando ci si deve fermare, e come, e perchè, nel roncorrere questo e quello, nell’illusione tra l’altro che ci si possa veramente mantenere ‘neutrali’ quando si analizzano e assimilano quelle esperienze? Non sto dicendo che questo sia il caso tuo… ma sicuramente è il mio.
Comunque, se, come affermi (e io non ho ragione di dubitare), hai fatto l’effettiva esperienza di affrontare la condizione umana in prospettiva atea, dovrai almeno convenire che, da questo angolo visuale, tutto quanto è stato costruito in prospettiva fideistica perde di significato, diventa un castello costruito sulla sabbia. Mi sono preso il rischio, o il lusso, di parlare addirittura di ‘rivoluzione copernicana’ proprio per evidenziare l’impatto epocale (non una semplice increspatura della storia) che avrebbe l’immettersi veramente nella prospettiva atea. Naturalmente, va da sè, vale anche il contrario, per cui chi adotta una fede in senso religioso trova senza significato il rapporto che un miscredente ha con la condizione umana… ma non mi scandalizzerei più di tanto se, partendo da questi presupposti, quando si arriva al dunque delle questioni esistenziali… o si fa solo dell’accademia (ciò che a mio avviso non può che avvenire nel ‘cortile’ di Ravasi se davvero ci si attestasse coerentemente su queste posizioni)… oppure certe affermazioni non possono che suonare come reciprocamente assurde. Del resto, caro Florenskj, se tu avessi letto di che cosa sono stato gratificato su un blog cattolico, che io non sapevo nemmeno esistesse e che mi ha tirato in ballo oltre tutto travisando completamente certe mie affermazioni, per non parlare di ciò che Radio Maria (di cui ti dichiari un fan) diffonde nell’etere a proposito degli atei……….
Allora onestà intellettuale esigerebbe, a mio parere, che, su questo piano, su queste questioni fondamentali, non ci si rifugiasse in un più o meno ipocrita fair play, ma una volta riconosciuta questa radicale divergenza di impostazione, a quella si rapportassero tutte le letture della realtà che ne conseguirebbero senza sterili rinfacciamenti.
Come ho ribadito per l’ennesima volta ancora anche su questo blog, o ci si confronta/scontra su questioni fondamnetali tipo il rapporto fede-ragione, il libero arbitrio, la natura della cosiddetta esperienza del soprannaturale, la possibilità o meno di pervenire ad una qualche verità ultima, e poi sul tipo di approccio che si deve avere nei confronti delle sacrre scritture (ma qui si tratterebbe già di trarre delle conseguenza da quanto sopra)… oppure possiamo andare avanti all’infinito, come dicevo, in sterili repliche.
Infine (e anch’io dico ‘de hoc satis’), ribadisco la mia convinzione di fondo secondo la quale prima di tutto, e quindi anche dopo tutto, si debba conquistare la necessaria disponibilità, materiale e psicologica, per ‘ascoltare’ la propria personale, intrasferibile esperienza. Disponibilità da conquistare da parte di tutti e di ciascuno contro le tante pressioni, materiali e psicologiche, tese a condizionare la porpria autonomia di giudizio per imporre un giudizio eteronomo. Compito primario questo, nella società attuale, della scuola.
Perché solo umanisti?
Chi è senza dèi non può essere esistenzialista? Non può essere naturalista? E se fosse invece nichilista?
Ognuno scelga da sé.
Quoto.
Aggiungo, l’articolo è interessante per come cercano di addomesticare il linguaggio a loro vantaggio, per confrontarsi con qualcosa di più facile da fagocitare. Mi vengono in mente quelli che sostengono che termini come classi o capitalismo sono obsoleti…
@ Stefano.
Mi manca lo spirito critico? Vediamo un po’.
Già nella cultura classica ( anzitutto in quella greca ) circolava l’idea che ci fossero diversi tipi di regime politico buoni in sè a seconda delle circostanze, ma corruttibili, tanto da dare luogo a forme “corrotte”, tali da mandare in crisi il sistema e da spingere verso un altro tipo. L’idea trova la prima formulazione importante ne “La Repubblica” di Platone ( aggiungo: il GRANDISSIMO, l’ERORME Platone, senza la cui conocenza si rimane culturalmente a terra. come ciechi di fraonte agli elementi di “idealizzazione”.
monarchia / tirannide; aristocrazia / oligarchia; democrazia / demagogia
Quando il sovrano “unico” / re o dittatore ) traligna diventa un tiranno; allora il potere vidne preso in mano dal gruppo dei personaggi cittadini più autorevoli, gli “aristoi” ( in greco: i migliori ). Quando costoro cominciano a pensare solo agli affari propri, si trasformano in “oligarchi” ( oligoi = pochi ) e la massa popolare, stanca della situazione, si ribella, istituendo il potere del popolo ( demos ). Anche questo può portare a situazioni di disordine per mancanza di una solida autorità centrale (demagogia ). Allora si impone il ritorno al potere di uno solo, la monarchia ( monos = unico ).
Lo schema è ripreso da Polibio, storico greco che osservò attentamente la realtà politica di Roma all’apice della sua potenza, arrivando alla conclusione che Roma era fortissima perchè il suo regime politico contemperava le tre forme ( monarchica, aristocratica, democratica ).
Il discorso diventò patrimonio comune della cultura: a situazioni diverse, regimi diversi. Ad esempio, durante il periodo di massima fioritura dell’Impero Romano, mentre il potere imperiale controllava l’esercito e i grandi affari, ogni singola città amministrava se stessa autonomamente attraverso una specie di senato: un’aristocrazia che però doveva conciliarsi il favore popolare provvedendo alle cosidddette liturgie ( feste, assisdtenza sociale, “panem et circenses” pagate di tasca propria dai cittadini più eminenti).
Sarebbe troppo lungo elencare gli autori che nell’epoca medievale e moderna hanno trattato la questione; emergono però alcuni nomi, come quello di Charles De Secondat, barone di Montesquieu, che elaborè una vera e propria “sociologia storica del potere politico”, assai evoluta, con la sua magna opera “L’esprit des lois”. Nell’800 si crea una vera e propria dottrina politica, oggi studiata peculiarmente nella facoltà di scienze politiche ( che io ho frequentato per un anno dopo la laurea in Lettere ). Fra i numerosiissimi autori spiccano quelli di Vilfredo Pareto, autore della teoria della “circolazioner delle elites” secondo la quale nessuna entità politica piò reggersi realmente su un “potere della base”: c’è sempre un gruppo di dirigenti che controllano le leve del potere ( elite ); quesdto anche nella democrazia, che tale è per l’adozione di meccanismi costituzionali atti a operare senza troppi traumi il passaggio tra una elite e un’altra. L’altro GRANDE, GRANDISSIMO, STREPITOSO, MOSTRUOSO personaggio è il tedesco Max Weber + 1922 ( anche su di lui: ma dormiva di notte? E’ certo che dovette sospendere l’insegnamento per un anno a causa di una crisi di sovraccarico nervoso ). Weber diede diversi contributi importantissimi, tra cui una ultradocumentata “Sociologia delle religioni ” ( che io ho letto ) e soprattutto il monumentale “Gemeinchaft und Gesellschaft” ( “Economia e società” ) che tengo nella mia “polverosa” biblioteca come una reliquia.
Esempi di regimi monarchici funzionanti: Antico Egitto, Babilonia, Impero Romano al tempo degli Antonini.
Esempi di regimi aristocratico – oligarchico funzionante: Gran Bretagna nel ‘700 ( culla dell’Illuminismo ! ), Repubblica di Venezia.
In quali casi il comando di uno solo funziona meglio? Quando i subordinati sono culturalmente inadeguati, come a scuola, in cui l’insegnante è, nei limiti del regolamento, monarca e tale deve rimanere proprio perhè deve elevare il livello culturale degli alunni. Questo senza necessariamente umiliare e ferire psicologicamente; io ad esempio non ho mai sopportato l’idea di terrorizzare gli alunni, a cui volevo un bene dell’anima, arrivando ( come è normale ) a soffrire per i loro brutti voti.
lL’altro caso di necessità del potere di uno solo è quando si impongono decisioni immediate, come sulle navi. Se si presenta uno scoglio pericoloso, non c’è il tempo di fare un’assemblea per decidere se evitarlo aggirandolo da destra oppure da sinistra ( oltretutto, assemblea di chi: dei soli ufficiaili competenti? Degli ufficali e marinai? Degli ufficiali, marinai, passeggeri ? ) Occorre che un uomo solo sia al comando,e che i suoi ordini vengano obbediti prontamente.
Io adorerei il regime monarchico – autocratico della Chiesa? Guardi che io parecchi anni fa fui messo tremendamente in crisi dalla lettura del libro contro l’infallibiltà papale.del teologo semieretico Hans Kung ( il quale dichiara di dormire solo cinque ore per notte, dovendo studiare ).
Su questo lessi tutto il possibile e l’immaginabile finchè ad aprirmi gli occhi furono le teorie del “DECISIONISMO” ( Wikipedia ) e il libro “IL complesso antiromano ) di Hans Urs Von Balthasar, maestro di Ratzinger, che io considero il più grande terologo del ‘900 soprattutto perchè prende estremamente sul serio le obiezioni della cultura laica, sviscerandole xcon estrema minuzia e larghezza di vedute, alla tedesca maniera ( maniera che è anche quella di Herr Professor Ratzinger ).
Sono arrivato alla stupefacente conclusione che nella Chiesa, dopo lungo dibattito, culminato nei Concili del ‘400 ( aristocrazia dei vescovi o monarchia papale? ) occorre qualcuno che al momento opportuno sappia rresistere allo “Zeitgeist”, lo “spirito dei tempi, quando l’opinione pubblica è invasa da psicosi collettive, come nel ’68. Allora il papa funge non tanto da tiranno, quanto da difensore quasi solitario ( come capitò a Paolo VI ) della tradizione della Chiesa e anche della logica e del buon senso. Insomma, una specie di Orazio Coclite che da solo difende la città da nemici numerosi e potenti.
Ha mai sentito parlare del “DARWINISMO SOCIALE” diffuso tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 ? Partendfo dal primcipio secondo cui l’uomo, ben lungi dal distinguersi per il possesso di un’anima immortale, era solo l’animale più evoluto, ma pur sempre un animale, e come tale la società rispondeva alle leggi dei gruppi di animali: anzitutto la normalità dello stato di guerra che, in conformità alla dottrina della selezione naturale, elimina i deboli e inadatti, rendendo più libero il territorio per i forti ( la guerra come “igiene dei popoli” ); in secondo luiogo la necessità di una gerarchia, fluida come nei branchi di mammiferi, oppure rigida come nelle comunità di insetti “sociali” ( api, formiiche, termiti ). Il tutto vale come esempio della praticabilità e opportunità a seconda delle circostanze ecologiche di vari possibili strutturazioni “politiche” degli aggergati animaleschi.
Ora sono io che le faccio una domanda. Se, inrelaxzione alla dottrina evoluzionistica, non è possibile tener fermo alla teoria secondo cui è “naturale” solo la famiglia tradizionale, ma occorre ammettere dicersi tipi di famiglia, come quella omosessuale, perchè non ammettere alla stessa stregua, la possibilità e opportunità a seconda dei casi di ciascuna delle tre forma ( democrazia, aristocrazia, democrazia )?
Qui si rivela la natura di dogma del principio democratico vigente nell’UAAR: qiand’anche esso fosse il migliore al moemto ( della cosa si può discutere ampiamente e serenamente ) rimane il fatto che la “mistica” della democrazia e della libertà pressochè illimitata del singolo sono largamente sganciate dall’elaborazione scientifica. Sono “dogmi”, vale a dire principi costitutivi senza i quali l’asttuale società non potrebbe funzionare; questo però non impediasce che si possano ipotizzare società evolute non democratichem, come fas Huxley in “Il mondo nuovo”; magari con l’affidamento della funzione riproduttiva a laboratori specializzati, con esclusione per obsolescenza della famiglia tradizionale. Se questo sistema funziona per le api e le formiche, perchè non far gli uomini? Basta regolare il regime psicologico della casta inferiore, perchè svolga le sue funzioni “basse e materiali” serena e contenta per il condizionamento subito ( educativo, chimico, genetico ). Insomma, servi felici.
Perr il momento non ho il tempo di continuare la disamina delle sue obiezioni, perchè devo supplire la badante di mia madre.
Da parte sua, provi a pensare se io ho oppure non ho spiriyto critico. Nel frattempo le consiglio un bel libro, credo ancora pubblicato; Raymond Aron, “Le tappe deò pensiero sociolohgico”
( Montesquieu, Comte, Marx, Tocqueville, Durkheim, parfeto, Weber ).
( PS. Non ho nemmeno il tempo di correggere gli errori grafici ).
@ Florenskij
Apprezzo la sua disanima, ma, mi scuserà, non riesco a capire dove voglia andare a parare.
Di dogmi non ne abbiamo, mi lasci ribadirlo: se una affermazione risulta errata alla luce dei fatti o della ragione va semplicemente cambiata.
Ora, fermo restando quando ha scritto e che apprezzo, cosa vuol far capire?
Ritengo che – a differenza di una classe – un popolo non abbia necessariamente una posizione simmetrica rispetto al leader. Il popolo è composto da ignoranti e da colti, da furfanti e onesti e chi può più distingua.
Non mi pare che in base a queste distinzioni si possa decidere sulla forma di governo basata su una di esse.
In linea di principio l’ipotesi di attribuire ad ogni cittadino uguali poteri di influenza nelle forme prestabilite sembra quella più rispettosa di ognuno, ferme restando le distinzioni che ha fatto. Ovvio che in certi momenti e per emergenze ci possa essere la necessità di sospendere lo schema: in guerra non si può votare se bombardare o meno un obiettivo. Quindi?
Che qualcuno abbia pensato di trasferire il darwinismo nel sociale non significa che abbia fatto cosa corretta. Che il darwinismo sia un modello buono per spiegare l’evoluzione non significa che lo sia per organizzare il sociale. Anzi, non mi pare proprio.
Non solo, mentre nel suo ambito originario è una teoria scientifica in quanto falsificabile, esportato nella gestione della società è solo una palese scusa.
La difesa solitaria dei principi – per quanto appaia in sé romanticamente nobile – dipende dalla bontà di quelli: se non lo sono non lo è.
E’ semplicemente testardaggine, nel migliore dei casi.
Quando attacco il suo spirito critico lo faccio chiedendole quando le sue affermazioni possono andare in crisi: non risponde, immagino che per lei non si dia la possibilità.
@ Florenskij
A prescindere dalla sua opinione su Ferrer la invito piuttosto a concentrarsi su quanto scrive più sotto: in sostanza scoprirà di combattere contro i mulini a vento.
@ B. Gualerzi. Stavolta mi sembra davvero che in lei prevalga una certa faziosità, tale da annebbiarle il giudizio ( non la cortesia, che non manca mai ). Faccia una campionatura degli interventi presenti su questo blog ogni giorno. Quanti manifestano per il Cattolicesimo disprezzo e ripugnanza, sulla base di una ignoranza pressochè totale della teologia, della filosofia cristiana, della storia della Chiesa, della vita dei santi, della mistica e via dicendo? Si può dialogare con chi ti insulta preventivamente, parlando di “credini” (questo da parte di un alto dirigente UAAR, uso alle odifreddure con la stessa frequenza con cui il signore d’Arcore si dà all’arte della barzelletta da bar )? E qui non si usano termini come “cattopiteco”, non si ingiuria la Chiesa come mostro indegno e puzzolente, non si usa ogni occasione per mettere in burletta il papa come nazista, goffo “tetesko ti Cermania” ( scioccamente e arbitrariamente ), vecchietto con il cervello in acqua? Non si considerano bufale e imbrogli tutti indistintamente i personaggi coinvolti in fenomeni mistici, come padre Pio e i veggenti di Medjugorie?
Lei mi fa un fervorino finale, invitandomi a pormi come problema il concetto di Feuerbach. Mi disistima tanto da pensare che io non l’abbia fatto? Se lo vuole sapere, lo faccio da quando avevo quindici anni perchè, mi creda, il cervello all’ammasso non l’ho dato mai e, pur conoscedo la dolcezza meravigliosa ( sì, uso questi termini e non me ne vergogno affatto ) della religione nell’età infantile, non sarei rimasto religioso se non avessi esaminato, una per una tuttre le obiezioni poste dal fronte agnostico – ateo – anticlericale. Tutto questo ha comportato un impegno di ferro nello studio, con nottate sui libri, viaggi in biblioteca ( anzi nelle biblioteche, perchè sono iscritto a sei, con uno stazionamento di libri in prestito in media di trentadue volumi per volta ). E poi crede proprio che sia tanto “credino” da basare i miei progetti di vita e l’educazione delle mie figlie, da introdurre nella vita sociale, sulla base di idee che non fossero più che solide nella mia mente, oltre che nel mio cuore?
Io sono pieno di rispetto nei suoi confronti, per la correttezza dell’espressione e l’impegno nel pensiero, ma le chiedo: come fa a giudicare il Cristianesimo confessando di avere una conoscenza vaghissima della Bibbia? Ha mai pensato di studiare le vite dei santi e i fenomeni mistici ( che sono presenti e verificabili ora in diverse persone viventi in “stato teopatico”)?
Crede proprio che non abbia letto, che so io, il “Dizionario filosofico “dell’irridente – sardonico Voltaire “L’avvenire di un’illusione” di Freud ? Che non abbia cercato di approfondire il perchè ( se c’era ) di certe posizioni dettate dalla gerarchia sull’etica, confrontandomi con i “contro” fino a leggere la biografia del pansessualista Wilhelm Reich? Sa quante biografie di Marx ho letto (quello di “la religione è l’oppio dei popoli” )? Almeno tre, perfino quello della moglie, Jenny von Westphalen, più queslla di Engels.
Crede che abbia “assaggiato” gli orrendi scritti del Merchese De Sade, ateo estremo, perchè incline al gusto delle porcherie?
E lei, mi dica, ha letto come si deve le “Confessioni” di sant’Agostino con la sua tormentata autobiografia interiori ? Ha mai considerato, accantonando per un poco Feuerbach, la frase di Agostino “FECISTI NOS AD TE, ET INQUIETUM EST COR NOSTRUM DONEC REQUIESCAT IN TE”? ( “Ci hai fatto per Te ( o Signorie ) e il nostro cuore è inquieto finchè non riposi in te” ) ?
E poi, chi le dice che un bisogno rappresenti una vacua proiezione? Dunque l’immagine del panino farcito sognata dall’affamato è solo una “proiezione” generata da uno stomaco malato
“De hocs satis”.>Sero che lei abbia capito.
@ Florenskij
“Stavolta mi sembra davvero che in lei prevalga una certa faziosità (…)”
Obiezione irrilevante, lei ripete inalterati i suoi argomenti senza tenere conto di alcuna critica, provenga essa da chi si è documentato o no sulla storia della sua chiesa e sui fenomeni che propone. Aggiunga che chi fa un’affermazione che viola palesemente quanto si conosce deve portare prove straordinarie a supporto.
Una prova è tale se DISAMBIGUA Florenskij, non se ha bisogno della fede per essere ritenuta tale. Se lei continua a parlarmi di soli roteanti quando tutto è contro questa ipotesi questo significa semplicemente che lei vuole crederci contro ogni evidenza ragionevole. Ora, lei è padrone di farlo, non di stupirsi se qualcuno glielo fa notare e altri la prendono in giro in modo più o meno colorito. Probabilmente lo farebbe anche lei con qualcuno che insistesse ad ogni pié sospinto che gli asini volano e che chi ha fede in loro non può notare i segni di questa meravigliosa capacità.
Nessuno dei suoi fenomeni – nessuno – potendo essere controllato ha mai dato prova di risultare sovrannaturale. Si documenti lei. Ci sono riviste scettiche in tutte le lingue che si occupano di questo. E per essere valida un’affermazione deve passare il vaglio di tutte le obiezioni.
Fazioso è chi non ha criteri condivisi per decidere quando abbandonare un’ipotesi non ragionevole, nonostante le prove contro.
“chi le dice che un bisogno rappresenti una vacua proiezione”
Florenskij, la domanda è faziosa: come decide quando un bisogno è o no una vacua proiezione?
Come decide se un’affermazione è vera o falsa? Come fa a sapere se una delle sue idee o fenomeni è vero o falso?
I criteri, Florenskij, i criteri!
Se si da “questo” quanto affermo è falso, ce lo dica una buona volta.
La sua non è una ricerca di verità se non stabilisce in che caso ha torto, la sua è una vana ricerca di giustificazioni.
La sua fede è – per voi – immune da critiche, lasci da parte ogni discorso sulla faziosità.
Se vogliamo, al di là della curiosità, da un certo punto di vista è pure inutile approfondire la conoscenza di un sistema che pretende di fare affermazioni che pretende vere – contrarie all’esperienza e alla ragione – e non falsificabili.
Questo per chi abbia a cuore la verità, non le assicurazioni contro la precarietà e la morte.
Florenskij tenga conto che qui quello che fa affermazioni che devono essere provate
perché contarie alla ragione e alle conoscenze è lei.
E date le affermazioni le prove devono essere inoppugnabili.
E la fede non è una prova.
La sua come tutte le fedi per essere ritenute vere devono passare l'”Outsider Test of
Faith”: devono poter superare tutte le obiezioni. La sua non solo non le supera ma lei non tiene conto delle obiezioni!
@ Florenskij
A proposito, lei può decidere di ignorare le mie obiezioni, non che chiunque le legga…
🙂
@ Florenskij
A proposito, se è valido il criterio che qualcosa può essere vero per fede, a prescindere dalle prove e dai criteri condivisi, immagino riconosca uguale diritto alla falsità per fede. O no?
Scusa Florenskij, ma avendo trovato questa stessa replica più sopra, è là che ho relicato a mia volta ed è là che ti rimando.
Una delle cose che più fanno cadere le…braccia, nei discorsi di mister prolissità inutile è che contesta agli altri delle affermazioni che non hanno mai fatto, in particolare:
Non mi risulta che nessuno abbia dedotto la bontà del sistema democratico dalla teoria dell’evoluzione. Tutti i vari sistemi etici sociali e politici sono, ovviamente, costruzioni umane convenzionali, mentre l’evoluzionismo è scienza.
In altre parole non è possibile dimostrare scientificamente la validità dell’anarchismo, della democrazia, del fascismo, del comunismo, ecc… ma aderire ad uno di questi sistemi è una scelta appunto “etica”. Il problema sorge, ed è a questo che si riferiva la critica di Monod, quando uno di questi sistemi pretende arbitrariamente di essere “scientifico” e di ritenere che i suoi assunti siano “scientificamente dimostrati” quando non lo sono né possono esserlo, e di ritenersi perciò immune da critiche, così come fece il “socialismo reale”, così come fa oggi il capitalismo della “mano invisibile” e della crescita illimitata.
“Libertà, Eguaglianza, Fraternità” NON sono dei dogmi ma dei principi su cui si fonda il moderno pensiero liberale, socialista e anarchico (in tutte le varietà) mentre NON si fonda su di essi il pensiero reazionario (in tutte le sue varietà) il quale vi contrappone sostanzialmente “Autorità, Obbedienza e Gerarchia” di solito declinate nella triade Religione, Stato, Patriarcato (Dio, Patria, Famiglia).
L’ateismo praticato può essere qualcosa di stupendo. Lascia che fiorisca qualsiasi piccolo miracolo della vita, dal fiore di campo all’hotel di dubai senza che questi siano mediati da cataratte, miscroscopi o telescopi lasciando così la purezza originaria (in qualche caso perchè no) anche della scoperta di Dio.
Il problema che io vedo, a volte, è invece dell’ateismo militante più che di quello praticato.
Il decidere di abbandonare anzicchè il percorrere e nel modo più vero e personale possibile, alle volte genera una sorta di “rinculo burocratico”.
Partito del lasciare più che del prendere… anzichè dire “in Dio ci credo e proprio per questo mi dissocio dall’organizzazione temporale delle sue cose divine” ci si mette dalla parte di quelli che agiscono in quanto Dio non c’è (posizione di fede, indimostrabile) e quindi si invoglia indirettamente un qualsiasi altro cittadino con un minimo di senso trascendente a schierarsi in autromatico dalla parte della chiesa.
Per un motivo analogo, forse, il corteo dei gentili vede al suo interno per l’appunto I GENTILI (il termine gentili sta per pagani).
Dire altrimento in sede “di trascendenza” che la trascendenza non esiste significa, di fatto, dire che non esiste il discorso e dunque il discutere e perciò – alla fine – anche il ‘discussore’
Lo statuto epistemologico parla chiaro, ci vuole un metodo e un oggetto. I discorsi puramente sul metodo per il metodo sono stati superati più o meno da cartesio in poi.
*cortile
Sorprende la necessità di classificare il non credente in (a) (b) (c) come se ciò potesse annullare la consapevolezza che l’uomo, per interesse personale ha creato dio e non viceversa. Aspettiamo altre classificazioni certi che non per questo si ridurrà i numero di chi si sveglia in un mondo di maghi pronto ad abbandonare le chiese di ogni tipo e sorta.
decidono loro anche chi siamo e come vogliamo chiamarci???!!! Va be’, vecchia storia, catarus a catto…
chi non crede agli oroscopi deve essere definito da chi vi crede?
non penso.
non vede perchè chi ha la mente distorta da superstizioni religiose debba sentirsi in diritto di classificare chi è esente da simili distorsioni.
i diabetici si preoccupano di definire chi non ha la loro malattia?
il termine esiste gia: è SANO.
quoto.
“ateismo nazional-popolare”
“atei” è ormai categoria “obsoleta”
Parole tratte dalla canzone che Gianfranco Ravasi presentera’ al prossimo Festival di Sanremo dal titolo: “Tu chiamale se vuoi, proiezioni”.
Immagino che la reazione del Cardinale sia più o meno l’equivalente di un tale che continuava a dire vincere e vinceremo anche con i cannoni (altrui) sotto casa.
😐
Ma infatti si puo’ essere atei rispetto a dio, umanisti come filosofia sociale, taoisti e buddisti, stoici ed epicurei… purchè non si creda che esiste una forma di intelligenza, che ti crea, ti guarda e ti giudica. Non solo, ma che poi preferisce qualcuno che ci capisce meglio, si veste strano e vuole farsi mantenere da te per questo.
Non ho capito bene, traduco. Sembra che il cardinale non voglia accogliere gli atei a fare gli esercizi spirituali necessari per andare in paradiso. Per il momento. Una specie di “se tu vuoi l’assoluzione, prendi in mano …” dei vecchi canti goliardici. E che gli atei, sconvolti, facciano di tutto per essere atei cattolici. Io la vedo in un altro modo.
Comunque sia, questi signori possono dire ciò che vogliono; resta il fatto che la storia fa il proprio corso noncurante di queste loro considerazioni.
Come dice nel suo articolo Carcano, i sondaggi realizzati pressoché ovunque nel mondo mostrano come il numero di persone che si autodefiniscono “atee” sia in costante aumento.
Ateo è una definizione che, per il momento, mi sembra veramente la più appropriata nel descrivermi. Le obiezioni a non utilizzarlo mi sembrano tutte pretestuose.
Io per primo non ho l’arroganza di definirmi “sano” o “bright”. E se mi guardo intorno ci sono alcuni atei che non vorrei mai chiamare “sani” o “bright”.
“Non credente” mi definisce un po’ meno meglio di ateo, perché sento il termine come se avesse un’accezione un po’ più passiva, di disinteresse, nei confronti della religione rispetto ad “ateo”.
“Umanista” si presta a troppi equivoci, giacché è una definizione già utilizzata per descrivere ben altro. Per me umanista è una persona (credente o meno) che studia la letteratura e le arti in genere ed ha una formazione poco scientifica, appunto: umanista.
@ Raffaele Carcano
Ma tu non sei nemmeno tra quelli che intanto ‘tiene da parte’? Io mi sentirei offeso…
Mi butterei per terra e mi sporcherei tutto! Pensate! Ravasi non mi vuole !
Io invece mi sono già procurato un incudine da farmi lanciare nei testicoli, se Ravasi non mi vuole nel suo cortiletto…Già non ci dormo la notte! 😉
Mpf! 😀
Che quella degli atei sia categoria “obsoleta” e “desueta”, è solo una cosa che al card. gli piacerebbe tanto ma che in cuor suo, secondo me, sa che non corrisponde a realtà. Sempre che abbia un cuore, s’intende… mi sembra una versione contorta di vorrei ma non posso, se mi spiego.
Sarò obsoleto, sarò desueto, sarò anche illuminista e libertino, ma, a me, il termine “ateo” mi sta che è una bellezza!
🙂
Vediamo chi appartiene alla IHEU, International Humanist and Ethical Union
http://www.iheu.org/contacts
C’è ovviamente l’UAAR, e tante altre associazione che nel nome usano atee:
Colombia Atheist Organisation
Indonesian Atheists
Alliance of Humanists, Atheists and Agnostics – Luxembourg
Philippine Atheists and Agnostics Society
ecc.
ecc.
e ce ne sono ovviamente tante che nel nome usano l’agnosticismo, la razionalità, l’umanismo, il laicismo, il libero pensiero
insomma, qual è il problema di Ravasi???
Il problema di Ravasi è Ravasi. 🙂
Concordo al 101% con Stefano! 😀
ma perché Ravasi ha bisogno di farsi delle seghe ricamando sulle parole come fanno i preti?
..ah, già!
@ Il Filosofo Bottiglione
grande è la tua ingratitudine ed insensibilità! 🙂
Possibile che non ti rendi conto che Ravasi ti ama, che ti vede destinato a fare una brutta fine (eterna!), che cerca di fare il possibile per evitare che ciò accada e per sollevarti dalla schiavitù della colpa… il cardinale in realtà è un buono… 🙂
perchè vuole salvarti dall’inferno! (che, detto fra noi, è pieno di gente interessante)
Ma prima di parlare, il Ravasi, si è accertato che le persone che nomina abbiano voglia di parlare con lui? Chi crede di essere, Jannacci? Veeeeengo anch’io, no tu no…
Ad attendere la chiamata del prelato per accedere al famoso cortile c’è forse tanta più gente di quanto tu ed io possiamo immaginare… Fascino della parola GENTILI, ovvio..
Come ha detto che ci si deve chiamare quel segaiolo mentale?
ATEO. Non esiste termine che mi appartenga di più.
Dire che sia un termine obsoleto o desueto è solo un tentativo di sminuirne il significato.
E’ la parola che alle gerarchie cattoliche fa più paura perchè chi si definisce ateo, limitatamente all’esistenza di un dio, non ha dubbi e quindi rende tutto il ciarpame clericale inutile.
Vogliono annacquare tutto, lasciando con le definizioni, umanista, non credente, ecc. sempre uno spiraglio alla possibilità di ravvedersi.
Il significato di umanista, in questo caso, proprio non c’azzecca.
L’uscita di Ravasi sul termine ateo, serve solo per imprintare nella testa (ovviamente di pecora) di chi lo dovesse sentire che in fondo non ha tutto questo valore e forse neanche esiste. Quando parlo con cattolici e il termine ateo viene pronunciato, noto sempre nel loro viso un certo terrore.
I quattro presunti atei “devoti” che frequentano i “cortili” rappresentano se stessi e nessun altro.
Il filosofo messicano con il suo amico psicalalista bulgaro hanno per me l’autorevolezza della portinaia (senza voler offendere la categoria).
Sulla “categoria obsoleta” sono in disaccordo, ma sul chiamarci umanisti sono molto d’accordo.
Non nego di essere ateo, ne ovviamente trovo un problema esserlo, però il mio ateismo è uno dei tanti effetti (e non una causa) del mio modo di pensare per cui come termine lo trovo molto restrittivo, anche perché non definisce “quello che sono”, ma “quello che NON sono” ed oltretutto ha un richiamo di tipo religioso.
Lo trovo sbagliato anche sul piano comunicativo.
Il termine umanista invece trovo che riassuma al meglio i miei valori, mette al centro l’essere umano coi suoi valori e le sue capacità, e il mondo che lo circonda. Insomma, una visione che si richiama al razionalismo, naturalismo, (ecc ecc), contrapposta alla visione del sopranaturale e dei dogmatismi.
Se gli atei accettassero di definirsi «umanisti», il giorno dopo, la chiesa e tutta la stampa cattolica: «Abbiamo vinto! L’ateismo è stato debellato!»
Scherzi a parte, ma conoscendo i preti non lo escluderei.
a proposito di atei devoti, Massimo Cacciari nella su rubrica su L’Espresso, pag 7 “Grosse Koalition salvaci tu”, propone che il PD esca dall’isolamento e recuperi alcune idee alla base della sua nascita, fra le altre la LAICITA’ SENZA ARCAICI LAICISMI (!!!), è il nuovo conio cacciariano in sintonia, a quanto pare, col personaggio in oggetto 🙁
come dire: la sana e positiva laicità di pontificia memoria 🙁
Salvemini sui rivolterà ancora nella tomba: “La realtà è che quando un clericale usa la parola libertà intende la libertà dei soli clericali (chiamata libertà della Chiesa) e non le libertà di tutti. Domandano le loro libertà a noi laicisti in nome dei principi nostri, e negano le libertà altrui in nome dei principi loro” (Gaetano Salvemini)
Vorrà dire che gli atei sono “internazional-popolari”…
A me sembra che il termine “umanista” sia più…laico di “ateo”.
E in fondo lo stesso termine “laico” è di derivazione canonica, visto che nel suo etimo originario si contrappone a “chierico”.
Ecco un ulteriore esempio di come riuscite a imbastire fiumi di discussioni feoci su delle stupidaggini, solo perché il “la” è stato dato da un uomo di Chiesa.
Ma per piacere, dove kat zo vi presentate?
Feroci? Ma se stiamo discutendo con tutta la calma di questo mondo. Dimmi, cosa non ti sfagiola delle affermazioni che hai riportato? Secondo me, neanche le hai capite, hai scritto così, giusto per sparare la tua bile. Quindi, piuttosto, tu come caxxo ti vedi?
Ti dico io qual’è il problema. Ravasi e tutti qulli come te non concepiscono proprio il concetto di ateo come colui che rifiuta il concetto di divinità. Beh, caxxi vostri. La realtà esiste e dire che il termine è desueto è un insulso tentativo di diminuirne l’entità. Ma, a questo punto, visto che si parla di appropriatezza di significato, il termine cattolico anche è desueto. Babbalei suona meglio. ovviamente, mi riferisco a quelli che il confronto non sanno neanche dove sta di casa. Chi crede ed è aperto al dialogo è assolutamente degno di stima.
@redicoppe72
Sei rimasto indietro in etimologia:
laós => λαϊκός
“popolo” => “del popolo” (ergo non di una sola confessione)
Capisco d’altro che per te le Diocesi e le Basiliche siano unicamente quelle cristiane e non abbiano mai avuto alto significato con tutta la buona pace dell’amministrazione Tardo Romana.
@FSMosconi
redicoppe non ne azzecca una neanche per sbaglio….
@Stefano
Invece c’azzecco sempre.
Mosconi fa il furbetto linguistico e tu becchi.
@ Stefano
Io c’azzecco sempre.
FSMosconi fa il furbetto linguistico e tu becchi (da bravo ateo).
@ redicoppe72
No tu credi di azzeccarci sempre (da bravo credente), a nulla vale mostrarti il contrario. Manco furbetto….
@ Stefano
Allora se sei così bravo vatti e leggere il Devoto-Oli. Se poi vuoi approfondire vatti a leggere il Rocci (se ne sei capace).
Se non sai cos’è il Rocci fattelo spiegare da FSMosconi, che è bravissimo.
Bé il voler sostituire il termine “ateo” rende l’idea di quanto questo faccia paura al credente che non riesce a concepire possa esistere qualcuno che non crede, il sostituirlo con “umanista” rende l’ ateo meno disturbante, ne copre la “bruttura”. Come dire: prima di entrare nel cortile almeno copritevi ché siete brutti, è un pessimo inizio se veramente vogliono il dialogo (cosa che personalmente non credo). Per quanto riguarda i politici atei devoti il loro obiettivo è il consenso e ritengono di raggiungerlo compiacendo le gerarchie ecclesiastiche dimenticando che molto spesso il cattolico di base la pensa diversamente e ritiene la laicità un valore da difendere. Nel frattempo il cortile rimane vuoto o al più popolato da comparse che sperano di ricavare qualcosa da queste apparizioni. Per quanto mi riguarda penso di confezionarmi un t-shirt con scritto “SONO ATEO” per vedere l’effetto che fa, magari sotto indosserò un giubbino antiproiettili.
Secondo Florenskij, Ravasi è un uomo della cultura umanistica strepitosa. Secondo Ravasi il termine “ateo” è stato superato e divenuto “umanista”. Questo vuol dire che Ravasi è un uomo di una cultura atea strepitosa.
Giusto Florenskij ?
per me .. florenskj = ravasi
si accettano scommesse
Per me ‘Flo questa volta ha ragione. Prova a trovare qualcuno che riesce a scrivere un malloppo di più di 300 pagine sul nulla, sull’evanescente: “Breve storia dell’anima”!!! In forbitissimo italiano, tra l’altro! E riuscire ad arrivare alla fine con tutto sussiego! Quindi, merito al merito, perdinci…. 🙂
Vittorio,
per scrivere un malloppone sul nulla, basta preparare un programmino che scriva parole a caso prese dal dizionario.
Se lo fai girare tutta la notte, il programmino ti genera 30000 pagine, non 300…
Sono ateo.
Ma non mi ha mai entusiasmato definirmi così.
Perchè sembra dare un’implicita “precedenza” al teismo a cui bisogna apporre un alfa privativo.
Come ha già detto qualcuno: a me non manca niente.
Sono loro che hanno qualcosa di troppo che “gli cresce”.
Io in genere mi definisco “normale”.
Poi l’alfa privativo lascio che ce la attacchino loro.
Io invece ho sempre difeso il termine ateo – pur riconoscendo che preso alla lettera può essere interpretato come affermi ti – per una serie di motivi, a mio parere solo apparentemente contrapposti:
per la storia che ha dietro di sè, che mi sembrerebbe di misconoscere, di ripudiare, cambiando nome;
per il signficato che il termine ha pur sempre per la grande maggioranza delle persone… e non importa se usato spregiativamente, chè anzi ciò sta a dimostrare come la scelta atea non sia mai stata, e non sia tuttora, una scelta di comodo, non sia quella fuga dalle responsabilità civili e morali che in genere il credente attribuisce al miscredente… almeno per chi intende testimoniare il proprio ateismo;
nfine, a chi obietta che, appunto, il termine è riduttivo, spiegherei che a-teo non significa solo ‘senza-dio’, ma che si evoca dio in quanto più di qualsiasi altro nome, da tutti i punti vista (storico, culturale, infine esistenziale), rappresenta il simbolo, la sintesi, di tutto ciò che comporta sudditanza psicologica a qualcuno o a qualcosa in cui si proietta, alienadola, la propria umanità, e che quindi va combattutto anche oltre il ripudiare il dio cui si riferiscono le religioni;
Quindi, tradizione ed estensione del significato: altri termini, a mio parere, non offrono queste possibilità.
Rispondo a te e a Massimo: per me l’importante è non essere credente, ovvero non essere credulone. Poi se mons. Ravasi e tutti quelli come lui, si ritengono in dovere di pregare per la mia anima che un giorno sarà giudicata da un essere supremo, ben più grande ed importante della giustizia laica, facciano pure. Questi sono come il maniaco che fa la foto ad una bella ragazza e poi a casa si masturbano convinti di farci l’amore. Il suo ragazzo che cosa dovrebbe fare: menarlo? Vale la pena sporcarsi le mani per questo? lasci perdere sapendo che hai a che fare con un poveraccio.
Sono ateo da 50 anni (8 anni di scuola dai salesiani! Ottimo risultato!). Qualche perplessità il termine “ateo” ma la dava, ossia un po’ di fastidio, per il fatto che contenesse la parola “teo”, che io non avrei voluto che c’entrasse nel mio specifico. Ma ora trovo l’analisi di Gualerzi sul significato più ampio del termine “ateo” molto convincente. Ottima chiarificazione. Il ripudio, oltre che della immaginaria divinità, anche di tutte le imposizioni e credenze “spirituali” o superstiziose.
Tu chiamalo, se vuoi, “materialismo” (o “marxismo”)
@ redicoppe72
Nemmeno ti sfiora che un ateo possa non essere marxista.
Figuriamoci il senso e l’autorevolezza dei tuoi sgangherati interventi….
Ateo è una dichiarazione forte e breve, che quasi tutti capiscono. Nessuno chiede di scriverlo sul biglietto da visita, né di mettersi il distintivo, però rende l’idea meglio che umanista, che richiama il culturista dell’intelletto. Si può provare con le prime 10 persone che si incontrano per strada: “Buongiorno, sono ateo! Brrr! Cioè, volevo dire, sono un normale umanista! Ah, beh!” Se invece è per uso interno, qualunque definizione va bene, nessuno di noi credo passi la giornata a chiederselo
Umanista con umanista,
ateo con fideista.
“Ateo” mi piace. Breve e deciso, senza fronzoli o cortesie. “Salve, vuole parlare di Gesù Cristo?” “No, sono ateo”. “Ateo”, come a dire “non rompetemi i co…”, “ateo” come “non ho tempo da perdere per ‘ste fregnacce”.
Oh sì, in questo senso lo uso volentieri anch’io.
Spesso si allontanano come se fossi contagioso… (in effetti 🙂 )
Ahah è vero, è impagabile la faccia terrorizzata e incredula dei vari testimoni di geova, evangelici e pretume vario! Appena sentono la parola ateo pare che abbiano davanti un fantasma! Non so perchè ma la faccia mi ricorda troppo quella dei bambini di jurassic park davanti ai dinosauri 🙂
ateo materialista… è meglio
Potremmo definirci anche:
“liberi dall’indottrinamento religioso”
“felici di non credere”
“coscienti dell’unica vita esistente”
“senza condizionamento religioso”
“intellettualmente onesti nei confronti della realtà”
“orgogliosi di essere soltanto materia/energia”
“umili, coscienti di essere sè stessi”
insomma,ravasi ha un problema…..
A me sembra che “cattolico” sia categoria ben più obsoleta che “ateo”. Sono moltissimi i “cattolici” che, a ben guardare, non si riconoscono al 100% nel cattolicesimo.
Sei un ateo, ma vuoi entrare anche tu a far parte del “cortile dei gentili”?
Ecco cosa devi fare.
Devi presentare la tua dichiarazione dei redditi, dove dimostri di donare l’8×1000 alla Chiesa cattolica di Roma ed il 5×1000 ad un’organizzazione di suo gradimento.
Devi assolutamente essere d’accordo all’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, fatto da insegnanti pagati dallo Stato ma scelti dalla Chiesa, anzi se hai dei figli non devi scegliere l’ora alternativa perche’ riconosci l’importanza della Chiesa per la storia della Nazione Italiana.
Devi essere contrario alla rimozione del crocefisso dai luoghi pubblici statali perche’ non e’ solo un simbolo religioso ma è un simbolo universale di pace e di tolleranza, quindi non può offendere nessuno.
Devi essere favorevole alla sussidiarieta’, infatti tutti i contributi elargiti dallo Stato Italiano alla Chiesa servono ad aumentare l’istruzione ed a migliorare il patrimonio artistico culturale con conseguenza dell’aumento del turismo, per non parlare dell’aiuto ai bisognosi.
Devi essere convinto che la Chiesa paghi, quando la deve pagare, l’Ici.
Devi essere convinto che la Chiesa ha fatto di tutto per sconfiggere la pedofilia al suo interno e che comunque si tratta solo di casi isolati.
Devi essere convinto che l’attuale papa sia un grande teologo.
E’ vero che noi della chiesa pretenderemmo ancora altro da te ma se riesci a dimostrare anche solo queste cose, puoi anche tu ateo far parte del cortile dei gentili, perche’ in fondo noi della chiesa ce ne fottiamo se credi o non credi in Dio, l’importante e’ che ci permetti di fare i nostri porci comodi.
il cortile dei gentili continua ad essere frequentato da galline, tacchini e qualche pollo, buoni per un ottimo arrosto appena saranno ingrassati a dovere.
… difficile per chi tra noi è vegetariano 🙂
Io chiamerei i cattolici “diversamente atei”.
🙂
🙂 🙂 🙂
Forse taluni della associazione non hanno mai letto gli acta del martirio di San Policarpo e si stupirebbero del significato di una parola a loro cara.
Abbasso gli atei!
IX, 1. A Policarpo che entrava nello stadio scese una voce dal cielo: “Sii forte, Policarpo, e mostrati valoroso”. Nessuno vide chi aveva parlato, quelli dei nostri che erano presenti udirono la voce. Infine, mentre veniva tradotto, si elevò un grande clamore per la notizia che Policarpo era stato arrestato. 2. Portato davanti al proconsole, questi gli chiese se fosse Policarpo. Egli annuì e (il proconsole) cercò di persuaderlo a rinnegare dicendo: “Pensa alla tua età” e le altre cose di conseguenza come si usa: “Giura per la fortuna di Cesare, cambia pensiero e di’: Abbasso gli atei!”. Policarpo, invece, con volto severo guardò per lo stadio tutta la folla dei crudeli pagani, tese verso di essa la mano, sospirò e guardando il cielo disse: “Abbasso gli atei!”. 3. Il capo della polizia insistendo disse: “Giura e io ti libero. Maledici il Cristo”. Policarpo rispose: “Da ottantasei anni lo servo, e non mi ha fatto alcun male. Come potrei bestemmiare il mio re che mi ha salvato?”.
1: La storia della voce non serve ad argomentare il discorso sulla parola “ateo”. In ogni caso, non è provabile.
2: il termine “atei” è utilizzato dal potere come è utilizzato oggi dale gerarchie ecclesiastiche e dai cattofascisti: in modo volutamente spregiativo.
3: il termine “atei” viene fatto proprio da entrambe le parti per quello che significa letteralmente: senza dio.
Il tutto durante l’impero di Antonino Pio, devoto agli antichi riti. Insomma, una religione predicata in sostituzione di un’altra. Il concetto odierno di ateismo non è paragonabile a quello che hai riportato tu.
Quanti anni di deserto di Nubia si era fatto Policarpo, sotto tiro del maligno che si presentava sotto forma di avvenenti fanciulle? Parecchi, immagino…
Io direi a Ravasi: “Gli è che l’ onomatopea post-liturgica, anche come prolegomeni, si enfiteutizza a posteriori, laddove, pur brematurata, la sineddoche si abbarbica tutta posterdata”, proprio come antani”.
Poi, la corte dei gentili: ma, una volta nella corte c’ erano galline, galli e pulcini, e qualche oca; oggi ci vedo solo pecore
Comunque, pare che in questo cortile dei gentili non vengano proprio invitati i gentili.
Curioso, no?
il solito vizietto dei prelati di voler dettare i propri proclami agli altri.
cmq anche a me odifreddi sa di nazional-popolare. ogni volta che lo sento mi dico ” questo idiota mica crede di rappresentarmi?!”
Delle esternazioni dell’eminentissimo e reverendissimo signor cardinale Ravasi, come dicono a Roma con dotto idioma, nun me potrebbe frega’ de meno. Solo mi chiedo se, in tutta la sua vita di studioso e di prelato, costui sia mai riuscito a dire o scrivere qualcosa di intelligente o comunque degno di essere preso in considerazione. Non so voi.
Tuttavia mi preme puntualizzare una cosa. L’eminentissimo ha tirato in ballo la questione se sia più “moderno” dichiararsi atei oppure umanisti. Personalmente io mi considero umanista, anzi umanista e razionalista, nel senso che, per me, al centro di tutto (al centro sia della scienza sia della filosofia) devono essere posti soltanto l’Uomo e la Ragione: endiadi, questa, assolutamente indissolubile, dal momento che l’Uomo non è altro che la coscienza riflessa ed oggettiva, cioè razionale, che la materia ha di se stessa. Preferisco poi considerarmi agnostico piuttosto che ateo, non perché io voglia assumere una posizione equivocamente neutrale in ordine al problema del divino e della trascendenza, ma perché devo constatare che:
a) Finora nessuno è riuscito veramente a dimostrare né l’esistenza né la non-esistenza di dio, a livello di theoresis e con argomenti speculativamente rigorosi che non fossero la solita paccottiglia di sofismi immensamente cari a certi spiritelli metafisici.
b) La progressiva secolarizzazione, che ha caratterizzato incontrovertibilmente il pensiero occidentale in questi ultimi secoli, non consiste soltanto nell’abbandono dell’orizzonte del divino e della trascendenza da parte soprattutto dell’uomo europeo e in misura minore di quello nordamericano, ma anche nella LIBERAZIONE DEL PENSIERO SCIENTIFICO E FILOSOFICO DALLE PASTOIE DELLA METAFISICA. Da Vico a Gioberti, da Del Noce a Wojtyla, un topos della filosofia cattolica consiste proprio nello sputare veleno su Cartesio (o su Renato Delle Carte, come lo chiamano loro) ascrivendogli ad infamia la responsabilità di tutte le degenerazioni del pensiero moderno e contemporaneo. Vi siete mai chiesti il perché di tutto questo livore cattolico anticartesiano? Ve lo spiego io, e con parole molto semplici: affermando il primato del “cogito”, Cartesio ha liquidato la pretesa tutta medioevale dell’ontologia (o metafisica dell’essere) di costituirsi quale “scienza suprema”, ed ha posto anche le premesse teoretiche per il superamento sic et simpliciter di ogni forma di metafisica, poco importa se dell’essere (ontologia) o del nulla (medontologia). Adesso, se uno afferma di credere nella trascendenza, costui si pone all’interno di un orizzonte di pensiero oggettivamente metafisico; ma anche chi afferma di non credere nella trascendenza o, peggio ancora, approda a forme di squallido e melmoso nichilismo, finisce con il fare lo stesso. Per un VERO LAICO esistono solo tre forme possibili di conoscenza razionale: quella matematica, quella fisica e quella storica. Quella metafisica è solo ciarpame pseudofilosofico. E nient’altro. Ergo, un VERO LAICO giudica l’AGNOSTICISMO e non l’ATEISMO la posizione intellettuale più consentanea all’umanesimo ed al razionalismo, di cui cui parlavo all’inizio.
Non se mi sono spiegato…
No, per me non ti sei spiegato.
Perché sono sempre allergico alla tesi kantiana del “non si può provare né l’esistenza né la non esistenza di Dio”, motivo per cui chi nega l’esistenza di questo fantomatico Dio è in errore.
Visto che non si sa cosa sia o non sia questo Dio mi sembra più logico … soprassedere, invece di rifugiarsi nel cosiddetto agnosticismo (chissà, forse che sì forse che no).
Una cosa però si può affermare con sicurezza: il Dio cristiano è talmente assurdo, mostruoso, sadico, contraddittorio che se ne può tranquillamente negare l’esistenza (“per la contraddizion che nol consente”).
Un prete (un prete! tanto di cappello) disse una volta: questa parola – Dio – è così ipotecata che si farebbe meglio a non usarla più. Se dicessimo SENSO invece di Dio le cose starebbero meglio. Perché sul senso della nostra vita e dell’universo siamo TUTTI esperti e non dobbiamo delegare ai sedicenti esperti (papi, teologi, angelologi, sindonologi, mariologi, ravasi, florenskij, frapallini e via mistificando) la risposta ai nostri interrogativi.
Se per agnostico s’intende qualcuno che in ultima analisi “non sa da dove veniamo e dove andiamo”, be’ allora posso – e forse possiamo tutti – definirci agnostici. Ma la non esistenza del mostro cristiano – ridicolo, sadico, contraddittorio – si può affermare – in barba a Kant che era un teologo travestito da filosofo (sì, Kant mi sta molto sulle balle).
Quando ho scoperto questa cosa mi sono chiesto: “Ma in tre anni, cosa mi hanno insegnato a Storia della Filosofia?”
Non mi hanno neanche sottolineato che c’era un elefante nella stanza: il Dio dei filosofi non c’entra niente con il Dio dei cristiani!
Sigmund Freud diceva:
“I filosofi estendono il significato delle parole fin dove queste non serbano più quasi nulla del loro senso originario; chiamano “Dio” un’astrazione vaghissima che si sono foggiata, per cui possono presentarsi dinnanzi al mondo come deisti e credenti, vantandosi perfino di aver foggiato un concetto di Dio più alto e puro; in verità, al contrario, il loro Dio è un ombratile parvenza, non certo la possente personalità della dottrina religiosa.
Sergio,
l’agnostico è proprio quello che, come dici tu, “soprassiede”. Visto che non ci è dato sapere nulla sull’esistenza di dio, questa impossibilità di conoscenza la chiamiamo semplicemente “agnosticismo” e lasciamo perdere il tutto. Salvo divertirci a discuterne come faccio io.
In questo senso, l’ateismo diventa una conseguenza dell’agnosticismo filosofico di base insito nell’impossibilità della scienza di spiegare (ergo conoscere) dio.
Secondo me giordanobruno intendeva qualcosa del genere.
@ Giorgio Pozzo
Non sono completamente d’accordo. Nell’uso comune l’agnostico è colui che non sa, ammette di non sapere e quindi lascia aperta una porta alla rivelazione, non nega Dio che è il punto di appoggio della Chiesa. Non per niente l’agnostico ai Ravasi “piace”: non c’è ancora arrivato, ma si può sperare che ci arrivi. In altre parole, l’agnostico è “recuperabile” e comunque non dice a muso duro: ma mi faccia il piacere! I convocati nel cortile dei gentili sono di questa pasta, comunque malleabili, educati, rispettosi.
In pratica però non c’è una netta distinzione tra agnostico e ateo (almeno io non la faccio). Un vero agnostico difficilmente è recuperabile e resta estraneo alla “verità integrale sull’uomo” di marca cattolica.
Quello su cui io però vorrei insistere è che si può senz’altro affermare la non esistenza di quel curioso essere che è il Dio cristiano – perché è in contraddizione se stesso. Anche Kant dovrebbe ammetterlo. Ma lui era un teologo camuffato e a Dio ci teneva, forse perciò si è salvato in corner.
Trovo però strano che duecento anni dopo si vada ancora dicendo che non si può provare né l’esistenza né la non esistenza.
Concordo con Sergio sull’insopportabile inconsistenza della proposizione «non si può provare né l’esistenza né la non esistenza di Dio» perché non posso fare a meno di pensare che chi, per primo, ha parlato di dio sapeva di mentire.
Sergio,
L’agnostico sa di non poter arrivare ad alcuna conclusione al riguardo. Non lascia alcuna porta aperta, in quanto la fede è perfettamente inconciliabile con la scienza. Diciamo che se ne frega. Se consideriamo la pura etimologia della parola a-teo, senza-dio, allora un agnostico, in questo senso, è senz’altro un ateo. L’agnostico vive benissimo senza dio. L’agnostico considera la scienza, e non la fede (qualunque fede, anche non religiosa) come fonte di conoscenza. Scienza, d’altronde, viene dal latino per conoscenza. L’agnostico non nega dio ma non lo afferma affatto.
Se poi l’agnostico “piace” a Ravasi, beh, allora io non aspetterei altro che di essere invitato nel cortile: secondo me, l’agnosticismo è l’arma più forte che ci sia contro la religione. D’altronde, se vai poco sopra a leggere il lunghissimo post di Florenskij, dove crede di dimostrare che Ravasi ha ragione, io gli ho risposto tentando di spiegare come e perchè sia lui che il cardinale sono in errore. La scienza infatti è proprio agnostica, nel senso che non pretende di aver a che fare con le costruzioni metafisiche. Ravasi (e Florenskij) accusano l’ateismo come se questo fosse parte della scienza (e qualche ateo lo crede, purtroppo), e credono di avere in mano un’arma terribile: io gliel’ho, spero smontata perchè, semplicemente, l’ateismo NON vuole essere scienza. Il fatto che certe posizioni morali o etiche siano condivisibili o contradditorie tra ateismo e cattolicesimo non significa affatto che l’ateismo pretenda di essere scientifico nelle sue posizioni etico-morali. D’altronde, accidenti, ci sono disaccordi etico-morali anche tra atei, come tra credenti. E, infatti, etica e morale NON sono scienza.
Per quanto riguarda il dio cristiano, curiosissimo essere, non hai tutti i torti. Ma, più che affermare la sua non-esistenza (logicamente è impossibile dimostrare o affermare la non-esistenza di alcunchè: vedi la teiera di Russell, agnostico dichiarato), possiamo dimostrarne la illogicità. Il dio cristiano è illogico, nel senso che sono incompatibili molte delle sue qualità. Un cristiano però, ti direbbe che si tratta di dogmi, di misteri della fede, e buonanotte al secchio. Dio sta al di fuori della logica.
Ih, ih, aspetto l’invito di Ravasi, se, come dici tu, gli sono piaciuto…
@ giordanobruno
Alle 20.01 di ieri ho ribadito (non so quante volte ne ho parlato) le ragioni per cui – naturalmente per quanto mi riguarda – preferisco il temine ateo. Mi interesserebbe un tuo parere in merito.
Il filosofo messicano e la psicanalista bulgara sono gli unici che hanno dato ascolto al cardinale Ravasi per poi fornirgli una nuova versione della parola ateo.
Tutti gli altri filosofi e psicanalisti ai quali Ravasi si era rivolto l’hanno mandato a cag…
“Obsoleto” e “desueto” è sicuramente il modo di vestire di Ravasi.
Dal momento che, secondo qualcuno di voi, non mi sono spiegato a sufficienza, ci tengo a ribadire alcuni piccoli concetti.
Non si comprende una beneamata mazza di niente di tutta la secolarizzazione del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo, se prima non ci si ficca dentro la zucca che la METAFISICA NON PUO’ ESSERE PIU’ CONSIDERATA UNA SCIENZA FILOSOFICA. E questo vale per qualsiasi forma di metafisica: per la metafisica dell’essere (ontologia) e per la metafisica del nulla (medontologia), per la metafisica dell’oggetto (realismo) e per la metafisica del soggetto (idealismo). E vale anche per certe forme equivocissime di “metafisica del linguaggio” che sono venute tanto di moda nel corso del ‘900: essendo un matematico, non potete immaginare lontanamente il senso di nausea che mi suscita la cosiddetta filosofia analitica, grossolano e patetico tentativo di certa filosofia contemporanea di imitare la logica matematica e la metamatematica.
Ma c’è un’altra cosuccia che bisognerebbe ficcarsi bene dentro la zucca. Se la filosofia deve decidersi, una volta per sempre, a mandare a fare in ecc la metafisica e RINUNCIARE DEFINITIVAMENTE ad essa, a quale forma di conoscenza razionale deve approdare? Io non sono un filosofo, e non dispongo certo dei titoli per rispondere autorevolmente a siffatta domanda, però ho vari amici filosofi (uno di loro ha la cattedra di filosofia teoretica all’università) i quali mi hanno spiegato quanto segue: se la filosofia vuole cessare di essere un’eterna bambina che campa poppando il latte dalle mammelle ormai avvizzite della metafisica, e vuole sul serio diventare adulta, allora deve assumere quale scienza di riferimento non la matematica o la fisica, ma la STORIA e soltanto questa. Qui ho l’obbligo di ricordare a tutti voi che, sulla base dell’inesorabile processo di secolarizzazione del pensiero contemporaneo, sono rimaste solo tre forme di conoscenza che possono dirsi veramente razionali: la matematica, la fisica (intesa in senso lato come indagine di tutti i fenomeni naturali, dalla teoria quantistica dei campi allo studio delle dendrotossine contenute nel veleno del black mamba) e la STORIA. Non solo, ma di queste tre forme di conoscenza razionale quella suprema, l’unica che possa veramente identificarsi con l’uccello di Minerva di cui parlava Hegel, è proprio la storia. Dato che io sono un matematico e non uno storico, confesso che mi dispiace non poco doverlo ammettere; ma l’onestà intellettuale mi obbliga a farlo. Caro Sergio, alcuni mesi orsono confessasti che ti era venuta una sorta di “crisi religiosa” e che desideravi tanto approfondire certi problemi della cosmologia contemporanea – hai già dimenticato che io ti consigliai di andare prima a leggere bene le lettere dei condannati a morte della Resistenza, cosa che tu probabilmente non hai mai fatto in vita tua? ancora non hai capito che la conoscenza storica è l’unica che possa realmente porti al riparo da certe strane ed improvvise inquietudini esistenziali? Caro Sergio, preferisci considerarti ateo piuttosto che agnostico? Benissimo! Però ti esorto a prestare un po’ di attenzione. Se il tuo ateismo deriva da un rigoroso esame delle modalità con cui il senso del sacro e del divino è sorto e si è sviluppato a livello storico, niente da eccepire; se invece il tuo ateismo deriva da fumose metafisicherie sull’essere ed il nulla, allora da eccepire c’è molto.
Ho notato che, da un po’ di tempo a questa parte, alcuni uaarini hanno mostrato un insano ed equivoco interesse per il nichilismo contemporaneo. Non mi piace fare il Catone, però ho l’obbligo di ricordare a tutti quanto segue:
a) L’UAAR è un’associazione con finalità culturali e non politiche. Pur non professando in modo esclusivo ed univoco alcun indirizzo filosofico, tuttavia ESIGE da ogni suo membro una visione umanistica e razionalista della scienza e della filosofia. Il nichilismo non è affatto compatibile né con l’umanesimo né con il razionalismo, dal momento che non è altro che l’ultima oscena decantazione del movimento romantico europeo.
b) Il padre del nichilismo contemporaneo è stato il signor Federico Nicce (sic). Non guasterebbe ricordare, ogni tanto, che costui non era affatto un filosofo, ma un grecista cioè un filologo. Un po’ come il signor Unamuno: saranno stati mica parenti? Adesso, se un grecista viene a spiegarmi l’uso dell’aoristo ottativo attivo “lyseias” al posto di “lysais” nella lingua di Omero, lo sto ad ascoltare; se invece viene a propinarmi lezioncine di “filosofia dionisiaca” (od antifilosofia che dir si voglia) lo mando cortesemente a fare in avete-capito-dove. A questo bisognerebbe poi aggiungere che il signor Federico Nicce era un omosessuale represso, ed aveva tutti i difettucci che abbondano negli omosessuali repressi. Sono stato chiaro adesso nell’esporre certi concetti?
Un caro saluto a tutti. Purtroppo il tempo mi è tiranno e mi vedo costretto a lasciarvi. Avremo modo di riparlare di certe cosette in altri threads.
Non riesco a farla lunga, ma ci provo, prima che finisca il negroni.
Il cervello umano si è evolutivamente formato in modo da riuscire, oltre che a organizzare e razionalizzare le proprie esperienze fisiche, anche a produrre costrutti mentali immaginari, proiezioni che vanno al di là della sua esperienza sensoriale. E però sono sempre e solo prodotti dell’attività di circuiti neuronali, qualche gradino diversi da quelli dello scimpanzè. Se lo soddisfa dire che sono metafisici, buon per lui. Per convenzione abbastanza diffusa, i costrutti di cui può accertarsi, in modo diretto o indiretto (per esempio con un telescopio o un radar o un microscopio) li considera reali, agli altri (per esempio gli ippogrifi) non dà credito, non perché non possano esistere (anzi, può darsi che l’universo sia pieno di ippogrifi) ma perché non ne ha alcun riscontro reale. Dirsi agnostichippogrifico per ribadire che l’ippogrifo potrebbe esistere (ma non sappiamo) non è proibito. Per la vita di tutti i giorni è però più pratico assumere che non esista. Giuro, appena si dimostrerà che esiste, l’a-ippogrifo si convertirà. (mentre Nicce (!) farà la sua dose di penicillina).
@ agnostici
Domanda sincera, anche se si tratta di un’iperbole: ma voi siete agnostici riguardo l’unicorno?
Se si – dal punto di vista della prassi – in cosa un agnostico riguardo l’unicorno si differenzia da uno che ne nega l’esistenza?
Se ambedue sono razionalisti di fronte ad un unicorno non ne affermerebbero ambedue l’esistenza indipendentemente dalla precedente posizione?
L’agnostico ha una soglia di riconoscimento degli unicorni inferiore a chi ne nega l’esistenza tale che se spunta un corno dal cespuglio è più pronto a pensare ad essi piuttosto che ad un rinoceronte?
Grazie.
PS ho letto solo dopo aver postato l’intervento di faidate, qui sopra. In sostanza il mio è identico al suo.
Cerco di immaginare l’accoppiamento di un unicorno con un’ippogrifa (o viceversa)
C’è una grande differenza tra considerare un dio oppure un unicorno: il primo oggetto ha proprietà trascendenti, mentre il secondo no. Questo significa che nessuno potrebbe essere in grado di dimostrarmi l’esistenza del primo oggetto, mentre potenzialmente qualcuno potrebbe dimostrare il secondo. Quello che invece li accomuna, è il mio disinteresse, comune per tutti e due. Tutto qui. Non voglio cadere in nessuna trappola ontologica, e quindi considero il mio totale disinteresse scientifico per tutti e due gli oggetti. Però, questi oggetti, anzi tutti gli oggetti, inventati oppure concretamente esistenti, possono essere parte di un ragionamento logico, che ne quantifichi la loro scientificità.
Dal punto di vista logico, infatti, che, piaccia oppure no, è l’unico accettabile universalmente, abbiamo la possibilità di fare un certo ragionamento condivisibile da tutti. Il resto sono chiacchiere (o fideismo).
La logica predicativa prevede quattro quantificatori per costruire le proposizioni predicative: “tutti”, “qualcuno”, “nessuno”, e “non tutti”. I primi due sono affermativi, i secondi due negativi, il primo e il terzo sono contradditori tra di loro, come il secondo e il quarto.
Abbiamo quindi due tipi di affermazioni (positiva e negativa), considerando i primi due:
Affermazioni universali (“tutti”): “tutti gli elementi di un certo insieme hanno una certa proprietà”
Affermazioni esistenziali (“qualcuno”): “esiste almeno uno degli elementi di un certo insieme con una certa proprietà”.
Ora, abbiamo che
1. La falsificazione di un’asserzione universale è sempre uguale ad un’asserzione esistenziale
2. La falsificazione di un’asserzione esistenziale è sempre uguale ad un’asserzione universale
Infatti, l’asserzione universale “tutti i corvi sono neri”, falsificata diventa “non tutti i corvi sono neri”(=”esiste almeno un corvo non nero”)
E l’asserzione esistenziale “esistono corvi neri”(=”qualche corvo è nero”), falsificata diventa “non esistono corvi neri” (=”nessun corvo è nero”, o anche “tutti i corvi sono non-neri”, che è appunto universale.
La verifica empirica di asserzioni però, risulta essere asimmetrica:
3. La verifica di asserzioni esistenziali è possibile con asserzioni singolari.
ma non viceversa:
4. Nessuna asserzione universale può essere verificata con asserzioni singolari.
cioè
verificare l’esistenziale “esistono corvi neri” (= qualche corvo è nero, = almeno un corvo è nero) equivale a trovare un corvo nero (almeno uno, potenzialmente possibile con una
asserzione singolare).
mentre invece verificare l’universale “tutti i corvi sono neri” (= ogni corvo è nero)
non è possibile in quanto la verifica dovrebbe essere applicata a tutti i corvi, con una serie
innumerevole di verifiche di asserzioni singolari (questo è nero, questo è nero, questo è
nero, ecc ecc). Non è dato sapere quando la serie di verifiche risulti completa (quando
abbiamo finito di esaminare i corvi, nello spazio e nel tempo? Impossibile saperlo).
Le verifiche empiriche (sperimentali) di asserzioni singolari sono quindi possibili e
scientifiche. Anzi, sono le uniche possibili. Ogni esperimento è singolo. Se si riuscisse a
trovare anche solo un corvo nero, l’asserzione esistenziale “esistono corvi neri” (oppure “esistono unicorni”) sarebbe verificata sperimentalmente.
Però, le teorie scientifiche devono essere universali e non esistenziali. Il contenuto
informativo di una teoria è molto più elevato se la teoria è universale e non particolare
(esistenziale). Una teoria scientifica di alto livello descrive dei comportamenti relativi a tutti
gli elementi di un certo insieme, in tutto lo spazio e in tutto il tempo, e non solo di qualcuno.
La teoria della gravitazione descrive il moto di tutti gli astri, adesso come nel 1492, e non
solo di qualcuno. Il principio di inerzia vale per tutti i corpi dotati di massa, e non solo per
qualcuno.
Quindi, per 4. sopra, una teoria scientifica (in forma di asserzione universale) NON può
essere verificata sperimentalmente con completezza.
Una teoria, qundi, più che verificabile, deve essere falsificabile per potersi chiamare scientifica.
Infatti, con un ragionamento simile al precedente (che qui ometto), si dimostra che
5. La falsificazione di un’asserzione universale è sempre possibile
ma non viceversa:
6. La falsificazione di un’asserzione esistenziale non è mai possibile
Ergo, se io rimango ligio alla logica, posso solo considerare il punto 6 qui sopra e dire che non è mai logicamente possibile falsificare un’asserzione esistenziale (ergo, un’asserzione esistenziale non è scientifica). “Dio esiste”, “gli unicorni esistono”, e così via dicendo, non mi interessano in quanto affermazioni non scientifiche. Non perdo tempo a quantificare inutilmente soglie di credibilità, che sono soggettive e dipendono dai gusti individuali.
@ Giorgio Pozzo
Sottoscrivo quanto hai detto permettendomi di fare un’annotazione:
“C’è una grande differenza tra considerare un dio oppure un unicorno: il primo oggetto ha proprietà trascendenti, mentre il secondo no”
non la considero una grossa obiezione, non più di appiccicare alla definizione di unicorno ” corno visibile” aggiungendo che in realtà ne ha un secondo con caratteristiche trascendenti (verità rivelata a chi non è agnostico o a-unicorno). Non è che con la trascendenza risolvo problemi: li creo.
Il primo problema della trascendenza è stabilire che non è una scusa.
Il punto è che non si può. Il che non è scusabile.
Dalla ‘garzantina’ di filosofia (logica, linguistica…ecc.)
Agnosticismo:
“Termine coniato nel 1869 dal naturalista inglese T.H Huxley per designare l’atteggiamento di chi si astiene dal pronunciarsi su problemi insolubili dal punto di vista scientifico.
Al di fuori dell’ambito specifico in cui sorse, si è soliti utilizzare il termine per designare ogni posizioine o dottrina secondo cui la ragione deve sospendere il proprio giudizio quando si trova davanti a problemi metafisici o religiosi per la cui soluzione sarebbe necessario oltrepassare i limiti naturali della conoscenza umana”
Ora, per quanto mi riguarda, la definizione di agnosticimo che qui viene data ‘al di fuori dell’ambito specifico in cui sorse’, si presta a due interpretazioni, una delle quali, sempre a mio parere, coincide in sostanza con la definizione di ateismo, mentre l’altra è di fatto un”apertura’ alla religione. Infatti, porre in riliavo che, di fronte a ciò che non si può conoscere razionalmente si deve sospendere ogni giudizio, può significare:
– sia che la ‘sospensione’ del giudizio è destinata a rimanere sempre tale con unica alternativa (aut-aut) la fede, per cui non c’è alcuna differenza con l’ateismo inteso (così almeno io intendo) come rifiuto di ogni fideismo;
– sia che la ‘sospensione’ del giudizio è proprio una sospensione che può essere temporanea e cessare di essere tale qualora – magari attraverso altre strade che prima non si conoscevano – si ‘scopre’ che i limiti della conoscenza umana si possono superare. E’ evidente che è questo tipo di agnosticismo, spacciato per ateismo, che piace ai Ravasi… anzi, per la verità, per loro non esisterebbe alcun agnosticismo del primo tipo, e quindi nessun ateismo, se non nell’autoconvinzione di qualche sprovveduto.
Alla fine, gira rigira, a dispetto di tante distinzioni, questa compresa, ci si trova sempre davanti la distinzione che riassume tutte le altre: di fronte ai limiti della ragione umana, c’è l’ateismo, il quale li può anche ritenere ampliabili all’infinito, ma mai in grado di dare una risposta ai quesiti ‘metafisici’ (tra virgolette, perchè qui ci sarebbe un discorso tutto a parte da fare), se non inunciando ad usare la ragione…
e c’è invece chi ritiene che questi limiti siano superabili… ma solo per mezzo della fede, magari considerata, per salvare capra e cavoli, una forma superiore di razionalità. Per cui, quando si tratta dei quesiti cosiddetti ‘metafisici’ c’è ben poco da strologare: o si pensa o si crede! Nonostante tutti i ‘credo ut intelligam’ e ‘intelligo ut credam’, che – assieme al ‘credo quia absurdum’ – definiscono il circolo vizioso su cui si reggono quasi tutte le religioni.
Bruno,
le tue due alternative sembrano plausibili (io appartengo alla prima), salvo che nella seconda esiste una contraddizione: quali altre strade esistano che portino alla conoscenza (oggettiva), se non la scienza? Chi si riconoscesse nella seconda categoria di agnostici, tradirebbe la sua posizione di partenza, lasciando aperta la porta della fede, fede che ha rinnegato fin dall’inizio decidendo di avere una impostazione scientifico-agnostica.
“Chi si riconoscesse nella seconda categoria di agnostici, tradirebbe la sua posizione di partenza, lasciando aperta la porta della fede, fede che ha rinnegato fin dall’inizio decidendo di avere una impostazione scientifico-agnostica.”
Ma la definizione riportata di agnosticismo parla di ‘sospensione’ del giudizio davanti a problemi metafisici o religiosi… che certamente come ‘scienziato’ – inteso come colui che ha scelto la ragione come strumento di conoscenza ‘oggettiva’ – riterrà insolibili… perchè se così non fosse non si parlerebbe nemmeno di agnosticismo… ma non per questo si preclude la possibilità – proprio perchè la scienza non può spiegare tutto – che esistano altre forme di conoscenza. Per cui, dal suo punto di vista… qualora un qualche Ravasi lo convincesse che esistono altre strade percorriibili oltre quella ‘scientifica’… non tradirebbe niente. Diventerebbe solo ‘schizofrenico’… come credo sia chiunque si illude di poter far convivere fede e ragione quale che sia il punto di partenza
Sono d’accordo con la conclusione dell’articolo di Carcano.
Con operazioni tipo questa del cortile dei gentili la Chiesa non fa altro che manifestare la propria volontà di crearsi un mondo a sè, un mondo a sua misura col quale potersi confrontare e dove poter affermare il proprio primato spiritual-moral-culturale.
Prima si sceglie gli atei con cui “dialogare” e poi attribuisce loro il nome che più le garba.
Dell’ateismo “nazional-popolare” Ravasi dice: “Tale movimento si inserisce nel più grande ambito dell’indifferenza: questi autori, se lanciano una battuta forte (“l’illusione di Dio”, “l’assurdità della religione”) suscitano interesse. Prima o poi affronteremo questa atmosfera nebbiosa che rappresenta il frutto estremo della secolarizzazione».
Nonostante la sua “strepitosa cultura” (già messa alla berlina da un articolo di Telmo Pievani), Ravasi evidentemente non ha capito niente di questo movimento se pensa che sia solo frutto dell’indifferenza. Ed è evidente che non abbia la più pallida idea di cosa fare a riguardo quando dice che prima o poi affronteranno “questa atmosfera nebbiosa”.
In realtà le gerarchie cattoliche non capiscono che con iniziative come queste non fanno altro che allontanarsi dal mondo, anzichè avvicinarglisi. E questo errore lo pagheranno sempre più caro.
Peggio per loro.