Bruno Gualerzi
‘Buonista’ credo che sia ormai diventato uno degli epiteti più ricorrenti col quale si intende marchiare indelebilmente un avversario in quanto sinonimo di antidecisionista, di arrendevole, di pavido che si ritrae di fronte alle scelte realistiche, dure ma necessarie, ipocritamente compassionevole, in fondo in fondo, diciamolo, anche un po’ vigliacco. Oppure, all’opposto, lo si qualifica come utopista, idealista… ma non è per fargli un complimento. Per tutto ciò spesso buonista, in questa accezione, può diventare anche sinonimo di pacifista. Naturalmente il termine, ciò che lo ha fatto sorgere, ha una sua valida ragion d’essere indipendentemente dall’uso che ne viene fatto… ma è indubbio che tende a bollare un tipo di atteggiamento che viene assunto di fronte al problema della violenza, comunque intesa e praticata, esercitata dall’uomo sull’uomo. Ma qual è l’atteggiamento da prendere di fronte alla violenza?
Infine, cos’è la violenza? La violenza esercitata dall’uomo sull’uomo esiste, ovviamente, ed è fatta oggetto sia di valutazione etica, sia di analisi scientifica al fine di conoscerne l’origine, la natura, le conseguenze individuali e sociali ecc…. ma a mio parere si dovrebbe partire da questo dato molto più semplice, ovvio, talmente ovvio che, proprio per questo, non si ritiene di dover prendere in considerazione, lo si dà per scontato… e così finisce per essere o dimenticato o ‘ideologizzato’: la violenza, comunque intesa e praticata, dell’uomo sull’uomo, è sempre stata, è, e sarà sempre, uno dei principali fattori di sofferenza, individuale e collettiva, e come tale da ascrivere senza troppi distinguo ai mali del mondo umano. E qual è la ‘spiegazione’ anch’essa più o meno scontata di questo male? La violenza è ineliminabile perchè fa parte della natura umana. Bene, credo che questo sia quanto di più autolesionista – irrazionale perchè autolesionista (qui sì che si dovrebbe parlare di rinuncia, di fatalismo, di irrealismo) – si possa affermare: non tanto naturalmente perchè la violenza non sia riscontrabile nei comportamenti umani, figuriamoci, ma perchè, sulla base di questa constatazione, di fronte a questo ‘male’, se ne deduce che c’è ben poco da fare, che non si può andare ‘contro natura’, per cui in definitiva bisogna smettere di ritenerla un male. Di più, si può anche vederla come un bene. In ogni caso – si afferma – quale cambiamento storico che ha permesso all’umanità di progredire è stato possibile senza il ricorso alla violenza? Dolorosa, certo, ma inevitabile, purtroppo necessaria al progresso.
Ecco, ma cosa si deve intendere per ‘progresso’? Dipende da quali parametri si considerano per ritenerlo tale. Se si prende in considerazione il tasso di violenza – fisica o psicologica – presente nella società attuale, e si considera la violenza uno dei mali del mondo umano, è davvero difficile parlare di progresso, inteso a sua volta come condizioni di vita sempre migliori. Non perchè queste migliori condizioni non ci siano, e in misura superiore anche alle più rosee aspettative, per merito soprattutto della scienza e della tecnologia (e qui ci si confronta con dati oggettivi, inoppugnabili), e per merito di progressive e generalizzate prese di coscienza dei diritti inalienabili dell’uomo (qui però si ha già a che fare più con l’opinabile, col virtuale)… ma se, come detto, si misura il progresso in base al superamento di questo ‘male’, grandi passi avanti dall’età della pietra non è che ce ne siano stati molti.
La conflittualità fra gli uomini, individuale o collettiva, non solo non è diminuita, ma – proprio anche per la accessibilità ad armi sempre più sofisticate rese possibili dalla tecnologia – è potenzialmente sempre più distruttiva. E potenzialmente distruttiva ormai a dimensione planetaria. Nell’era atomica e della globalizzazione, un conflitto armato non sarà più un botto doloroso e però circoscritto, ma, per circoscritto che sia, può sempre diventare l’inizio di una reazione a catena, essendo sempre più a contatto tra di loro… e quindi in grado di imparare subito gli uni dagli altri sostituendosi sempre più in fretta nei ruoli… dominati e dominatori, sfruttati e sfruttatori, governati e governanti. La violenza oggi è potenziata paradossalmente da questa opportunità male gestita di estendere il potere a chi prima non l’aveva, a chi vorrà comprensibilmente – e in modo più che giustificabile per uscire da una situazione di sfruttamento – usarlo come è stato usato contro di lui, perpetuando e moltiplicando però così le occasioni di dominio e di gerarchizzazione insieme alla loro legittimazione. Come uscirne? O almeno, come contrastare questa tendenza con qualche successo?
Ritengo che se in un tale contesto non si fa entrare in gioco la facoltà razionale, evidentemente per tanti aspetti mal usata fino ad ora, un argine alla violenza sarà sempre più difficile da alzare. Facoltà razionale la quale, pur con tutti i suoi limiti… che per altro occorrerà sempre tenere ben presenti… resta l’unica risorsa a disposizione dell’uomo per non autodistruggersi, o quanto meno per non vanificare i tanti vantaggi resi possibili proprio dall’uso della ragione. Razionalità, in sostanza che, se non è in grado di far percepire con la necessaria consapevolezza la strumentalizzazione che ne viene fatta, la pericolosità che ne deriva dall’autoesaltazione, servirà a ben poco, non solo per un reale progresso dell’umanità, ma a questo punto anche proprio per evitarne l’estinzione.
Infatti, quali sarebbero – e spesso sono – le alternative? Uno sviluppo sempre più fuori controllo per un verso, e un ruolo di ‘supplenza’ assunto dalle religioni, tradizionali o nuove che siano, per altro verso… in entrambi i casi comunque è il trionfo dell’irrazionale! Perchè in entrambi i casi, anche se apparentemente sembrano atteggiamenti posti agli antipodi, è una cultura religiosa, un pensiero magico-religioso, a guidare i comportamenti umani, pensiero che non offre molti freni alla superstizione e al fanatismo.
Da un lato si carica la ragione di poteri che non ha, che non può avere se li si strumentalizza al fine di porsi al di sopra (aldilà?) della condizione umana… in realtà messi a disposizione di quella natura umana dove violenza, lotta per la sopravvivenza, l’homo homini lupus, vengono ritenuti ineliminabili, potenziandoli proprio sotto questo aspetto. Sul piano sociale la violenza, al di fuori dei regimi totalitari violenti per natura, prende la forma della concorrenza considerata come quanto di più razionale la società umana possa praticare per incentivare un progresso… che poi la conflittualità implicita nella concorrenza finisce invece per vanificare. E così, per non andare contro natura… si va contro se stessi! Una razionalità invece ‘utilizzata’ nella consapevolezza che può anche diventare strumento di autodistruzione, che non può essere riconosciuta come tale solo in quanto pura logica formale, può diventare veramente strumento di emancipazione. Che o è emancipazione dalla violenza oppure non è; emancipazione per altro che solo la facoltà razionale è in grado di rendere possibile, e può orientare la scienza stessa a utilizzare le conoscenze che solo la ricerca scientifica sa raggiungere, per far fronte all’altra violenza, quella che non dipende dall’uomo: la violenza della natura. E per altro anche l’uomo è natura.
Dall’altro lato, abbiamo la cultura religiosa espressa dalle religioni vere e proprie, istituzionalizzate, trascendentaliste o immanentiste che siano, per le quali la causa della violenza umana, pur con tutte le varianti, è la stessa: la violenza è dovuta ad una ‘colpa’ che marchia indelebilmente l’umanità! Colpa che unifica, per così dire, sia la condizione umana che la natura umana. E per combattere la violenza come colpa, come male, c’è solo un modo: redimersi dalla colpa. E per molte religioni, sotto certi aspetti tutte, la redenzione dell’umanità può avvenire solo con l’adozione dei principi che le ispirano, con la loro diffusione… se necessario anche con la violenza! Violenza che può essere sia fisica (v. la ‘guerra santa’ dell’islam) sia psicologica (v. il controllo delle coscienze – dopo per altro il ricorso anche alla violenza fisica – esercitato dalle chiese cristiane). Un’istituzione che ritiene di possedere una verità assoluta, ben difficilmente, o comunque solo con compromessi poco affidabili, può convivere con istituzioni analoghe. A meno di cambiare radicalmente natura. Senza bisogno di evocare le antiche guerre di religione, uno degli ostacoli maggiori per una convivenza pacifica planetaria resta pur sempre la mentalità religiosa, quale che sia la forma che assume. C’è ancora troppo ideologismo (ideologie vissute religiosamente), nonostante le continue dichiarazioni di realismo, di concretezza, nelle proposte di emancipazione sociale, di soluzione del problemi che sorgono dai rapporti fra gli uomini.
In conclusione, o si fa appello ad una ragionevolezza, ad un buon senso, che poi altro non è che la ragione messa al servizio dell’istinto di sopravvivenza che dovrebbe ‘venire prima’ di ogni scelta operativa – ragionevolezza che fa capire come la violenza esercitata contro i propri simili in definitiva si ritorcerà sempre contro se stessi -, oppure, inconsapevolmente, prevarrà l’istinto di morte, o comunque si voglia chiamare la tendenza ad un qualche ‘aldilà’.
Il buonismo, il pacifismo, in ultima analisi, se significano sforzo per far prevalere una ragionevolezza invece sempre più disprezzata, sono gli atteggiamenti più razionali. E tanto più razionali quanto più si oppongono ad una cultura magico-religiosa quale che sia l’aspetto sotto cui si presenta… e che per fortuna può essere tale anche quando formalmente si ritiene ispirata da una qualche religione.
La violenza è un elemento di autodifesa, caro Bruno. Gli ebrei si fecero trascinare nei campi di sterminio senza alzare un dito ma gli inglesi, non mi sembra che davanti alla follia di Hitler, si misero a guardare le stelle. Certo, il barone Von Clausewitz disse che “la guerra era la continuazione della politica con altri mezzi” e noi possiamo ben dire che la guerra arriva quando la ragiona (politica) fallisce. Se l’umanità riuscisse ad essere veramente razionale ma soprattutto in buona fede gran parte dei nostri mali scomparirebbero. Purtroppo, e scrivo queste due righe con la semplicità di un uomo che non ha la cultura di un filosofo e le capacità di chi sa analizzare da esperto l’animo umano, credo che l’egoismo sia quello che apra la strada alla violenza, almeno quella che porta alla guerra tra stati. un ultima cosa: hai saputo che in Olanda hanno chiuso tutte le galere? In alcune hanno costruito alberghi a 5 stelle e le altre le hanno affittate ai belgi. Dieci milioni di persone che non compiono più reati non mi sembra poca cosa. Non sarà che tutti i mali del mondo si possano guarire o almeno tenere sotto controllo, usando un po di buon senso? Ciao Stefano.
Sì, la violenza è spesso difensiva, ma per essere difensiva deve esistere anche quella inziziale, da cui bisogna difendersi e reagire!
Moltissimi dei nostri valori civili di comprensione e tolleranza a cui oggi ci ispiriamo per rifuggire la violenza sono stati imposti con la violenza nei confronti dei precedenti vecchi regimi; la democrazia è stata imposta al nazifascismo con le armi, e ‘libertè ealitè fraternitè’ hanno diovuto far lavorare abbastanza la ghigliottina.
Il problema è sempre quello: se la società e la distribuzione di risorse e ricchezze si basano sulla violenza della diseguaglianza estrema e molto spesso della miseria per alcuni, c’è sempre il problema che il privilegio va tolto e spesso che ha i privilegi non se li fa togliere coi buoni argomenti.
Un giorno che ciò avverrà, ovvero che i potenti rinunceranno al loro privilegio con la forza della ragione, anzichè oppore ad essa la violenza che genera poi quella del malcontento, l’umanità avrà vinto la sua battaglia e non avremo più rivoluzioni affiancate a bagni di sangue ‘rigeneratori’ che alla fine non hanno rigenerato poi nulla; ma vedo molto difficile, purtroppo, in qualsiasi epoca un atto ragionevole dei privilegiati di rinuncia al privilegio o almeno a sua larga parte.
Chi ha in mano il potere e con esso il privilegio, la ricchezza, gli agi non molla neanche una virgola di ciò che possiede. Il ministro di Luigi XVI fu cacciato quando disse di far pagare le tasse ai nobili ed al clero.
Come disse G. Braque, la libertà non va chiesta, la libertà va presa. E per prenderla non puoi fare a meno di far scorrere fiumi di sangue. E’ triste, profondamente triste ma è la realtà.
Arriveremo ad un modo diverso di ragionare? Chi può dirlo. Fino ad oggi è stato così e per i prossimi secoli non vedo grandi cambiamenti in arrivo.
Qualche isola felice ci sarà (ho fatto il caso dell’Olanda) ma in generale sono pessimista, anzi realista.
@Stefano Grassino
Non è affato vero quello che dici degli ebrei. Basti citare il ghetto di Varsavia. Piuttosto i citatdini europei trovarono nei loro leader e capi spirituali – non solo tedeschi – un metodo per ottenere cioò che desideravano. Perchè le persone che si scostano dal pensiero unico infastidiscono sempre. Per me si dovrebbe fare l’apologia addirittura della moderazione e del compromesso
Si Tiziana, conosco la storia ebraica. E’ vero che ci fu la rivolta del ghetto di Varsavia, ricordati però che tra alcuni che si ribellarono ci fu la maggioranza che si fece portare al macello senza muovere un dito. Solo dopo tale massacro, il popolo ebreo trovò la mentalità e la forza di comprendere che l’arrendevolezza era un errore.
Se conosci la storia del popolo ebraico sai allora che comincia molto prima di quel periodo e che non è un popolo mite.
Ripeto però che più che la docilità poterono i volenterosi carnefici, cioè la gente comune, la brava gente.
Del resto noi italiani che pure viviamo in un regime semiclericale per primi dovremmo sapere quanto è spinosa la strada delle minoranze
@Grassino
Mi dispiace Grassino,ma quanto dici e’ impossibile da credere.
Anche ammettendo che il tenore di vita e il livello culturale medio degli olandesi sia nettamente superiore al nostro ( e questo e’ credibilissimo),e’ difficile,anzi impossibile credere che non esistano sacche di poverta,specialmente tenendo conto dell’immigrazione incontrollata,che provoca inoltre problemi di integrazione e di razzismo,tutti fattori che,ovviamente favoriscono la criminalita.
Senza contare quella non trascurabile percentuale di criminalita che coinvolge individui del tutto privi di problemi economici,vedi i vari Scattone,Restivo,nonnche’i numerosi “figli di papa” coinvolti negli”anni di piombo” nei gruppi terroristici.
Non parliamo poi dei veri casi patologici come i pedofili laici e non,tanto per fare un solo esempio.
Difficile pensa re che la popolazione olandese sia immune a questi problemini per via
del suo DNA,cosa che ne farebbe una vera “razza superiore”, degna delle teorie di tu
sai bene chi.
Quindi non credo proprio che l’Olanda possa fare a meno di forze di polizia,tribunali e galere.
Questo mi è stato comunicato da un servizio che ha messi la nostra amica Sandra su questo sito. Ho visto di persona e mi sono informato presso altre fonti. Vedi un po tu. Io parlo per quello che viene pubblicato.
La notizia riguarda la chiusura di 8 carceri, non di tutte. Al momento in cui la notizia è stata data, in Olanda (meglio: Paesi Bassi) c’erano 12.000 carcerati a fronte di una “disponibilità di posti” pari a 14.000
Qui un link: http://vorige.nrc.nl/international/article2246821.ece/Netherlands_to_close_prisons_for_lack_of_criminals
A quanto pare la notizia è del 2009
Quando rifletto sull’argomento violenza-non violenza non riesco mai a trovare argomenti migliori di quelli che Calvino fa pronunciare al partigiano protagonista del “Sentiero dei Nidi di Ragno”:
“”Quindi, lo spirito dei nostri e quello della brigata nera…la stessa cosa?”
“La stessa cosa, intendi cosa voglio dire, ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, lì nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto.
Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi.
L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero. […] Io credo che il nostro lavoro politico sia anche questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo”
@Faber
Se pensiamo un attimo alle Malghe di Porzius,al triangolo della morte in Emilia e a parecchi episodi non proprio edificanti di quel periodo,forse il dubbio di quel partigiano non era proprio ingiustificato.
O c’e’ forse qualche motivo perche’ la guerra tenda a stimolare il “lato oscuro” della personalita soltanto nei militari in uniforme e non nei combattenti irregolari ?
Oppure,di piu’: perche i gruppi di irregolari si astengano da vere e proprie strategie, pianificate su scala piu’ o meno vasta, non proprio edificanti,come le rappresaglie o la strategia del terrore ,al pari di qualunque esercito ?
O dall’approffittare della situazione per saldare conti puramente personali o acquisire
benefici puramente personali e arbitrari ?
Faber.
Ti integro sempre con Calvino, se mi permetti.
“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono.”
La risposta è semplice: no, non c’è nessun motivo per ritenere prioristicamente migliore un singolo combattente di una parte piuttosto che dell’altra. Ma, come scrive Calvino, esiste la Storia. Quella con la S maiuscola, che non è fatta solo da trattati commerciali o di pace, ma che porta in sè i destini dei popoli e i grandi progressi dell’umanità. Per questo mi sento di dire che per quanto sia stata terribile e deumanizzante la guerra, per quanto siano state atroci le battaglie e offesi i principi di humanitas, nonostante tutto ciò si è trattato del male minore.
@Batrakos
E’ un discorso coerente,non lo metto in dubbio.
A condizione che lo si applichi ovunque.
Ad esempio :dietro i piloti che rasero al suolo Dresda,Amburgo,Tokio e molte altre citta,per non parlare di Hiroshima e Nagasaki,con un totale di diversi milioni di morti civili, c’era una societa che ,appena finita la guerra,aiuto Germania e Giappone ( e anche l’Italia ovviamente) a rinascere in pochi anni piu’ forti e ricche di prima,(ricordate il piano Marshall ?), e anche un tantino piu’ civili dei regimi precedenti.
Ma ho l’impressione che non tutti siano di questo avviso,tu che ne dici ?
Lav, no problem.
Sinceramente non sono esperto di storia militare e non posso entrare sulla necessità o meno di quei bombardamenti, anche se, riguardo ad Hiroshima e Nagasaki dubbi ce ne sono; ma non è questo il punto.
Pur essendo un forte critico del liberismo -e i fatti sembrano mostrare le crepe di questo sistema, oggi che sta cadendo il welfare state, che comunque è (…era…) prodotto europeo molto più che statunitense- avrei gli occhi foderati di prosciutto se non dicessi che se avesse vinto l’asse nazifascista avremmo avuto una società atroce e assolutamente peggiore. Il Piano Marshall peraltro gli USA poterono farlo perchè ebbero pochissimi danni dalla guerra che non arrivò a casa loro e avevano immense scorte da smaltire, visto che, tra le nazioni vittoriose, il costo più alto della guerra in termini di uomini ed infrastrutture fu della popolazione russa.
Non ho cognizioni di psicologia o di altre branche della scienza che si occupano della psiche umana, pero’ dissento da Bruno Gualerzi quando afferma che la teoria della violenza come componente della natura umana e’ in realta’ una sorta di teoria “giustificazionista” la quale è come se dicesse : “siamo fatti cosi’, siamo fatti per sbranarci l’uno con l’altro”.
No, uno studio sulla psiche è “semplicemente” uno studio sulla psiche, se e’ accertata scientificamente la violenza come componente della vita umana, questa scoperta di per se’, come tutte le scoperte e’ neutra, non da’ nessuna conclusione etica.
Ovviamente l’uomo puo’ ricavarne i significati che vuole, un avvocato difensore puo’ difendere il proprio assistito adducendo che in qualche modo e’ stato guidato come una marionetta dalla sua componente violenta.
All’ opposto, un politico potrebbe far leva sulla natura violenta dell’ uomo per i suoi diversissimi scopi.
Io penso (si badi, non ho nessuna cognizione scientifica in materia, mi piacerebbe saperne di piu’) che la violenza sia insita in ogni essere umano fin dalla nascita ma non c’e’ un livello standard di violenza, varia da individuo ad individuo, poi ci si mette anche la diversa influenza delle diverse realta’ sociali.
Diverse ricerche neurobiologiche hanno cercato di dare una risposta a questo problema ossia: esiste una natura organica scientificamente riconoscibile della violenza? Non ti cito i vari lavori perché non essendo strettamente il mio campo non li conosco a memoria e dovrei cercarli, tuttavia come per praticamente il 90% dei fenomeni psichici esiste una doppia componente genetica e ambientale. Pertanto si, è vero, esistono delle componenti individuali molto marcate che possono giustificare le differenze individuali.
Per quanto riguarda un discorso più generale su una eventuale caratteristica intrinsecamente violenta dell’uomo, esiste un lavoro abbastanza interessante che sebbene manchi di puntualità in molti passaggi presenta uno spunto molto intelligente. Il titolo dovrebbe essere “Psiche e società”, l’autore se non ricordo male è Cesa-Bianchi.
Essenzialmente l’ipotesi di fondo del lavoro è che la specie homo sapiens, derivi da una storia evolutiva in cui le varie specie che si sono susseguite (dagli australopiteci in poi) presentavano notevoli svantaggi adattativi da diversi punti di vista rispetto agli altri animali presenti nelle savane africane. Tuttavia queste specie sono riuscite a sopravvivere grazie alla capacità di avviare un processo eso-evolutivo (in altri termini una evoluzione culturale) e alla marcata aggressività che permetteva di “reggere il confronto” con specie più “attrezzate” per quell’ambiente. Questi tratti di aggressività permarrebbero anche nell’homo sapiens sapiens moderno.
L’autore propone inoltre che la nascita di regole sociali rigide sia da attribuire proprio alla necessità di dover in qualche modo controllare l’aggressività intra-specifica.
concordo sostanzialmente con l’analisi di Bruno Gualerzi.
che la violenza abbia sempre fatto parte dell’umano agire non significa che essa abbia valore morale.
chi accusa qualcuno di buonismo secondo me è persona che non capisce che è giusto, necessario, e anche alla lunga conveniente che la società propenda sempre e comunque verso soluzioni ragionate e pacifiche alle problematiche che la violenza di gruppi o singoli pone alla civile convivenza.
in altre parole, ritengo che una violenza istituzionalizzata (es. pena di morte) non faccia altro che sdoganare la violenza dei singoli, senza per altro porre rimedio ad alcunchè.
@Manimal
“…che essa abbia valore morale.”
Perche’ questo discorso abbia un senso occorrerebbe che esistesse una morale assoluta,oggettiva e indiscutibile,cosa ovviamente assurda,perche credo che nemmeno tu possa negare che la morale puo’ canbiare radicalmente nel corso del tempo
nella stessa cultura,come pure avere differenze radicali in culture diverse contemporanee.
Un discorso piu’ oggettivo sarebbe chiedersi se in una occasione particolare l’uso della violenza,in una misura anch’essa da stabilire,sia o meno la soluzione migliore in termini di vantaggi e danni,se costituisca in altre parole il male minore.
Se tu ti trovassi ad affrontare un maniaco omicida ( cosa tutt’altro che assurda viste le cronache)armato e piu’ grosso dite, e avessi la fortuna di avere a disposizione un’arma,un’arma mortale e la possibilita di usarla,cosa faresti ?
Perfino la Curia,tanto schizzinosa al giorno d’oggi,concede il diritto alla legittima difesa.
Viceversa ovviamente l’uso di violenza per forzare un debitore insolvente e’ difficilmente accettabile,tanto per fare un altro esempio.
E se passiamo dai rapporti tra individui a quelli tra stati il discorso nella sostanza non cambia.
ok. allora posso affermare che la mia morale attuale mi induce a ripudiare un uso della violenza come soluzione “istituzionalizzata”.
ovvero, è comprensibile (ma non sempre giustificabile) che il cittadino usi la violenza per difendersi (e qui niente di particolare da dire) o per trovare vendetta-giustizia(ahi…), mentre non lo è secondo me quando a farlo è lo stato di diritto.
credo che anche il concetto di “male minore” possa essere relativo e discutibile…
@manimal
Seguendo il tuo discorso, inevitabilmente ,di fronte all’aggressione nazista gli stati europei non avrebbero avuto altra scelta che tentare di “educare l’aggressore” con il
loro esempio di civilta”,come proponeva,dopo la scoppio della guerra,Simone Weil.
(Quella stessa Weil che in seguito,quando le performances dei nazisti furono ben note a tutti,ammise di essersi sbagliata).
Perche ,comunque la rigiri,servirsi di un esercito per opporsi all’aggressione di un altro stato non e’ altro che violenza “istituzionalizzata”,con tutti gli inevitabili “effetti collaterali” ai danni di innocenti che e’ pura utopia pretendere di evitare,il massimo che si puo’ fare e’ tentare di evitare morti inutili, e dico “tentare” perche sarebbe veramente utopistico pretendere di riuscirci al 100%.
Non vedo cosa ci sia di discutibile nel concetto di “male minore”,che viceversa e’ il concetto fondamentale in un’infinita di campi,dalla medicina alla giurisprudenza all’economia.
L’unica,inevitabile discussione vertera soltanto su QUALE sia il male minore,
discussione su cui non ci sara mai unanimita.
Qualunque scelta si faccia ,comunque la rigiri,sara il presunto compromesso migliore tra vantaggi e danni,dato che ti sfido a trovarmi una soluzione “perfetta” in un campo qualsiasi.
A parte ovviamente la morte.
legittima difesa di uno stato dei propri confini: ok.
bombardamenti “intelligenti” in ambiti di operazioni di peace keeping:mica tanto.
invasione di iraq e afghanistan: guerra a tutti gli effetti.
pena di morte: inutile e immorale (ah,già, secondo me…)
diaz e bolzaneto: vergogna di stato.
uso della forza durante un arresto: si se il soggetto mostra di non sottostare alla forza pubblica.
pestaggio del medesimo una volta ammanettato:no
per chiarire come la penso.
sul male minore: hai ragione, è altamente opinabile quale sia, e non il concetto in se.
Bellissimo passaggio, quello di Calvino.
Per quanto riguarda questo articolo devo dire che per me non è chiarissimo. Forse dovrei rileggerlo.
Purtroppo esistono casi estremi in cui a violenza si può rispondere solo con altra violenza. Ma il problema vero sono tutti i casi (che sono la maggioranza) dove si può rispondere con la testa e se cerchi di farlo vieni accusato di buonismo.
Come fare per convincere certe persone ad usare il cervello?
Rispondere con la testa è da persone intelligenti , il “buonismo” è tutta un’altra cosa che io definisco estremamente negativa. Come dicono a Napoli, se si usasse la legge del buon senso, i tribunali sarebbero vuoti ma è anche vero che il buon senso se non è usato da tutti, va a farsi friggere.
Due anni fa, qua a Roma, un carcerato per rapina ebbe dal giudice un permesso di 15 giorni (dopo appena un anno di galera per rapina a mano armata) dopo cinque giorni fu preso mentre faceva una rapina in banca. Per me, lo si doveva prendere, caricare su un aereo e mandare a vita alla Cayenna (ti ricordi Papillon?) .
I buonisti alla veltroni invece sono sempre lì a dire: poverino va capito, ha sbagliato, diamogli un altra possibilità……..no io a questo buonismo deleterio non ci sto. Io voglio la tutela del cittadino onesto.
Nessuna vendetta, nessuna aberrante pena di morte sia ben chiaro ma la severità dello stato nei confronti di chi non sta alle regole, quella la esigo.
Vedi Stefano in parte concordo con te. Il buonismo non ha mai portato da nessuna parte soprattutto se portato agli eccessi che citavi. Però esiste un problema che non sono mai riuscito a risolvere definitivamente: posta come assolutamente prioritaria la tutela del cittadino onesto, chi garantisce quali siano i limiti che separano l’onesto dal disonesto? Forse che sotto il regime fascista fossero da tutelare i regolari iscritti al partito rispetto a chi si ribellò? O che in Iran siano da inviare alla Cayenna le ragazze che vanno in giro con la mini gonna? Non dimentichiamo che l’attuale regime repubblicano democratico è stato costituito in larga parte da soggetti che dal precedente regime politico erano definiti dei banditi…
faber, stai facendo un esempio che non calza: confondi la criminalità con l’ideologia. Io parlavo dell’assassino, del rapinatore, del truffatore, di chi stupra o peggio ancora di chi violenta un bambino. Parlavo di associazioni mafiose, di truffatori, di chi evade il fisco e di chi, preposto ad amministrare il pubblico denaro, lo fa sparire nelle proprie tasche.
Personalmente non proibirei ad un individuo di professare la propria fede. Gli impedirei semmai di offendere i miei sentimenti, visto che io non offendo i suoi. Per cui la separazione tra l’onesto ed il disonesto, come vedi, non è così difficile.
Mi spiace contraddirti ma i principi generali della legislazione non possono e non devono essere basati soltanto sui crimini che tu citi. Fermo restando che l’atteggiamento verso i medesimi non è mai così semplice da interpretare. Prendiamo il caso dell’omicidio. Chi stabilisce i confini della legittima difesa? Chi decide che chi uccide un ladro per sventare un furto sia o meno da spedire alla Cayenna? E poi soprattutto è giusto che l’unico principio che guida la giustizia sia quello della punizione o la rieducazione e il reinserimento devono sempre essere tenuti presenti? E chi stabilisce in quali casi sia giusto attenersi o meno a tale principio? Nel momento in cui il politico di turno che notoriamente si è appropriato di denaro pubblico viene rieletto è giusto o sbagliato punirlo con la massima severità oppure è da ritenere sacro il principio democratico per cui un popolo caprone deve avere un pastore bastonatore? Vedi non ho mai trovato delle risposte completamente esaustive a queste domande. Per questo credo che si tratti di un tema estremamente spinoso.
I temi importanti e seri sono sempre spinosi. Temo dalle tue affermazioni che tu abbia una certa paura decisionale che purtroppo non ci possiamo permettere.
La legge non potrà mai essere perfetta ma deve esistere cercando di avvicinarsi il più possibile alla giustizia “giusta”.
Tra la’altro meglio uno stato con delle leggi imperfette che senza alcuna legge. Ti immagini quale caos?
Mi permetto una piccola variazione allo scritto di Bruno Gualerzi :” la violenza fa parte della natura”, non solo di quella umana.
Per il problema dell’esistenza del male, in accordo con l’idea di un Dio onnipotente, onniscente, perfettamente buono ecc., consiglio la lettura di un libro che lo tratta in modo esaustivo:
La bontà di Dio e il male del mondo: il problema della Teodicea.
Autore- Gherard Streminger
@Bonini
Ammetto senza problemi di non averlo letto e che difficilmente ne avro occasione,ma ho qualche dubbio che un libro possa trattare in modo veramente “esaustivo” un argomento simile,come pure molti altri argomenti ovviamente.
Scusate,avevo dimenticato il tasto “rispondi”.
Per quanto riguarda il problema della Teodicea,se accettiamo l’inesistenza di qualunque Dio onnipotente,onnisciente,onnigeneroso ecc ,tale problema viene risolto con due sole parole :NON ESISTE .
@ Laverdure
In effetti volevo scrivere “quasi esaustivo”, proprio perchè si può ancora dire altro sull’argomento; lo consiglio comunque.
Generalmente la violenza non appartiene ai semplici nella stessa misura che si fa potere e ricade sui semplici.
Accade allora che contro le stesse proprie sofferenze i deboli desiderino pace e non violenza, ma anche ammirino quei forti che violenza fanno e non debbono subirne, par loro, e che detestano i deboli al modo uguale e contrario che i deboli si prostano ad essi.
Infine – gli uni e gli altri – chiamando questo regno dei primi sui secondi “giustizia”.
Questo è anche il paradosso per il quale la bontà, cedendo all’ipocrisia, diviene servitù.
@Massi
E’ anche semplicemente il principio che sta alla base di quella che gli psicologi chiamano “Sindrome di Stoccolma”.
Chi ha la sfortuna di trovarsi,per un periodo prolungato, alla merce di criminali pericolosi sara,salvo rare eccezioni,pronto a qualunque servilismo pur di ingraziarseli e salvare la pelle (e non pretendo certo di criticarlo).
In seguito,salvata la pelle,vorra salvare la faccia non solo davanti agli altri ma anche
davanti a se stesso ( la famosa “autostima”),per cui finira magari per convincere di piu’ se stesso che non gli altri che i sequestratori”non erano persone cattive”,”che mi hanno trattato bene”,” che vorrei rivederli” e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.
“Le parole forte e debole sono equivoche – infatti, come può un solo uomo sottomettere tanti altri suoi simili con la sola forza” ( J.J. Rousseau).
E’ ovvio che la ragione va cercata da qualche altra parte,
a partire dal “nostro” modo di intendere il Potere –
concentrato nelle mani di un sol uomo, anziché diffuso –
così come, tra l’altro, ci inducono a credere i monoteismi.
Secondo me senza la violenza ci saremmo estinti. Ma anche senza la paura e senza la cooperazione.
In natura non esiste il politically correct, ma avere sulle spalle circa cinque milioni di anni di esistenza, come dicono gli antropologi, fa una grande differenza e una grande responsabilità.
La civiltà costa moltissimo ma non possiamo farne a meno. In ogni momento e in ogni tempo siamo e siamo stati chiamati sia individualmente che collettivamente a sostenerla ed a attuarla.
Altra cosa è pretendere di avere la verità in tasca e di possedere delle regole uniche che dovrebbero andare bene per tutti, cioè di pretendere il privilegio di definire una morale valida sempre da imporre a tutti con qualsiasi mezzo.
La realtà è continua trasformazione. Questa è la nostra speranza.
Ad Halftrack,
piu’ che giusto, aggiungo che l’ uso della violenza da parte dello Stato mi sembra inversamente proporzionale al grado di acculturazione (aaaargh! Che brutto termine! ) della sua popolazione; Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda ed all’ opposto paesi africani, Messico stanno li’ a dimostrarci quanto il grado di istruzione sia necessario per un generale benessere economico/intellettuale e di conseguenza quanto si e’ disposti a tollerare l’ uso della forza da parte dello Stato, ovviamente ci sono eccezioni come l’ Arabia Saudita, ma li’ c’ e’ una certa zavorra religiosa, chettelodicoaffa’.
Ah, sara’ una coincidenza, ma l’ halftrack non era un famoso semicingolato USA?
@Manfredi
Daccordo sul resto,ma vorrei che chiarissi in che modo L’Arabia costittuisce un’eccezione.
Per inciso Halftrack in inglese significa appunto “semicingolato”,di qualunque nazionalita,anche i tedeschi li usavano.
Solo un intervento interlocutorio per rispondere all’inevitabile riferimento alla ritardata reazione all’aggressività nazista nell’illusione di poter ancora neutralizzarla pacificamente. Dico inevitabile perchè ogni volta che si parla di pacifismo subito si tira in ballo l’assoluta necessità della risposta armata a Hitler, perchè altrimenti ecc. ecc.. Scusate, ma qui il pacifismo – almeno per come l’intendo io – c’entra ben poco. Che bisognasse rispondere con la forza al nazismo a quel punto, per chi aveva capito cosa c’era veramente in ballo, era l’unica scelta possibile… il problema è capire il perchè dell’ascesa di Hitler, perchè si era arrivati a quel punto di non ritorno. Fra le tantissime cause di questa ascesa credo… senza bisogno di risalire ad Adamo ed Eva… che ce ne sia una fondamentale: la 1°GM!. Questa sì che era evitabile… e quei pochi pacifisti che si opposero – tra l’altro anch’essi con le idee non sempre chiare – furono comunque messi subito da parte, e di fronte ai vari nazionalismi anche la 2° Internazionale si sciolse come neve al sole e tutti rientrarono nei ranghi pronti a difendere i sacri confini delle varie patrie. Come, per esempio, il ‘socialista massimalista’ Benito Mussolini.
Per non farla troppo lunga: in Italia, gli sconquassi della guerra, pur ‘vittoriosa’, portarono alla nascita del fascismo; in Germania, la sconfitta aggravata dai debiti di guerra imposta dai vincitori e poi la crisi del ’29 resero possibile l’ascesa di Hitler. Naturalmente assieme a tante altre cause… ma credo che la principale, almeno per il consenso che riuscì a raccogliere Hitler, sia da ricercare proprio nelle conseguenze della 1°GM.
Questo per dire che o il pacifismo serve perchè non si creino certe situazioni, oppure è chiaro che ‘dopo’ bisogna reagire con le stesse armi degli aggressori per non soccombere.
Naturalmente ci sarebbero da dire tante altre cose anche solo per rimanere alla 2°GM, ma ne richiamo solo una: quella guerra… come del resto tutte le guerre… per quanto assolutamente necessaria… o forse proprio per questo… non ha risolto nulla in termini di violenza, nonostante che, di fronte all’orribile carneficina che ha comportato, tutti nell’immediato sembrarono concordare sul “Mai più guerre! Questa deve essere l’ultima!”
Come infatti si è visto…
A Bruno,
riguardo la tua ultima frase, cinicamente penso che invece la II g.m. sia servita se non altro ai grandi attori europei a non scannarsi fra di loro (mi riferisco a Germania, Regno Unito, Francia, Italia), dalle macerie sono nate l’ Onu, la Nato, la Ceca che poi ha portato alla nostra Ue, e il Giappone si e’ convinto che invece di costruir portaerei si guadagna di piu’ a vendere suzuky.
Beh certo, c’e’ poi chi ci ha perso, nel paradiso sovietico le cose non erano tanto allegre.
E’ poi dalla fine della 2gm che le grandi potenze mondiali non sono riuscite piu’ a permettersi le colonie.
@ Manfredi
Domanda: dopo la 2°GM la violenza, è diminuita o aumentata? La situazione mondiale è migliorata o peggiorata da questo punto di vista? Certo, se invece della violenza – come ho fatto io – si prendono in considerazione altri parametri, il giudizio può essere diverso. A me questo della violenza, del punto a cui è arrivata e delle conseguenze inedite che può provocare, nonstante tutti i conclamati progressi della civiltà, mi sembra il più decisivo. E naturalmente su questo, alla luce dei tanti commenti, il tuo compreso, ritornerò.
(Non vorrei impostare la questione su questo piano… ma basterebbe constatare – per non parlare d’altro – cosa è successo e sta succedendo a proposito dello stato di Israele, indubbia conseguenza della 2°GM. Senza entrare nel merito, sia ben chiaro)
scusate la mia rimembranza un pò OT, ma durante il processo a luigi XVI° mentre girondini e moderati tentavano di salvare il re Robespierre tuonò durante l’arringa “cittadini volete forse una rivoluzione senza rivoluzione? ebbene il re deve morire o la repubblica rimmarrà una chimera” 😀 e così è andata.
se si vuole conquistare la libertà, o qualcosa di simile, bisogna prima spazzar via chi vorrebbe vederci schiavi.
il resto è solo buonismo inutile.
Infatti, dopo tante ‘spazzature’ viviamo in un nondo finalmente senza sfruttati e sfruttatori, senza servi e senza padroni. Soprattutto finalmente liberi e con davanti un futuro pieni di promesse…
In “un mondo che vediamo da rovescio” il problema è che ogni potere pensa di essere migliore dell’altro, affermandosi sopra l’altro; dove, invece, non ci sono poteri buoni.
E la dove gia l’essere “migliori degli altri”, dall’individuo in poi, è una presunzione (la più diffusa) mossa da egoismo.
naturalmente non possiamo estendere il concetto di civiltà, difficile di per se, a tutto il mondo.
non dobbiamo dimenticare mai che i 3/4 dell’umanità non riesce nemmeno a mangiare una volta al giorno.
c’è ancora tanto da fare, ma se la nostra specie saprà rinunciare alla superstizione, al mito, alle religioni per esorcizzare paure ridicole ma antiche e presenti come la morte, il dolore e la questione millenaria dell “aldilà”, applicando una politica demografica ad hoc e enendo obbligatorio almeno un certo grado d’istruzione per tutti, in un paio di secoli potremo salvare sia la nostra specie che questo povero pianeta che stiamo lentamente uccidendo.
@Massi
“E la dove gia l’essere “migliori degli altri”, dall’individuo in poi, è una presunzione …”
Mi ricorda il famoso principio secondo il quale la presunzione di essere sani di mente e’ un sintomo di pazzia.
Ma se uno e’ VERAMENTE sano di mente cosa deve credere,di essere un demente ?
Tutto questo ci porta al celeberrimo COMMA 22.
Domanda maliziosa:ti ritieni migliore di Hitler,di Pol Pot o di Pacciani ,oppure no ?
@ Laverdure,
e perché non simile a quello che mi sta accanto?
Razionalità significa ‘secondo misura’, mentre, invece quegli uomini che tu citi, al di la della loro pazia, rovesciando il discorso, sono stati fatti potenti dai troppi che hanno creduto nella loro potenza – questa è la vera pazia collettiva che, indisturbata, si pone e ritorna.
In questo modo, sono gli appetiti più grandi ad andare al potere.
…mentre i preti raccomandano pazienza a chi paziente lo è già per estrazione sociale.
La ragione a cui il prof. Gualerzi fa appello per attutire l’impatto del male nella vita umana è un’arma a doppio taglio. La modernità si autoglorifica per i benefici che la tecnologia, mossa dal sagace uso della ragione, ha arrecato all’umanità ( occidentale ). A parte il fatto che la manipolazione della natura nei suoi recessi più intimi ha portato a fenomeni da “apprendista stregone” e da Icaro ( bomba atomica, inquinamento e quant’altro ) c’è da aggiungere che la ragione ha mostrato all’uomo in quale “depresso loco” ( espressione leopardiana ) si trovi: il pianeta è una piccola astronave, con spazio e risorse limitate in un universo sordo e “catastrofico”: big bang, buchi neri, crolli stellari… Per cui il fatto che la si possa definire “l’aiuola che ci fa tanto feroci” dovrebbe essere pacifico; invece si pretende che vi regni “naturalmente” la pace. Se Darwin ha ragione, se ne deve dedurre che lo stato normale dei viventi sulla terra non è la pace, ma la guerra, tra individui o tra gruppi. Eppure credere alla possibilità di un'”età dell’oro” e perfino alla doverosità dell’impegno per realizzarla è un’esigenza insopprimibile dell’uomo.
Lo sport preferito in questo blog è il sarcasmo contro la religione; eppure la ricerca religiosa rappresenta l’istanza più logica e realistica. Quando si hanno occhi per vedere e cervello per ragionare si constata che l’umanità ( anzi per me l’intero mondo dei viventi in dimensione cosmica ) è in fondo a un pozzo; perchè mai dovrebbe essere illogico cercare di scoprire gli eventuali segni dell’arrivo o della presenza “incoativa” di una forza che possa tirar fuori i viventi dal loro pozzo nero? Chi è nel dirupo fa male a cercare i asegni dell’arrivo dell’elicottero salvatore?
L’istanza cristiana è molto più realistica di quella laicista appunto perchè di fronte a un universo frantumato e marcio promette “cieli nuovi e terra nuova”. Meno di tanto non occorre per avere la pace vera, completa e universale.
Qual è la differenza fra “carità” cristiana e buonismo? I buonisti
( diciamo stile hippy ) credono che basti la buona volontà degli uomini per donare al mondo pace e benessere: buona volontà che non si riesce mai ad estrarre completa, come sarebbe necessario ( altrimenti l’unico rimasto lupo se la godrebbe in mezzo alle pecore ); i cristiani credono di potere e dovere fare qualcosa, anzi molto, anzi moltissimo, ma sono convinti che a vincere la partita risolutiva sia Qualcun altro.
Florenskij, lei e’ un grande umorista.
“(…) i cristiani credono di potere e dovere fare qualcosa, anzi molto, anzi moltissimo, ma sono convinti che a vincere la partita risolutiva sia Qualcun altro”
Questo ‘Qualcun altro’ ci farà sì vincere la partita risolutiva… ma nell’aldilà. Non disdegando nel frattempo di farci mettere ‘in nome suo’ – qualunque cosa sia ciò che viene nascosto sotto questo ‘nome’ – gli uni contro gli altri. Del resto, per un credente, dove si vivrà finalmente in pace? Non certo su questa terra… e quindi dove?
esatto.
ciò che ho scritto io nel commento qui sotto 😉
l’istanza cristiana, paragonabile ad altre di religioni diverse, promette ciò che non potrà mai mantenere nel mondo reale.
si limita a promettere appunto terre verdi e cieli blu DOPO la morte fisica del corpo, un antico trucco per temere buona la gente, riepiendogli prima la testa di paure terribili quanto ridicole (la punizione eterna, l’inferno, il fuoco eterno) e nel contempo spremere le loro tasche per mantenere migliaia di gonnelloni nullafacenti.
è storia vecchia.
l’istanza laicista è realismo allo stato puro, si occupa dei CORPI e non delle ANIME, dal greco ànemos (vento) come dire il nulla, e nega a priori ogni esistenza dopo la morte, o sospende il giudizio su un argomento di cui nessun uomo potrà mai sapere nulla di preciso, e in buona sostanza non interessa nessuno, escluso chi per proprio tornaconto vorrebbe vivere per sempre in un mondo di pecore ignoranti, e paganti l’obolo ai preti (dio è il denaro, in fin dei conti).
@ Florenskij
“La ragione a cui il prof. Gualerzi fa appello per attutire l’impatto del male nella vita umana è un’arma a doppio taglio. La modernità si autoglorifica per i benefici che la tecnologia, mossa dal sagace uso della ragione, ha arrecato all’umanità ( occidentale ) ecc. ecc.”
Prego, rileggiti (o leggi per la prima volta) quanto ho scritto a partire da “Da un lato si carica la ragione di poteri che non ha…” con quel che segue.
“Lo sport preferito in questo blog è il sarcasmo contro la religione; eppure la ricerca religiosa rappresenta l’istanza più logica e realistica.”
No, nella religione di logica e realismo ce n’è davvero molto poco.
Qui poi occorre fare la solita distinzione tra cristiani (evangelici) e cattolici (romani) per cominciare almeno a ragionare di religione.
Altrimenti risulta solo una confusione generalistica riempitiva senza un orientamento.
Essere cristiani è una cosa, essere cattolici tutta un’altra.
Comunque le religioni non hanno mai risolto un bel nulla, al massimo hanno accentuato l’irrazionalità, e con essa la disperazione, la superbia, spesso la follia (come il cattolicesimo con Hitler e Mussolini, Franco, Salazar, Pinochet, Pol Pot, Stepinac, eccetera).
I problemi si affrontano con il raziocinio, l’obbiettività, la programmazione, la conoscenza, il metodo scientifico, eccetera, altrimenti si rinuncia ad affrontarli e si lascia che li risolva un dio o chi per lui, e in quei casi di solito quel dio sbaglia e le cose vanno male, perché vince un’altro dio, più bravo di quello che si reputava superiore.
Florenskij, la religione ci ha portato a questa sovrappopolazione, con tanto di inquinamento da te citato, mentre le ideologie, figlie della religione, ci hanno portato a costruire e usare bombe atomiche.
Se mai possiamo avere una speranza di uscire da questa devastazione, dobbiamo ricorrere a quella ragione(volezza) che ci intima si smettere di figliare come conigli e che ci può fornire soluzioni tecniche per gestire le risorse naturali in modo più produttivo e pulito.
Certo, non è improbabile che l’umanità decida risolvere i suoi guai scannandosi; significherebbe che hanno vinto l’istinto e l’irriflessività, cioè le fonti di tutte le religioni.
Rimanendo nella metafora del dirupo e dell’elicottero: noi siamo come quelli caduti nel dirupo secoli fa, quando non c’erano elicotteri. O ci tiriamo fuori da soli o possiamo aspettare il Rokh di Sinbad e nel frattempo morire per inedia.
Soltanto mescolando insieme le parole a caso puoi sostenere che la ragione ha fatto il danno e la religione può aggiustarlo. E’ esattamente il contrario.
@Flo’
Soprassediamo un attimo sulla squallida base emotiva, di pancia, del tuo discorso.
Ti rendi conto o no che dire pane al pane che sono poco meno che inutile e poi tanto alla fine ci sarà letteralmente un povero Cristo che finirà il lavoro che dovevo fare io è il peggior modo di motivare una persona?
“….La violenza è ineliminabile perchè fa parte della natura umana. Bene, credo che questo sia quanto di più autolesionista – irrazionale perchè autolesionista (qui sì che si dovrebbe parlare di rinuncia, di fatalismo, di irrealismo) – si possa affermare: non tanto naturalmente perchè la violenza non sia riscontrabile nei comportamenti umani, figuriamoci, ma perchè, sulla base di questa constatazione, di fronte a questo ‘male’, se ne deduce che c’è ben poco da fare, che non si può andare ‘contro natura’, per cui in definitiva bisogna smettere di ritenerla un male….”
Quoto tutto. Non sopporto il fatalismo rassegnato e rinunciatario.
Per quanto mi riguarda, concepisco la violenza solo ed esclusivamente e tassativamente come LEGITTIMA DIFESA, propria o altrui, come extrema ratio. Casi diversi da questo in cui la violenza sia ammissibile non riesco a vederne nè a immaginarne.
Il primo paragrafo dell’intervento di Florenskij l’ho trovato senza scherzi molto bello: una fotografia veritiera dell’esistente. Purtroppo poi ha deragliato …
Ma per venire alla grande questione posta da Bruno: l’aggressività è innata o acquisita? Probabilmente è innata ma anche acquisita o favorita dalle circostanze. Da giovane mi piacque immensamente “Il cosiddetto male” di Konrad Lorenz che era per il carattere innato dell’aggressività: l’aggressività è un potenziale che serve alla sopravvivenza, serve per difendersi e per procurarsi le risorse per vivere. Ma è indubbio che le circostanze possono far aumentare l’aggressività (già Aristotele aveva notato una maggiore aggressività dei ratti in relazione al loro numero).
In teoria si potrebbe intervenire sui due versanti: modificare il patrimonio genetico dell’uomo perché sia meno aggressivo (è quanto propone per es. il filosofo Sloterdijk) e / o creare le condizioni perché l’aggressività si mantenga a livelli accettabili.
È chiaro che intervenire sul patrimonio genetico è questione delicatissima. D’altra parte l’umanità investe somme pazzesche nell’educazione – per civilizzare l’uomo, ridurne l’aggressività – con scarsi risultati.
Sarebbe probabilmente più facile intervenire sulle cause esterne dell’aggressività, cioè sugli spazi e e le risorse. Purtroppo gli spazi si riducono sempre di più (presto saremo 10 miliardi di sardine) e le risorse scarseggiano (si fanno e si preparano altre guerre per assicurarsi il petrolio che resta e presto anche l’acqua da bere).
Una domanda. Sappiamo che senza petrolio la sopravvivenza degli attuali 7 miliardi di esseri umani non sarebbe possibile. Il petrolio non è solo la linfa dell’economia, noi mangiamo letteralmente petrolio (senza petrolio non potremmo garantire l’approvvigionamento alimentare delle nostre popolazioni).
Bene. Di chi è il petrolio della Terra senza il quale non possiamo più vivere? Dell’Arabia Saudita, della Russia, della Libia, dell’Iraq ecc.?
È immaginabile di spartire equamente questo petrolio fra tutti i popoli?
Non gradirei rimandi a Platone, Kant, Hegel, Tommaso d’Aquino.
La banalità del male, ovvero la violenza praticata con leggeressa, muove dallo stato di potenza, per la certezza di chi fa il male di non subire il male.
Dunque il suo contrario non è una “potenza migliore delle altre” ma l’equilibrio tra potenze, financo individuali (ovvero potenzialità).
“Secondo me senza la violenza ci saremmo estinti. Ma anche senza la paura e senza la cooperazione.
In natura non esiste il politically correct, ma avere sulle spalle circa cinque milioni di anni di esistenza, come dicono gli antropologi, fa una grande differenza e una grande responsabilità.
La civiltà costa moltissimo ma non possiamo farne a meno. In ogni momento e in ogni tempo siamo e siamo stati chiamati sia individualmente che collettivamente a sostenerla ed a attuarla.”
Mi rifaccio a questa affermazione, riportata dal commento di Halftrack più sopra, perchè illustra perfettamente proprio il dato su cui intendevo inetrvenire col mio intervento.
Senza violenza, si dice, ci saremmo estinti. Intanto, proprio perchè in natura non esiste il ‘politically correct’ (altro tabù da affiancare al ‘buonismo’), l’estinzione di una specie è ‘normale’, e prima o poi accadrà anche per la specie umana. E, da questo punto di vista poco importa che avvenga per autoestinzione (pare che sia accaduto già per altre specie) o seguendo, per così dire, ‘tempi naturali’. Ma la domanda, la ‘mia’ domanda, è: non dal punto di vista della natura, ma dal punto di vista dell’uomo… E DI OGNI SINGOLO UOMO, L’UNICO UOMO REALMENTE ESISTENTE FIN CHE VIVE COME INDIVIDUO, NON DAL PUNTO DI VISTA DELL’UMANITA’, CHE E’ UN’ASTRAZIONE (scusate l’enfasi grafica, ma non ho altro modo per sottolineare questo passaggio per me fondamentale), si può parlare davvero di civiltà? Di progresso? Se si continua a vivere in questa precarietà dovuta alla violenza… condizione che non è mutata, anzi a mio parere si è aggravata, dall’ipotetico inizio di questa civiltà… e precarietà di cui l’uomo ha perfettamente coscienza… perchè la si dovrebbe accettare fatalisticamente? E continuare a parlare di vittime necessarie per il progresso, non è un ossimoro? Se ci sono vittime, dal punto di vista di queste vittime… che potremmo sempre essere ciascuno di noi… che progresso c’è stato? E perchè distruggere con le proprie mani tutte le grandi conquiste che l’ingegno umano ha conseguito creando le condizioni per un miglioramento della vita di ogni uomo su questo pianeta, vanificando queste conquiste in ‘omaggio’ ad una violenza che si considera inseparabile dalla condizione umana?
E veniamo al punto, che poi è ciò che giustifica a mio parere la collocazione di questa riflessione su un blog UAAR: non è accettando fatalisticamente questa situazione che prosperano le religioni? Che si parli di ‘colpa’ dovuta alla ribellione contro qualche divinità che marchia indelebilemnte l’uomo ‘storico’, o di ‘colpa’ dovuta alla natura, non si tratta della rinuncia ad utilizzare ‘per’ l’uomo e non – come spesso è accaduto e accade – ‘contro’ l’uomo… ripeto, ogni uomo come individuo irripetibile… quello strumento di cui l’evoluzione ci ha dotato, cioè la razionalità? Da ateo, quale VITA che non sia quella che vive ogni singolo individuo fin che vive, dovrei salvaguardare? Certamente ognuno la può sempre consapevolmente sacrificare per venire in aiuto ai propri simili… ma non si può accettare che questo sia necessario!!!
concordo.
trovo che una società per definirsi veramente civile, debba tendere a salvaguardare non solamente gli interessi collettivi, ma soprattutto l’incolumità (ed i diritti) del singolo cittadino.
non che ritenga che questo sia facilmente realizzabile, anzi, probabilmente è utopico, ma credo che debba essere valore morale irrinunciabile a cui educare i cittadini sempre e comunque.
da cui discende, secondo me il valore assoluto di una buona educazione civica che purtroppo, secondo me,latita sempre più nel nostro paese.
il rischio altrimenti è quello di avere oppressioni di singoli o minoranze giustificate e moralmente accettate come “male minore”.
Un contributo…
“Gli individui sono spariti dinanzi alle masse, dicono elegantemente i pensatori moderni.
Il che vuol dire ch’è inutile che l’individuo si prende nessun incomodo […] Lasci fare alle masse; le quali cosa siano per fare senza individui, desidero e spero che melo spieghino gl’intendenti d’individui e di masse, che oggi illuminani il mondo” (Giacomo Leopardi – Operette morali – Dialogo di Tristano e di un amico).
Il problema sta nelle menti umane: si come, per associazione di idee, di due cose se ne fa una e gli si da un sol nome (generalmente, quello di ciò che conosciamo meglio e ci piace di più), di molte cose e proprietà ne facciamo una per poi attribuire “il tutto” ad uno soltanto.
E c’è persino chi questo modo: senzaltro utile e comune a ciscuno di noi per poter intendere tutto ciò che ci circonda nel modo più semplice e personale possibile, sostituendolo alle cose per loro medesimo ed a ciascun altro da sé, per sé medesimo, è disposto a chiamarlo “Verità”.
… con gran lustro de’ preti e de’ filosofi.
Bruno, a volte anche io inveisco contro il buonismo,ma quando vedo che è un ‘ipocrita finzione in cui i deboli non devono far ricorso alla violenza mentre chi comanda ne ha tutto il diritto, e lo fa spesso in modo nascosto, dal mio punto di vista alzare l’età pensionistica, precarizzare il lavoro,massacrare l’ambiente compromettendo la sopravvivenza della biosfera è violenza bella e buona, magari un pò più furba e vigliacca di quella armata,e spesso ne è la causa remota o efficiente.Certo quando vedo che nonostante 70 anni di deportazioni ,fucilazioni , sacrifici inerrabili etc. il prodotto dei paesi dell’est è stato una nuova mafia,ed un umanità ossessionata solo dai soldi e dal tentativo di imitare il nostro stile di vita basato sulla mercificazione di ogni cosa, mi chiedo se tanta lotta sanguinosa è servita a niente e posso darti ragione. Per quel che dice Florenskji vorrei ricordare che la violenza si è fatta non solo nonostante Dio, ma addirittura in suo nome cioè grazie a lui. Insomma Dio e compagnia bella non sono valsi e non valranno a frenare la libidine di distruzione che vive nell’animo umano.Inoltre penso che l’attuale spirito pacifico che alberga nei nostri paesi è il risultato di una mancanza di drammaticità, ma temo che un panorama catastrofico,che vedo molto probabile, scatenerebbe la vecchia bestia assassina.
Il “politically correct” è ormai esagerare con la correttezza fino a vedere mostri dove non ce ne sono (e “dimenticare” quelli che ci sono). Io voglio poter dire che la politica di Israele mi fa schifo, che considero il sionismo una iattura senza essere accusata di antisemitismo, voglio poter dire che l’immigrazione porta problemi giganteschi senza essere accusata di razzismo. Ma vi rendete conto di quanto può essere ricattatorio il p.c.? E nominalista? (consiglio come antidoto Sasha Baron Cohen).
Quanto al buonismo – riguardo al quale quoto Grassino – non è che la parodia della “bontà” parola ormai così desueta da far pensare che sia sparito il corrispondente atteggiamento. Bontà è anche dire dei no, è anche severità (altra parola scomparsa), pur nel rispetto e nell’empatia, ed è tutto fuorchè bolsa. Personalmente sono strastufa dei vari “poverino” applicati spesso a sproposito e agogno al ritorno di qualche forma di responsabilità individuale che sarebbe anche ora.
Sui partigiani: mio padre lo era, e proprio in E-R. Non credo che nessuno del suo battaglione si ponesse il problema di essere nel giusto: lo “sapevano”. Tutti i suoi compagni che ho conosciuto (i superstiti) portavano incisi nella carne e/o nella mente torture e angherie dei nazi-fasci, l’orrore della guerra in Jugoslavia, parenti deportati e varie amenità. No, non credo proprio che riflettessero molto sulle loro ragioni.