Su Repubblica di ieri abbiamo avuto modo di leggere un’intera pagina che Giancarlo Bosetti ha dedicato ai “nuovi atei”. Che sarebbero radicalmente diversi dai “nuovi atei” che pure erano nuovi soltanto cinque anni fa.
Bosetti non è uno sprovveduto, anzi. Semmai pecca di approssimazione, visto che se la prende con Dawkins citando male il titolo del suo libro (L’illusione di Dio, e non La delusione di Dio come traduce il giornalista). È del resto evidente che le sue categorie di pensiero non coincidono con le nostre: anni fa, contro gli (allora) nuovi atei scrisse un libro intitolato Il fallimento dei laici furiosi. Come stanno perdendo la scommessa contro Dio. In realtà il furioso (anti-laico) sembrava soprattutto lui, visto che persino il suo editore Eugenio Scalfari gli fece giustamente le pulci. Ieri se l’è presa con “gli atei evangelici antireligiosi” per esaltare invece “i filosofi senza fede non arrabbiati con Dio”. Che nel lungo articolo si riducono però soltanto a due, presentati sul sito Uaar già da diversi anni: Julian Baggini e Alain de Botton.
Il principale aspetto che Bosetti non considera è il pluralismo interno al mondo ateo. E questo lo porta a una falsa e facile dicotomia tra gli atei “buoni” e quelli “cattivi”, senza considerare che spesso queste due categorie si incontrano, dibattono e convergono su alcuni punti pur divergendo su altri. Tra gli intellettuali non credenti c’è di tutto, dagli atei devoti all’anticlericale fanatico, con infinite sfumature intermedie, tante quanti sono gli atei. Ed è così da sempre, dal tiranno ateniese Crizia che, da incredulo, riteneva che la religione (e soprattutto l’uso della stessa) fosse funzionale al mantenimento dell’ordine, a Teodoro l’Ateo, proscritto da Atene proprio per mantenervi l’ordine. Che Dawkins e Baggini non la pensino allo stesso modo è la scoperta dell’acqua calda. Guarda caso, sono però entrambi distinguished supporters della British Humanist Association. Ovvero l’associazione che proprio Bosetti cita, perché “ai nostri giorni promuove non gare verbali sulla esistenza di Dio, ma la sua offerta educativa e riti e servizi (matrimoni, funerali, «battesimi») in competizione con quelli religiosi e con officianti non credenti”.
La circostanza divertente è che la Bha queste attività le svolge da decenni. Tra l’altro sono attività che, tra le tante che svolge, anche l’Uaar propone. Nulla di nuovo sotto il cielo vuoto di dèi, dunque. L’articolo di Bosetti sembra avere semmai un altro scopo: quello di troncare e sopire, di non disturbare il manovratore che continua a fare dei privilegi alla Chiesa cattolica un architrave del regime politico italiano. In poche parole, un ragionamento funzionale a mantenere l’ordine. Il vecchio Crizia, riteniamo, lo sottoscriverebbe appieno dall’inizio alla fine.
La redazione
mi chiedo se Bosetti abbia mai letto l’ Illusione di Dio
non aver nemmeno capito il titolo la dice lunga
Oltre che essere letto male, dal punto di vista di uno che non ne sa niente il titolo può anche essere variamente interpretato; esempi:
1) “La gente si illude dell’esistenza di Dio”
2) “La gente si illude sulla natura di Dio”
3) “Dio si è illuso di qualcosa (che qui riveliamo)”
4) “L’uomo è l’illusione di Dio”
…
n) eccetera… 😉
Per non parlare delle possibili interpretazioni, più o meno logiche, della versione errata “La delusione di Dio”:
1) “La gente è delusa di Dio”
2) “Dio è deluso della gente”
3) “Dio è deluso di qualcosa (che qui riveliamo)”
4) “Dio e l’uomo: storia di un rapporto deludente”
…
n) eccetera…
Ma il titolo corretto del libro di Dawkins non è “The God Delusion”?
In che senso il titolo sarebbe stato mal tradotto?
“(L’illusione di Dio, e non La delusione di Dio come traduce il giornalista)”
Delusion è un false friend. La traduzione corretta è, appunto, illusione. Poi, a seconda dei contesti, può significare anche “delirio”, “allucinazione”.
Sulla rete si può trovare anche l’opzione “delusione”, ma ciò non rispetta l’accezione corrente e dominante che il termine in inglese ha. Infatti, i vocabolari storici non suggeriscono una traduzione del genere. Almeno, il mio non lo fa.
Tuttavia, se vogliamo dare validità alla scelta di usare “delusione”, lo possiamo pure fare, anche se è naturalmente una scelta infelice, per un titolo e per la comune comprensione.
Essendo la delusione il sentimento che si prova quando una nostra aspettativa non viene soddisfatta, e visto che l’aspettativa su Dio – che, si ipotizza, viene a mancare – non è il risultato dell’azione deliberata di qualcuno (bensì solo il frutto di una nostra interpretazione di qualcosa che ci piacerebbe fosse ma non è), quando questo accade, dicevo, significa che la nostra delusione è la diretta conseguenza di una nostra idea infondata. Un’illusione, appunto.
Diamine, come sono palloso.
Il mio Ragazzini 2007 alla voce
Delusion: 1 inganno; illusione – 2 fissazione; mania (es. ha manie di grandezza: tralascio la traduzione in inglese) – 3 (psic.) delirio (mentale)
Ho riportato esattamente anche se non posso usare, perché non so, caratteri diversi per distinguere le mie parole da quelle del dizionario : le mie sono solo “tralascio la traduzione in inglese”.
Quindi Marcoz ha ragione.
a Bosetti, delusione si dice disappointment in inglese, non delusion … ma come traduci. Ma perchè i giornalisti italiani non sanno l’inglese?
per lo stesso motivo che non tutti i giornalisti inglesi sanno l’italiano, il discorso è: ma perche tentando di tradure quando sanno di non sapere una lingua.
Mi domando anche perché tradurre stentatamente dall’inglese
il titolo di un libro già tradotto in italiano…
Che, fosse anche stato mal tradotto, è comunque quello ufficiale in Italia.
@Diocleziano
Lo ha fatto di proposito…Se ci fosse un cattolico italiano eventualmente interessato al libro, fornendogli un tiolo sbagliato si perderebbe in libreria e rinuncerebbe all’acquasto. 😆
Alla fine è sempre la vecchia storia.
Secoli fa l’unico ateo buono era un ateo morto.
Ora, non potendo più metterti le mani addosso, l’unico ateo buono è l’ateo baciapile, colui che chiude un occhio sugli intrallazzi della chiesa e passa tutto il tempo a dire quanto sarebbe bello avere fede, dono che purtroppo lui non ha.
Tipo Ferrara o Cacciari !!
🙂
Ferrara è cattolico. Cacciari non è un baciapile. Ricordo all’elezione di Francesco, ad una trasmissione TV, quando rise in faccia ad un teologo che aveva cominciato a parlare di spirito santo. Diciamo che è molto disincantato e h una concezione realista della politica
Dawkins è un grande però, diciamolo, quella cravatta non si può vedere
Sì, ma ormai è un classico.
Mi stai diludendo, Bosetti, mi stai diludendo! Sei la dilusione più disillusa delle mie illusioni disilluse di diludendo!
🙂
E meno male che non ha tradotto con “diluizione”! 😉
Subito dopo lo scatto della fotografia avviene un fatto increscioso:
Williams: Ahi, ahi, che dolore, che dolore!
Dawkins: Presto chiamate un medico, presto!
Un credente: Ma cos’è tutto sto scompiglio?
Suo figlio: Ho dato un calcio nelle palle a Dawkins.
Un credente: Bravo figliuolo, gli atei sono gentaglia ma come hai fatto a riconoscerlo se non l’avevi mai visto?
Suo figlio: E’ stato facile, l’ho riconosciuto subito, si vedeva che era una ateo vile e schifoso, aveva lo sguardo e le sopracciglia sataniche, un abito tutto nero e portava un cadavere appeso al collo.
Un credente: Porca miseria presto andiamo via , andiamo via!
Suo figlio: Perchè papà?
Un credente: Poi te lo spiego, poi te lo spiego!
Fantastica!!
Effettivamente ha un’aspetto diavolesco.
L’ ateo CATTIVO è quello che non crede in Dio e non vuole mantenere i preti, l ateo buono è quello che non crede in Dio ma paga i preti perchè preghino affinchè Dio gli faccia trovare la fede !
🙂
Come Citati e Scalfari e Borsetti, mi sembra che con gli anni alcuni intellettuali tirino i remi in barca (orrida metafora) e arrivino ad un patteggiamento col loro razionalismo: cosa ci sia dopo (ma perché dovrebbe esserci un dopo?) non si sa. Non mi costa niente lasciarmi una porta aperta.
Questo atteggiamento non è tipico solo di alcuni intellettuali ma di molte persone. La chiesa gioca su questo fatto con la famosa frase: “tanto tornerete da noi”. Dobbiamo a questo punto chiarire un equivoco: la paura della morte che esiste sempre in noi, specialmente se arrivi oltre i novanta anni di età ed in maniera lucida, diventa terrore nell’essere umano.
Ritengo che a quel punto, non si possa giudicare come libera scelta il lasciarsi una porta aperta, proprio perché si ha la stessa reazione del condannato a morte poco prima di salire sul patibolo.
Vedano i signori sacerdoti di non fare tanto i furbi, con questi giochetti miserabili e da quattro soldi.
Certo, ma solo per alcuni esseri umani (non tutti) la sola idea di morire fa paura, ed è significativa la correlazione con l’età: tra i più entusiasti cultori dell’eutanasia ci sono molti giovani. Altri esseri umani, forse più incoscienti, hanno sviluppato piuttosto la sensazione di uno spettacolo che poi finisce, come un film o un’opera, e non per questo fa paura. Anzi, a volte, se l’opera è stata mediocre, si aspetta solo l’applauso finale quando cala il sipario. Nel caso specifico è un po’ penoso constatare come la discreta lucidità precedente mostrata da alcuni intellettuali si appanni.
I soliti stereotipi che dipingono gli atei e i laici in generale come persone che devono essere indifferenti agli affari della religione, ingerenze comprese, mentre loro devono mettere parola su ogni cosa. È un modo come un altro per negare il diritto di espressione di chi non la pensa come loro. E, naturalmente, chi esce dal loro stereotipo viene delegittimato, denigrato, insultato, demonizzato e via dicendo.
I prepotenti sono sempre persone così infantili…
Infantili ma soprattutto, aggiungerei un altra parolaccia che qui non voglio dire, ma che avrai certamente compreso.
Atei “nuovi” e atei “vecchi”…. si può parlare di dissociazione in questo caso secondo voi?
http://archivio.panorama.it/Non-ci-sono-piu-gli-atei-di-una-volta
atei atei atei… quanti atei ci sono?
esclusivi o “parziali”?
A proposito di “atei parziali”.
Una mia amica (veramente non so se posso ancora considerarla amica, poiché non mi parla più da mesi), dopo circa 20 anni che la sapevo non interessata alla religione, un giorno dell’anno scorso mi disse, stupendomi orribilmente: “Veramente non mi definirei del tutto atea…”. Lì per lì mi rifiutai di prenderla sul serio, e le risposi ironicamente: “Vuoi dire che credi in un po’ meno di un dio?”.
Poi lei (per motivi che non mi volle dire mai, ma avendo comunque “chiaro” che “la fede non si raggiunge con la ragione”; mi disse solo che “è una cosa del tutto personale, un’esperienza che ha sentito ad un certo punto dentro di sé e che influenza la sua vita”) si avvicinò progressivamente al cattolicesimo, ed ora è da parecchi mesi “cotta” al punto che ritiene “santa” perfino tale psicopatica Maria Margherita Alacoque, della quale puoi trovare qualche informazione qui: http://100cosecosi.blogspot.it/2010/10/le-vite-dei-santi-del-dolorismo.html , e altri personaggi simili (oltre ai “santi” classici, a Gesù, ecc.).
Questo suo cambiamento mi pare del tutto stonato rispetto a quanto lei manifestava precedentemente di sé.
Gli atei devoti, però, non vedo cosa c’entrino con gli atei: sono pressoché in tutto e per tutto uguali ai cattolici, e se ne differenziano solo per il fatto di non credere in dio. Ma a questo punto diventa persino una grossolana incoerenza: come si può non credere in dio quando si è devoti come cattolici?
“come si può non credere in dio quando si è devoti come cattolici?”
Forse basta essere atei disonesti, cioè atei venduti.
Un ateo non è “devoto” in cambio di niente: si aspetta sempre un tornaconto.
Ma nemmeno un credente è devoto in cambio di niente: si aspetta cmq il paradiso.
La tesi sostenuta nell’articolo in verità non è nuova. E’ una variante di un certo paternalismo presente spesso in ambienti cattolici. Si tranquillizzi, invece, l’autore: continuano ad esistere gli atei come,come me,atei per pura deduzione logica. Ciò non ci impedisce,ovviamente,di apprezzare i rappresentanti del clero che si comportino con umanità ed altruismo.
Solitamente un ateo non è arrabbiato con Dio, quanto con i suoi “rappresentanti”.
Può essere arrabbiato col mondo o la natura, ma quelli son problemi suoi.