Bruno Gualerzi*
Un’esperienza vissuta in preda alla paura metafisica rimossa (la paura determinata da un male di vivere che suona come assurdo), invece di valere per se stessa, è interpretata (e ‘sfruttata’) dalla maggior parte delle religioni come condizionata da qualcosa o da qualcuno che esercita su di noi un dominio reso possibile dal suo trovarsi in una dimensione che non può essere la stessa nostra, altrimenti interagiremmo con questo qualcosa o qualcuno condizionandolo a nostra volta.
A questa dimensione ‘altra’ viene dato in genere il nome di trascendenza (ciò che è ‘aldilà’ di ogni esperienza pur determinandola, pur essendone la vera causa), mentre negarne l’esistenza significa ritenere invece che tutto si giochi su un unico piano di realtà, di cui noi come tutto il resto del mondo facciamo parte, e che in genere viene considerato il piano dell’immanenza.
Ora, alcune religioni… nella forma, che si vuole ‘primitiva’, dell’animismo, o in quella, che intende essere fondata anche filosoficamente, del panteismo… sembrano rigettare ogni trascendenza. Ma è proprio così?
Forse nella forma, non certo nella sostanza. Nel momento stesso in cui queste religioni impegnano i loro fedeli, tramite rituali appropriati, nella ricerca di un’esperienza alternativa (‘altra’) a quella che altrimenti si sarebbe costretti a vivere se non si intraprendesse tale ricerca, cosa fanno di diverso da chi punta a ricondurre tutto alla trascendenza? In altre parole, rispetto a che cosa viene considerata ‘alternativa’ un’esperienza che si dà solo andando ‘aldilà’ di ciò che essa sarebbe per sua natura se non trascendendo questa natura stessa? E se – come si afferma da parte dei sostenitori dell’immanenza di tale posizione – non si trascende nulla perché si tratterebbe solo di far emergere ciò che c’è in tutto quanto è oggetto d’esperienza, anzi, di far venire alla luce una sostanza che si cela sotto una apparenza, quale sarebbe la causa di questo nascondimento? Il quale oltre tutto, per essere vanificato (in realtà esorcizzato) come tale, richiede rituali così innaturali, così artificiosi, che se non fossero legittimati, per così dire, da qualcuno, anzi da Qualcuno, che li impone, o che comunque li consiglia come condizione necessaria per la nostra salvezza, sarebbero senz’altro rigettati come assurdi. Chi, o che cosa, ha imbrogliato così maldestramente le carte in modo da rendere necessarie queste pratiche? E perché lo avrebbe fatto? Se non è dato saperlo, conoscerne la causa, in che cosa potremmo veramente condizionare la realtà in cui viviamo e non esserne invece completamente condizionati? Insomma, se si finisce pur sempre per parlare di salvezza e di dannazione, e di pratiche per ottenere l’una e per scongiurare l’altra proposte da Qualcuno, che questo Qualcuno sia o non sia ‘tecnicamente’ una divinità, un essere trascendente, che differenza fa? A lui, anzi, a Lui, si riterrà di dovere la nostra salvezza (in realtà la possibilità di esorcizzare il male di vivere che genera la paura di vivere).
Forse per lui, in lui, questa esperienza può anche essere vissuta come non rimandante ad altro che a se stessa, e può anche impegnarsi ad insegnarla, a trasmetterla, come tale, ma è proprio in questo atto dell’insegnare, del trasmettere, che scatta il meccanismo della transitività, cioè del passare da un piano di realtà ad un altro, proprio della trascendenza come momento dinamico: per cui ai discepoli, il Maestro, l’Illuminato, il Guru, lo Sciamano, o comunque lo si chiami, si presenterà sempre con i caratteri della divinità, come dotato di conoscenze e di poteri che, come tali, i discepoli, lasciati a se stessi, non acquisirebbero mai. E che se davvero arrivassero ad acquisire con le pratiche rituali – anche nella piena libertà di scelta di tali pratiche come prevista, ad esempio, in talune varianti dell’induismo e del buddhismo – si libererebbero da una dipendenza che però, come dipendenza, si tramanderebbe e si perpetuerebbe ineluttabilmente, essendo considerata connaturata alla condizione umana. Per cui occorreranno sempre maestri e discepoli, e non certo per trasmettere saperi di natura tecnica, ma per insegnare – o anche solo per testimoniare, ma per rendere così più efficace, con la testimonianza, l’insegnamento – ‘come si deve vivere’, cioè per svolgere quel ruolo che è elemento strutturale di tutte le religioni, che contemplino o no la trascendenza: mantenere da parte di alcuni (in buona o mala fede a questo punto poco importa) una posizione di dominio su altri presentandosi come detentori, diretti o con delega, del segreto della salvezza.
Non si tratta qui di entrare nel merito di queste pratiche, di giudicarle in quanto tali, ma ribadire che ci si trova di fronte a religioni vere e proprie, tali a tutti gli effetti, trascendenti o immanenti che siano formalmente.
Questa presunta immanenza investe poi spesso in modo strisciante, quella società che si presume laica ma che – consapevole o meno che ne sia – si dà a rituali con tanto di sacerdoti… sempre nuovi nel tempo storico, che a volte possono essere innegabilmente suggestivi e originali, ma con pur sempre le stesse funzioni, lo stesso ruolo, dei ministri di un culto; anzi, diventando esse stessi oggetto di culto. E così possono essere eletti a nuova casta sacerdotale – a volte a loro insaputa (i casi migliori), più spesso con compiaciuta partecipazione – tutti quanti, dotati (e spesso solo ‘ritenuti’ dotati, perché è questo che in fondo conta) del cosiddetto carisma (in un’altra ‘opinione’ si è trattato dell’uomo carismatico), sono in grado di dare corpo, di produrre con la loro attività e presenza, ciò che viene identificato come la realizzazione dei sogni e delle speranze di ognuno, ciò che rappresenta il mito oggettivato, reificato, il racconto che si fa cosa, il mitizzato passaggio dalle parole ai fatti. E ci sarà sempre chi, pilotandone il mercato, li piazzerà come modelli di vita, esempi da imitare, in definitiva – pur con tutti i distinguo indispensabili sciorinati per non urtare troppo gli dei ufficiali, tradizionali, e il loro popolo – come divinità da adorare… e l’uso che si vorrebbe solo metaforico di espressioni abitualmente riferite alla divinità (“sei un dio!”, “facci sognare, facci trascendere!”, “mandaci in paradiso!” e simili) funzionano spesso nella psiche di chi le pronuncia esattamente allo stesso modo che se fossero riferite davvero ad una divinità. E i nuovi oggetti di culto (artisti, scienziati, politici, filosofi, ma poi via via, in età moderna e contemporanea ma in analogia con ogni altra epoca, imprenditori, gente di spettacolo, assi dello sport, compresi gli stessi rappresentanti ufficiali della divinità a loro volta, nel mondo attuale, omologati soprattutto come uomini di spettacolo) troveranno sempre chi organizzerà per loro folle adoranti. Quelle stesse folle che, in questo modo, possono essere sempre disponibili – quando diventano solo passive fruitrici, dipendenti senza difese, senza anticorpi – ad osannare il primo imbonitore che si presenti sulla scena a riempire quel vuoto che inevitabilmente la loro sete di trascendenza rimasta insaziata reclama.
Caso emblematico in questo senso il rigetto che si va sempre più diffondendo, dopo l’esaltazione inconsulta, di una scienza e di una tecnologia nelle quali si erano indebitamene, ma non certo per colpa loro, investite – visti tanti esiti straordinari – tutte le speranze di salvezza. Vanificando così, anzi, ritorcendole contro se stessi, tante conquiste preziose – soprattutto della scienza – proprio per ovviare ai deleteri circoli viziosi non identificati come tali quando ci si rimette alla trascendenza. Comunque camuffata.
* Insegnante – occasionalmente di storia e filosofia nei licei – ora in pensione
Si prega il Sig. Bruno Gualerzi di mettere una fotografia migliore. Sorrida, prego.
Qui non si vede… ma io sono bello dentro!
@ Southsun. Professore, sorrida? Spesso “risus abundat in ore stultorum”, e comunque
è molto meglio una pacata, meditativa mestizia che la risataccia grottesca o il sorriso beffardo. Sarebbe interessante fare un confronto fisiognomico, specialmente riguardo agli occhi ( specchi dell’anima! ) fra i “grandi”. Socrate quasi certanmente aveva un sorriso un po’ beffardo, Scopenauer uno sguardo amaro e piuttosto cattivo, Pascal malinconico ( sì, ritraetemi, ma io penso ad altro ), Hegel solenne e compassato anche per la posizione assicuratagli dal carrierone, ma con la testa piena di grandi pensieri, Bergson tranquillo e precisino con il suo colletto inamidato, Nietzsche probabilmente con gli occhi di fuori… Liincoln in fotografia veniva male perchè irrigidito ( probabilmente non si piaceva ). I ritratti fotografici che fanno più impressione sono quelli di Cesare Pavese, anche al momento della premiazione con lo “Strega”: chiunque altro sarebbe stato raggiante ( stile Benigni ), lui appariva come al solito complessato e nevrotico al massimo grado.
A me invece piace quell’espressione intenta. Tra l’altro, si intona perfettamente con la barba bianca e l’occhiale. Inoltre gli invidio tutti quei capelli, porca miseria!!!
Il volto di un uomo con lo sguardo nel vuoto. Ed è proprio lo spavento di quel vuoto che lo induce a scrivere questi articoli.
Ma guarda che io sono ‘bello dentro’… quindi come faccio a sentirmi vuoto?
@gualerzi
se la bellezza avesse un volume ed un peso ti darei anche ragione……
ma immagino che non sia proprio così. Hai presente l'”anima” ?
Oh Gualerzi, che tu bevi mica l’acqua Rocchetta? 😆
@ Alfonso
Le ultime due battute sono un pò faticose. Puoi fare di meglio.
lo so, lo so professò. Certe mie battute nun trovano spazzio in certi cricoli dell’intellighenzia radical chic de certa sinistra. Volemose bene professò!
Mò va a magnà che la tavola è pronta professò che la vita è tutta n’entrata e n’uscita, professò!
Eccone un altro che mi dà del ‘radial chic’. Finirò per crederci pure io… In realtà mi hanno sempre dato del villano rifatto (come del resto sono), ma proprio per questo essere invitato in qualche salotto buono mi farebbe sentire elevato di grado. Anche se ormai, alla mia età…
Adesso però, basta con la mia faccia. Tu Alfonso per esempio… e naturalmente se me ne ritieni degno… potresti spendere due parole non solo sarcastiche sulla mia ‘opinione’?
@Gualerzi
Il mio commento sula tua “opinione” è quello delle 10:37 Non ho da aggiungere altro
L’immaginavo. Naturalmente non ci ritieni degni. E così sarei io il radical chic. Di sicuro tu sei un troll da quattro soldi… che per di più si crede spiritoso.
Ma “Steek Hutzee” della foto di Gualerzi, non ce lo vogliamo mettere!?!?
Leggetevi l’articolo e commentate quello, semmai…Mica la fato di chi lo scrive!!
@gualerzi
Noto che la sua foto ha suscitato un acceso dibattito!:D
Credo che nei rituali religiosi, e nelle esperienze mistiche, nella “trance” dei rituali primitivi, si attinga a stati e della psiche,che normalmente sono sopiti perchè incompatibili con le necessità della vita quotidiana, e ciò tanto più quanto si sviluppa l’attività materiale produttiva intesa in senso moderno.Eppure sembra che perodicamente l’uomo debba liberare queste forze , molti rituali primitivi credo che abbiano questa funzione:evocare per controllare angoscie profonde, liberare in modo controllato pulsioni altrimenti esplosive, ricreare una unità primitiva persa e riconquistata in un “corpo mistico” collettivo che adombra una sorta di ritorno ad una madre comune etc. . Poi queste esigenze vengono gestite dalle religioni, probabilmente le religioni hanno svolto nelle società primitive la funzione di una sorta di rituale psicoanalitico di massa, insomma l’esistenza di riti ed esperienze altre non mi meraviglia, l’origine non è divina ma umana,e affonda le radici in qualcosa di molto complesso e talvolta oscuro che è l’animo umano.Oggi questi rituali sono spariti tranne che negli ultimi primitivi, vi sono squallidi surrogati, la partita di pallone, con rituali mazzata fra tifoserie, gli isterismi da concerti Rock, oltre che le tradizionali feste della “madonna dell’Arco” (cercare su internet) ertc.
E come spiegare il bisogno delle masse di avere continuamente dei (trascendenti, immanenti, religiosi, filosofici, politici ecc… ecc…) da adorare?
Credo che il problema nella sostanza sia lì (e hanno provato a risolverlo in tantissimi nell’arco della storia del pensiero umano); tutto lì il resto è conseguenza.
Prego il Sig. Bruno Gualerzi e i forumisti di dare un’occhiata alle ultime dichiarazioni di Stephen Hawking sul Paradiso e il “conforto” che da la religione:
http://www.guardian.co.uk/science/2011/may/15/stephen-hawking-interview-there-is-no-heaven
Interessanti spunti vengono anche dai commenti dei lettori.
Nella religione vengono santificati atteggiamenti e gesti (la devozione, la prostrazione, il rispetto, la resistenza contro il nemico – il diavolo ecc.) che poi vengono fatti valere in qualsiasi contesto sociale empirico. Così alla fede in Dio poi si sovrappone al fede e la devozione per il tiranno o per l’imperatore. Infatti Costantino riuscì ad intuire bene questa forza di asservimento che aveva in sé il cristianesimo e promosse il cristianesimo a religione di stato. Il paganesimo era una religione troppo permissiva e libertaria e non più in grado a rispondere alle esigenze di una seria dittatura. Costantino lo capì benissimo.
Forse la necessità di esorcizzare il male di vivere tramite le varie esperienze descritte, tramite riti particolari ed investendo persone “carismatiche” (tra virgolette) di valori e di poteri che in realtà non hanno deriva dalla grande difficoltà di ammettere i nostri limiti.
E di non tenere conto dei nostri desideri, soprattutto di quanto noi desideriamo.
Noi siamo la parte ma, inevitabilmente, desideriamo il tutto.
E qualcuno dà per scontato di conoscerlo il tutto, anzi è convinto di averlo in dotazione.
Nessuno di noi è mai stato nell’universo, nessuno l’ha mai abitato, nemmeno gli antenati degli ebrei ci sono mai stati.
Tutto quello che ci è capitato da quando esistiamo ci è capitato qui.
Eppure io parlo con persone convinte di sapere quali siano i sentimenti ed i desideri di chi sta sopra all’universo.
Secondo me per qualcuno il fatto di desiderare enormemente un qualcosa o una capacità basta perchè quel qualcosa abbia un’esistenza e la capacità sia conseguita.
Inevitabilmente non basta e pertanto c’è la necessità di ricorrere, nella contingenza della realtà, a riti, esperienze, personaggi, deleghe e addormentamenti di coscienza.
IO RITENGO FOLLE, DA MENTECATTI CREDERE NELLA TRASCENDENZA. PER ME SI GIOCA TUTTO SU UN UNICO PIANO DI REALTA’ CHE E’ LA VITA SU QUESTA TERRA! C’ E’ UNA SOLA VITA,QUELLA SU QUESTA TERRA.PUNTO E A CAPO !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Condivisibili le opinioni di Bruno Gualerzi. Per quanto riguarda l’idea della trascendenza, ho trovato ottimo il testo di PETER SLOTERDIJK, Il furore di Dio, Raffaello Cortina Editore,2008.
Sinceramente non so cosa voglia dire “trascendenza”, “spirito” e sinonimi. A seguire Panenteismo, Panteismo sono girotondi. La Natura questa Natura reale e divina (=radiosa).
Non riesco a farmi un pensiero-immagine di trascendenza, in quanto non posso concepire spazio oltre lo spazio, un trans, un fuori ecc… perchè sempre un luogo-spazio è anche se vuoto. Non riesco a farmi un pensiero-immagine di spirito, se non accostandolo al pensiero stesso, prodotto dell’attività del cervello fatto di molecole e atomi, anche se per il momento non è dimostrata la sua totale riducibilità ad essi. Quando Agostino riporta l’aneddoto del bambino sulla riva del mare che vorrebbe travasare tutta la sua acqua nella piccola buchetta che si era scavata per dire che è impossibile comprendere dio col nostro cervello, fa un passo equivocamente indebito e da… prete! Bastano le acque del mare ad intasarlo e superarlo. Basta cioè la realtà a confondere l’uomo e ad esaurirne tutta la capacità di memoria. Basta l’Universo-Universi di cui siamo corpi-cellulari inattesi. Dio è solo la fantasia dell’Ignoto. Ho detto “fantasia” cioè ancora un pensiero-immagine prodotto dal cervello e dalla realtà circostante in evolutiva relazione. Cioè con ciò che nella totalità dei suoi dati informativi ignoriamo e non possiamo memorizzare per incapacità. Occorreva anche dio a rompere le …. all’umanità. Non sono sufficienti e d’avanzo i credenti?
Io ritengo che i nostri atteggiamenti esterni sono speculari a ciò che viene dall’inconscio, perchè è prima del conscio, che è essoterico, mentre il superconscio è un prodotto dell’insegnamento morale, il super io è di fatto un ego anch’esso essoterico, in superficie, non è il vero ego, è solo un terzo incomodo a mio parere, un moralista rompipalle.
Il corpo esprime una realtà psicologica alcune volte bipolare con annesse introspezioni da confessionale e disturbi mistici da eccessivo senso di colpa, fortunatamente, chi tra noi ha fatto costantemente esperienza più o meno razionale nell’assumersi le responsabilità della vita, anche le più difficili, si è fatto le spalle per sopportare anche prove più dure, e perciò i disturbi dell’ego esteriore non hanno il sopravvento.
La medicina semplice, invece del confessionale, è essere sinceri con se stessi fino in fondo, quindi, non per cercare i peccati e detestarli, ma per conoscerci meglio ed avere una modesta ma dignitosa stima di sé, camminando per la via di mezzo, tra nichilismo alla Opus Dei, ed esaltazione dell’ego conscio di tipo impersonalistico (induismo).
Ognuno di noi ha nella propria mente due aspetti inquietanti latenti: gli opposti estremi che costituiscono le reazioni spesso istintive, ma al contempo tali reazioni contrastanti tra loro abusano istitntivamente di ciò che è la nostra memoria+esperienza per replicare agli altri a seconda di come si è faziosi o prevenuti.
per esempio: se si è prevenuti verso una certa filosofia atea, le repliche ad essa da parte dei credenti saranno dettate da uno dei due opposti estremi nella loro testolina da pappagalli, quello succube della paura e insicurezza inconscia, perchè quando si parla di fede a parole appare tutto bello e saggio, ma se il credente scava un po’ meglio dentro di se, scoprirà quanto è insincero con se stesso e la paura fa 90 nelle questioni di fede e di irrefrenabile bisogno di parlarne agli altri, come se il solo tenerlo privato faccia perdere la fede stessa nella dottrina inparata a catechismo o come se il tenerlo in privato faccia addirittura venire dei dubbi su Dio e sulla propria vocazione, eh si, perchè alcuni credenti se non rompono le palle agli altri nemmeno possono più sentirsi martiri.
La psicologia dei credenti è semplice, da manuale direi, non si creda che la fede sia sinonimo di meditazione o di ascensione o di consapevolezza mistica, la fede non ragiona, quindi, non ha sufficienti argomenti razionali e di equilibrio psicologico per durare a lungo, deve per forza dipendere da quei fattori che ancora in molti determinano reazioni contraddittorie, tali fattori il buddismo li chiama: i guna della paura,. del deisderio, dell’ignoranza e della rabbia, fattori puramenti psicologici che in molti modelli di educaizone religiosa sono presenti fin dall’infanzia.
@ Perchè
per esempio: se si è prevenuti verso una certa filosofia atea, le repliche ad essa da parte dei credenti saranno dettate da uno dei due opposti estremi nella loro testolina da pappagalli, quello succube della paura e insicurezza inconscia, perchè quando si parla di fede a parole appare tutto bello e saggio, ma se il credente scava un po’ meglio dentro di se, scoprirà quanto è insincero con se stesso e la paura fa 90 nelle questioni di fede e di irrefrenabile bisogno di parlarne agli altri, come se il solo tenerlo privato faccia perdere la fede stessa nella dottrina inparata a catechismo o come se il tenerlo in privato faccia addirittura venire dei dubbi su Dio e sulla propria vocazione, eh si, perchè alcuni credenti se non rompono le palle agli altri nemmeno possono più sentirsi martiri.
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Lei sa che quanto scrive può essere rivolto a lei e a quelli che scrivono qui pari pari.
@ enrico
“Lei sa che quanto scrive può essere rivolto a lei e a quelli che scrivono qui pari pari.”
detto da un cattolico che viene a scrivere qui?
Direi di sì Stefano.
Io ero ateo ma sinceramente non ho mai sentito il bisogno di strombazzarlo ai quattro venti oppure il bisogno del conforto di altri che la pensassero come me.
Personalmente…mica scrivo qui per avere vostre conversioni o per fugare i miei dubbi su Dio.
E’ un modo utile per raccogliere possibili obiezioni al cristianesimo, lavoro che se dovessi fare da solo impigherei molto più tempo e richiederebbe una fantasia che francamente non possiedo.
E’ una spinta culturale e una curiosità mia personale.
Poi quando si leggono inesattezze viene da rispondere…sull’ultimo thread ce ne era una succosissima..che rimandava ad Odifreddi e a tal Robert Graves….
Pare che se da ateo non avesse bisogno di strombazzarlo in giro, adesso ce l’abbia e come questa bisogno da credente…
@ enrico
Io ero ateo ma sinceramente non ho mai sentito il bisogno di strombazzarlo ai quattro venti (????) oppure il bisogno del conforto di altri (????) che la pensassero come me.
A suo beneficio:
Che cosa vuole l’UAAR
La nostra associazione persegue tre scopi:
– tutelare i diritti civili dei milioni di cittadini (in aumento) che non appartengono a una religione: la loro è senza dubbio la visione del mondo più diffusa dopo quella cattolica, ma godono di pochissima visibilità e subiscono concrete discriminazioni
– difendere e affermare la laicità dello Stato: un principio costituzionale messo seriamente a rischio dall’ingerenza ecclesiastica, che non trova più alcuna opposizione da parte del mondo politico
– promuovere la valorizzazione sociale e culturale delle concezioni del mondo non religiose: non solo gli atei e gli agnostici per i mezzi di informazione non esistono, ma ormai è necessario far fronte al dilagare della presenza cattolica sulla stampa e sui canali radiotelevisivi, in particolare quelli pubblici.
Non deve aver letto la risposta……
Quando leggo una sciocchezza replico….
@ enrico
“il bisogno del conforto di altri”
A noi basta la ragione e le prove.
Il conforto di altri (le testimonianze e il ricorso all’autorità) servono a lei, non dovesse ancora averlo capito.
@ enrico
“Non deve aver letto la risposta……”
Certo che si.
Riproviamo:
“Io ero ateo ma sinceramente non ho mai sentito il bisogno di strombazzarlo ai quattro venti oppure il bisogno del conforto di altri che la pensassero come me”
Se lei non strombazzava o non cercava conforto non c’era bisogno di menzionarlo nella frase. Il farlo ha lo scopo di far inferire che gli atei qui presenti strombazzano o cercano conforto.
Da qui le mie risposte.
@ Stefano
Ma per cortesia….
Lei si sente limitato in Italia nell’esprimere il suo ateismo.
Cioè lei vuol farmi intendere che non è libero di vivere come vuole…riprovi sarà più fortunato lo racconti ad un altro non a qualcuno che viveva come voleva e come meglio gli garbava.
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Tutelare i diritti civili dei milioni di cittadini (in aumento) che non appartengono a una religione: la loro è senza dubbio la visione del mondo più diffusa dopo quella cattolica, ma godono di pochissima visibilità e subiscono concrete discriminazioni
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Quali discriminazioni?
Mai subito discriminazioni quando ero ateo.
E come rientrano in questa dichiarazione programmatica gli articoli che vorrebbero smontare (malamente) il quadro storico e le testimonianza cristiane ed extracristiane.
O gli articoli che riguardono colpe e misfatti di singoli credenti o ordinati?
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difendere e affermare la laicità dello Stato: un principio costituzionale messo seriamente a rischio dall’ingerenza ecclesiastica, che non trova più alcuna opposizione da parte del mondo politico
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A me pare che in Italia si svolgano regolari elezioni democratiche, a lei risulta altro?
Validi tutti gli appunti sopra elencati
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promuovere la valorizzazione sociale e culturale delle concezioni del mondo non religiose: non solo gli atei e gli agnostici per i mezzi di informazione non esistono, ma ormai è necessario far fronte al dilagare della presenza cattolica sulla stampa e sui canali radiotelevisivi, in particolare quelli pubblici.
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ma mi sta pigliando per il c. ? Mai alcuno prima che cercassi da solo fonti e documenti mi ha fatto storia delle religioni, o mi ha insegnato teologia o apologetica.
Un’ora alla settimana facoltativa di religione….e…….punto…in cui si studiavano altre materie o si faceva un bel niente tanto non era materia da bocciatura o da esame a settembre…
E tutte le altre ore preparavano certamente ad inginocchiarsi in Chiesa…ma mi faccia un piacere..
enrico, sei decisamente più credibile come religioso che come ateo; per certe cose, serve lo “psychique du rôle”…
@ fab
mi spiace ma si sbaglia…
@ enrico
Riproviamo:
http://www.uaar.it/uaar/
Troverà quanto le ho riportato.
Che lei non sia d’accordo lo do per scontato.
Che non ci interessi lo dia per scontato lei.
@ Stefano
Ti ho risposto…Stefano.
la favola che l’ateo è discriminato pensi di poterla raccontare a uno che era ateo?
Unioni civili…perchè chi non accetta i medesimo doveri dovrebbe avere i medesimi diritti?
Discriminino in base all’orientamento sessuale..sei serio?
Forse l’unica tipologia di persona che viene discriminata e chi sceglie la castità..vuoi che facciamo un test in una qualunque piazza d’Italia?
che riducano gli insostenibili tempi di attesa per le separazioni e i divorzi..vabbè ci sta
che depenalizzino il ricorso all’eutanasia…si vabbè anche che impediscano di soccorrere chi chiama il 118 dicendo di volersi suicidare allora
che si sostituisca l’ora di catechismo nelle scuole di ogni ordine e grado con un’ora di educazione civica..manco quella, perchè no un’ora di ateismo?
@ enrico
Su ciascun punto può trovare tra quelli passati o in quelli a venire interventi che lo riguardano.
Di questo tratta il sito.
Provi a leggerli, magari troverà risposte – a lei non gradite – a ciascuno di essi.
Nel frattempo non posso far a meno di notare come siano posti malissimo e in modo del tutto strumentale i suoi quesiti.
Velocemente:
Credo che nessuno sostenga che matrimonio o unioni civili debbano necessariamente essere assolutamente identici.
La discriminazione in base all’orientamento sessuale non avviene (solo) in piazza, non se ne fosse accorto.
Che depenalizzino etc. si commenta da sola.
Nessuno vuole istituire un’ora di ateismo.
Infine si decida riguardo al tu o al lei.
“la favola che l’ateo è discriminato pensi di poterla raccontare a uno che era ateo?”
Le favole delle religioni pensi di poterle raccontare ad uno che era credente?
A parte questo…
Vuol dire che sei stato fortunato se nessuno ti ha mai rinfacciato di essere, in un certo senso, “sbagliato”. Ci sono gay che nel corso della loro vita non vanno incontro a discriminazioni perché sono circondati da persone di buon senso. Altri non sono così fortunati.
Io vengo a volte guardato male quando dichiaro il mio ateismo (della serie “ma dai, e io che pensavo che fosse un bravo ragazzo! non ci sono più i giovani di un tempo!”). E vogliamo parlare di Fanzaga, De Mattei e company che bollano pubblicamente gli atei come bestie senza anima, fessi, servi di satana e compagnia bella?
“Unioni civili…perchè chi non accetta i medesimo doveri dovrebbe avere i medesimi diritti?”
Perché la dignità di due persone che decidono di convivere ha esattamente lo stesso valore di una coppia che decide di ufficializzare l’atto con il matrimonio.
“Discriminino in base all’orientamento sessuale..sei serio?
Forse l’unica tipologia di persona che viene discriminata e chi sceglie la castità..”
Certo… Poveri religiosi discriminati per la loro scelta di castità… E i gay invece non sono discriminati. Ma per favore.
“che depenalizzino il ricorso all’eutanasia…si vabbè anche che impediscano di soccorrere chi chiama il 118 dicendo di volersi suicidare allora”
Il diritto di decidere della propria vita e del proprio corpo in casi come quelli di Piergiorgio Wellby è qualcosa che ti sfugge proprio.
Bee.
Il fatto che la gente ti guardi brutto se ti dichiari ateo non costituisce discriminazione, ma problema di opinione pubblica, nè conta quel che dicono i gerarchi cattolici ai loro adepti.
Sarebbe discriminazione se lo Stato ti togliesse diritti civili, politici ed economici per l’ateismo.
“la favola che l’ateo è discriminato pensi di poterla raccontare a uno che era ateo?”
Le favole delle religioni pensi di poterle raccontare ad uno che era credente?
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Cosa c’entra la favola delle religioni.
Qui non si sta discutendo della ragionevolezza dell’ateismo o della fede.
Ho scritto la favola che l’ateo sia “discriminato”
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“Unioni civili…perchè chi non accetta i medesimo doveri dovrebbe avere i medesimi diritti?”
Perché la dignità di due persone che decidono di convivere ha esattamente lo stesso valore di una coppia che decide di ufficializzare l’atto con il matrimonio.
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Se non si assumono i medsimi doveri?
Insensato.
Il dovere della famiglia è quello di supportare i propri membri a vicenda garantendo il benessere reciproco. Che si firmi un pezzo di carta oppure no. Insensato è non riconoscere l’impegno in tal senso solo perché due persone non si riconoscono nell’ istituzione del matrimonio e compiono la libera scelta di non sposarsi.
@Batrakos
Sì ne sono consapevole, il termine discriminazione è un poco forte, come ho ammesso più sotto, penso che a nessuno verrebbe in mente di limitare i diritti di un ateo/agnostico (a parte ale, forse…). Si tratta piuttosto di una diffidenza e di un malumore che percepisco in chi apprende il mio ateismo. Anche se frasi di soggettini come fanzaga e de mattei mi sembrano piuttosto gravi.
Il dovere della famiglia è quello di supportare i propri membri a vicenda garantendo il benessere reciproco. Che si firmi un pezzo di carta oppure no. Insensato è non riconoscere l’impegno in tal senso solo perché due persone non si riconoscono nell’ istituzione del matrimonio e compiono la libera scelta di non sposarsi
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Il matrimonio è un negozio giuridico.
In questo modo si stabilisce un vincolo di diritti e di doveri sia fra i coniugi sia verso coloro che potrebbero nascere da tale unione, che poi nel caso di scioglimento sono le parti più deboli, che dunque vanno tutelate.
Seguendo il suo ragionamento si dovrebbero evitare anche i contratti di lavoro sicchè, sulla parola, ci si dovrebbe fidare dei diritti e dei doveri che legano fra loro dipendente e datore di lavoro durante o quando si scioglie il rapporto di lavoro.
In bocca al lupo
Capiamoci bene. Io non critico tanto il pezzo di carta. Io critico l’esistenza di solo quel pezzo di carta. Siamo d’accordo sul fatto che senza una corretta regolamentazione giuridica il tutto si basa sulla parola data da due persone che scelgono di condividere la medesima abitazione. Verba volant. Come sono consapevole del fatto che non è corretto cercare nella convivenza un sotterfugio per sottrarsi ai propri doveri per poi vedersi riconosciuti egualmente i diritti.
Troppo comodo lo direi anche io in questo caso, non ti preoccupare.
Ciò che non mi va giù è che la costituzione italiana stabilisca la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Questa affermazione comporta numerose conseguenze, in particolare la preminenza espressa nei confronti di una famiglia in cui i due coniugi hanno contratto il matrimonio determina un favor per quest’ultima. In tal caso chi (per qualunque ragione, sono affari loro) non si riconosce nell’ istituzione matrimoniale si trova in condizione di svantaggio dovuto alla mancanza di una alternativa atta a riconoscere loro una condizione giuridica degna di tale nome. Quindi, nell’ ottica di un corretto bilancio di diritti e doveri, il fatto è che non sono le coppie di fatto a non volersi impegnare pubblicamente. Non sono loro a voler mantenere privato il loro rapporto, è colpa dello Stato italiano che ha scelto fino ad ora di non offrire possibilità alternative a coloro che giudicano che l’istituzione menzionata nel sopracitato articolo 29 della nostra costituzione. E forse, in ultima analisi, colpa di tutti i cittadini della nostra nazione. Tuttavia io spero che in uno stato che ama definirsi democratico e in cui si evidenzia comunque il sostanziale favore della maggioranza della popolazione italiana al riconoscimento di diritti alle coppie non sposate si possa infine arrivare ad iniziative in grado, finalmente, di garantire pari diritti. Sperando che iniziative come quelle spagnole non siano un sogno impossibile.
Capiamoci bene. Io non critico tanto il pezzo di carta. Io critico l’esistenza di solo quel pezzo di carta. Siamo d’accordo sul fatto che senza una corretta regolamentazione giuridica il tutto si basa sulla parola data da due persone che scelgono di condividere la medesima abitazione. Verba volant. Come sono consapevole del fatto che non è corretto cercare nella convivenza un sotterfugio per sottrarsi ai propri doveri per poi vedersi riconosciuti egualmente i diritti.
Troppo comodo lo direi anche io in questo caso, non ti preoccupare.
Ciò che non mi va giù è che la costituzione italiana stabilisca la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Questa affermazione comporta numerose conseguenze, in particolare la preminenza espressa nei confronti di una famiglia in cui i due coniugi hanno contratto il matrimonio determina un favor per quest’ultima. In tal caso chi (per qualunque ragione, sono affari loro) non si riconosce nell’ istituzione matrimoniale si trova in condizione di svantaggio dovuto alla mancanza di una alternativa atta a riconoscere loro una condizione giuridica degna di tale nome. Quindi, nell’ ottica di un corretto bilancio di diritti e doveri, il fatto è che non sono le coppie di fatto a non volersi impegnare pubblicamente. Non sono loro a voler mantenere privato il loro rapporto, è colpa dello Stato italiano che ha scelto fino ad ora di non offrire possibilità alternative a coloro che giudicano che l’istituzione menzionata nel sopracitato articolo 29 della nostra costituzione. E forse, in ultima analisi, colpa di tutti i cittadini della nostra nazione. Tuttavia io spero che in uno stato che ama definirsi democratico e in cui si evidenzia comunque il sostanziale favore della maggioranza della popolazione italiana al riconoscimento di diritti alle coppie non sposate si possa infine arrivare ad iniziative in grado, finalmente, di garantire pari diritti. Sperando che iniziative come quelle spagnole non siano un sogno impossibile.
PS Sperando che iniziative come quella spagnola non siano un sogno impossibile.
http://www.coppiedifatto.it/normativa-spagnola-coppie-di-fatto.html
PPS Scusate il doppio post.
coloro che giudicano che l’istituzione menzionata nel sopracitato articolo 29 della nostra costituzione “non faccia per loro”.
Non me ne voglia Gualerzi ma dubito che lui possa essere qualificato per parlare di trascendenza se non ne ha fatto esperienza e, visto che lui è ateo, al massimo mi sarei aspettato una introduzione meno voluminosa, anche la conoscenza delle varie esperienze soggettive di mistici e dei santi non può aiutare noi o qualsiasi altro credente a capire la psicologia bipolare e dualistica della trascendenza.
per esempio non sono d’accordo con quello che Gualerzi dice:
“A questa dimensione ‘altra’ viene dato in genere il nome di trascendenza (ciò che è ‘aldilà’ di ogni esperienza pur determinandola, pur essendone la vera causa), mentre negarne l’esistenza significa ritenere invece che tutto si giochi su un unico piano di realtà, di cui noi come tutto il resto del mondo facciamo parte, e che in genere viene considerato il piano dell’immanenza.”
La trascendenza è una parola puramente indiziaria, altisonante e fantastica e i parla di “soggettivo di un mistico”, e qui una bella analisi psicologica è d’obbligo, magari non ancora necessariamente psichiatrica, allora quando tu parli di trascendenza senza averne fatto esperienza, e francamente non ne vedo la necessità, ne parli in modo essoterico, in superficie, ne parli in modo indiziario, hai solo la parola in buona fede di chi ti dice di aver fatto un esperienza trascendentale.
Io dubito di chi parla di trascendenza di cui non ha fatto diretta esperienza, ma a mio parere non necessaria per comprendere meglio noi stessi e come funziona la nostra mente e il corpo in relazione come ci sentiamo dentro o in realzione a come ci vediamo dentro, in ta caso essere osservatori e osservati è alquanto un’esperienza molto difficile e prevede una disciplina mentale da monaco sciaolin, tanto per citare alcuni modelli di esperienza ai confini della realtà.
La prego di scusarmi, ma per me la mente è ancora tutta da scoprire, alla trascendenza non ci si arriva parlandone, semmai sia davvero necessario arrivarci.
Non ho capito che significa ‘esperienza della trascendenza’.
Il trascendente -dico in parole mie la definizione del termine, il discorso sulla sua esistenza è un altro discorso- sarebbe ciò che è al di là della percezione, dell’esperienza poichè al di là dello spazio/tempo e della dimensione fisica (dico fuori dalla dimensione fisica perchè se non fosse percepibile direttamente ma fosse semplicemente intellegibile dall’esperienza sarebbe semplicemente concetto generale e non dimensione trascendente…il concetto di ‘uomo’ non è direttamente percepibile, ma lo si trae dall’esperienza dei tanti individui che noi generalizziamo nel concetto di uomo; tuttavia questo concetto non è ovviamente trascendente).
Come si può dunque avere esperienza della trascendenza?
Se non vi è in ballo una diversa definizione del termine ‘trascendente’ a me questa idea, che ho sentito svariate volte, pare decisamente una contraddizione in termini.
“La prego di scusarmi, ma per me la mente è ancora tutta da scoprire, alla trascendenza non ci si arriva parlandone, semmai sia davvero necessario arrivarci.”
Essendo chiamato direttamente in causa, replico subito, anche perchè ciò mi permette di chiarire meglio quanto sostenuto.
Credo si possa parlare di trascendenza – almeno come cerco di parlarne io – senza necessariamente averne fatto alcuna esperienza… anche perchè, come dici tu, non ci si arriva parlandone… quindi nessuno comunque dovrebbe parlare di trascendenza!
In realtà non intendevo, e non intendo, giudicare chi afferma, cerca di descrivere, di comunicare, un’esperienza che in genere viene definita ‘mistica’, e non ho nessuna difficoltà ad ammettere (visto che “la mente è tutta da scoprire”… e qui concordo) esperienze personali vissute con un’intensità, un coinvolgimento, che hanno come effetto la sensazione di vivere in una dimensionei fuori del comune, con momenti di grande lucidità, di grande vitalità… ma, appunto, ESPERIENZE PERSONALI, magari comunicabili, ma non generalizzabili, non proponibili come chiavi di lettura della realtà superiori ad altre. Ed è questo – senza entrare nel merito dell’esperienza come tale – che sostengo, che ritengo alienante come alienante è l’adesione ad una qualche religione istituzionalizzata: voler codificare comportamenti che richiedono un’adesione puramente fideistica, basata su esperienze altrui, che portano a cercare di viverle in proprio ripetendo in realtà solo rituali propiziatori del tutto artificiosi. E creando sudditanze pericolose… per non dire altro.
Non vorrei uscire dal tema, ma non posso evitare di pensare a quanto sia importante e usato il termine “trascendentale” in Kant, vetta dell’Illuminismo tedesco.
Non propriamente un mistico…
adesso è un po’ chiaro, ma fondamentalmente la penso come lei Gualerzi, seppur ribadisco che la parola trascendenza è troppo sopravalutata nelji ambienti dei credenti, meglio che imparino a conoscere le loro menti e a ragionarci sopra più che a credere ad effetti stupefacenti, che si sono dimostrati anche esaminabili dalla scienza, ho visto dei documentari su Sky che parlavano di esami delle esperienze di fede ed esaminavano i fenomeni delle locuzioni e della percezione dei profumi e altri fenomeni del genere, tutte spiegabili con la chimica del cervello, un giorno ne sapremo di più ma la chimica del cervello è la via di ricerca più razionale rispetto alla psicologia e alla psichiatria, magari i neurologi possono dare maggiori ragguagli scientifici.
Ghislandi: trascendente e trascendentale sono due cose diverse.
Nella scolastica i trascendentali erano le proprietà dell’ente in quanto tale (uno, buono, vero e bello anche se quest’ultimo aggettivo fu molto discusso da allora) e non nelle sue relazioni con altri enti (quelle erano i predicamentali).
Kant spostò questo concetto dall’ente alle forme conoscitive del soggetto.
Ma, appunto, il termine ‘trascendente’ è diverso dal concetto di ‘trascendentale’, sia nella metafisica scolastica che nel criticismo.
Secondo la moderna Teoria delle Stringhe lo spaziotempo pare abbia una decina di dimensioni, sei delle quali in un certo modo sembrano “collassate”. Noi siamo coscienti di quattro di queste dimensioni, ma che cosa dire delle altre? Esse fanno pur parte del Mondo (pare). Ecco, queste “pieghe” dimensionali aggiuntive potrebbero forse essere trascendenti e nascondere un qualche Ente? Direi di no, poichè sono realmente immanenti e non trascendenti.
Io direi che gli unici mondi trascendenti che potremmo accettare sono gli altri possibili universi, del tutto paralleli al nostro, e facenti parte del cosiddetto Multiverso. Però, nuovamente, questi sarebbero trascendenti per noi come noi lo saremmo per loro. Ergo, non si vede come la trascendenza sia possibile a senso unico.
Ogni giorno mi sento immanente, fluidificante, fluorescente, evanescente, irriverente, astringente, impermanente e per questo a tratti forse anche puzzolente; sicuramente PUTRESCENTE.
E mai, qualche volta, anche un pò stupidino?
@gualerzi
anche sì, ma non faceva rima….
1° La nostra credenza nella percezione « precisa » e « diretta » non è altro che un’illusione, un’illusione percettiva.
2° Noi siamo la sola specie che si situa simultaneamente in un doppio mondo, l’uno naturale, l’altro fantasmatico. L’induzione psicologica puo’, interagendo con certi meccanismi neurologici, generare delle allucinazioni. Certi tipi di allucinazione sono direttamente correlati alle relative zone indotte da sostanze chimiche secretate dall’organismo, o ingerite, ma anche artificialmente in fasi sperimentali tramite elettrodi ; cosi come da traumi psicologici o accidentali (vedi esperienza di morte imminente NDE), ecc….
3° L’illusione finale del cervello : mascherare i legami col mondo fisico e sociale, inventando un sè autonomo !
4° L’angoscia e paura irrazionale potrebbero spiegare (quando il cervello soffre) il « perchè » dell’invenzione di certi rituali, perpetrati da tradizioni che risalgono alla preistoria .
Senza dimenticare che le religioni, principalmente le monoteiste, strumentalizzano da secoli l’angoscia e ignoranza della gente a dei fini irrazionali e egocentrici.
Pendesini: alcune considerazioni su due tuoi punti (sui punti 2 e 4 concordo).
L’ ‘illusione’ della percezione, insieme a quella dell’io sono costitutive del cervello, dunque di noi stessi per cui è difficile uscirne pena l’inazione e l’impensabilità.
Se non credessi nella percezione potrei lasciare le mie mani nel fuoco oppure non scansarmi quando vedo arrivare un camion.
Che poi la percezione sia fallace è vero: basti pensare che osservando il sole sembra che sia esso a girare attorno alla terra, ma faccio notare che dagli errori della percezione si esce attraverso strumenti che affinano la percezione stessa (il telescopio in questo caso), per cui non se ne esce.
Così come l’io: il fatto che le mie idee siano figlie dell’ambiente economico e sociale è vero, ma se non avessi l’io come dato di partenza immediato (come poi lo riempirò di ‘valori’ questo è successivo e differente) non potrei neppure capire che le mie idee sono prodotte dalla società…perchè senza autocoscienza non potrei ragionare su nulla, come credo sia evidente.
E quando due illusioni sono impossibili da evitare è uno pseudoproblema, almeno per me, domandarsi se siano illusioni, dato che siamo costretti a prenderle per buone per evidenti motivi.
Ottimo articolo. E la foto va bene così, bruno, si vede che sei bello dentro e fuori! 😉
Scusate amici, ma ho abboccato all’amo di quel troll e ho trascurato di dare riscontro a tanti vostri interressantissimi interventi.
Premetto che l’intento della mia ‘opinione’ era mettere assieme i motivi (comunque alcuni) per cui – concetto da me spresso qui innumerevoli volte – considero comunque religiosi tanti comportamenti che tali ‘ufficialmente’ non sono. Nel caso specifico in ogni c aso mi riferivo a quelle religioni che si basano su un impianto considerato immanentistico che a mio avviso è solo apparentemente tale. E poi ho solo accennato ad estendere questo concetto anche al di fuori delle religioni positive, storiche.
E ho parlato di trascendenza e immanenza in funzione di questo assunto ben sapendo che i due concetti meritano ben altra trattazione. Che però alcuni di voi hanno fatto in modo molto stimolante.
@ DURRUTI 51
.”Eppure sembra che perodicamente l’uomo debba liberare queste forze , molti rituali primitivi credo che abbiano questa funzione:evocare per controllare angoscie profonde, liberare in modo controllato pulsioni altrimenti esplosive, ricreare una unità primitiva persa e riconquistata in un “corpo mistico” collettivo che adombra una sorta di ritorno ad una madre comune etc.”
Io credo che i rituali religiosi – a mio parere non solo quelli ‘primitivi’ – abbiano questa funzione in sostanza terapeutica, ma pur sempre mossi da un’angoscia esistenziale che si cerca di stemperare… ‘fuggendone’. Dandosi magari spesso obiettivi non direttamente collegati a questa esigenza, e, diaciamolo, mettendo in moto e illustrando meccanismi psicologici molto profondi e suggestivi (come quelli che richiami), ma pur sempre con funzione di esorcismo.
@ Batrakos
Per quanto mi riguarda – anche se espresso un pò semplicisticamente – l’adorare qualcosa o qualcuno, fa parte di quella proiezione di sè in ‘altro da sè’ in cui si ritiene di vedere la realizzazione di ciò che si vorrebbe essere e nel contempo cercare di ingraziarsi chi ha mostrato (vero o falso che sia) questo potere. Il fatto poi che il fenomeno si manifesti soprattutto a livello di massa credo dipenda dal bisogno di essere confermati dal numero nella propria scelta.
In quanto alla tua risposta a ‘Perchè?’ credo sia un altro modo – che condivido – di replicare a certe sue affermazioni cui anch’io ho replicato.
@ Nel dibattito fra Stefano ed enrico, inutile dica in chi dei due mi riconosco.
@ Southsun
Non ti perdonerò mai (^_^) di aver tirato in ballo la mia faccia!
In quanto al tuo invito a leggere le dichiarazioni di Hawking, purtroppo il mio inglese non me lo permette.
@ Ottopermille
Halftrakt
luigi
Otzi
Altri modi, articolati da diverse prospettive, tutti – per quel che può valere – da me condivisi di affrontare certe questioni… anche se, come ho premesso, lo scopo della mia ‘opinione’ le toccava solo indirettamente.
@ Perchè?
Anche se in merito ad una questione specifica, ho già risposto direttamente.
@ Mauro Ghislandi
Pienamente d’accordo
@ Giorgio Pozzo
Intervento prezioso!
(Se ci saranno altri interventi, riprenderò i riscontri)
@ Gualerzi
Perchè qualcuno l’ha mai discriminato perchè ateo?
A me è successo una volta.
Una unica.
La madre della ragazza con cui stavo mi ha chiesto se credevo.
Le ho risposto che ero ateo
Mi ha detto “non vai sempre a messa?”
Le ho risposto ” no non credo sono ateo”
Fine.
………………………………………………….
Le risponderò a quanto ha scritto ma richiede tempo, tempo che oggi non ho per una risposta seria.
Se il thread rimane aperto un pò di tempo bon..se no ciccia.
@enrico
Ateo cattolico o Ateo protestante??? 😀
Ho riletto gli scambi di battute tra me e il troll… e mi è sorto un dubbio. Non è per caso che quando parlo di ‘bello dentro’ qualcuno mi ha preso sul serio?
Bruno,
sono sostanzialmente d’accordo.
Il problema resta a monte: è possibile eliminare questa tendenza attraverso l’educazione alla ragione, oppure è in qualche modo presente nel soggetto e ancor più nelle masse, che spesso diventano un soggetto collettivo?
Io credo che non basti solo l’educazione e la cultura, ma ci vorrebbe una società molto diversa in cui le persone siano valorizzate e responsabilizzate e non siano per gran parte considerati semplici produttori/consumatori, ma qua credo che non finiremmo mai di parlare per cui lascio perdere per non esagerare con gli OT.
Sul discorso tra Stefano ed Enrico.
Anche a me non sembra che l’essere ateo porti ad avere discriminazioni sociali serie.
Diverso è dire che la laicità non è rispettata: unioni civili, testamento biologico, grandi privilegi alle religioni ci mostrano come la laicità sia da noi molto carente, e la mancanza di laicità tocca tutti, dall’ateo al cattolico meno intransigente (che poi non sia un ‘vero cattolico’ è problema non mio).
E’ vero che tali questioni andrebbero risolte in via politica: ma spesso l’associazionismo è propedeutico alla politica e certamente è diritto garantito dalla democrazia stessa.
Sono sostanzialmente d’accordo, e come dicevo sopra dipende quale livello di discriminazione si intende. Il mio si limita a qualche sguardo di malcontento e fastidio da parte di persone credenti. Poi c’è la combriccola di Radio Maria che produce catene di insulti a non finire. Ma va be’…
Mi manca il tempo di commentare perchè sono in partenza. Argomento davvero interessante. Sai Bruno il titolo della mia tesi di laurea conteneva le parole “Utopia e Immanenza”. Gualerzi sei sempre una garanzia. Acume e senso della misura.
@ Enrico
Davvero mi manca il tempo di replicare alle sue solite perle (da altro thread).
Le confermo però che al diavolo è permesso di possedere i bambini.
Le riporto quando dice (a lei piacciono le citazioni) il sacerdote cattolico Cipriano de Meo, decano degli esorcisti italiani, cappuccino che ha anche collaborato con Padre Pio durante un’intervista:
” D. Esiste la possessione diabolica dei bambini?
R. Sì, mi sono capitati anche dei bambini posseduti, ma il demonio in loro si rivela in modo strano: parlano altre lingue, dicono di vedere immagini sacre, la Madonna, Gesù, ma è un inganno. I genitori me li portano e si scopre che è una possessione diabolica.
D.Perché la possessione nei bambini?
R.Normalmente si colpiscono i bambini per colpire i genitori. Quando non fanno il male ai genitori lo fanno indirettamente ai bambini”.
A me sembra cabaret di cattivo gusto, veda lei.
@ Stefano Marullo
Prima aveva citato S. Agostino come promotore di tale pensiero poi mi ha parlato di un esorcista in una trasmissione RAI adesso la fonte è Cipriano de Meo.
Non conosco tutta l’opera di S. Agostino e quindi è possibile che parli di possessioni di bambini.
Ma è evidente che nè l’esorcista in Rai ne Cipriano de Meo sono Agostino.
Proseguendo lei aveva scritto
“Sul diavolo capace di possedere i bambini, parli con un qualsiasi esorcista (padre Amorth o Milingo, o Balducci) o con qualsiasi sacerdote. Io ne ho sentito uno su un programma domenicale di intrattenimento (L’arena sulla Rai) ad ora di pranzo (non ricordo il nome del sacerdote cattolico) che diceva di essere testimone di bambini di pochi mesi “posseduti dal demonio”. Da trasecolare”
Poichè, come le ho scritto, sia durante i primi tempi della conversione, sia sporadicamente in tempi più recenti, mi imbatto talvolta in un esorcista, mi risultava che segni di possessione fossero valutati parlare lingue non conosciute, avversione a oggetti sacri et similia, forza non comune a corporatura etc etc
Qui infatti Cipriano dice “parlano altre lingue, dicono di vedere immagini sacre, la Madonna, Gesù, ma è un inganno”
Le faccio notare che bambini di pochi mesi non parlano, possono emettere dei vagiti o cose di questo genere..dunque se parlassero sarebbe già singolare, altre lingue rispetto ai genitori poi.
Cipriano non mi pare quindi che stia parlando di “bambini di pochi mesi non dotati di libero arbitrio”, comunque pur sempre bambini.
Le possessioni sono un evento straordinario e permesso da Dio.
A quanto mi risulta gli esorcisti parlano anche di “malefici” che hanno portato a possessioni, dunque non so se vi sia sempre una “colpa” da parte del posseduto.
Ad ogni buon conto, nell’ottica dell’esorcista, la possessione è permessa da Dio, ovvero sfrutta il male creato dall’ Avversario per trarne un bene maggiore.
Ultimamente il passatempo preferito dai creduli e’ quello di farsi passare per ex atei. Come dire: se sono riuscito a rincretinire io, ce la può fare chiunque !!!